1.2 Il mercato e i suoi fattori

DOMANDA + OFFERTA

IL complesso della domanda e dell'offerta viene detto 
MERCATO

Che si identifica con diverse forme economiche

MERCATO DI LIBERA CONCORRENZA
MERCATO MONOPOLIZZATO O IMPERFETTO
MERCATO APERTO
MERCATO CHIUSO

in ogni fase di sviluppo del mercato e per ogni prodotto/bene si ha un determinato 
PREZZO


Il complesso della domanda e dell'offerta che riguarda un bene o servizio che si svolge in un dato contesto spazio-temporale, viene chiamato mercato. Esistono diverse forme economiche di mercato come il mercato perfetto o di libera concorrenza, il mercato imperfetto o monopolizzato, il mercato aperto e il mercato chiuso che andremo successivamente ad analizzare. In ogni caso il mercato è sempre caratterizzato dallo scambio di beni in cambio di moneta o di altri beni oppure di titoli di credito che servono a pagare il bene acquistato.

La domanda

La domanda individuale di un determinato bene rappresenta la quantità di bene che il singolo soggetto economico è disposto ad acquistare e consumare a un dato prezzo, in quel momento e in quel mercato di riferimento. Quando, invece, la domanda è espressa sul mercato da più consumatori si parla di domanda collettiva.


Entrambe dipendono in maniera diretta dal prezzo dei beni e dal reddito dei consumatori.

La curva della domanda (D) rappresentata in figura 8 non solo mette in evidenza che all'aumenta-re del prezzo la domanda diminuisce e viceversa, ma permette anche di calcolare il coefficiente di elasticità della domanda. Si definisce, infatti, domanda elastica "la variazione percentuale della quantità domandata, per effetto di una variazione di prezzo, maggiore della variazione percentuale di questo" (Fig. 9).

Si ha, invece, domanda rigida quando "la variazione percentuale della quantità domandata, per effetto di una variazione di prezzo, è inferiore della variazione percentuale di questo".

L'offerta

L’offerta individuale, relativa a un solo soggetto e un solo bene dovrà essere considerata come componente dell'offerta globale che caratterizza il mercato. Rappresenta la quantità di bene che un individuo è disposto a vendere, cioè a produrre, a un dato prezzo di mercato.


Se la domanda è legata al consumo dei beni, l'offerta è legata alla loro produzione, quindi è in funzione diretta del prezzo. In altre parole, via via che diminuisce la quantità di un bene sul mercato, l'utilità marginale del bene aumenta e, dunque, il produttore è disposto a cedere dosi ulteriori di merce a prezzi maggiori.

L'offerta collettiva di un bene è il risultato della somma delle offerte individuali di dati beni ed è in funzione diretta del prezzo, ovvero diminuisce se il prezzo cala, e aumenta se il prezzo cresce.


L'aumento del prezzo fa crescere l'offerta perché stimola i venditori ad aumentare la produzione entro i limiti dei loro impianti, mentre gli offerenti esclusi dai prezzi bassi, che non hanno compensato i loro costi di produzione, rientrano, portando sul mercato nuovi offerenti stimolati dagli alti prezzi.

APPROFONDIMENTO - Esempi di dinamiche legate alle variazioni di domanda e offerta

In un mercato ortofrutticolo, mezz'ora prima della chiusura, alcuni venditori, pur di non rimanere con dei prodotti invenduti, decidono di abbassarne il prezzo.

Riportando questa decisione su un grafico (Fig. 10), risulta evidente che le curve di domanda e di offerta rimangono invariate: il prezzo inferiore induce infatti alcuni acquirenti, che in precedenza non erano interessati, a effettuare l'acquisto proprio della quantità rimasta invenduta, così da trovarsi nel punto di equilibrio.


Da quanto detto prima, si potrebbe presupporre che, all'aumentare del prezzo, aumenti anche l'offerta. In realtà non sempre ciò è possibile. È il caso dell'offerta di periodo breve (cioè con un intervallo di tempo inferiore alla durata del processo produttivo) nella quale alla variazione del prezzo l'offerta rimane rigida. Ciò dipende dall'impossibilità degli imprenditori di aumentare l'offerta nel volgere di breve tempo, in quanto per produrre quel determinato bene ne occorre molto di più. Ne sono esempio le produzioni agricole che hanno bisogno di mesi prima di ottenere il raccolto (la patata circa 5 mesi, il grano circa 8 mesi, ecc.). L'offerta di periodo lungo rappresenta, invece, il lasso di tempo sufficiente per permettere agli imprenditori di aggiornare o modificare gli impianti oppure di mettere a coltura nuove terre modificando l'offerta in modo graduale, ma costante.

