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 Anguria e Melone

ANGURIA - WATERMELON; MELONE - MELON
INQUADRAMENTO BOTANICO
Divisione
Magnoliophyta
Classe Magnoliopsida
Ordine Cucurbitales
Famiglia Cucurbitacee
Genere Citrullus (anguria); Cucumis (melone)
Specie Citrullus lanatus (anguria); Cucumis melo (melone)

L’anguria (o cocomero) è una cucurbitacea indicata botanicamente come Citrullus lanatus, a polpa rossiccia o anche gialla. Il Cucumis melo è il melone, a polpa bianca, gialla o verdognola.

     

 Anguria: caratteri morfologici


È una pianta erbacea annuale. L’apparato radicale è fittonante, con radici secondarie ramificate e molto sviluppate. Lo stelo è strisciante, con lunghe ramificazioni primarie e secondarie, dotate di cirri.
Le foglie, lunghe 10-15 cm, sono picciolate, palmato-lobate, con 3-5 lobi profondamente divisi e sinuato-lobati, di colore verde chiaro, con macchie chiare sulla pagina superiore.
È monoica, con fiori maschili e femminili separati sulla stessa pianta, o andromonoica, con fiori maschili ed ermafroditi. I fiori maschili presentano 3 stami, mentre quelli femminili posseggono 1 stilo breve e 1 stigma trifido. I fiori maschili compaiono prima di quelli femminili e sono più numerosi. L’antesi dei fiori femminili ha una durata di circa 2-3 giorni. È una specie allogama con impollinazione entomofila, anche se l’autofecondazione è frequente. La fioritura è estiva e scalare.
Il frutto è un peponide di forma diversa (allungata, ovoidale, sferoidale), di colore variabile dal verde scuro al verde chiaro, più o meno uniforme o striato in base alle caratteristiche della cultivar. In genere dall’allegagione alla maturazione trascorrono 35-50 giorni.
Conseguentemente alla scalarità della fioritura e dell’allegagione, coesistono sulla medesima pianta, peponidi maturi insieme a quelli di recente formazione.
La parte edule rappresenta circa il 50-60% in peso dell’intero peponide.
I semi sono di forma appiattita, ovali. Il mercato offre anche varietà triploidi seedless, cioè prive di semi.
Esigenze ambientali Il cocomero è adattabile a diverse tipologie di terreno, però i migliori risultati produttivi si ottengono da quelli di medio impasto, profondi, freschi, fertili, ricchi di sostanza organica, ben drenati, con pH compreso tra 5,5 e 6,5.
È una coltura di media suscettibilità alla salinità, esigente in fatto di temperatura (4.52), di luce, di acqua e soprattutto di elementi nutritivi.
Per quanto riguarda la scelta dell’area di coltivazione, occorre tenere conto che la temperatura minima critica è pari a 2-3 °C, mentre quella ottimale di accrescimento è di 15-18 °C di notte e 20-26 °C di giorno. Oltre i 35 °C, cessa la produzione di fiori.

     

 Anguria: scelta varietale


La scelta della cultivar è correlata a precise esigenze di coltivazione e di mercato.
Una buona cultivar di cocomero deve avere le seguenti caratteristiche:
forma e dimensioni dei peponidi rispondenti alla tipologia prescelta e/o richiesta dal mercato;
polpa rosso vivo, soda, croccante, zuccherina;
bassa sensibilità al cuore cavo e alla formazione di semi duri;
resistente alla sovramaturazione e lungamente conservabile;
buccia consistente, poco sensibile alla spaccatura e resistente alla movimentazione e ai trasporti;
resistente o tollerante alle diverse razze di Fusarium oxysporum f. sp. niveum (tracheofusariosi) e Colletotrichum orbiculare (antracnosi);
vigorosa e con fogliame ben coprente il terreno e i frutti;
produttiva.
Gli ibridi manifestano una maggiore potenzialità produttiva (sia dal punto di vista quantitativo sia qualitativo), una maggiore uniformità morfobiologica e una maggiore resistenza alle malattie.
Le cultivar di anguria più diffuse sono:
a) varietà tradizionali: Aston, Attica, Bontà, Crimson Shelter, Crimson sweet, Crimson sweet Sel. Au producer, Dulcis, Dumara, Electra, Farao, Giant Flesh, HMS 4926, Karistan, Media Crimson, Melania, Rambla, Red sweet, Samanta, Sentinel, Topgun, Top Mara, Torpila;
b) miniangurie: Extazy, Miniblu, Minirossa, Modellino, Monaco, Sweet candy, Talete, Wander.

