ECONOMIA E AGROSISTEMI

Calcolo degli Interessi (Ics e Ica)

Gli interessi sono un costo spesso calcolato e apparentemente sostenuto solo per finanziamenti da banche o istituti di credito, in realtà ogni volta che l'agricoltore anticipa una spesa o fa un investimento relativo al capitale agrario egli rinuncia all'interesse che potrebbe ricevere se lasciasse quella somma sul proprio conto bancario, per questo motivo bisogna calcolare gli interessi di questi esborsi. 


Nella pratica questo calcolo va eseguito come segue:
1. per gli interessi annui sul capitale agrario di scorta (Ics) si moltiplica il valore del capitale agrario (somma dei valori attuali delle sue componenti) per un tasso di interesse pari a quello netto bancario ottenuto dall'agricoltore per il suo deposito o il suo conto corrente (generalmente tra il 2 e il 4%);
2. per gli interessi sul capitale di anticipazione (Ica), cioè tutte le spese, reali e calcolate, necessarie per sostenere i costi iniziali di produzione prima che essi possano essere recuperati con la vendita dei prodotti. Tale capitale serve quindi a coprire i flussi passivi di cassa. In pratica basta eseguire la somma di quote, salari, stipendi, imposte, contributi e spese varie. Questa somma viene moltiplicata per un tasso di interesse pari a quello netto ottenuto dall'agricoltore per il suo deposito o il suo conto corrente (tra il 2 e il 4%) oppure ci si riferisce al tasso del fido bancario; se si ricorre a questo strumento, questo prodotto va poi calcolato per un numero di mesi (espresso in dodicesimi) pari al periodo medio stimato di anticipazione. Ad esempio, supponiamo che un'azienda presenti un capitale di anticipazione pari a € 9.500, un tasso di interesse pari al 5% (0,05) e un periodo medio di anticipazione stimato in 6 mesi (6/12), il calcolo verrà eseguito come segue:
9.500 X 0,05 X 6/12 = 237,5 €

Il periodo di anticipazione viene solitamente determinato da: un massimo di 6 mesi per aziende col 100% di produzioni vegetali, che solitamente presentano spese durante tutto l'anno e incassi in periodi ben precisi e delimitati (quando si vende il prodotto); a un minimo di 0 mesi, per aziende con il 100% di produzione congiunta in latte e carne (aziende zootecniche da latte), in questo caso non vi sono in teoria anticipazioni da parte dell'imprenditore agricolo poiché il prodotto viene venduto giornalmente.
Come comportarsi in caso di Plv mista?
Un modo per risolvere questo problema potrebbe essere quello di impostare una semplice proporzione. Ipotizziamo ad esempio di avere una Plv composta per il 30% da vegetali e per il restante 70% da latte e prodotti connessi (carne dei vitelli e delle vacche a fine carriera).
Se la Plv fosse interamente vegetale il periodo di anticipazione sarebbe di 6 mesi, allora andrebbe impostata la seguente proporzione:
100 : 6 = 30 : x
Dove: 
x è il numero di mesi del periodo di anticipazione.

Risolvendo la x si ottiene:
x = 6x30/100 = 180/100 = 1,8
che viene arrotondato per eccesso a 2 mesi.
Per facilitarne il calcolo è preferibile basarci su periodi di anticipazione espressi in numeri interi di mesi. La formula pratica generale è la seguente:
x = 6 x p/100
Dove:
x = periodo di anticipazione ricercato
p = % della Plv vegetale sulla plv totale espressa in €

Tributi

Va premesso che i tributi non sono fissi nel tempo, ma variano costantemente al variare delle leggi nazionali e dei governi che le promulgano. La politica nazionale è infatti continuamente in evoluzione e le modifiche alle leggi sono costanti, soprattutto negli ultimi decenni caratterizzati da elevata instabilità politica che ha portato all'alternarsi di governi di diverse ideologie. Per tale motivo si rimanda alla consultazione delle leggi finanziarie per poter avere indicazioni più aggiornate sulla politica tributaria nazionale.

Per tributi si intendono una serie di costi cui è soggetta un'azienda agraria e che hanno varia natura e origine. Questi tributi si possono dividere in tre grandi categorie, ovvero le imposte, le tasse e i contributi.