Il prezzo di mercato

In un mercato perfetto, il prezzo di mercato o prezzo di equilibrio è dato dall’incontro tra la domanda e l’offerta e cambia con il variare di una delle due curve che lo rappresentano in un grafico (Fig. 12).


Il punto di intersezione delle due curve evidenzia il prezzo, cioè la quantità effettivamente scambiata. Se il prezzo di mercato fosse più basso, la domanda salirebbe; se al contrario il prezzo fosse più alto (come si osserva nel grafico) l'offerta salirebbe, ma la domanda diminuirebbe e, di conseguenza, una parte dei beni rimarrebbe invenduta. In conclusione è solo il prezzo O-P (prezzo di equilibrio) che eguaglia la quantità domandata con quella offerta.

Le forme economiche di mercato e i mercati agricoli

I mercati assumono varie forme economiche che hanno influenza sulla formazione del prezzo. Si distinguono: mercati perfetti e imperfetti e mercati aperti e chiusi.


Il mercato perfetto si identifica nel mercato di libera concorrenza, nel quale esiste la piena libertà degli operatori e dove una merce ha un prezzo di mercato e uno solo. Nella realtà, però, non esistono mercati perfetti in senso assoluto.

Il mercato imperfetto invece assume la fisionomia di mercato monopolizzato, nel quale gli operatori hanno una tale potenza operativa da influenzare la domanda/offerta e, quindi, anche il prezzo di mercato di quella merce.

Le forme di mercato monopolizzato possono essere:

  • monopolio: quando l'offerta è concentrata nelle mani di un solo operatore, ma opera una universalità di acquirenti. Si parla quindi di offerta monopolizzata e domanda atomizzata;

  • oligopolio: quando l'offerta è concentrata nelle mani di pochi operatori, ma opera una universalità di acquirenti (Fig. 13). Si parla quindi di offerta oligopolizzata e domanda atomizzata.

Il mercato aperto e chiuso si ha quando esiste la possibilità o meno di adeguare la quantità di merce alle richieste. Se la disponibilità varia in tempo reale rispetto alla domanda, si ha il mercato aperto; viceversa, esso è chiuso.

Esempi di mercati orientati al settore agricolo

prodotti agricoli si differenziano da tutte le altre tipologie di beni prodotti dall'attività dell'uomo, in quanto strettamente legati ai cicli biologici delle piante che si devono coltivare e al clima in cui esse vengono coltivate.


Come per tutti gli esseri viventi, anche per le piante o gli animali vanno rispettati i tempi naturali ad essi necessari per svolgere il proprio ciclo vitale. E i prodotti che da essi si ottengono sono molto diversi da quelli industriali, che possono essere replicati in serie e in tempi e modi scelti dall'imprenditore. Di conseguenza, una volta effettuate determinate scelte agronomiche e iniziato un ciclo colturale, non si potrà variare la produzione, se non alla fine del ciclo biologico della pianta, pena la perdita totale del capitale investito fino a quel momento.

Ne deriva quindi che i beni agricoli hanno un'offerta di tipo rigido, difficilmente modificabile in tempi brevi. Non è dunque possibile modificare velocemente l'offerta in seguito alla variazione della domanda e di conseguenza del prezzo.

Va inoltre ricordato che la produzione di beni agricoli è soggetta a un alto rischio d'impresa rispetto, ad esempio, alla produzione industriale, non solo per quanto detto finora, ma anche perché spesso è esposta alle avversità del clima da cui non è sempre possibile tutelarsi, se non a prezzo di enormi costi di investimento (ad esempio le colture protette).

Inoltre, i prodotti agricoli sono solitamente beni deperibili che possono essere stoccati per periodi di tempo limitato (Fig. 14) e questo fa sì, ancora una volta, che debbano essere scambiati nel più breve tempo possibile, rendendo l'offerta molto debole. Ne consegue che si tratta di un mercato molto instabile, soggetto a costanti variazioni di quantità richieste e offerte, con conseguenti variazioni di prezzo.

