GESTIONE E VALORIZZAZIONE AGROTERRITORIALE

Carni fresche (bovine, suine, ovine, caprine, equine)

La macellazione non è considerata parte della produzione primaria e può essere effettuata nell’azienda agricola solo se questa è dotata di un macello riconosciuto e quindi possiede il numero di riconoscimento Ce che viene rilasciato, previa verifica del rispetto dei requisiti (Regolamenti CE n. 852/2004 e 853/2004), con bollatura sanitaria delle carni dopo la visita veterinaria. Inoltre, l’operatore del settore alimentare è obbligato a rispettare le procedure stabilite dal sistema HACCP, volte a garantire la sicurezza alimentare attraverso l’analisi dei pericoli e la gestione dei rischi connessi alle attività svolte. L’azienda agricola che alleva animali può vendere i propri capi allo stabilimento di macellazione, che poi vende le carni attraverso i propri canali di distribuzione, ma può anche vendere l’animale vivo direttamente al consumatore finale o al dettagliante, purché sia in possesso della documentazione necessaria.

Il trasporto dell’animale a un macello riconosciuto spetta all’acquirente, che può servirsi di un’impresa di trasporto per conto terzi dotata di veicolo idoneo, conforme al Reg. CE n. 1/2005 e nel rispetto della normativa sul benessere animale. Nel mattatoio autorizzato avviene la macellazione e l’eventuale sezionamento, con destinazione per l’autoconsumo, se il proprietario è un consumatore finale, o alla vendita o somministrazione, se il proprietario è un venditore al dettaglio o un ristoratore. L’allevatore può anche commissionare direttamente la macellazione al mattatoio e vendere poi le carni al consumatore, in questo caso deve dotarsi di un locale di vendita nella propria azienda zootecnica, in regola con i requisiti di cui al Reg. CE 852/2004, e provvedere alla comunicazione dell’attività di vendita all’Azienda Sanitaria Locale competente per territorio e applicare le procedure previste dal sistema HACCP.

In ogni caso, per il trasporto delle carni dal macello verso un operatore commerciale

(dettagliante o ristoratore o lo stesso allevatore/rivenditore) deve essere impiegato un veicolo registrato ai sensi dell’art. 6 del Reg. CE 852/2004, in possesso di specifici requisiti e di un impianto di refrigerazione.

È possibile effettuare la macellazione tradizionale a domicilio di suini, ovini e caprini, nel rispetto di requisiti e norme regionali per l’effettuazione della visita sanitaria. Queste deroghe sono limitate all’autoconsumo familiare (in genere sono fissati limiti quantitativi in funzione di tale destinazione) e per queste carni non è ammessa la commercializzazione. Ai cittadini che possono acquistare l’animale e utilizzarne le carni pur non avendo disponibilità di stalle e terreni, la Regione Lombardia offre la possibilità di macellare, sezionare e trasformare in salumi direttamente in apposite strutture realizzate presso gli allevamenti.

APPROFONDIMENTO - La trichinellosi

È una malattia a carattere zoonosico, cioè una malattia che si trasmette dagli animali all’uomo, sostenuta da un parassita del genere Trichinella, che può infestare una grande varietà di animali selvatici e domestici, sia mammiferi che uccelli e rettili. All’uomo si trasmette per via alimentare tramite il consumo di carni infestate crude o poco cotte, soprattutto di suini ed equini e si manifesta in varie forme che vanno da diarrea, debolezza muscolare, febbre, edemi periorbitali, fino a complicazioni cardiovascolari (a volte letali), neurologiche, oculari, respiratorie e digestive.

Si tratta di una malattia diffusa in tutto il mondo e che per l’importanza che ricopre per la salute pubblica e per l’economia (influenzando il commercio degli animali e dei loro prodotti), è inserita nella lista dell’OlE (Office International des Epizooties, Organizzazione mondiale della sanità animale) tra le malattie animali più importanti.


Ciclo vitale

Il ciclo vitale del parassita avviene attraverso l’ingestione di carni infestate contenenti cisti. Le larve ingerite giunte nello stomaco si attivano dopo l’esposizione agli acidi gastrici, si sviluppano nell’intestino e diventano adulte.