 
Le imposte consistono in un prelievo coattivo di denaro dal contribuente. Esse non sono connesse a una prestazione di servizi da parte dello Stato o di altri enti pubblici e sono destinate alla copertura della spesa pubblica. Le principali imposte a cui è soggetta l'azienda agraria e che verranno di seguito prese in considerazione sono IRPEF, IRAP, IMU e IVA. Le prime tre sono imposte dirette, ovvero imposte collegate alla ricchezza, sia come un bene sia quando viene prodotta svolgendo un servizio. L'IVA invece è un'imposta indiretta, cioè è correlata alla ricchezza nel momento in cui viene trasferita o viene consumata.
Le tasse sono, invece, somme di denaro dovute allo Stato; differiscono dalle imposte perché sono applicate secondo il principio della controprestazione, cioè sono legate a una prestazione a fronte di un servizio pubblico offerto da un ente pubblico. Un esempio è la tassa sui rifiuti urbani che ogni cittadino paga al proprio Comune di residenza. Queste possono essere di diversa tipologia e variare appunto da Regione, Provincia o singolo Comune e non verranno di seguito analizzate.
Si tratta di somme di denaro versate obbligatoriamente dal soggetto (detto contribuente) a una pubblica amministrazione o allo Stato e che rientrano nell'ambito delle prestazioni patrimoniali imposte.
I contributi possono essere di diversa natura. L'azienda agraria è generalmente assoggettata a due diverse tipologie, ovvero i contributi previdenziali e assistenziali e quelli consortili.
I primi sono quelli che devono essere versati per i dipendenti e per se stessi per l'erogazione delle pensioni, mentre i contributi consortili sono quei contributi che le aziende devono versare se ricadenti all'interno di aree facenti parti di comprensori di bonifica o altri consorzi che forniscono servizi alla comunità. 

IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche)

Questa imposta deve essere pagata dalle persone fisiche e dalle società; in quest’ultimo caso sono i soci ad effettuare il versamento. In agricoltura l’IRPEF viene calcolata in base a un reddito medio ordinario che è rappresentato dai redditi catastali. Tali redditi sono il reddito dominicale (RD), ovvero quel reddito medio che si origina dalla proprietà del capitale fondiario e dal reddito agrario (RA), che rappresenta il reddito che si origina dalla gestione dell’attività agricola.


Un proprietario che affitta i suoi terreni a un agricoltore, pagherà le imposte solo sul RD. Un agricoltore che esercita la sua attività su terreni in affitto, pagherà le imposte solo sul RA. Un imprenditore che coltiva terreni propri, pagherà le imposte sia sul RD che sul RA.
In catasto RD e RA, anche se sono convertiti in euro, sono riferiti al biennio 1977-78. Tutti gli anni vengono quindi stabiliti dei coefficienti di rivalutazione per "aggiornare" i redditi catastali.
Ai fini IRPEF questi coefficienti sono i seguenti:
• per i redditi dominicali: 1,80;
• per i redditi agrari: 1,70.
La Legge di stabilità 2013 (art. 1, comma 512, Legge 228/2012) è intervenuta anche sui redditi dei terreni, stabilendo che ai soli fini della determinazione delle imposte sui redditi, per i periodi di imposta 2013, 2014, 2015, i redditi dominicale e agrario, sono rivalutati del 15%. Per i terreni agricoli e per quelli posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola, la rivalutazione è pari al 5%. Questi coefficienti sono i medesimi per tutti i tipi di coltura e per tutti i territori; questi dati si possono ottenere eseguendo una visura catastale. 

Esempio 8

Nel caso di un'azienda gestita dal proprietario dei terreni e che abbia, per semplicità: 
RD complessivo pari a 2.000 € 
RA complessivo pari a 1.000 € 

l'imponibile relativo ai redditi prodotti dai terreni da inserire nella dichiarazione dei redditi si calcola nel seguente modo: 
Imponibile rivalutato = 2.000 x 1,80 1.000 x 1,70 = 3.600 1.700 = 5.300 € 

Nel periodo d'imposta 2013 e per il 2014 e 2015 con le novità della "Riforma Fornero" il calcolo sarà: 
(2.000 X 1,80) X 1,15 (1.000 X 1,70) X 1,15 