Per tutte queste caratteristiche, esiste una vera e propria borsa merci che regola il prezzo di questi prodotti; essa si trova solitamente presso le Camere di Commercio provinciali e tutte le settimane pubblica i bollettini con i prezzi dei prodotti che vengono scambiati.

A livello locale, va ricordato che i singoli produttori (soprattutto se piccoli imprenditori privi di impianti di stoccaggio), hanno perso il potere di far variare il prezzo di mercato variando la quantità offerta. Infatti, in un commercio globalizzato, il prezzo dei prodotti agricoli è sempre più regolato dalle grandi multinazionali che commerciano e spostano in ogni parte del mondo grandi quantitativi di prodotti agricoli e influiscono sui mercati locali facendo variare i prezzi a loro piacimento. Un'azienda consapevole di questi limiti, se vuole influire sul prezzo di mercato dei propri prodotti, dovrà cercare di differenziarsi dalla massa, puntando sulla qualità del prodotto o su prodotti marginali o di nicchia, che non possono trovarsi a livello mondiale e quindi renderanno più competitiva l'azienda sul mercato.

Nuovi orientamenti dei mercati agricoli

La politica di internazionalizzazione attuata negli ultimi decenni ha rischiato di estraniare il consumatore dalla provenienza, dalla stagionalità e dalla qualità dei prodotti, penalizzando così sempre di più il delicato settore agricolo che fin dall'antichità rappresenta la risorsa principale di qualunque territorio.

L'economia agricola degli ultimi anni ha incentivato una produzione orientata al vendere in qualunque stagione, senza valutarne le conseguenze sul piano sociale e sull'ambiente. Le regole della globalizzazione hanno cosi alzato le soglie dell'inquinamento, allungato il percorso che i cibi devono compiere prima di arrivare sulle nostre tavole, non hanno tenuto conto del consumo delle risorse privilegiando, invece, il guadagno delle imprese più importanti.

Il rapido sviluppo dei trasporti e il dinamico aumento dei flussi di informazione hanno reso possibile trasportare da un capo all'altro del mondo quantità enormi di prodotti, restringendo le distanze che, a poco a poco, sono diventate sempre più brevi: questa è la politica della filiera lunga. Tuttavia, l'accorciarsi delle distanze ha creato anche altri inconvenienti, come i problemi relativi alla salute dei consumatori e la mancanza della loro consapevolezza in merito alla stagionalità dei prodotti, che ha portato così a una svalutazione dei prodotti locali, anche a discapito della qualità.

Fortunatamente, oggi, grazie anche ai media, si sta diffondendo, in modo organizzato e spontaneo, la richiesta di un ritorno alla filiera corta (Fig. 15). Questo orientamento incontra sempre più l'attenzione e la sensibilità delle istituzioni che sono sempre più consapevoli che il cibo non è e non può essere un prodotto come gli altri, ma un bene necessario da salvaguardare.

Come si può osservare dal diagramma riportato in figura 16, in questa tipologia di filiera i passaggi dal produttore al consumatore finale sono numerosi. I prodotti passano nelle mani di diversi "attori", i quali a loro volta determinano un incremento di prezzo, con conseguente ricaduta sul prezzo finale al consumatore. Maggiori sono i passaggi intermedi e maggiore risulterà il prezzo sul mercato finale.

Generalmente, dopo il produttore, il primo a guadagnare è il grossista che può avere come intermediari l'industria alimentare o il grossista terminale. Queste figure operano su larga scala e acquistano grandi quantitativi di prodotti direttamente in campo, oppure stipulano contratti di coltivazione con i produttori stessi. I prezzi di acquisto che i grossisti offrono ai produttori agricoli sono determinati nel mercato all'ingrosso dalle quotazioni di borsa settimanali. In questo modo gli agricoltori hanno da una parte il vantaggio di essere certi della vendita totale dei loro prodotti, ma dall'altra hanno lo svantaggio di non riuscire a ottenere prezzi elevati, perché subiscono i prezzi dei mercati internazionali non potendo incidere in nessuna maniera su di essi. Parallelamente a questa linea di filiera si è sviluppata negli ultimi decenni un'altra via di commercializzazione dei prodotti: in questa linea si inserisce la grande distribuzione organizzata. Si tratta di associazioni di consumatori (ad esempio Coop, Conad, ecc.), di dettaglianti o di grossisti che in questo modo possono acquistare grandi quantitativi di prodotti (tal quali o trasformati) rivendendoli a prezzi inferiori e massimizzando il margine lordo.

