Nuovi orientamenti dei mercati agricoli
La politica di internazionalizzazione attuata negli ultimi decenni ha rischiato di estraniare il consumatore dalla provenienza, dalla stagionalità e dalla qualità dei prodotti, penalizzando così sempre di più il delicato settore agricolo che fin dall'antichità rappresenta la risorsa principale di qualunque territorio.
L'economia agricola degli ultimi anni ha incentivato una produzione orientata al vendere in qualunque stagione, senza valutarne le conseguenze sul piano sociale e sull'ambiente. Le regole della globalizzazione hanno cosi alzato le soglie dell'inquinamento, allungato il percorso che i cibi devono compiere prima di arrivare sulle nostre tavole, non hanno tenuto conto del consumo delle risorse privilegiando, invece, il guadagno delle imprese più importanti.
Il rapido sviluppo dei trasporti e il dinamico aumento dei flussi di informazione hanno reso possibile trasportare da un capo all'altro del mondo quantità enormi di prodotti, restringendo le distanze che, a poco a poco, sono diventate sempre più brevi: questa è la politica della filiera lunga. Tuttavia, l'accorciarsi delle distanze ha creato anche altri inconvenienti, come i problemi relativi alla salute dei consumatori e la mancanza della loro consapevolezza in merito alla stagionalità dei prodotti, che ha portato così a una svalutazione dei prodotti locali, anche a discapito della qualità.
Fortunatamente, oggi, grazie anche ai media, si sta diffondendo, in modo organizzato e spontaneo, la richiesta di un ritorno alla filiera corta (Fig. 15). Questo orientamento incontra sempre più l'attenzione e la sensibilità delle istituzioni che sono sempre più consapevoli che il cibo non è e non può essere un prodotto come gli altri, ma un bene necessario da salvaguardare.
Come si può osservare dal diagramma riportato in figura 16, in questa tipologia di filiera i passaggi dal produttore al consumatore finale sono numerosi. I prodotti passano nelle mani di diversi "attori", i quali a loro volta determinano un incremento di prezzo, con conseguente ricaduta sul prezzo finale al consumatore. Maggiori sono i passaggi intermedi e maggiore risulterà il prezzo sul mercato finale.
Generalmente, dopo il produttore, il primo a guadagnare è il grossista che può avere come intermediari l'industria alimentare o il grossista terminale. Queste figure operano su larga scala e acquistano grandi quantitativi di prodotti direttamente in campo, oppure stipulano contratti di coltivazione con i produttori stessi. I prezzi di acquisto che i grossisti offrono ai produttori agricoli sono determinati nel mercato all'ingrosso dalle quotazioni di borsa settimanali. In questo modo gli agricoltori hanno da una parte il vantaggio di essere certi della vendita totale dei loro prodotti, ma dall'altra hanno lo svantaggio di non riuscire a ottenere prezzi elevati, perché subiscono i prezzi dei mercati internazionali non potendo incidere in nessuna maniera su di essi. Parallelamente a questa linea di filiera si è sviluppata negli ultimi decenni un'altra via di commercializzazione dei prodotti: in questa linea si inserisce la grande distribuzione organizzata. Si tratta di associazioni di consumatori (ad esempio Coop, Conad, ecc.), di dettaglianti o di grossisti che in questo modo possono acquistare grandi quantitativi di prodotti (tal quali o trasformati) rivendendoli a prezzi inferiori e massimizzando il margine lordo.
In questa tipologia di filiera entra come attore anche l'industria di trasformazione dei prodotti agricoli, molti prodotti, infatti, non vengono venduti tal quali, ma devono subire alcune trasformazioni per poter dare origine ad altre tipologie di prodotti. L'industria alimentare acquista generalmente prodotti dai grossisti alla produzione o direttamente dai produttori e li rivende trasformati agli altri attori della
filiera, ovvero alla grande distribuzione, ai grossisti e ai dettaglianti.