Dopo l’accoppiamento i maschi muoiono. Le femmine, che sono ovovivipare (le cui uova cioè si schiudono all’interno del corpo), originano centinaia di larve che entrano dapprima nel circolo ematico e linfatico e successivamente raggiungono il tessuto muscolare striato dove si accrescono di volume, si incistano e si dispongono in una caratteristica posizione a spirale. Ciascuna cisti è costituita da un unico embrione e circondata da tessuto connettivale derivante principalmente dall’ospite. A questo stadio le larve sono infestanti, sono cioè in grado, se ingerite da un altro animale o dall’ uomo, di ripetere nuovamente il ciclo. Le larve incistate nei muscoli possono rimanere infestanti anche per diversi anni. Il ciclo vitale della Trichinella può essere suddiviso in ciclo silvestre e ciclo domestico. Nel ciclo silvestre sono coinvolti vari animali selvatici che si infestano cibandosi di animali o di carogne contenenti le larve incistate e permettono così il perpetuarsi del ciclo. Nel ciclo domestico, che coinvolge anche l’uomo, sono invece interessati gli animali domestici allevati allo stato brado che si infestano alimentandosi di rifiuti o attraverso il contatto con carogne contenenti larve: solitamente dal ciclo silvestre avviene l’introduzione del parassita nel ciclo domestico quando esiste un contatto tra animali selvatici e domestici.

Carni di pollame, lagomorfi e piccola selvaggina allevata

L’art. 1 del Reg. CE n. 853/2004 e le Linee guida della conferenza Stato-Regioni del 17 dicembre 2009 stabiliscono che esistono solo due casi in cui le carni di pollame e lagomorfi (conigli) possono essere ottenute anche al di fuori dei macelli riconosciuti:

1. è consentita la macellazione fino a 500 capi/anno di pollame, lagomorfi e piccola selvaggina allevata senza strutture dedicate, solo in caso di cessione occasionale all’interno dell’azienda agricola stessa, su richiesta del consumatore finale o del dettagliante “a livello locale” (stessa provincia o quelle confinanti) e in sua presenza secondo modalità stabilite dalle Regioni;

2. la macellazione di quantitativi fino a 50 Unità Bovine Equivalenti complessive annue, corrispondenti a 10.000 polli e 6.250 conigli (1 UBE = 200 polli o 125 conigli), può avvenire in un macello annesso all’allevamento, quindi non riconosciuto (ma solo registrato), dopo la notifica di inizio attività, nel caso in cui la macellazione sia finalizzata alla cessione diretta delle carni al consumatore finale o a dettaglianti che operano a livello locale rifornendo direttamente il consumatore finale.

Le singole Regioni possono intervenire modificando le quantità ammissibili; ad esempio la Regione Lombardia, con il decreto Direzione Generale Sanità n. 5593 del 27/05/2010 ha fissato il numero in 10.000 polli e 7.500 conigli. Devono comunque essere rispettati i requisiti di cui al Reg. CE n. 852/2004 e attuate le procedure del sistema HACCP.

Carni di selvaggina

Ogni cacciatore può cedere direttamente al consumatore finale o al dettagliante locale che rifornisce i consumatori finali, un capo di selvaggina grossa o 100 capi di selvaggina piccola all’anno, intesi come capi interi o carni da essi derivate.

Il Reg. CE n. 853/2004 definisce inoltre: “selvaggina selvatica: ungulati e lagomorfi selvatici, nonché altri mammiferi terrestri oggetto di attività venatorie ai fini del consumo umano considerati selvaggina selvatica ai sensi della legislazione vigente negli Stati Membri interessati, compresi i mammiferi che vivono in territori chiusi in condizioni simili a quelle della selvaggina allo stato libero; selvaggina di penna oggetto di attività venatoria ai fini del consumo umano”.

Per “selvaggina selvatica piccola” si intende la selvaggina di penna e di lagomorfi che vivono in libertà, mentre la “selvaggina selvatica grossa” si riferisce ai mammiferi terrestri selvatici che vivono in libertà e non appartenenti alla precedente categoria della selvaggina selvatica piccola. Le carni degli animali selvatici soggetti a Trichinellosi, come i suidi (cinghiali), vengono sottoposte agli specifici controlli sanitari. Ad esempio, nella Regione Lombardia anche il dettagliante che acquista carni dal cacciatore è tenuto a dimostrare in qualsiasi momento l’esito delle analisi. In generale, le Linee guida della conferenza Stato-Regioni del 17/12/2009 prevedono che il cacciatore debba comunicare in forma scritta la zona di provenienza degli animali cacciati al dettagliante, venditore o ristoratore che, in caso di controllo, dovrà esibire tale dichiarazione. I programmi di abbattimento autorizzati e le battute di caccia organizzate sono regolamentati dal Reg. n. 853/2010 che prevede il trasferimento delle carcasse in un centro di lavorazione della selvaggina, dove avviene la visita ispettiva veterinaria e l’eventuale bollatura sanitaria. L’art. 21 CE della Legge n. 157/1992, di natura non sanitaria ma di protezione della fauna omeoterma stabilisce: “… è vietato a chiunque commerciare fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico”. La violazione è punibile penalmente o con una multa da parte degli organi di polizia addetti all’accertamento.