     

 Tecnica colturale e aspetti mercantili


È indispensabile un’accurata sistemazione del terreno per ottimizzare lo sgrondo delle acque ed evitare ristagni idrici. È consigliabile eseguire l’aratura alla profondità di circa 0,4-0,5 m a cui fanno seguito estirpature ed erpicature.
Le più importanti e diffuse tecniche colturali del cocomero sono:
a piena aria;
a piena aria su film pacciamante;
sotto tunnel, su film pacciamante.
La coltura a piena aria, su terreno tal quale, è tipica degli orti a conduzione familiare, realizzati su piccole superfici e per modeste produzioni. La coltura in piena aria su film pacciamante è la tecnica di coltivazione più praticata. Il film di pacciamatura (comunemente in polietilene, largo 110-120 cm, con spessore di 0,05 mm) viene steso sul terreno con macchine pacciamatrici o trapianta-pacciamatrici. Al di sotto del film pacciamante è posta una manichetta forata per l’irrigazione o la fertirrigazione.
Una ulteriore modalità di coltivazione è quella sotto tunnel su film pacciamante. Il tunnel è largo circa 80 cm, alto 40-60 cm, realizzato tramite archetti in materiale plastico o metallico, infissi nel terreno ogni 2 metri e ricoperti con film plastico in polietilene.
Il tunnel può essere installato manualmente o con apposite macchine stendi-tunnel. Quando è necessario arieggiare la coltura, con temperature superiori a 35°C, si effettuano opportuni tagli sulla copertura (a perdere), via via sempre più allargati fino alla totale rimozione dopo circa 10 giorni. La rimanente parte del ciclo avviene a piena aria.
Il cocomero può essere seminato direttamente in campo o trapiantato. Sia nel caso di trapianto che in quello di semina diretta, si può far ricorso alla pacciamatura. Per la coltura in serra è raccomandato il trapianto nella prima decade di marzo, utilizzando piantine seminate alla fine di gennaio in locali riscaldati.
Nelle colture semiforzate, è consigliabile il trapianto dall’ultima decade di marzo alla prima o seconda decade di aprile, con piantine di almeno 35 giorni di età.
Il trapianto è la tecnica d’impianto più frequente. Si utilizzano piantine (allo stadio di 2-3 foglie vere) fatte sviluppare in contenitori alveolati. Nel caso di colture semi-forzate e forzate, in zone dove è alta la probabilità di tracheofusariosi, si può ricorrere anche all’impiego di cocomeri innestati su zucca (Lagenaria siceraria o ibridi interspecifici di Cucurbita maxima × Cucurbita moschata).
Le cultivar senza semi sono sempre trapiantate. La loro ridotta produzione di polline (fisiologicamente indispensabile per indurre l’allegagione del frutto partenocarpico) richiede il trapianto di una cultivar impollinante che può essere eseguito secondo due differenti modalità:
1. trapianto sulla stessa fila di una pianta impollinatrice ogni 3-4 piante della varietà senza seme;
2. trapianto, su file alternate, di piante impollinatrici e piante della varietà senza seme, nel rispettivo rapporto di 1 a 3.
La sarchiatura meccanica lungo l’interfila è valida per eliminare le piante infestanti e anche per evitare la formazione della crosta superficiale. La pratica della cimatura dell’asse principale comporta l’anticipo dell’emissione delle ramificazioni.
Il diradamento dei frutti si può effettuare allo scopo di scartare i frutti che hanno allegato precocemente e che potrebbero impedire l’accrescimento degli altri.


