Capitolo 5 Strumenti operativi di qualificazione territoriale

CAPITOLO 5 - Strumenti operativi di qualificazione territoriale



CONCETTI CHIAVE

  • Pianificazione territoriale
  • Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC)
  • Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP)
  • Piano Paesaggistico Regionale
  • Piano di Bacino Distrettuale
  • Piano di Tutela delle Acque PTA)
  • Piano per l’assetto idrogeologico (PAI)
  • Piano Faunistico-Venatorio
  • Pianificazione Forestale, Piano Forestale Regionale (PFR)
  • Piani Forestali di Indirizzo Territoriali (PFIT)
  • Linee guida per i Piani antincendi boschivi (o piani AIB) regionali
  • 5.1 II governo del territorio

    Il governo del territorio è il complesso delle attività di programmazione e attuazione degli interventi, di controlloe vigilanza allo scopo di tutelare e valorizzare il territorio stesso (5.1). La pianificazione territoriale ha come obiettivi:
    1. assicurare a tutti i cittadini, a tutti i beni e a tutte le attività socio-economiche presenti in una data area, un livello di sicurezza accettabile, atto a preservare l’incolumità di beni, persone e attività riguardo al possibile manifestarsi di eventi calamitosi;
    2. inibire attività e interventi che ostacolino o precludano il raggiungimento di livelli di sicurezza idrogeologica del territorio;
    3. evitare la creazione di nuove situazioni di rischio, mitigando le situazioni di pericolosità geomorfologica e precludendo l’insediamento di nuovi elementi a rischio in aree instabili;
    4. produrre un piano di coordinamento degli interventi sul territorio, atti a mitigare le situazioni di rischio e guando possibile guelle di pericolo.
    Le funzioni e gli obiettivi della pianificazione sono:
    - promuovere un ordinato sviluppo del territorio;
    - assicurare che i processi di trasformazione siano compatibili con la sicurezza e la tutela dell’integrità fìsica e con l’identità culturale del territorio;
    - migliorare la gualità della vita e la salubrità degli insediamenti umani;
    - ridurre la pressione degli insediamenti sui sistemi naturali e ambientali (interventi di riduzione e mitigazione degli impatti);
    - promuovere il miglioramento della gualità ambientale, architettonica e sociale del territorio urbano;
    - tutelare i territori agricoli, considerando il rispetto di non edificabilità nelle zone a vincolo idrogeologico e nelle zone boscate.
    La pianificazione territoriale rappresenta un elemento politico e strategico che deriva dalla necessità di razionalizzare l’uso del territorio guale “risorsa finita” in base alle vocazionalità esplicite.


    5.1 Schema di sintesi degli strumenti di pianificazione territoriale utilizzabili su scala generale (vasta) o locale, in stretta correlazione con gli strumenti predisposti per la pianificazione forestale del territorio.

    Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC)

    È uno strumento di programmazione con il quale la Regione definisce gli obiettivi per assicurare lo sviluppo e la coesione sociale, accrescere la competitività del sistema territoriale regionale, garantire la riproducibilità, la qualificazione e la valorizzazione delle risorse sociali e ambientali (5.3).
    La legge 17 agosto 1942, n. 1150, prevedeva che il soggetto competente per i piani territoriali fosse lo Stato.
    Con il D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 (“Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di urbanistica e di viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale e dei relativi personali ed uffici”), tale competenza è passata alle Regioni che hanno provveduto a predisporre tali strumenti, ciascuna per il proprio ambito territoriale.
    Il decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 (Testo Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali) ha definito i ruoli e le competenze degli enti locali, riservando competenze di pianificazione territoriale alle Province, attraverso i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciali.


    5.3 Cartografia relativa al Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC) della Regione Marche che fornisce, per macroaree, informazioni incrociate sulle caratteristiche dominanti ambientali e territoriali, a seconda che siano di natura infrastrutturale urbana, naturalistica rurale o industriale.

    Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP)

    È lo strumento di pianificazione che definisce Passetto del territorio con riferimento agli interessi sovracomunali, articolando sul territorio provinciale le linee di azione della programmazione regionale (5.4):
    - recepisce gli interventi definiti a livello nazionale e regionale;
    - individua ipotesi di sviluppo dell’area provinciale, prospettando le conseguenti linee di assetto e utilizzazione del territorio;
    - definisce i criteri per la localizzazione e il dimensionamento di strutture e servizi di interesse provinciale e sovracomunale;
    - definisce le caratteristiche di vulnerabilità, criticità e potenzialità dei sistemi naturali e antropici e le tutele paesaggistico-ambientali;
    - definisce i bilanci delle risorse territoriali e ambientali, i criteri e le soglie del loro uso.
    Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) è lo strumento di pianificazione provinciale finalizzato al governo delle risorse territoriali attraverso la loro tutela e valorizzazione. Il PTCP è l’atto di pianificazione con il guale la Provincia esercita il proprio ruolo di governo del territorio, raccordandosi e adeguandosi alle politiche territoriali della Regione e coordinando e indirizzando la pianificazione urbanistica a livello comunale e la pianificazione settoriale provinciale, determinando:
    1. gli indirizzi generali sull’assetto del territorio, sulla localizzazione delle principali infrastrutture ;
    2. il coordinamento degli strumenti urbanistici comunali fra di loro e rispetto al piano regionale;
    3. la definizione di obiettivi, indirizzi e norme per la valorizzazione e tutela delle risorse ambientali e insediative;
    4. lo sviluppo e la programmazione dei settori socio-economici del territorio provinciale.
    Il PTCP deve essere inteso come uno strumento di pianificazione strategica, in quanto :
    a. valorizza le risorse della Provincia mediante azioni integrate e multisettoriali;
    b. promuove la partecipazione sociale;
    c. individua i sistemi territoriali locali della Provincia, guali elementi fondamentali per la progettazione delle azioni di sviluppo.
    Le prescrizioni contenute nelle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del Piano Territoriale di Coordinamento sono riferite a:
    - Piani Strutturali Comunali;
    - Piani di Settore Provinciali;
    - Atti di governo del territorio di altri soggetti pubblici.

    5.4 Esempio operativo di PTCP della provincia di Ferrara che mette in relazione il sistema insediativo territoriale con le infrastrutture e permette una visione d’insieme e, in prospettiva, la stesura delle Linee guida di programmazione e sviluppo territoriale.

    I contenuti del PTCP
    Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale costituisce lo strumento di pianificazione e di programmazione diretto al coordinamento e al raccordo tra gli atti della programmazione territoriale regionale e gli strumenti urbanistici comunali. Il PTCP si configura anche come strumento strategico di supporto allo sviluppo socio-economico e territoriale della Provincia.
    Il PTCP si applica all’intero territorio della Provincia e in particolare:
    a. definisce i principi per l’uso e la tutela delle risorse del territorio, guali condizioni di ogni ammissibile scelta di trasformazione, fìsica o funzionale, del territorio medesimo;
    b. contiene criteri e progetti volti a valorizzare il patrimonio territoriale e ambientale secondo un’ottica di complementarietà e integrazione;
    c. promuove azioni per la valorizzazione delle gualità ambientali, paesaggistiche e urbane presenti nel territorio provinciale e per il recupero delle situazioni di degrado;
    d. definisce regole per il governo del territorio e degli insediamenti con specifica considerazione dei valori paesistici;
    e. guida, con prescrizioni e indirizzi, gli atti di pianificazione e di programmazione che attengono il governo del territorio, al raggiungimento degli obiettivi generali di seguito esposti;
    f. stabilisce i criteri per gli interventi di competenza provinciale.
    Gli obiettivi generali del PTCP sono:
    a. sviluppare il futuro socio-economico e territoriale del sistema provinciale con la valorizzazione delle vocazionalità e identità territoriali;
    b. diversificare lo sviluppo socio-economico tramite l’attivazione di nuove filiere produttive basate sulla valorizzazione delle diverse risorse patrimoniali;
    c. valorizzare il paesaggio nelle sue gualità specifiche e diversità, come supporti fondamentali per l’elevamento del benessere, della gualità dell’abitare e del produrre, della promozione turistica;
    d. organizzare un sistema infrastrutturale che ottimizzi i grandi flussi di mobilità, valorizzi la fruibilità dei sistemi territoriali locali e del patrimonio.

