La Scienza Economica, come abbiamo visto, si occupa delle azioni volontarie dell’uomo. Esse vengono studiate per gruppi omogenei e classificate come segue:
• azioni di produzione, mediante le quali un soggetto si propone di ottenere beni o servizi non preesistenti;
• azioni di scambio, mediante le quali soggetti operanti in contrapposto scambiano beni o servizi preesistenti;
• azioni di consumo, mediante le quali un soggetto usa un bene o un servizio preesistente per la soddisfazione di un bisogno diretto.
Ogni azione ha:
• una causa, è il bisogno dell’uomo insito nella sua natura;
• uno scopo, è ciò che il soggetto operante si propone di fare, cioè la cosa voluta;
• uno svolgimento, è il procedimento con il quale si esegue la trasformazione dei beni;
• un fine; è la soddisfazione del bisogno che è la causa dell’azione stessa.
Il bisogno è dunque la causa dell’azione volontaria dell’uomo. La soddisfazione è legata all’uso di beni comunemente indicati come capitale, che, in un dato periodo, deve fornire un compenso, finanziariamente detto interesse.
Una qualsiasi azione dell’uomo si caratterizza per:
• la quantità determinata di beni, che costituiscono il capitale;
• la tipologia dei beni che costituiscono il capitale: beni monetari o immobiliari (fabbricati, macchine, terreni, ecc.);
• il tempo in cui il bene viene impiegato, misurato in giorni, mesi e/o anni.
L’interesse, detto anche prezzo d’uso del capitale, rappresenta il compenso che spetta al capitale in virtù dell’uso che ne viene fatto e dipende, dunque, dalla quantità, dalla tipologia e dal tempo. Quando si parla di capitale, in Economia, ci si può riferire al denaro contante (risparmio monetario). In questo caso il capitale assume la fisionomia di capitale indifferenziato e il prezzo al quale viene ceduto è detto appunto interesse. Ci si può anche riferire al risparmio capitalizzato (capitale finanziario come titoli azionari, obbligazioni, ecc.). In questo caso l’interesse assume la fisionomia di reddito. Infine ci si può riferire ai mezzi di produzione e qui il compenso è un canone (locazione, noleggio, affitto, ecc.). Occupiamoci del primo caso ovvero del capitale indifferenziato a cui hanno accesso gli imprenditori presso le banche e pagano ad esse un prezzo detto interesse. L’interesse può maturare secondo diverse modalità:
1. interesse semplice, caratterizzato dal fatto che l’interesse maturato in un dato periodo di tempo non si somma al capitale di partenza e quindi non diventa a sua volta fruttifero di altri interessi; è il caso delle cedole delle obbligazioni;
2. interesse composto, quando l’interesse prodotto si somma al capitale di partenza e a sua volta produce ulteriori interessi; un esempio è il deposito bancario.
Questo interesse è suddiviso in:
- interesse discontinuo annuo, quando gli interessi si sommano al capitale iniziale una volta all’anno, generalmente alla fine;
- interesse discontinuo convertibile, quando gli interessi si sommano al capitale iniziale discontinuamente, ma più volte all’anno, secondo una periodicità regolare, ad esempio bimestralmente, semestralmente, ecc.;
- interesse continuo, quando gli interessi si sommano al capitale iniziale costantemente.
Il percorso matematico-finanziario che vogliamo intraprendere ha come punto di partenza l’analisi dell’interesse semplice, per arrivare successivamente all’interesse composto discontinuo annuo. La formula che traduce l’interesse semplice è la seguente:
I = C0 x r x t
Dove:
I indica l’interesse.
C0 indica un dato capitale di riferimento.
r indica il saggio di interesse.
t indica il tempo.
Il capitale di riferimento costituisce il bene, o l’insieme di beni, che sono disponibili all’inizio di un’azione.
Può essere indifferenziato, come un quantitativo monetario (Fig. 1a), o differenziato, come beni strumentali, macchine, attrezzature o fabbricati (Fig. 1b).