Le esigenze nutritive della coltura evidenziano una forte richiesta di azoto e soprattutto di potassio. Fra le avversità fungine le più pericolose per l’anguria sono Fusarium, Verticillium, Rhizoctonia, Phytophtora, Pythium, oidio.
Tra le virosi, il CMV, il mosaico del cetriolo, il mosaico della zucca. Tra i parassiti animali, possono provocare gravi danni gli afidi, gli aleurodidi e i nematodi galligeni.
Irrigazione La carenza idrica determina una minore crescita, l’arresto dell’evoluzione fiorale, cascola dei fiori e l’aborto dei frutticini.
Di solito si pratica una irrigazione al momento del trapianto (per favorire l’attecchimento delle piantine) e, successivamente, un paio di irrigazioni durante la fase di ingrossamento dei frutti notoriamente ricchi di acqua.
Raccolta I cocomeri devono essere raccolti a maturazione piena; dopo il distacco dalla pianta, infatti, non migliora il colore della polpa e non aumenta il contenuto zuccherino.
La maturazione commerciale è raggiunta quando la polpa è di colore rosso intenso, i tegumenti seminali sono duri e lo strato gelatinoso che avvolge i semi è scomparso. Le cultivar, a maturità, presentano ampie variazioni del contenuto in solidi solubili; in generale, un contenuto zuccherino (espresso in gradi rifrattometrici) di almeno il 10% nella porzione centrale del cocomero è un indicatore di giusta maturità se la polpa è ancora soda, croccante e di buon colore.

Per poter individuare il raggiungimento di tali caratteristiche sono ovviamente necessari dei campionamenti, con perdita del frutto sezionato ed esaminato internamente. Nella realtà operativa ci si basa, invece, su alcuni sintomi di maturità esterni:
la porzione del cocomero che tocca il terreno cambia il suo colore dal bianco pallido al giallo-crema;
il viticcio che precede il frutto è appassito, ma non completamente disseccato;
il peduncolo del frutto appassisce e riduce la tomentosità;
la pruinosità cerosa della corteccia diminuisce;
si ha un leggero rammollimento della zona distale del peponide;
nelle cultivar striate, le striature verde chiaro diventano giallastre.
Altri sintomi, poco attendibili, sono il suono cupo e sordo emesso quando il cocomero è percosso con le nocche delle dita e lo scricchiolio della polpa quando è compresso fra le mani. Il peduncolo, a maturità, non si distacca dal frutto per cui i peponidi sono raccolti a mano tagliando il peduncolo più lungo possibile, così da evitare che il moncone indurito possa danneggiare i frutti durante il trasporto e la conservazione. La maturazione dei frutti si ha mediamente 35-50 giorni dopo l’allegagione.
La raccolta delle colture pacciamate a piena aria inizia, a seconda della precocità delle cultivar, 90-120 giorni dopo la semina e 75-100 giorni dopo il trapianto e dura circa 3-4 settimane con passaggi settimanali. Nelle colture sotto tunnel è possibile anticipare la raccolta di circa 1 mese.
Per ridurre i tempi di raccolta e facilitare la movimentazione dei frutti in campo e dal campo verso il magazzino sono sempre più diffuse le macchine agevolatrici (portate o semoventi) che convogliano i peponidi, raccolti a mano, all’interno di bins mediante un trasportatore a nastro a due ali, che viaggia perpendicolarmente alle file. È necessario evitare, durante la movimentazione e il trasporto, urti e abrasioni ai frutti pena lo scadimento degli standard qualitativi e la difficoltà ad attuare una idonea conservazione. Le produzioni medie di cocomeri della tipologia Crimson Sweet sono dell’ordine di 50-55 t/ha, ma non sono rare produzioni di 80-90 t/ha.
Caratteristiche merceologiche Le norme per la commercializzazione sono disposte dal Regolamento (CE) n. 1862/2004. I cocomeri devono essere sufficientemente sviluppati e di maturità soddisfacente.

ATLANTE APPLICATIVO

Alcune cultivar di cocomero: a sinistra, Crimson Sweet, un ibrido molto diffuso in coltura; al centro, Sugar Baby, una cultivar molto precoce a frutti piuttosto piccoli e a destra, Asahi Miyako, uno degli ibridi più coltivati.

