INTRODUZIONE - Economia: radici e prospettive evolutive

APPROFONDIMENTO - Finalità e prospettive dell’economia applicate al settore agrario 

Lo scopo della disciplina economica, in tutte le sue sfaccettature, è quello di far conseguire all'utenza un apprendimento in armonia con le finalità proprie del profilo educativo, culturale e professionale del futuro tecnico operativo in ambito agrario, ma anche quelle specifiche delle diverse articolazioni attuate nel 2° biennio del percorso di studio e che saranno poi finalizzate nel 5° anno. Perché ciò avvenga è necessario disporre di uno strumento che permetta di utilizzare modelli appropriati per investigare sui fenomeni e interpretare i dati sperimentali. Nello stesso tempo bisogna essere in grado di padroneggiare gli strumenti tecnologici, con particolare riguardo alla sicurezza sul lavoro e alla tutela dell'ambiente. 
Non ultimo sviluppare capacità tali da intervenire nelle diverse fasi del processo produttivo agrario, ma anche alla sua ideazione attraverso l'uso di strumenti di progettazione e controllo. In pratica lo strumento didattico elaborato nel volume permette di conseguire i seguenti obiettivi (espressi in termini di competenza): 
• organizzare attività produttive, anche ecocompatibili; 
• rilevare contabilmente i capitali aziendali e la loro variazione nel corso degli esercizi produttivi, attraverso registrazioni, bilanci e indici di efficienza; 
• interpretare e applicare normative comunitarie, nazionali e regionali, per le attività agricole integrate; 
• realizzare attività promozionali per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari collegati alle caratteristiche territoriali, nonché alla qualità dell'ambiente; 
• organizzare processi produttivi e relativi servizi; 
• individuare gli strumenti di comunicazione e di team working più appropriati per intervenire nei contesti organizzativi e professionali di riferimento; 

• progettare attività integrative delle aziende agrarie con interventi di agriturismo o comunque di turismo naturale; 
• essere in grado di proporre e gestire tecnologie innovative e saper interpretare gli aspetti della multifunzionalità individuati nelle politiche comunitarie; 
• promuovere e organizzare la valorizzazione delle produzioni mediante le diverse forme di marketing; 
• elaborare interventi di sviluppo rurale collabo-rando con enti pubblici nelle scelte di trasformazione fondiaria; 
• in ultimo, promuovere riflessioni sul rapporto tra economia ed ecologia al fine della protezione e conservazione dell'ambiente, in conseguenza dello svolgere dei processi produttivi agrari e dei loro impatti. 
Sulla base di quanto detto, la presente pubblicazione intende raggiungere gli obiettivi e le abilità attraverso una progettazione didattica orientata verso una articolazione dell'insegnamento a cura del singolo docente e delle scelte di programmazione del Consiglio di classe. Si deve anche aggiungere che questo lavoro non intende essere un trattato di Scienza economica, ma una esposizione, caratteristicamente didattica, di nozioni economiche che devono essere note a chi si occupa della struttura produttiva agraria e della sua organizzazione e analisi, ovvero la base sulla quale verranno sviluppati gli insegnamenti di Economia agraria, ma anche di Politica agraria e, in particolare, dell'Estimo. Nell'esposizione non è stato adottato il metodo matematico per molte ragioni, in primis perché gli studenti non dispongono di una adeguata preparazione matematica per affrontare lo studio dell'Economia; poi perché la matematica non può sempre fornire una spiegazione logica dei fatti e della realtà. Infine, non è con il metodo matematico che il presente lavoro intende portare avanti i concetti da insegnare. Si è preferito un indirizzo che analizzi l'operare del singolo, in un dato contesto ambientale e sociale, in modo da abituare gli studenti ad un razionale ragionamento economico-de-duttivo che ci sembra generalmente valido.

1.1 - La dottrina economica e l’economia politica

Sostanzialmente la Scienza economica studia i fatti compiuti dall’azione volontaria dell’uomo nel loro aspetto pratico, allo scopo di effettuarne un’analisi economica e valutare le ricadute, positive o negative, rispetto all’ambito operativo specifico ed eventualmente alla collettività di riferimento.