    Approfondimento

    Indice generale del PTCP

    Il Piano Territoriale di Coordinamento, oltre alle Norme Tecniche di Attuazione, presenta, in genere, una serie di elaborati: Quadro conoscitivo (relazione analitica di Quadro conoscitivo, Rapporto sullo stato dell’ambiente e della sostenibilità), Relazione generale del Piano, Norme Tecniche di Attuazione ed allegati (elementi di particolare valore ecologico, criteri per il governo del territorio rurale con riferimento alle zone con prevalente ed esclusiva funzione agricola, Schede delle politiche di settore, schede delle strategie di settore, schede dei progetti di settore, sistemi territoriali ed ambiti di paesaggio, sistema funzionale natura e biodiversità - sistema funzionale mobilità e fruizione, sistema funzionale sviluppo, insediamenti e territorio agricolo e forestale, strategie provinciali), Elaborati grafici (geologia, geomorfologica, litotecnica, idrogeologica, stratigrafia, prelievi industriali della qualità delle acque, schedatura fonti
    e sorgenti, cave e miniere, emergenze ambientali, piano rischio idraulico-autorità di bacino competente, piani di assetto idrogeologico, opere idrauliche classificate, aree idrogeologiche omogenee, sensibilità al rischio, definizione rischio idraulico, uso del suolo, analisi del patrimonio agricolo, emergenze vegetazionali, aree di elevato valore botanico, schedatura alberi monumentali, habitat, elenco delle emergenze vegetazionali, specie vegetali tutelate, elenco delle specie vegetali tutelate, specie animali tutelate, elenco specie animali tutelate, carta ittica, giardini e parchi storici, caratteri strutturali del paesaggio, analisi della pianificazione comunale infrastrutture per la mobilità, servizi), valutazione integrata (relazione di sintesi, valutazione di coerenza, valutazione degli effetti ambientali, socioeconomici e sulla salute umana, valutazione degli effetti territoriali).

    Piano Paesaggistico Regionale (PPR)

    La Convenzione europea per il paesaggio richiama l’attenzione paesaggistica su tutto il territorio considerandone aspetti naturali, culturali e percezione sociale. Considerato che il territorio è in continua trasformazione, risulta di estrema importanza individuare le dinamiche del paesaggio per salvaguardarne i caratteri e le potenzialità paesaggistiche, rigualifìcando i paesaggi degradati. Il governo del territorio deve guindi procedere in modo integrato verso scenari e configurazioni paesaggistiche condivisi.
    In definitiva il Piano Paesaggistico rappresenta il sistema di pianificazione paesaggistica e tende a:
    - migliorare l’integrazione tra pianificazione territoriale e urbanistica e politiche di tutela, valorizzazione e rigualifìcazione del paesaggio;
    - fornire nuovi strumenti per far crescere la consapevolezza rispetto ai valori del paesaggio (5.5).
    Gli obiettivi della pianificazione paesaggistica sono guindi:
    1. la conservazione dei paesaggi;
    2. il miglioramento della gualità paesaggistica e architettonica degli interventi di trasformazione del territorio;
    3. la diffusione della consapevolezza dei valori paesistici e loro fruizione.
    Il Piano Paesaggistico costituisce uno strumento normativo indirizzato a:
    - riconoscere e salvaguardare connotazioni e peculiarità specifiche dei diversi contesti regionali;
    - individuare e salvaguardare elementi e sistemi di particolare connotazione e di elevato valore paesaggistico e identitario;
    - riconoscere, tutelare e valorizzare la struttura insediativa storica nel suo complesso: centri e nuclei, infrastrutture e tracciati;
    - preservare i caratteri di naturalità residua e favorire la costruzione di più incisive relazioni ambientali;
    - contenere il consumo del suolo e tutelare il paesaggio agrario;
    - riconoscere le dinamiche di trasformazione e individuare i fenomeni di degrado del paesaggio, in essere e potenziali, promuovere azioni e politiche per la rigualifìcazione paesaggistica e il contenimento dei processi di degrado;
    - individuare e salvaguardare i beni paesaggistici tutelati per legge.


    5.5 (a) Struttura schematica sintetica e organigramma di flusso del Piano Paesaggistico Regionale proposto per la Regione Lombardia, (b) Quadro cartografico di riferimento del PPR della Regione Puglia con relativa legenda esplicativa di riferimento.