L’indice rifrattometrico della polpa, misurato al centro (nella sezione massima trasversale all’asse del frutto), deve essere uguale o superiore a 8° brix.
I cocomeri sono classificati in due categorie:
1. Categoria I. Devono essere di buona qualità e presentare le caratteristiche della varietà. Sono ammessi i seguenti difetti, purché non pregiudichino l’aspetto generale, la qualità, la conservazione e la presentazione (nell’imballaggio) del prodotto:
un lieve difetto di forma;
un lieve difetto di colorazione della buccia; non è considerato un difetto la colorazione pallida della buccia nel punto in cui il frutto è stato a contatto con il suolo durante la crescita;
lievi screpolature cicatrizzate;
lievi difetti della buccia dovuti a strofinamento o a manipolazioni; la superficie complessiva delle singole parti interessate non può essere superiore a 1/16 della superficie totale del frutto;
il peduncolo del cocomero deve avere una lunghezza massima di 5 cm.
2. Categoria II. Comprende i cocomeri che non possono essere classificati nella Categoria I, ma che rispondono alle caratteristiche minime sopra definite. Sono ammessi i seguenti difetti (non più considerati lievi), purché i frutti conservino le caratteristiche essenziali di qualità, conservazione e presentazione:
difetti di forma;
screpolature cicatrizzate;
difetti di colorazione della buccia;
lievi ammaccature (non ammesse per la categoria I);
difetti della buccia dovuti a strofinamento o a manipolazioni o ad attacchi di parassiti o malattie; la superficie complessiva delle singole parti interessate non può essere superiore a 1/8 della superficie totale del frutto.

     

 Melone: caratteri morfologici ed esigenze ambientali


Il melone ha caratteristiche generali ed esigenze pedoclimatiche pressoché simili alla specie precedente. Preferisce terreni profondi, ben drenati, pH 6,0-7,0 e calcare attivo inferiore al 10%. Particolare attenzione merita l’umidità relativa, poiché valori anormali potrebbero causare problemi durante le fasi di fioritura, impollinazione e allegagione. Durante queste tre fasi in successione, l’umidità relativa dovrebbe mantenersi sul 60-65%, con temperature di 20-25 °C di giorno e 16-18 °C di notte.
Temperature oltre i 35 °C provocano cascola fiorale, scarsa allegagione e deformazione dei frutti (4.59).
Le più importanti varietà botaniche sono:
Cucumis melo var. cantalupensis (tipo Charentais);
Cucumis melo var. reticulatus (tipo retato) (4.62);
Cucumis melo var. inodorus (adatta per la conservazione invernale)(4.63).

     

 Melone: scelta varietale


La scelta della varietà deve essere effettuata in funzione dei seguenti parametri:
1. qualità merceologica richiesta dal mercato (pezzatura, colore della polpa, profumo, contenuto zuccherino);
2. adattabilità alle condizioni pedoclimatiche;
3. resistenza ai patogeni (Fusarium, oidio, afidi).
In commercio sono disponibili ibridi resistenti o tolleranti a fusariosi, odio e macchie necrotiche. L’impiego di specifici portainnesti conferisce a ogni varietà di melone resistenze e adattabilità di coltivazione nei confronti di:
Fusarium oxysporum f. sp. niveum Razze: 0, 1, 2;
Fusarium oxysporum f. sp. cucumerinum Razze: 1, 2;
Fusarium oxysporum f. sp. melonis Razze: 0, 1, 1.2, 2;
 Fusarium oxysporum f. sp. radicis-cucumerinum;
 Meloidogyne incognita, Meloidogyne arenaria, Meloidogyne javanica;
 Phomopsis sclerotioides;
 Rhizoctonia solani;
 Verticillium sp.
È importante effettuare la scelta del portainnesto in base alla tecnica colturale e in funzione del risultato finale che si vuole ottenere (4.64).
Fra le cultivar di melone più diffuse si citano: Cantalupo di Charentais, Arancino, Burpee Hybrid, Cantalupo Prescott Fond Blanc, Napoletano Verde precoce, Retato degli ortolani, Retato di Calvenzano, Napoletano giallo, Rugoso di Cosenza, Tendral.

     