Da sempre le azioni umane sono mosse dalla soddisfazione dei bisogni, raggiungibili attraverso l'uso di beni. Nel momento in cui si utilizzano i beni si ha un'attività economica che può essere analizzata per mezzo di una teoria. La teoria economica in senso stretto comincia a diffondersi quando il processo economico è dominato dal capitale e cioè nel momento storico in cui si passa dalla proprietà signorile alla proprietà borghese e dal lavoro servile a quello salariato. 

I Fisiocratici


I primi a fornire una rappresentazione organica del processo economico-ca-pitalistico furono i Fisiocratici, un gruppo di studiosi francesi con a capo François Quesnay (1694-1774), che si affermarono verso la metà del 1700. Essi organizzarono le loro analisi sul concetto di ►prodotto netto o plus-prodotto o sovrappiù (surplus) ovvero quella parte di produzione che rimane dopo la ricostituzione sia dei fattori di produzione che del compenso spettante al lavoro, misurabile non come valore, ma solo in termini materiali.
Questa definizione scaturiva dal fatto che essi ritenevano che il surplus si determinasse solo in ambito agricolo. L'economia francese a metà del XVIII secolo, era infatti fondata solo sull'agricoltura con ridotti investimenti fondiari e con condizioni di lavoro ai limiti dell'asservimento. In altre parole i Fisiocratici mettevano a confronto i beni prodotti e quelli impiegati, e ciò poteva essere ipotizzato solo in agricoltura, dove con la coltivazione o l'allevamento si producono più beni materiali di quanti ne vengono impiegati (ad esempio se si seminano 2,5 t/ha di tuberi di patata, se ne raccolgono circa 25,0 t/ha). Questo accrescimento materiale sta all'origine del concetto di prodotto netto. Quindi i Fisiocratici ritenevano l'agricoltura la base della ricchezza e l'unica attività produttiva. 
Molta della fama dei Fisiocratici è data dal volume Tableau économique, uno strumento formulato dal Quesnay nel 1758 per l'analisi dei grandi atti di scambio tra le classi sociali del sistema, e cioè i proprietari fondiari e la classe sterile, quali veri soggetti economici. Pur mostrando alcuni limiti, il Tableau rimane un punto fermo nella storia della Scienza economica. 

Figura 2 • Schema dei concetti basilari detta dottrina fisiocratica. 

Adam Smith e la Scuola economica classica

La posizione critica dell'economista inglese Adam Smith (1723-1790) nei confronti della tesi fisiocratica, che riconosceva nel lavoro agricolo l'unico lavoro produttivo, segna la nascita di un nuovo pensiero economico e della Scuola economica classica alla quale aderirono David Ricardo (1772-1823), Thomas Robert Malthus (1766-1834), gli italiani Carlo Cattaneo (1801-1869), Giovanni Romagnoli (1761-1835) e Francesco Ferrara (1810-1900) e i francesi Jean Baptiste Say (1767-1832) e Frederic Bastiat (1801-1850). 
La critica si addentra anche sulla questione del ►prodotto netto o profitto in quanto, secondo Smith, non si forma solo nella produzione agraria ma, in generale, in ogni produzione.
Tali considerazioni traevano la loro origine anche dal fatto che i tempi erano cambiati. Infatti, in Inghilterra (luogo di nascita di A. Smith), alla fine del XVIII secolo, era in corso l'industrializzazione e dunque si poteva comprendere che il capitale e il profitto non erano limitati all'agricoltura e che proprio nell'industria il capitale trovava la sua più ampia applicazione. 
Per la Scuola classica il prodotto netto si suddivide nella rendita fondiaria e nel profitto capitalistico. Inoltre si affermava la proprietà privata, il libero mercato, ma anche che il lavoro umano, in generale, fosse creatore di ricchezza, al pari dell'agricoltura e che la sua produttività dipendeva dalla divisione del lavoro, cioè dall'attribuzione ad ogni lavoratore di un numero limitato di operazioni produttive. In questo modo aumentava l'abilità dell'operatore e si avevano minori tempi morti nel passaggio da un'operazione ad un'altra, in quanto minori erano le operazioni da effettuare. 
Nell'analisi di Smith, appare poi molto evidente la struttura della società capitalista, articolata in tre principali classi ossia: i ► lavoratori produttivi che sostengono i proprietari fondiari e i capitalisti che, dopo aver pagato i salariati, diventano i padroni del prodotto realizzato e quindi sono i primi percettori del prodotto netto. Nel caso degli affittuari agricoli, essi devono devolvere una parte del prodotto netto ai proprietari fondiari e solo la parte rimanente rappresenta il loro profitto. 
Per Smith esistono poi i ►lavoratori improduttivi (come ad esempio i domestici) che sono pagati dal reddito dei capitalisti e dei proprietari come fornitori di servizi e identificati come consumatori puri, perché utilizzano la ricchezza prodotta da altri, assimilabili in questo ai proprietari fondiari, e non ai capitalisti. 
Nella sua opera la Ricchezza delle nazioni del 1776 (Fig. 3), Adam Smith propone l'idea del liberismo economico, nel quale il mercato è capace di auto-controllarsi senza interventi pubblici. In questo modo Smith si contrappone alla Scuola mercantilista, le cui argomenta zioni economiche si basavano invece sulla capacità dello Stato di mantenere attiva IN Q UI fi Y la bilancia commerciale (cioè il valo 
re delle esportazioni di merci deve essere superiore rispetto a quello delle importazioni); solo in questo modo si crea ricchezza. 
Tra il XVII e il XVIII secolo in Europa gli Stati sono in pieno espansionismo coloniale e si contendono il controllo delle materie prime importate, che vengono poi trasformate dai mercanti-capitalisti che non solo dominano i settori economici, ma influenzano anche le scelte politiche dei governi. David Ricardo, in particolare, si occupò del valore dei beni e della rendita della terra. 