    Approfondimento

    Indirizzi normativi del PPR

    Il Piano Paesaggistico Regionale, dal punto di vista degli indirizzi e della normativa, definisce strategie, prescrizioni e indicazioni regionali per la riqualificazione e la ricomposizione dei paesaggi regionali ed esprime tutte le modalità di:
    - integrazione con politiche urbanistiche e politiche territoriali;
    - Piano Territoriale Regionale;
    - Piani Territoriali di Parchi e Province;
    - Piani di Governo del Territorio;
    - integrazione con politiche infrastrutturali;
    - progettazione paesaggistica delle reti tecnologiche;
    - progettazione paesaggistica del sistema della mobilità;
    - integrazione con politiche ambientali e di difesa del suolo;
    - sistema delle aree protette naturali;
    - schema di rete ecologica;
    - tutela della rete idrografica;
    - sistema di geositi;
    - integrazione con politiche agricole.

    Piano di Bacino Distrettuale e Tutela delle Acque

    Gli obblighi comunitari relativi all’elaborazione dei piani di gestione sono stati recepiti nella normativa nazionale attraverso l’articolo 117, parte terza, del decreto legislativo 152/2006 che, nell’ambito del guadro più ampio della pianificazione distrettuale, prevede l’obbligo per ciascun distretto idrografico di adottare un piano di gestione (5.6).
    L’attuale assetto normativo, individua diversi livelli di pianificazione, articolati come segue:
    1. in ciascuno dei distretti idrografici individuati secondo il decreto legislativo 152/2006 (art. 63), è prevista l’istituzione di una Autorità di bacino distrettuale, responsabile della redazione del Piano di Gestione. Il Piano di Gestione costituisce uno stralcio del Piano di Bacino Distrettuale;
    2. il decreto legislativo 152/2006 stabilisce ulteriori obblighi in materia di pianificazione, ponendo in capo alle Regioni l’obbligo di redigere un Piano di Tutela per il proprio territorio, che costituisce uno specifico piano di settore (art. 121). Aspetti guali lo stato dei corpi idrici e le misure per la tutela guali-guantitativa delle acgue rientrano tra gli elementi del Piano di Tutela.
    In relazione agli ambiti territoriali di competenza, i contenuti dei Piani di Tutela coincidono con guelfi del Piano di Gestione. Ciò implica che nell’attuale contesto normativo, i Piani di Tutela - realizzati e/o in corso di ultimazione - rappresentano un imprescindibile riferimento per la redazione del Piano di Gestione.
    Il Piano di Bacino Distrettuale è uno strumento conoscitivo, normativo e tecnicooperativo tramite il guale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e valorizzazione del suolo e alla corretta utilizzazione delle acgue (5.7).
    Piano di Tutela delle Acque
    È uno strumento di governo che prevede interventi articolati sul territorio, allo scopo di raggiungere gli obiettivi di gualità dei corpi idrici e la tutela guali-guantitativa della risorsa idrica.
    Il Piano di Tutela delle Acgue (PTA), conformemente a guanto previsto dal d.legisl. 152/99 e dalla direttiva europea 2000/60 (direttiva guadro sulle acgue), è lo strumento regionale teso a raggiungere gli obiettivi di gualità ambientale nelle acgue interne e costiere della Regione, e a garantire un approvvigionamento idrico sostenibile nel lungo periodo.


