Sintomatologia
L’infezione determina piccole macchie fogliari (4-5 mm di diametro) di colore grigio-necrotico al centro e contornate da un alone bruno-rossastro. Le macchie possono allargarsi e confluire causando disseccamenti della lamina. I sintomi possono comparire anche sugli scapi fiorali e sui piccioli.
Piante ospiti e distribuzione
Attacca essenzialmente la barbabietola (Beta vulgaris), ma anche altre specie del gen. Beta; segnalata su Chenopodiacee e Amaranthus, è presente in tutto il mondo.
Diagnostica
La diagnosi è visiva. Al microscopio ottico si possono osservare le fruttificazioni conidiche. I conidiofori sono cilindrici, senza setti trasversali, scuri, portanti alla sommità o lateralmente conidi isolati; i conidi sono ialini, aghiformi, muniti di 8-15 setti, di dimensioni variabili (lunghezza mediamente 70-120 μm). I sintomi possono essere confusi con quelli causati da Ramularia beticola (peraltro poco presente in Italia), fungo che produce anch’esso macchie fogliari ma, rispetto a quelle causate dalla cercospora, un po’ più grandi, più chiare al centro e più scure ai bordi.
Biologia ed epidemiologia
La cercospora della barbabietola è un patogeno policiclico. Il micelio del fungo si mantiene vitale anche dopo la morte dei tessuti colpiti e può rimanere quiescente superando in tal modo condizioni ambientali sfavorevoli e formando l’inoculo in grado di ripristinare l’infezione da un anno all’altro. La diffusione della malattia in campo è affidata agli elementi conidici che sono diffusi principalmente dalla pioggia (che li rimuove) e dal vento, e anche dall’attività di insetti. I conidi, giunti a contatto con la superficie fogliare, germinano (condizioni minime: U.R. 85%, temperatura 5 °C) originando in prossimità degli stomi le ife di inoculazione che penetrano nella camera ipostomatica. La penetrazione è favorita da stimoli idrotropici ed è facilitata dalla bagnatura notturna delle foglie, mentre viene inibita dalla luce solare diretta. Al termine del periodo di incubazione, che è influenzato soprattutto dalla temperatura (a temperature tra i 10 e i 15 °C dura da 10 a 14 giorni), il patogeno evade in forma di fasci serrati di conidiofori, solitamente attraverso gli stomi, innescando infezioni secondarie. La malattia è favorita da temperature comprese fra 25 e 30 °C e da un’umidità relativa almeno del 95%.
Danni
La cercosporiosi è la malattia chiave della barbabietola da zucchero. I disseccamenti fogliari possono devastare progressivamente il fogliame dell’intera coltivazione (in condizioni favorevoli all’epidemia ciò si può verificare già a inizio agosto), con perdite importanti della produzione e della qualità dello zucchero.
Difesa
La difesa da questo importante patogeno si avvale di tecniche agronomiche atte a diminuire l’inoculo (rotazione colturale, rimozione o interramento profondo dei residui), dell’impiego di varietà resistenti e di interventi con fungicidi. Circa la resistenza verso la malattia, esistono varietà di bietola provviste di geni che frenano la progressione di C. beticola, influendo sulla sua capacità infettiva, sul tasso di sviluppo all’interno dei tessuti, sulla durata del suo periodo di incubazione e sulla sua efficienza riproduttiva. Tali geni mostrano un comportamento sommativo, per cui la resistenza si presenta stabile e continua, ossia con varietà più o meno sensibili: essa può essere anche molto alta e dunque la ricerca e l’introduzione di varietà resistenti rientrano nella strategia di lotta promettente. Tradizionalmente la lotta chimica è impostata con trattamenti fungicidi a calendario, con turni di 18-20 giorni, che hanno inizio non appena compaiono i primi sintomi. Attualmente i trattamenti possono essere razionalizzati e ottimizzati utilizzando modelli previsionali (in Emila-Romagna sono adottati due modelli, chiamati CERCOPRI e CERCODEP, i quali hanno come input dati meteo-rilevabili mediante centraline e come output forniscono la previsione della comparsa dei sintomi in campo e dell’evoluzione dell’epidemia). I fungicidi impiegati appartengono: al gruppo degli IBE (inibitori della biosintesi degli ergosteroli: triazoli e morfoline) e dei QoI (inibitori del sito Qo del complesso enzimatico del citocromo bc1 della cellula fungina: strobilurine) ad azione citotropicosistemica, e agli anticrittogamici di copertura (clorotalonil, prodotti rameici). Tuttavia, i fungicidi dei primi due gruppi sono di tipo monosito, cioè a rischio di insorgenza del fenomeno della resistenza nelle popolazioni del patogeno: per questo è decisamente opportuno adottare strategie anti-resistenza (rotazione delle sostanze attive, abbinamento di un fungicida mono- oppure oligosito con un altro multisito).