Uova

L’azienda agricola produttrice di uova può avere un proprio centro d’imballaggio, previa autorizzazione della Regione, e applicare la marchiatura prevista dai Regolamenti CE n. 1234/2007 e n. 589/2008 per la successiva commercializzazione, oppure conferire le uova non marchiate a un centro d’imballaggio o all’industria alimentare (esclusi i servizi di ristorazione per collettività) per la produzione di specifici prodotti. È previsto l’esonero dagli obblighi stabiliti dalle norme di commercializzazione per le uova vendute direttamente dal produttore al consumatore finale, nel luogo di produzione o nella zona di produzione, in un mercato pubblico locale (qualunque mercato di generi alimentari per la vendita al minuto) o nella vendita porta a porta effettuata dal produttore presso il domicilio del consumatore finale. Le uova vendute direttamente non sono classificate in base alla qualità e al peso e devono comunque essere marchiate con il codice del produttore, ai sensi del Regolamento CE n. 1028/2006. Tale codice (Decreto Mipaaf 11/12/2009) è rilasciato dal servizio veterinario dell’ASL a seguito di domanda di registrazione come da D.Lgs. n. 267/2003. Gli allevamenti più piccoli, fino a 50 galline ovaiole, usufruiscono di un’ulteriore deroga: il produttore può non marchiare le uova, ma deve comunque indicare il suo nome e indirizzo nel punto vendita con un cartello o rendere disponibili questi dati all’acquirente nella vendita porta a porta.

Latte crudo

Il Reg. CE 853/2004 consente la vendita del latte crudo. Le Linee guida della conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome stabiliscono che il latte crudo può essere venduto attraverso macchine erogatrici (16.10) oppure direttamente nell’azienda di produzione al consumatore finale: si tratta quindi di una forma di cessione diretta di piccoli quantitativi di prodotto primario dal produttore al consumatore. Il consumatore deve essere informato dal produttore sul consumo del prodotto previa bollitura in base all’O.M. (Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali) del 10/12/2008.

Nel caso in cui siano le aziende ad effettuare la commercializzazione del latte crudo, secondo l’intesa Stato-Regioni, devono predisporre un piano di autocontrollo con verifica analitica dei parametri previsti dalla normativa (carica batterica, cellule somatiche, ecc.), effettuando almeno due prelievi al mese e tutti i controlli necessari; inoltre sono tenute alla pulizia e sani-ficazione dei locali, delle attrezzature, dei contenitori, dei mezzi di trasporto e dell’erogatore, rispettando tempi e temperature di trasporto.

Il latte crudo non può essere somministrato nella ristorazione collettiva (case di cura, case di riposo, ospedali, ecc.) o nelle mense scolastiche (Ordinanza Ministeriale del 10/12/2008). Nessun divieto sussiste per la somministrazione nella ristorazione pubblica, compresa quella agrituristica, che deve offrire garanzie di sicurezza alimentare mediante procedure di autocontrollo (sistema HACCP).

Miele

In base alle Linee guida Stato-Regioni, per l’applicazione del Reg. CE n. 852/2004, la produzione primaria comprende tutte le fasi di allevamento, raccolta, confezionamento e imballaggio in azienda del miele.

Anche in questo caso, la vendita occasionale di piccoli quantitativi al consumatore finale e in ambito locale è consentita senza attivare un laboratorio con i requisiti previsti, ma solo con la registrazione di produttore agricolo e predisponendo un sistema di autocontrollo limitato alla tenuta di registri relativi alle operazioni svolte. Tale condizione di vendita esclude il dettagliante, invece l’apicoltore che vende occasionalmente è considerato un produttore per autoconsumo che fornisce a terzi una piccola eccedenza di miele e pertanto non è in grado di assicurare determinate garanzie quali l’etichettatura che è obbligatoria nella vendita al dettaglio. Nel caso di vendita in un territorio più ampio, o comunque non più in maniera occasionale ma con quantità superiore di prodotto (ceduti secondo le normali pratiche commerciali all’interno dei locali di vendita connessi all’azienda apistica, in mercati e fiere, oppure mediante la cessione a imprese commerciali), decade l’esenzione dall’applicazione del Reg. CE n. 852/2004; in quest’ultimo caso si applicano le norme riguardanti non solo la produzione primaria (obbligo di registrazione, 2^>Glossary rispetto dei requisiti di cui all’allegato I), ma anche le fasi successive (requisiti di strut-Mieie: Honey ture, attrezzature, procedure per il trasporto e la vendita, ecc.), con predisposizione e Apicoltore: Bekeeper applicazione delle procedure del sistema HACCP.

Prodotti della pesca

Secondo la normativa relativa ai prodotti della pesca, contenuta nel reg. 853/2004, “la produzione primaria comprende l'allevamento, la pesca e la raccolta di prodotti vivi della pesca in vista dell’immissione sul mercato, nonché le operazioni connesse svolte a bordo delle navi da pesca quali: macellazione, dissanguamento, decapitazione, eviscerazione, taglio delle pinne, refrigerazione e confezionamento”.