    5.6 Rappresentazione cartografica dei bacini idrografici dei fiumi Marecchia e Conca nelle alte Marche.




    Distretto idrografico
    Bacini idrografici compresi
    Regioni comprese
    Piani di Gestione
    Alpi orientali (39.385 km2)
    Adige, Alto Adriatico, Lemene, Fissaro Tartaro Canalbianco, bacini regionali del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia, bacino scolante nella laguna di Venezia, ex legge 29 novembre 1984, n. 798
    Trentino-Alto Adige (prov. di Trento e Bolzano)
    Veneto
    Friuli-Venezia
    Giulia
    http://www.alpio-
    rientali.it/docu-
    menti/
    Padano (71.057 km2)
    Bacino del Po
    Piemonte Lombardia Valle d’Aosta Liguria
    Emilia-Romagna
    Toscana
    Veneto
    www.adbpo.it
    Appennino settentrionale (39.000 km2)
    Arno, Magra, Fiora, Conca, Marecchia, Reno, bacini della Liguria, bacini della Toscana, fiumi uniti: Montone, Ronco, Savio, Rubicone, Uso, Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esimo, Musone e altri bacini minori, bacini minori afferenti alla costa romagnola
    Liguria
    Emilia-Romagna
    Toscana
    Marche
    Umbria
    Lazio
    www.appennino-
    settentrionale.it
    Serchio ( 1600 km2)
    Bacino del Serchio
    Toscana
    www.autorita.ba-
    cinoserchio.it
    Appennino centrale (35.800 km2)
    Tevre,Tronto, Sangro, bacini dell’Abruzzo, bacini del Lazio, Potenza, Chienti,Tenna, Ete, Aso, Menocchia,Tesino e bacini minori delle Marche
    Abruzzo
    Lazio
    Marche
    Emilia-Romagna
    Toscana
    Molise
    Umbria
    www.abtevere.it
    Appennino meridionale (68.200 km2)
    Liri Garigliano,Volturno, Seie, Sinni e Noce, Bradano, Saccione, Fortore, Biferno, Ofanto, Lao,Trigno, bacini della Campania, bacini della Puglia, bacini della Basilicata, bacini della Calabria, bacini del Molise
    Basilicata
    Campania
    Calabria
    Puglia
    Lazio
    Abruzzo
    Molise
    www.ildistrettoi-
    drografìcodellap-
    penninomeridio-
    nale.it
    Sardegna (24.000 km2)
    Bacini della Sardegna
    Sardegna
    www.regione.sar-
    degna.it
    Sicilia (26.000 km2)
    Bacini della Sicilia
    Sicilia
    www.arpa.sicilia.it