In caso di coltivatore diretto o IAP: 
(2.000 X 1,80) X 1,05 (1.000 X 1,70) X 1,05 


A partire dal 2012, l'IMU ha sostituito, per la componente immobiliare, l'IR-PEF e le relative addizionali dovute in riferimento ai redditi fondiari degli immobili non locati, quindi l'IRPEF e le relative addizionali non sono più dovute sul reddito dominicale dei terreni non affittati. 
Successivamente al calcolo dell'imponibile si procede al calcolo dell'imposta, secondo gli scaglioni con le relative aliquote. 
Attualmente, la normativa prevede una tassazione dal 23% al 45%, divisa in cinque scaglioni e precisamente: 
• I scaglione per reddito tra 0 e 15.000 euro con aliquota al 23%; 
• II scaglione per reddito tra 15.001 e 28.000 euro con aliquota al 27%; 
• III scaglione per reddito tra 28.001 e 55.000 euro con aliquota al 38%; 
• IV scaglione per reddito tra 55.001 e 75.000 euro con aliquota al 41%; 
• V scaglione per reddito tra 75.001 euro e oltre con aliquota al 43%. 

Dal 2018, secondo quanto previsto, la Riforma del fisco coinvolgerà gli scaglioni IRPEF con eventuali quattro aliquote: 
• 0%, fino a 8.000 euro annui;
• 31,5%, fino a 28.000 euro; 
• 27,5%, fino a 15.000 euro;
• 42/43%, oltre i 28.000 euro. 

IMU (Imposta Municipale Unica)

Dal 2012 questa imposta è entrata in vigore sostituendo di fatto una precedente imposta (l'ICI, Imposta Comunale sugli Immobili) che era già stata oggetto di numerose modifiche susseguitesi negli anni. La vecchia ICI era un'imposta diretta sul valore catastale degli immobili, dapprima abolita per le prime case, successivamente per tutti gli immobili.
L'ICI sui terreni agricoli era molto bassa, andando ad agire in percentuale sui redditi catastali, storicamente molto ridotti.
L'IMU ha portato diverse modifiche. Si applica sugli immobili e accorpa l'IRPEF (con le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari su beni non locati) e l'ICI.

Come si calcola l'IMU
L'imponibile si ottiene moltiplicando la rendita catastale (o reddito dominicale) con rivalutazione rispettivamente del 5% e del 25%, con un moltiplicatore: 1
• 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A, con esclusione della categoria A/10, e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7;
• 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5;
• 80 per i fabbricati classificati nelle categorie catastali A/10 e D/5;
• 60 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D, con esclusione della categoria D/5 (tale moltiplicatore è elevato a 65 dal 1° gennaio 2013);
• 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1;
• 135 per i terreni agricoli (per i coltivatori diretti iscritti alla previdenza agricola il moltiplicatore è ridotto a 75 dal 1° gennaio 2014).
Il decreto legge che introduce l'imposta ha definito anche le seguenti aliquote base (modificabili dalle amministrazioni comunali con delibera del consiglio comunale): 
• 0,40% per l'abitazione principale, modificabile dello 0,2% in aumento o diminuzione; 
• 0,20% per i fabbricati rurali del coltivatore diretto, i Comuni possono ridurla a 0,1%; 
• 0,76% per gli immobili che non producono reddito fondiario e per quelli posseduti da soggetti passivi I.RE.S. ovvero per gli immobili locati, modificabile fino a 0,4%; 
• 0,76% per i restanti casi, modificabile con un minimo pari a 0,46% e un massimo pari a 1,06%. 
Inoltre i Comuni hanno la possibilità di ridurre l'aliquota base fino allo 0,38% per i fabbricati destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano locati, e per un periodo non superiore a tre anni dall'ultimazione dei lavori. Questa imposta dovrebbe essere abolita sui terreni agricoli a partire da gennaio 2016. 