Carlo Marx e la Scuola marxista


Una opposizione alle teorie proposte dalla Scuola classica giunse dai primi socialisti e, in particolare, con Carlo Marx (1818-1883) vengono formulate le prime critiche al capitalismo, visto come detentore dei mezzi di produzione in conflitto con i lavoratori, ai quali erano destinati irrisori compensi.
La Scuola marxista riparte dalla teoria del valore-lavoro di Ricardo, in base alla quale il valore dei beni prodotti è dato dalla quantità di lavoro utilizzato durante il processo produttivo della merce, ma il salario non eguaglia il valore dei beni prodotti in quanto il capitalista, con il profitto, si impossessa di una parte di tale valore. 
Il lavoro, secondo Marx e i primi autori socialisti, non viene compensato in modo completo e questo rappresenta una forma di sfruttamento. 

La Scuola neoclassica


Verso la fine del 1800 il pensiero economico si propone di analizzare il comportamento del consumatore. Nasce così la Scuola neoclassica (o marginalista) che affronta i temi dell'economia di mercato, ovvero di un sistema economico in cui ogni individuo è sorretto dalla propria iniziativa e dal proprio interesse. Un'economia basata sull'impresa e sulla soddisfazione del bisogno e con mercati concorrenziali a dimostrazione che il liberismo può assicurare il benessere sociale. Come nella Scuola classica si parla anche in questo caso di liberismo economico. L'analisi economica dei neoclassici è però basata su modelli matematici e dunque con un maggiore rigore scientifico, scevro da ideologie politiche o convinzioni personali.
I neoclassici rifiutano il concetto del profitto come elemento residuo, ritenendolo piuttosto una remunerazione al lavoro di organizzazione dell'imprenditore e lo separano dai detentori dei fattori produttivi (terra, capitale e lavoro). Nella formulazione delle loro teorie utilizzano l'analisi marginalista nella quale le decisioni economiche sono determinate dalla variazione di una grandezza "al margine" e non dal suo valore assoluto. Viene introdotto in questo modo il concetto di utilità marginale.
I rappresentanti più importanti di questa scuola sono: Léon Walras (18341910), Alfred Marshall (1842-1924), William Stanley Jevons (1835-1882) e Karl Menger (1840-1921).
Dal neoclassicismo si svilupperà, però, una corrente di pensiero ideata da A.C. Pigou (1877-1959) che intendeva dimostrare come l'interesse individuale non coincide con quello sociale e dunque si può giustificare l'intervento dello Stato. Per Pigou l'economia ha il compito di indagare sulle cause economiche che hanno influenza sul benessere sociale, cioè sulla qualità della vita.
Con le idee di Pigou, all'inizio del 1900 si svilupparono molti studi, la cui massima espressione può essere rintracciata nella figura di John Maynard Keynes (1883-1946), anch'egli un neoclassico fino a quando la Grande depressione del 1929 pose a dura prova le sue teorie sull'economia di mercato. 
 