In questa tipologia di filiera entra come attore anche l'industria di trasformazione dei prodotti agricoli, molti prodotti, infatti, non vengono venduti tal quali, ma devono subire alcune trasformazioni per poter dare origine ad altre tipologie di prodotti. L'industria alimentare acquista generalmente prodotti dai grossisti alla produzione o direttamente dai produttori e li rivende trasformati agli altri attori della

filiera, ovvero alla grande distribuzione, ai grossisti e ai dettaglianti.

Sono sotto gli occhi di tutti i limiti creati dalla filiera lunga che hanno portato a un modello economico ricco di contraddizioni, nel quale soprattutto i produttori agricoli subiscono questo tipo di mercato classico, non potendo in nessun modo influenzare i prezzi finali e spuntando prezzi per i propri prodotti estremamente bassi, con conseguenti margini minimi o nulli se non addirittura negativi in alcuni casi.

È in quest'ottica che si è diffusa e ha preso sempre più spazio la filiera corta, come si può osservare dal diagramma di figura 15: nella filiera corta i passaggi dal produttore ai consumatori sono notevolmente diminuiti rispetto alla filiera classica descritta precedentemente.

In questa tipologia di filiera "spariscono" sia grossisti che dettaglianti, lasciando invece spazio a piccoli artigiani e commercianti locali. In questo modo si instaura il passaggio diretto dal produttore al consumatore che può realizzarsi in diverse tipologie di distribuzione che stanno sempre più prendendo piede o tornando in auge. Inoltre, lo sviluppo di Internet permette la vendita diretta anche a distanza, dovendo organizzare semplicemente la fase distributiva.

In questo modo l'agricoltore ha la possibilità di svincolarsi dal mercato classico e vendere i propri prodotti direttamente oppure tramite distributori locali, potendo così spuntare prezzi molto maggiori e ottenere di conseguenza un margine positivo.

Il lato negativo di tale tipologia di filiera è rappresentato dal maggior rischio del produttore in caso non riesca a vendere tutta la produzione. Questa eventualità va quindi attentamente valutata soprattutto dagli imprenditori che intendono differenziare oltre alla metodologia di distribuzione, anche la tipologia di prodotti coltivati, puntando ad esempio su prodotti di alta qualità o di nicchia, che possono suscitare curiosità e interesse del mercato in quanto "unici" e di difficile reperibilità nei mercati classici (grande distribuzione).


APPROFONDIMENTO - Aspetti socio-economici della filiera corta/lunga

Le diverse tipologie di filiere si caratterizzano per aspetti economici e sociali molto differenti fra loro. La caratteristica più evidente è la differenza (a volte anche notevole) del numero degli attori coinvolti. Da un lato, infatti, la filiera lunga può essere costituita da molti passaggi fra la produzione dei beni e il loro consumo, coinvolgendo numerosi intermediari. All'opposto, la filiera corta può essere anche cortissima, con la vendita al consumo effettuata direttamente dal produttore. Tutte le strategie intermedie richiedono comunque un numero di passaggi di mano delle merci.

Dal punto di vista economico, ogni qual volta un bene passa da un attore all'altro della filiera, aumenta il prezzo del bene, che comprende, oltre al suo costo d'acquisto, anche i costi accessori (in genere trasporto e stoccaggio) e la remunerazione dell'attore in questione. Ovviamente, maggiori saranno i passaggi di mano, più alto sarà il prezzo finale del bene al consumo.

In generale, un tipo di filiera molto lunga determina la presenza sul mercato di beni più costosi e il pagamento di prezzi molto bassi ai produttori, questo affinché il prezzo finale non si alzi troppo e per non determinare un calo della domanda di quel dato bene.

Va detto che una filiera lunga, nei suoi vari passaggi intermedi, fornisce lavoro a molte più persone ed è pressoché indispensabile per i prodotti che provengono da luoghi di produzione molto lontani.

Una filiera lunga, inoltre, garantisce la presenza sul mercato di prodotti provenienti da ogni parte del mondo e in qualunque periodo dell'anno, favorendo un mercato di tipo globale.