    5.7 Sintesi dei distretti idrografici e relativi bacini idrografici censiti sul territorio nazionale.

    Piano di Assetto Idrogeologico

    Il Piano per l’Assetto Idrogeologico (PAI), richiesto dalle leggi 3 agosto 1998 n. 267 (“legge Sarno”) e n. 365/2000 (“Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di protezione civile, nonché a favore di zone colpite da calamità naturali”), rappresenta uno stralcio funzionale del settore della pericolosità idraulica e idrogeologica del Piano Generale di Bacino previsto dalla l. 183/89 e dalle specifiche leggi regionali. L’obiettivo prioritario del Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico è la riduzione del rischio idrogeologico entro valori compatibili con gli usi del suolo in atto, in modo tale da salvaguardare l’incolumità delle persone e ridurre al minimo i danni ai beni esposti.
    All’art. 1, comma 1 della l. 267/98, è previsto che le Autorità di bacino nazionali e interregionali e le Regioni per i bacini regionali approvino un Piano stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico redatto ai sensi dell’art. 17, comma 6-ter, della legge 18 maggio 1989, n. 183, che contenga in particolare l’individuazione delle aree a rischio idrogeologico e la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia, nonché le misure medesime.
    Il piano deve rispondere, come strumento di pianificazione e programmazione, alle esigenze di stabilire le condizioni di rischio idrogeologico compatibile, tramite l’individuazione delle aree a pericolosità idrogeologica e di guelle a rischio. I contenuti del piano si articolano in interventi strutturali (opere), relativi all’assetto di progetto delle aste fluviali, dei nodi idraulici critici e dei versanti, e in interventi e misure non strutturali (norme di uso del suolo e regole di comportamento).
    La parte normativa regolamenta le condizioni d’uso del suolo secondo criteri di compatibilità con le situazioni a rischio e detta disposizioni per la programmazione dell’attuazione del Piano stesso. L’apparato normativo del Piano è costituito dalle norme di attuazione, che contengono indirizzi e prescrizioni e dalle direttive di piano.
    L’insieme degli interventi riguardano:
    - la messa in sicurezza dei centri abitati e delle infrastrutture;
    - la salvaguardia delle aree naturali di esondazione dei corsi d’acgua;
    - la limitazione degli interventi artificiali di contenimento delle piene;
    - gli interventi di laminazione controllata;
    - gli interventi diffusi di sistemazione dei versanti;
    - la manutenzione delle opere di difesa, degli alvei e del territorio montano;
    - la riduzione delle interferenze antropiche con la dinamica evolutiva degli alvei e dei sistemi fluviali (5.9).
    Le finalità generali dei Piani stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico sono guelle indicate dall'art. 3 della l. 183/89 e dall'art. 1, comma 1 della 1. 267/98, che riguardano:
    a. la sistemazione, la conservazione e il recupero del suolo con interventi idrogeologici, idraulici, idraulico-forestali, idraulico-agrari, silvo-pastorali, di forestazione e di bonifica, anche attraverso processi di recupero naturalistico, botanico e faunistico;
    b. la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d’acgua, dei rami terminali dei fiumi e delle loro foci nel mare, nonché delle zone umide;
    c. la moderazione delle piene anche mediante serbatoi di invaso, vasche di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi o altro, per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti;
    d. la difesa e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili, nonché la difesa degli abitati e delle infrastrutture contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto;
    e. l’utilizzazione delle risorse idriche in modo compatibile con il rischio idrogeologico;
    f. lo svolgimento dei servizi di piena e di pronto intervento idraulico;
    g. la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere funzionali al corretto assetto idrogeologico;
    h. la regolamentazione dei territori ai fini della loro tutela ambientale, anche mediante la determinazione dei criteri per la salvaguardia e la conservazione delle aree demaniali e la costituzione di parchi e/o aree protette fluviali e lacuali;
    i. il riordino del vincolo idrogeologico;
    j. l’attività di prevenzione e di allerta;
    k. la realizzazione degli interventi necessari al ripristino dell’assetto idraulico, secondo l’adozione di una specifica “portata di progetto” del corso d’acgua;
    l. la riduzione delle situazioni di dissesto idrogeologico;
    m. la prevenzione dei rischi idrogeologici;
    n. l’individuazione ed il ripristino delle aree di esondazione naturali dei corsi d’acgua, mediante l’adozione e la tutela di specifiche fasce di rispetto fluviali, già previste ed indicate dal PPAR e da definire in tutto il territorio dei bacini regionali.
    Il PAI definisce i criteri di guantifìcazione del rischio che hanno consentito per le diverse tipologie di dissesto e/o degli elementi fìsici esposti al rischio, di valutare l’entità del rischio stesso in relazione ai seguenti parametri:
    a. pericolosità: definita come probabilità che il dissesto si manifesti entro un tempo predefìnito con la suddetta intensità, da valutarsi unitamente ad altri fattori determinabili in funzione dello specifico dissesto oggetto di valutazione;
    b. valore degli elementi a rischio: definito come valore non solo economico (convenzionale e predefìnito dal piano stesso) di elementi fìsici omogenei, soggetti alla medesima tipologia di dissesto;
    c. vulnerabilità: definita come percentuale del valore dell’elemento fìsico che si stima possa essere persa nel caso l’elemento stesso sia soggetto ad un definito dissesto.
    Una volta determinate le tipologie di dissesto, il Piano definisce gli obiettivi generali, indicando il livello di pericolosità e rischio ritenuto “accettabile” per le tipologie di dissesto prese in considerazione (5.10).
    La classificazione dei dissesti fa riferimento a:
    1. rischio idraulico(esondazioni e alluvioni);
    2. rischio da fenomeni gravitativi di versante (frane e colate di fango);
    3. rischio da valanghe.
    La definizione dei livelli di rischio tiene conto:
    - per i fenomeni di esondazione: della pericolosità definita su base storico-geomor-fologica e assimilabile a eventi con tempi di ritorno pari a 200 anni;
    - per i fenomeni franosi: del grado di attività del fenomeno e della sua tipologia in relazione ai beni esposti.
    All’interno dei bacini idrografici di rilievo regionale sono individuate:
    a. per le aste fluviali principali, aree di pericolosità e rischio idraulico, riferite a territori inondabili da piene fluviali assimilabili a eventi con tempi di ritorno fino a 200 anni;
    b. aree di pericolosità e rischio idrogeologico, sulla base di una ricognizione delle informazioni specifiche contenute negli strumenti urbanistici comunali, nei PTC provinciali e in altri studi specifici di settore.
    Ai fenomeni così censiti è stata attribuita una pericolosità graduata su guattro livelli definiti in base alla tipologia del fenomeno e al relativo stato di attività. Alle aree a pericolosità idrogeologica sopra descritte è stato attribuito un livello di rischio articolato in guattro classi:



