In agricoltura l’uso delle macchine non ha solo lo scopo di sollevare l’uomo dai lavori più pesanti, ma anche quello di permettere un aumento di produttività della terra e di ridurre i costi di produzione. Generalmente ogni azienda è dotata di un parco macchine comprendente: macchine motrici, macchine operatrici e semoventi, che rappresentano la parte più consistente del capitale agrario, quindi un forte impegno economico per gli imprenditori sia in termini di costi di acquisto che di gestione.
L’imprenditore può scegliere di eseguire gli interventi agronomici utilizzando macchine in conto terzi, quando l’acquisto della macchina risulta essere particolarmente oneroso o il loro uso sia per interventi limitati a una fase o sottofase del processo produttivo (vedi arature profonde). Questo aspetto viene definito contoterzismo agro-meccanico ed è inserito nell’ottica dello sviluppo delle imprese che producono servizi per le altre imprese. Lo sviluppo di queste imprese nasce dalla continua evoluzione del progresso tecnico, che determina innovazione sia di processo che di prodotto e dalla ristrutturazione delle imprese, che devono conciliare la flessibilità operativa con le economie di scala. Del resto l’azienda agraria moderna ha ormai disattivato la produzione interna di certi input (concimi, sementi, mangimi, ecc.) affidandosi a imprese esterne. Affidandosi al contoterzismo si possono avere le seguenti situazioni:
• si delegano alcune operazioni;
• si delegano tutte le operazioni colturali o comunque quelle più qualificanti di una precisa tecnica produttiva, come se l’azienda agraria divenisse acquirente di semilavorati (ad esempio la coltura messa a dimora). In questo caso il contoterzismo assume un ruolo quasi fondamentale nelle scelte della tecnica colturale e dunque l’impresa perde la sua autonomia;
• sia ha poi il caso in cui l’impresa agraria partecipi all’organizzazione e gestione dei servizi agro-meccanici costituendo cooperative di servizi.
L’evoluzione tecnologica porterebbe a pensare che, nel lungo periodo, il contoterzismo agro-meccanico potrebbe determinare la scomparsa dell’azienda tradizionale, dotata di un suo parco macchine e, più in generale, di propri servizi connessi alla gestione. L’ipotesi potrebbe essere veritiera se tutte le imprese terziste per i servizi gestionali agrari avessero raggiunto un grado di offerta che è propria delle imprese agro-meccaniche. Infatti facendo un confronto fra i costi medi della meccanizzazione aziendale e i prezzi proposti dal contoterzismo, nella maggior parte dei territori, quasi sempre all’impresa agraria conviene disattivare il proprio servizio meccanico. In questo modo, l’impresa contoterzista diventa il riferimento per la valutazione della convenienza nell’acquisto di nuove macchine e nello stesso tempo il principale veicolo del progresso tecnico-meccanico in agricoltura. Un parco macchine obsoleto o sovradimensionato impedirebbe alla maggior parte delle aziende di acquisire la massima efficienza. Per dimensionare un parco macchine è necessario conoscere non solo la superficie da coltivare, ma anche le attività aziendali e gli indirizzi produttivi. Un’azienda di 20-30 ha, a indirizzo cerealicolo-zootecnico, per la sua autonomia meccanica, dovrebbe possedere almeno 2 macchine motrici, 3 o 4 macchine operatrici per le lavorazioni, almeno 2 operatrici per la concimazione, altrettante per le cure colturali, ma anche 4 operatrici per la fienagione, 2 per la stalla e attrezzature varie quali rimorchi, irrigatori semoventi, ecc. Il tutto con un impegno di capitale per almeno 260.000 € corrispondente mediamente a circa 10.400 €/ha. Certamente l’investimento sarebbe diverso se l’indirizzo fosse solo cerealicolo, quindi senza attrezzatura di stalla e di fienagione. In questo caso il capitale macchine aziendale potrebbe ammontare a circa 148.000 € con un incidenza per ettaro di 5.920 €. A questo punto si tratta di analizzare se si vuole disporre di un parco macchine completo oppure integrarlo per mezzo del contoterzismo agro-meccanico. Il ragionamento può essere eseguito con gli spunti sopra riportati. Ammettendo di scegliere di disporre solo di macchine aziendali, sarebbe opportuno stabilire la loro economicità. Ciò è possibile con il calcolo del costo di esercizio, utilizzando il prezzo di acquisto e la sua vita utile espressa in ore di lavoro, che dipende dall’usura meccanica e dal raggiungimento dell’inefficienza tecnica dovuta all’evolvere delle tecniche colturali. Ad esempio per le trattici si considerano 10 anni di vita utile, corrispondenti a circa 11.000 ore di lavoro; per le macchine da fienagione si considerano 7 anni, corrispondenti a circa 1.800 ore e per quelle di messa in coltura intorno a 8 anni, corrispondenti a 1.700 ore. La somma dei costi da sostenere per l’uso di una macchina (motrice o operatrice) viene definita costo di esercizio, costituito da costi variabili e fissi, può essere annuo, orario o riferito alla singola lavorazione ed è un parametro che è in grado di rispondere a quesiti di convenienza economica riguardo a:
• scelta fra acquisto e noleggio;
• scelta se acquistare una macchina nuova o usata;
• scelta di macchine specifiche per date operazioni colturali;
• scelta nel caso di integrazione del parco macchine aziendale.