La filiera corta, invece, immette sul mercato solo prodotti di stagione e di provenienza locale o a breve raggio, ma favorisce una maggiore qualità dei prodotti e contribuisce a mantenere la caratterizzazione territoriale, soprattutto per quanto riguarda i prodotti agroalimentari.

Le organizzazioni di prodotto

Negli ultimi anni, per i prodotti agricoli, oltre ai classici canali di mercato, sono stati creati nuovi sbocchi che hanno permesso ai consumatori di acquistare prodotti locali tramite filiera.

L'ottica dell'acquisto è cambiata per l'accresciuta sensibilità ambientale, per la percezione della freschezza dei prodotti locali e per il gusto di comprare la stessa merce in modo alternativo; a tutto questo si può aggiungere la consapevolezza del consumatore di contribuire al sostegno dell'economia locale. Ogni filiera corta possiede la caratteristica di modificare i rapporti all'interno delle reti distributive alimentari (oggi nelle mani di pochi soggetti economici), incentrandosi sulla dimensione locale e facendo leva sulla fiducia tra produttore e consumatore.

Fra i tanti modelli di filiera che si sono affermati negli ultimi anni citiamo la vendita diretta, i mercati contadini, le botteghe e i gruppi di acquisto solidale. Queste diverse tipologie sono regolamentate dalla seguente normativa nazionale:

  • D.lgs. n. 228/2001: "Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'art. 7 della Legge n. 57/2001".

  • Decreto MiPAAF 20 novembre 2007: "Attuazione dell'art. 1, comma 1065, della Legge n. 296/2006, sui mercati riservati all'esercizio della vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli".

  • Schema di disegno di legge recante norme per la valorizzazione dei prodotti agricoli provenienti da filiera corta e di qualità (1 marzo 2010).

La vendita diretta

È stata il primo esempio di filiera corta, in quanto più semplice da realizzare e con meno investimenti. Consiste nella vendita diretta dei prodotti, in locali appositamente predisposti, all'interno dell'azienda agricola: il vantaggio del consumatore consiste nell'acquisto di cibo direttamente sul luogo di produzione, mentre il vantaggio del produttore sta nel fatto che non occorrono particolari investimenti né locali vincolati al rispetto di disposizioni sanitarie e fiscali. Spesso, all'interno dei locali, il produttore può integrare l'offerta con la vendita di prodotti di altri imprenditori e allevatori, ma con percentuali stabilite per legge (D.lgs. n. 228/2001). Nelle zone a maggiore vocazione agricola e a forte attrazione turistica si è sviluppata la vendita con strutture mobili (le cosiddette "baracchine") poste lungo le strade o in punti molto frequentati. Questa metodologia non è molto costosa ed è di facile autorizzazione a livello burocratico.

I mercati contadini e rionali

In molte Regioni italiane si sono sviluppati mercati periodici o occasionali a cui partecipano soprattutto aziende agricole che vendono i propri prodotti (Fig. 17).

Questi mercati sono nati sia per iniziativa degli stessi produttori, sia per volontà di enti e/o associazioni. Importanti sono anche i mercati settimanali o quindicinali, che creano "l'educazione alla spesa" fondata sulla regolare presenza del produttore del luogo e sulla "fedeltà" della clientela. Diverso è, invece, il caso dei mercati sporadici, legati spesso a specificità ed eccellenze del territorio. Escono dall'ambito dei mercati di produttori le sagre e le fiere, che sono comunque importanti per la diffusione dei prodotti agricoli e delle loro caratteristiche. Per questa tipologia di mercato, i regolamenti comunali che ne regolano la partecipazione prevedono la possibilità di riservare postazioni per le aziende agricole.

Le botteghe

A differenza dei mercati, sono punti vendita in luoghi chiusi, attivi quotidianamente, gestiti da una singola azienda o da un numero variabile di esse in forma collettiva. Sono gestite di solito da associazioni di produttori e rappresentano un'importante occasione per favorire l'ingresso delle campagne nel tessuto cittadino.

Le botteghe che si trovano in città hanno infatti la funzione di collegamento con la campagna circostante, possono essere organizzate in modo autonomo o con il contributo di istituzioni locali o associazioni.

I Gruppi d'Acquisto Solidale (GAS)

Sono nati nel 1994 a Fidenza (PR): inizialmente i prodotti erano limitati a poche tipologie commerciali come verdura, frutta e carne; negli ultimi anni, invece, la gamma di prodotti acquistati con questa formula è diventata più ampia, grazie anche alla diffusione dell'utilizzo di Internet.