Quindi il pescatore professionista e l’allevatore sono produttori primari.

Sono compresi nella produzione primaria anche:

1. il trasporto e il magazzinaggio di prodotti della pesca, la cui natura non sia stata sostanzialmente alterata, inclusi i prodotti vivi della pesca, nelle aziende acquicole di terra;

2. il trasporto dei prodotti della pesca, la cui natura non sia stata sostanzialmente alterata, inclusi i prodotti vivi della pesca, dal luogo di produzione al primo stabilimento di destinazione.

Il campo di esclusione dall’applicazione del Reg. CE n. 853/2004 per i prodotti della pesca e dell’acquacoltura è identificato, oltre che dal limite territoriale generale della provincia e province confinanti, anche da quello del ridotto quantitativo, pari a 100 kg per sbarco giornaliero da un peschereccio o per cessione giornaliera da un allevamento di acquacoltura, come definito dalle Linee guida Stato-Regioni.

Nei limiti di cui si è appena detto, il pescatore o l’allevatore possono cedere direttamente i loro prodotti a consumatori finali o dettaglianti, senza doverli necessariamente trasferire ad un impianto collettivo per le aste, ad un mercato all’ingrosso o ad uno stabilimento riconosciuto.

Ad ogni modo, il produttore primario, ai fini della rintracciabilità, è obbligato a produrre, nel momento della cessione a un dettagliante locale o ad un esercizio di somministrazione, un documento datato e firmato attestante l’origine e la tipologia del prodotto ceduto, in duplice copia di cui una va rilasciata all’acquirente ed una va tenuta dal cedente.

Inoltre, il Reg. CE n. 104/2000, fissa gli obblighi in materia di etichettatura: indicazione del nome della specie, della zona e del metodo di produzione, escludendo solo i piccoli quantitativi pari a un valore massimo di 20 euro per ciascuna vendita al consumatore (circolare del Mipaaf n. 21329 del 27 maggio 2002). La vendita può avvenire direttamente sull’imbarcazione o su strutture a terra, rispettando le norme degli Enti competenti (la Capitaneria di porto nelle zone di attracco e sbarco, il Comune nelle aree mercantili riservate ai pescatori).

Il pescatore deve, inoltre, rispettare l’obbligo di eviscerazione di determinate specie (Ordinanza del Ministero della Sanità del 12 maggio 1992) e controllare la presenza di eventuali parassiti; questo controllo diventa un obbligo del dettagliante/acquirente qualora non sia stato effettuato in precedenza dal pescatore. Innanzitutto deve essere garantita la sicurezza alimentare, attraverso l’adozione di idonee procedure igieniche dal momento della pesca a quello finale della vendita, con un’attenzione particolare rivolta alla conservazione: è necessario infatti predisporre celle frigorifere a bordo del peschereccio, utilizzare ghiaccio prodotto con acqua potabile o acqua di mare pulita, proteggere il prodotto dai raggi solari durante la vendita. Fra le attività connesse alla pesca e all’acquacoltura c’è anche la trasformazione dei prodotti (D.Lgs. n. 4/2012). Inoltre, sono vietati, sotto qualsiasi forma, la vendita e il commercio dei prodotti della pesca non professionale: ciò significa che il pescatore sportivo, a differenza del cacciatore, non può vendere il proprio pescato.

Prodotti trasformati

I prodotti trasformati di origine animale o vegetale, possono essere lavorati all’interno dell’azienda produttrice e poi venduti al consumatore finale o al dettagliante (Regolamenti CE n. 852/2004 e 853/2004).

Per tutte le attività di trasformazione è necessario:

a. attivare un laboratorio, che può essere anche multifunzionale; le singole normative regionali consentono l’utilizzo delle cucine della famiglia dell’agricoltore nelle aziende agricole e agrituristiche, stabilendo limiti e requisiti minimi;

b. rispettare i requisiti generali e specifici previsti;

c. registrare il laboratorio, mediante notifica all’ASL competente per territorio;

d. applicare le procedure del sistema HACCP.

Alcune Regioni, attraverso una serie di atti normativi, hanno legiferato in materia di produzione locale, semplificando procedure e requisiti. Ad esempio la Regione Liguria (Delibera della Giunta Regionale n. 856 del 15 luglio 2011 “Produzione marginale di prodotti lattiero-caseari e relativi requisiti igienico-strutturali”) considera “azienda zootecnica marginale” l’azienda che alleva bovini e non può garantire un adeguato livello di reddito al titolare senza una integrazione delle fasi di trasformazione e commercializzazione del latte.

GESTIONE E VALORIZZAZIONE AGROTERRITORIALE
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