La macroeconomia


In quel periodo storico sembrava molto difficile la possibilità di recuperare un equilibrio di piena occupazione delle risorse e di benessere. Fu a questo punto che il Keynes rifiutò, nel lungo periodo, la prospettiva di equilibrio automatico dei mercati e pur criticando il socialismo, ritenne il liberismo una proposta insufficiente. Secondo Keynes le cause della depressione andavano ricercate nella domanda aggregata, ovvero nella spesa totale di investitori, governi e consumatori. Quando la domanda aggregata è alta si creano sviluppi positivi, quando è bassa lavoro e vendite ne risentono. Ora, poiché i consumatori sono legati al volume dei propri redditi, non possono essere la causa degli andamenti positivi o negativi dei cicli economici; le forze sono rappresentate invece dagli investitori e dai governi e dunque in caso di recessione l'investimento pubblico deve sostenere quello privato con una adeguata politica monetaria (tassi, crediti, ecc.). In questo modo ha inizio la macroeconomia che si distingue dall'approccio individualista dell'economia neoclassica detto microeconomia. Le idee di Keynes sono state successivamente oggetto di critiche ma anche di contributi, a questo proposito ricordiamo studiosi quali Franco Modigliani (1918-2003), Milton Friedman (1912-2006) e altri, che approdano ad una sintesi contemporanea che sostanzialmente non cambia le regole del pensiero keynesiano. 
Alla fine del Novecento con l'evolversi delle comunicazioni, delle tecnologie e dei trasporti molti imprenditori sono migrati nelle aree dove era possibile attivare processi di produzione con minor costo. In questo modo si giunge alla globalizzazione dell'economia (Fig. 4). 

Figura 4• La globalizzazione è un processo economico su scala mondiale fondato sul liberismo economico (cioè sulla riduzione degli interventi statali e della tassazione, abolizione dei dazi, libera concorrenza, ecc.). 

1.2 - Economia ed ecologia: sostenibilità e produzioni ecocompatibili


È opinione comune che la problematica ambientale sia derivata dalla crescita economica e dagli attuali livelli produttivi e di consumo non più sopportabili dall'ambiente. A partire da questo si è affermata la necessità di uno ► sviluppo sostenibile (o ecocompatibile) realizzabile solo con l'integrazione del pensiero politico, sociale, scientifico e culturale.
In altre parole una integrazione fra economia ed ► ecologia, che di per sé sono di pari forza, ma contrarie di direzione. Eppure queste due discipline hanno in comune il concetto di lavoro. Il prefisso eco, presente in entrambe, deriva dal greco oikos, che significa "casa" e in economia si lega a nomia da nomos che significa "criterio", "norma", mentre in ecologia si lega a logos ovvero "discorso razionale". Dunque ecologia vuol dire "pensiero razionale sulla casa", mentre in economia significa "criterio di condurre la casa".
Risulta evidente che se l'uomo d'ora in poi riuscirà a vedere che la sua casa (lo sfruttamento dell'ambiente per soddisfare i suoi bisogni economici) è anche la casa (ambiente biologico) di tutti gli esseri viventi si potrà raggiungere la tanto auspicata riconciliazione "eco-eco", in pratica lo sfruttamento dell'ambiente (per i bisogni umani) nel rispetto dell'ambiente (ambiente biologico) (L. Jacoponi, 1995). Andiamo per gradi. 
L' ecologia studia i rapporti fra gli organismi viventi e l'ambiente ovvero l' ecosistema dove l'uomo si è inserito e si inserisce continuamente, modificando alcune strutture e apportandone altre in modo duraturo o temporaneo. Ormai si può parlare di antroposfera, cioè un insieme di ecosistemi modificati dall'uomo. Le modifiche, se non opportunamente studiate, vanno a incidere sulle reti di relazioni tra i viventi e tra questi e l'ambiente per lo scambio di materia ed energia. 
L economia studia le relazioni tra i soggetti economici, singoli o organizzati, come gli apparati politici, economici, sociali ed educativi. Le relazioni tra individui singoli e organizzati hanno bisogno di regole condivise per disciplinare i loro rapporti. 
L'insieme di regole prende il nome di istituzioni e ha il compito di ridurre l'incertezza, determinando una struttura stabile. 
Esistono regole costitutive (regolano i rapporti interni dei soggetti organizzati) e regole regolative (disciplinano i rapporti esterni tra soggetti individuali e organizzati). I rapporti di scambio fra i vari soggetti determinano il mercato