Dal 2001 i GAS sono coordinati a livello nazionale dalla Rete GAS che ha la funzione di riunire e aggregare gruppi diversi, creare spazi di dibattito su temi legati al consumo e diffondere la filosofia dei Gruppi contenuta nei 10 principi del Documento Base.

I GAS sono inoltre stati definiti "associazioni non lucrative costituite per acquistare e distribuire beni agli aderenti, senza alcun ricarico, con finalità etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale" (Finanziaria 2007). I GAS sono ispirati da principi di solidarietà verso i piccoli consumatori, verso le economie svantaggiate dei Paesi poveri del Terzo mondo e verso la salvaguardia dell'ambiente. Alla base delle attività del Gruppo vi è anche un altro aspetto molto importante, quello cioè legato alla socialità, favorita dal dialogo attivo all'interno del Gruppo, che permette di portare avanti una politica attiva e diventa centro di educazione al consumo critico, condividendo liberamente i saperi e coinvolgendo tutti i mercati.

Territorialità, tipicità e sbocchi economici

Da quanto detto in precedenza risulta chiaro che le aziende agricole hanno oggi numerosissime "armi" per vendere i propri prodotti sul mercato. Il momento storico in cui ci troviamo è caratterizzato da un'economia globale che fornisce opportunità prima sconosciute agli imprenditori. Sta però a questi ultimi riuscire a valorizzare i propri prodotti per spuntare buoni prezzi sui mercati (Fig. 18).

In molti casi ormai si punta non solo a valorizzare la qualità del prodotto, ma ne viene evidenziata anche la tipicità legata al territorio in cui questo è stato prodotto. Si può così sfruttare a livello di promozione la territorialità stessa di una determinata area geografica particolarmente conosciuta e apprezzata, che fa quindi da cassa di risonanza al prodotto stesso.

Da questo punto di vista l'adesione ai Disciplinari di produzione (sempre più frequenti per i prodotti agroalimentari) garantisce l'acquisizione di marchi geografici (oltre che di qualità) che possono fornire un ulteriore slancio al prodotto sul mercato.

Va però ammesso che non sempre le aziende possono sfruttare tutti i canali che il mercato globale offre. Pensiamo ad aziende agricole di tipo classico, quali quelle cerealicole o frutticole intensive, che di solito sono costituite da grandi estensioni di terreno dove vengono coltivate poche specie vegetali e quindi si ottengono solamente pochi prodotti, ma in grandi quantità. Questo tipo di aziende difficilmente potrà effettuare la vendita diretta o sfruttare nuovi canali di distribuzione, ma si dovrà affidare a grossisti, aderendo a filiere di tipo medio-lungo di vecchio stampo. Al massimo potranno puntare a differenziare maggiormente la produzione ottenendo nuovi prodotti di maggiore qualità. Questi nuovi canali distributivi sono invece molto adatti a piccole e medie aziende locali che producono prodotti tipici di differenti tipologie provenienti da una determinata zona e che non possono puntare sulle ingenti quantità produttive. Si può quindi cercare di piazzare i propri prodotti in modi differenziati e, magari, cercare di vendere direttamente al consumatore creando la cosiddetta vendita diretta o km zero (Fig. 19).

Anche sulla distribuzione incide molto il contesto territoriale in cui si trova l'azienda. In zone frequentate da turisti queste avranno molte possibilità di vendere i propri prodotti principalmente in periodi ben precisi (estate per aziende sulla costa, inverno per aziende in montagna). Si può così puntare sull'afflusso di turisti che sempre di più ricercano la tipicità dei prodotti agroalimentari propri delle zone dove trascorrono le vacanze.