 Tecnica colturale e aspetti mercantili


È fondamentale curare la sistemazione del terreno, prestando particolare attenzione alla realizzazione del drenaggio sotterraneo o di un’efficiente affossatura. Nel caso di terreni tendenzialmente argillosi si consiglia di sostituire all’aratura profonda una lavorazione a due strati mediante aratro ripuntatore o una discissura (50-55 cm), seguita da un’aratura che non superi i 40 cm.
La lavorazione preparatoria principale è eseguita prima dell’autunno per favorire l’immagazzinamento di una maggiore quantità di acque meteoriche nello strato di terreno esplorato dalle radici.
Qualora il melone sia preceduto da una coltura autunno-vernina, la lavorazione principale dovrebbe precedere tale coltura effettuando per il melone, invece, un’aratura più superficiale (20 cm). Prima del trapianto si effettua un’erpicatura leggera per affinare il terreno e successivamente si effettua una sistemazione in piano perfettamente livellato o a prode.
Trapianto Essendo il melone una coltura con elevate esigenze termiche, il trapianto si effettua quando la temperatura del terreno si è stabilizzata intorno a 12-15 °C. I sesti di impianto variano in funzione delle dimensioni che le piante raggiungono a completo accrescimento (4.67). L’adozione di piante innestate è una tecnica utile per la difesa della coltivazione del melone dai suoi più comuni parassiti (Fusarium oxysporum f.sp. melonis, Meloidogyne spp.). In Italia, i portinnesti attualmente impiegati appartengono a due gruppi: ibridi di melone o ibridi di zucca. I portinnesti del secondo gruppo trasmettono alla varietà innestata un maggior vigore e quindi una maggiore capacità di adattamento a terreni stressati, ma possono influenzare la qualità del prodotto (concentrazione di zuccheri, retrogusto di zucca, ecc.). Il trapianto in serra si esegue di solito da metà febbraio ai primi di marzo e la raccolta inizia dopo 80-90 giorni. In coltura semiforzata si usano piccoli tunnel con materiali plastici di copertura (anche forati) e il terreno può essere pacciamato con teli biodegradabili. Quando la temperatura dell’aria è idonea per il normale accrescimento e sviluppo delle piante il tunnel è rimosso. A pieno campo (su terreno pacciamato), il trapianto avviene a fine marzo-inizio aprile e la raccolta a fine giugno.
Per le esigenze idriche, molto marcate, si rimanda ai dati relativi ai volumi di adacquamento necessari (4.68). I prelievi di elementi nutritivi, per ogni tonnellata di frutti prodotti (kg/t), si stimano in: azoto 3,0 kg; fosforo 1,7 kg; potassio 5,0 kg; calcio 5,0 kg; magnesio 0,5 kg. I dati relativi alla concimazione sono richiamati nelle tabelle seguenti. La produzione di meloni è quantitativamente inferiore a quella dell’anguria e, in pieno campo, oscilla intorno ai 30-50 t/ha.

     

 Caratteristiche merceologiche


Il Regolamento CE n. 1615/2001 del 7 agosto 2001 stabilisce le norme di commercializzazione applicabili ai meloni. Tale regolamento modifica il precedente Regolamento n. 1093/1997. I meloni sono classificati in due categorie:
1. Categoria I. Devono essere di buona qualità e presentare le caratteristiche tipiche della varietà o del tipo commerciale. Sono ammessi i seguenti lievi difetti, purché non siano tali da compromettere l’aspetto generale, la qualità, la conservazione e la presentazione (nell’imballaggio) del prodotto: lieve difetto di forma; lieve difetto di colorazione (non è considerata un difetto una colorazione pallida della parte della buccia del frutto che è stata in contatto con il suolo durante la crescita); leggeri difetti della buccia dovuti a strofinamento o a manipolazioni; lievi screpolature cicatrizzate attorno al peduncolo di lunghezza inferiore a 2 cm e che non raggiungano la polpa.
2. Categoria II. Comprende i meloni che non possono essere classificati nella Categoria I, ma che rispondono alle caratteristiche minime sopra definite. Sono ammessi i seguenti difetti, purché i meloni conservino le loro caratteristiche essenziali di qualità, di conservazione e di presentazione: difetti di forma; difetti di colorazione; lievi ammaccature; screpolature o fenditure secche che però non intaccano la polpa del frutto; difetti della buccia dovuti a strofinamento o a manipolazioni.

SCHEDA TECNICA
ANGURIA E MELONE

Lavorazione del suolo
aratura, erpicatura, sarchiature
Densità investimento
• anguria: 3.000-5.000 piante/ha
• melone: 7.000-15.000 piante/ha
Concimazione
• anguria: N 100-140 kg/ha
• melone: N 80-140 kg/ha
• anguria: P2O5 60-100 kg/ha
• melone: P2O5 80-110 kg/ha
• anguria: K2O 130-190 kg/ha
• melone: K2O 160-240 kg/ha
Irrigazione 6.000-8.000 m3/ha
Raccolta luglio-agosto
Produzione
• anguria: 40-100 t/ha
• melone: 30-50 t/ha
Cultivar vedi elenco varietà anguria a pagina 227 e melone a pagina 232
Difesa Vedi Schema di riepilogo e note a pagina 257

PRODUZIONI VEGETALI 
PRODUZIONI VEGETALI 
Volume A - Erbacee