TASI (Tassa sui Servizi Indivisibili)

Si tratta di una nuova imposta comunale istituita dalla Legge di stabilità 2014 che riguarda servizi comunali rivolti alla collettività, come ad esempio la manutenzione stradale o l'illuminazione comunale.
La TASI deve essere pagata da chi possiede o detiene, a qualsiasi titolo, fabbricati e aree edificabili, ad eccezione, dei terreni agricoli e dell'abitazione principale.
La novità introdotta da questa imposta è che il soggetto passivo non è solo il proprietario del fabbricato, ma anche l'affittuario. La legge infatti stabilisce che nel caso in cui l'unità immobiliare sia occupata da un soggetto diverso dal proprietario, quest'ultimo e l'occupante sono titolari di un'autonoma obbligazione tributaria. L'occupante però deve versare solo una parte del totale compresa fra il 10% e il 30%, secondo quanto stabilito dal Comune. Questa novità è stata poi abolita dalla Legge di stabilità 2016 (L. 208/2015) che ha eliminato la quota TASI a carico degli occupanti/inquilini nel caso in cui l'immobile in affitto sia utilizzato come abitazione principale, ad eccezione degli immobili di lusso (cat. A1, A8, A9). 
 

IVA (Imposta sul Valore Aggiunto)

Gli agricoltori godono di un regime speciale IVA e di un esonero da adempimenti se il volume di affari non supera i 7.000 euro. Il regime speciale IVA per gli agricoltori si applica a tutti indistintamente, fatta salva la facoltà di esercitare l'opzione per il regime IVA normale. 


La detrazione IVA non avviene in modo analitico, sulla base cioè dell'IVA pagata ai fornitori, ma viene determinata in via forfettaria con l'applicazione di percentuali di compensazione sull'ammontare delle cessioni di prodotti agricoli. Il regime speciale si applica anche:
• alla lavorazione, conservazione, trasformazione e commercializzazione dei propri prodotti;

• alla lavorazione, conservazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti acquisiti da terzi, a condizione che sia rispettato il principio della prevalenza, cioè l'ammontare di questi prodotti non deve essere superiore a quelli provenienti dal proprio fondo. 
Il regime in esame è applicabile se congiuntamente sono presenti i seguenti elementi: 

• Presupposto oggettivo: il regime è applicabile esclusivamente alle cessioni di prodotti agricoli e ittici, compresa la commercializzazione di prodotti agricoli acquistati dalle imprese agricole presso terzi, purché non sia prevalente rispetto alla commercializzazione di prodotti propri. 
Il regime speciale si applica anche: 
- alla manipolazione, conservazione, trasformazione e commercializzazione dei propri prodotti; 
- alla manipolazione, conservazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti acquisiti da terzi, a condizione che sia rispettato il principio della prevalenza, e cioè che l'ammontare di questi ultimi prodotti non sia superiore a quelli provenienti dal proprio fondo. 

• Presupposto soggettivo: sono ammessi a tale regime i produttori agricoli in senso stretto, cioè i soggetti che esercitano individualmente o in forma associata, le attività agricole previste dall'art. 2135 C.C. e quelli che esercitano attività di pesca in acque dolci, di piscicoltura, ecc., gli organismi agricoli di intervento o altri soggetti per loro conto, che effettuano cessioni di prodotti, le cooperative e loro consorzi, le associazioni e loro unioni che effettuano cessioni di beni prodotti prevalentemente dai soci. 
Questo regime si applica, per i soggetti sopra elencati, solo relativamente alle cessioni di prodotti agricoli e ittici, a condizione che il loro acquisto sia stato assoggettato a IVA. 
Il regime prevede che l'IVA assolta su acquisti e importazioni venga detratta in modo forfetario, in misura pari all'importo risultante dall'applicazione, all'ammontare imponibile delle cessioni di prodotti agricoli effettuate, di apposti percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto ministeriale. 
La detrazione forfetizzata non va eseguita invece, per le cessioni di prodotti il cui acquisto derivi da atto non assoggettato a IVA, se il cedente applica il regime normale e ha quindi già detratto l'IVA sull'acquisto originario, se la cessione ha a oggetto prodotti non agricoli o prestazioni di servizi. 

Esempio di calcolo IVA in regime speciale agricolo 
Un vivaio cede piante ornamentali per 10.000,00 euro IVA. 
• Aliquota IVA da applicare sull'imponibile 10%: IVA dovuta 1.000,00 euro. 
• IVA detraibile applicando la percentuale di compensazione del 4%: euro 400,00. 
• IVA da versare a debito 600,00 euro. 

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VOLUME 1