Si può inoltre pensare di trasformare i propri prodotti per produrne altri (sempre tipici e/o innovativi, da affiancare a quelli tradizionali) per differenziare ancora di più l'offerta ai propri clienti. In quest'ottica, l'inizio di questa tipologia produttiva può essere ricondotto alla diffusione degli agriturismi che propongono ai propri ospiti prodotti di produzione propria o del territorio circostante. L'ultimo sbocco che il mercato globale ha creato è l'e-commerce. Con la diffusione di piattaforme di vendita on-line e l'accesso a internet garantito ormai in larga parte del globo, sempre più aziende possono sfruttare questo canale per vendere i propri prodotti a una platea globale. Sempre più consumatori (di preferenza giovani) fanno i propri acquisti in rete e si stima che il numero di essi andrà crescendo in maniera esponenziale. Se si vuole rimanere al passo coi tempi, quindi, sempre più aziende potranno (o dovranno) utilizzare questo canale. Anche in questo caso è chiaro che saranno favorite piccole aziende che producono prodotti di alta qualità, di nicchia e specifici di un determinato territorio. In questo modo chiunque voglia acquistare un prodotto tipico potrà farlo comodamente da casa propria ricevendolo direttamente a domicilio. Grandi aziende intensive ed estensive potrebbero impiegare la rete per ottenere maggiore visibilità anche con grossisti o per cercare di vendere grosse partite di merce all'estero. L'esempio più calzante è quello delle aziende vinicole che pur producendo generalmente in grandi quantità possono far conoscere il loro marchio offrendo il prodotto in rete oltre che partecipando a fiere di settore.

In conclusione, vanno quindi viste caso per caso le scelte di mercato più adatte a ogni singola azienda in modo da individuare le strategie migliori per vendere i propri prodotti massimizzando il margine netto. Ad esempio, le aziende medio-piccole situate vicino a grandi centri urbani sono più indicate per creare punti di vendita diretta a km zero in quanto gravitano in un'area frequentata da un numero elevato di persone. Al contrario, aziende molto lontane dal tessuto urbano potranno sperare di vendere i loro prodotti direttamente al consumatore solo nei periodi turistici, concentrando le vendite in pochi mesi dell'anno.

Inoltre, oggi le aziende agricole possono differenziare maggiormente la loro produzione creando servizi. Il primo caso sono stati gli agriturismi e oggi molti altri possono essere i servizi offerti dalle aziende agricole: dalla fornitura di energia pulita (da biomasse, solare, eolica, idrica, ecc.) agli agricampeggi fino agli agrinidi o alle fattorie didattiche e alla pet-terapy. Tutte iniziative atte ad attrarre turisti, soprattutto, ma anche per dare nuove opportunità a territori svantaggiati che non sono più in grado di sostenersi con la sola produzione agricola.

STOP E SINTESI

Il mercato e i suoi fattori

Secondo la Scienza economica che cos’è il mercato?

Il mercato è il complesso della domanda e dell'offerta di un dato bene che si svolge in dato contesto spaziale.

La domanda

Come può variare la domanda di beni?

All'aumentare del prezzo la domanda diminuisce e viceversa più o meno velocemente, a seconda se siamo davanti a una domanda elastica o rigida.

L’offerta

In che cosa consiste l’offerta economica?

È legata alla produzione dei beni, quindi è in funzione diretta del prezzo. Se diminuisce la quantità di un bene sul mercato, aumenta l'utilità marginale del bene, dunque il produttore è disposto a cedere dosi ulteriori di merce a prezzi maggiori.

Le forme economiche di mercato

Quali sono le forme economiche del mercato?

I mercati hanno varie forme economiche che influenzano la formazione del prezzo. Si distinguono: mercati perfetti e imperfetti, mercati aperti e chiusi.

Le organizzazioni di prodotto

Quali sono le nuove organizzazioni per la vendita di prodotti agricoli?

I prodotti agricoli, oltre ai classici canali di mercato, hanno trovato nuovi sbocchi nella vendita diretta in azienda; nei mercati contadini e rionali; nelle botteghe e nei GAS.


STOP AND SUMMARY

The market and its factors

What is the market according to Economics?

The market is the set of supply and demand of certain goods in a particular place.

The demand

How can the demand for goods vary?

When the price increases the demand decreases and conversely more or less quickly according to the demand ftexibility.

The supply

What is the economic supply?

It is linked to the goods production, therefore it depends directly on the price. If the amount of goods on the market decreases, the marginal utility of these goods increases and consequently the producer is willing to give additional goods at higher prices.

The economic types of market

Which are the economic types of market?

Markets may be of different economic types which affect the price formation. Markets can be perfect or imperfect, open or closed.

The product organizations

Which are the new organizations for the sale of agricultural products?

In addition to the traditional market channels, agricultural products can be sold with direct sale on farms, at local markets, shops and ethical purchasing groups.

ECONOMIA E AGROSISTEMI
ECONOMIA E AGROSISTEMI
VOLUME 2