Ambiente e impronta ecologica


Se l'ecologia tratta delle relazioni tra individui e ambiente e l'economia studia i rapporti tra le organizzazioni economiche, in definitiva entrambe studiano la rete di relazioni che permettono lo scambio di materia (o cose) ed energia (o servizi) per i bisogni dell'individuo.
Le due discipline hanno anche in comune le interconnessioni fra le reti di relazioni eco-sistemiche ed economiche. All'interno di queste reti (i sistemi economici) si attuano scelte per l'uso delle risorse a fini produttivi. Le scelte dovrebbero mirare ad una combinazione di tali risorse in modo da produrre beni per assicurare la futura crescita della ricchezza.

Figura 5 • Il calcolo dell'impronta ecologica è oggi ampiamente utilizzato da governi, scienziati, aziende e istituzioni per monitorare l'uso delle risorse ecologiche e promuovere lo sviluppo sostenibile.
Quindi l'ecologia e l'economia, insieme, dovrebbero mirare alla ricerca del migliore sistema economico, cioè quello che tende ad un uso razionale delle risorse associato al rispetto dell'ambiente.
Il fisico John Holdren e l'ecologo Paul Ehrlich, nel 1971, elaborarono l'equazione di impatto ambientale sulla biosfera della specie umana. L'impatto I è dato dall'interazione di tre grandezze:
I = P x A x T 
Dove:             
P = popolazione.
A = affluence o benessere pro capite.
T = tecnologia, cioè i metodi di trasformazione dei beni naturali in prodotti, servizi e scarti. 
 
Per la riduzione dell'impatto ambientale sul pianeta bisogna intervenire, in modo congiunto, sulle variabili dell'equazione ridefinita da Harrison:
Impatto ambientale = popolazione x consumo pro capite x impatto ambientale per unità di consumo 
 
L'equazione rivista da Harrison è stata utilizzata da Mathis Wackernagel e William Rees per il calcolo dell' impronta ecologica ovvero "la quantità di territorio ecologicamente produttivo che un abitante impegna per i consumi (alimenti, abitazione, trasporti, beni di consumo e servizi) e per l'assimilazione dei rifiuti nell'ambiente" (Fig. 5).
L'impronta ecologica misura la pressione ambientale di ogni singolo abitante. Attualmente l'impronta ecologica di un italiano medio è intorno 3,15 ha. Pur essendo una superficie molto inferiore rispetto a quella di un abitante USA (20 ha) è pur sempre più di cinque volte superiore a quella disponibile in Italia (0,55 ha), quindi per ogni italiano c'è un altro individuo, o più di uno, che non consuma la quota a sua disposizione.
Senza dubbio affrontare argomenti e temi così vasti e articolati impone di seguire una cronologia ben definita, quella naturale, cioè quella in cui sono sorti i fenomeni, che comprende ecologia, economia e agricoltura. La cronologia scientifica, cioè la nascita delle teorie relative, affronta gli argomenti in questo ordine: agricoltura, economia ed ecologia.
L'agricoltura, comparsa 10.000 anni fa, è l'innovazione che ha permesso lo sviluppo della popolazione umana; l'uomo dapprima prevalentemente cacciatore si è poi evoluto in agricoltore. L'Economia è sempre stata presente nelle vicende storiche e dell'evoluzione umana, diventa però una questione sociale importante soltanto alla fine del XVIII secolo.
L'Ecologia, intesa come questione sociale, politica ed economica, si sviluppa invece solo negli anni 1960-'70 del XX secolo.
La cronologia naturale degli eventi si può dividere idealmente in tre grandi fasi:
• 104 anni fa: scoperta dell'agricoltura;
• 102 anni fa: nascita dell'economia moderna;
• 101 anni fa: nascita della questione ambientale.
Queste tre tappe segnano la comparsa dell'ambiente fisico del pianeta, della vita sul pianeta e della conoscenza del pianeta, cioè della cultura e della civiltà dell'uomo moderno. Cercheremo ora di spiegare in che modo ecologia, agricoltura ed economia non rappresentano scienze distinte e che in ogni valutazione sono presenti tutte e tre queste tappe.

ECONOMIA E AGROSISTEMI
ECONOMIA E AGROSISTEMI
VOLUME 1