Sono sotto gli occhi di tutti i limiti creati dalla filiera lunga che hanno portato a un modello economico ricco di contraddizioni, nel quale soprattutto i produttori agricoli subiscono questo tipo di mercato classico, non potendo in nessun modo influenzare i prezzi finali e spuntando prezzi per i propri prodotti estremamente bassi, con conseguenti margini minimi o nulli se non addirittura negativi in alcuni casi.
È in quest'ottica che si è diffusa e ha preso sempre più spazio la filiera corta, come si può osservare dal diagramma di figura 15: nella filiera corta i passaggi dal produttore ai consumatori sono notevolmente diminuiti rispetto alla filiera classica descritta precedentemente.
In questa tipologia di filiera "spariscono" sia grossisti che dettaglianti, lasciando invece spazio a piccoli artigiani e commercianti locali. In questo modo si instaura il passaggio diretto dal produttore al consumatore che può realizzarsi in diverse tipologie di distribuzione che stanno sempre più prendendo piede o tornando in auge. Inoltre, lo sviluppo di Internet permette la vendita diretta anche a distanza, dovendo organizzare semplicemente la fase distributiva.
In questo modo l'agricoltore ha la possibilità di svincolarsi dal mercato classico e vendere i propri prodotti direttamente oppure tramite distributori locali, potendo così spuntare prezzi molto maggiori e ottenere di conseguenza un margine positivo.
Il lato negativo di tale tipologia di filiera è rappresentato dal maggior rischio del produttore in caso non riesca a vendere tutta la produzione. Questa eventualità va quindi attentamente valutata soprattutto dagli imprenditori che intendono differenziare oltre alla metodologia di distribuzione, anche la tipologia di prodotti coltivati, puntando ad esempio su prodotti di alta qualità o di nicchia, che possono suscitare curiosità e interesse del mercato in quanto "unici" e di difficile reperibilità nei mercati classici (grande distribuzione).
APPROFONDIMENTO - Aspetti socio-economici della filiera corta/lunga
Le diverse tipologie di filiere si caratterizzano per aspetti economici e sociali molto differenti fra loro. La caratteristica più evidente è la differenza (a volte anche notevole) del numero degli attori coinvolti. Da un lato, infatti, la filiera lunga può essere costituita da molti passaggi fra la produzione dei beni e il loro consumo, coinvolgendo numerosi intermediari. All'opposto, la filiera corta può essere anche cortissima, con la vendita al consumo effettuata direttamente dal produttore. Tutte le strategie intermedie richiedono comunque un numero di passaggi di mano delle merci.
Dal punto di vista economico, ogni qual volta un bene passa da un attore all'altro della filiera, aumenta il prezzo del bene, che comprende, oltre al suo costo d'acquisto, anche i costi accessori (in genere trasporto e stoccaggio) e la remunerazione dell'attore in questione. Ovviamente, maggiori saranno i passaggi di mano, più alto sarà il prezzo finale del bene al consumo.
In generale, un tipo di filiera molto lunga determina la presenza sul mercato di beni più costosi e il pagamento di prezzi molto bassi ai produttori, questo affinché il prezzo finale non si alzi troppo e per non determinare un calo della domanda di quel dato bene.
Va detto che una filiera lunga, nei suoi vari passaggi intermedi, fornisce lavoro a molte più persone ed è pressoché indispensabile per i prodotti che provengono da luoghi di produzione molto lontani.
Una filiera lunga, inoltre, garantisce la presenza sul mercato di prodotti provenienti da ogni parte del mondo e in qualunque periodo dell'anno, favorendo un mercato di tipo globale.
La filiera corta, invece, immette sul mercato solo prodotti di stagione e di provenienza locale o a breve raggio, ma favorisce una maggiore qualità dei prodotti e contribuisce a mantenere la caratterizzazione territoriale, soprattutto per quanto riguarda i prodotti agroalimentari.