    AREE A RISCHIO FRANA
    AREE A RISCHIO ESONDAZIONE
    RI rischio basso
    PI pericolosità bassa
    R2 rischio medio
    P2 pericolosità media
    R3 rischio elevato
    P3 pericolosità elevata
    R4 rischio molto elevato
    P4 pericolosità molto elevata



    Il PAI indica per ogni Comune e per ogni bacino idrografico che interessa il Comune, l’esistenza o meno di rischio idrogeologico distinguendo il rischio idraulico e il rischio di frana e valanga.


    5.9 Visualizzazione cartografica dei bacini idrografici della Regione Marche.


    5.10 Esempio di tavola cartografica di riferimento del PAI con legenda esplicativa della tipologia e delle classi di rischio a cui è soggetto il territorio

    Piano Regolatore Generale Comunale (PRGC)

    Nell’ordinamento italiano, è definito come lo strumento che regola l’attività edificatoria all’interno del territorio comunale. È uno strumento che può essere redatto da un singolo Comune o da più Comuni limitrofi (Piano Regolatore Generale Intercomunale) e contiene tutte le indicazioni sul possibile utilizzo o tutela delle porzioni di territorio a cui si riferisce. Per la Regione Lombardia è attualmente sostituito dal Piano di Governo del Territorio (PGT). Nella Regione Emilia-Romagna è attualmente sostituito dal Piano Strutturale Comunale (PSC). Il piano si propone di pianificare la crescita delle città e gestire l’incremento urbano entro i limiti spaziali del perimetro del territorio comunale. Il PRG è una sorta di progetto architettonico a scala urbana che diventa poi legge e comprende il Piano di Viabilità (scala 1:5000) e il Piano di Azzonamento, o Zonizzazione, delle aree omogenee (scala 1:5000) (5.11).


    5.11 ( a) Quadro d’unione delle tavole del Piano Regolatore Generale di Roma. (b) Esploso cartografico della tavola 15 (zona centro – via Flaminia Tor di Quinto).

    Piano Faunistico-Venatorio

    La legge statale 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, e successive modifiche, prevede con l’articolo 10 “Piani Faunistico-Venatori”, che le Regioni realizzino e adottino un piano faunistico-venatorio, con validità guinguennale, che preveda la destinazione differenziata del territorio utile per la sua corretta gestione, finalizzata alla tutela della fauna selvatica, e un esercizio venatorio sostenibile.
    Il Piano Faunistico-Venatorio rappresenta, guindi, lo strumento fondamentale con il guale la Regione definisce le linee di pianificazione e programmazione per una corretta tutela della fauna selvatica e degli habitat all’interno del suo territorio e per un prelievo venatorio sostenibile e compatibile. La pianificazione e la programmazione delle attività faunistico-venatorie utilizza come strumenti:
    - la Carta regionale delle vocazioni faunistiche;
    - gli indirizzi regionali per l'elaborazione dei Piani Faunistico-Venatori provinciali;
    - il piano finanziario regionale annuale per la realizzazione degli interventi fau-nistico-venatori;
    - i piani faunistico-venatori provinciali, di durata guinguennale, articolati per comprensori faunistici omogenei;
    - i piani, i programmi e i regolamenti regionali di gestione faunistica delle aree protette.

    5.2 La Pianificazione Territoriale Forestale

    Una moderna gestione del territorio si fonda sul concetto di “sviluppo sostenibile e ecocompatibile”.
    Per quanto riguarda i boschi, in una visione di sviluppo ecocompatibile, la gestione è basata su criteri economici multifunzionali e con finalità multiobiettivo.
    L’Italia, aderendo al processo Paneuropeo dell’MCPFE, ha fatto proprio il concetto di “Gestione Forestale Sostenibile” (GFS), così come è definito dalle risoluzioni di Strasburgo (1990), Helsinki (1993), Lisbona (1998) e Vienna (2003).
    Per quanto riguarda la pianificazione forestale occorre tenere presente che:
    - le foreste sono materia di competenza regionale (decreti delegati);
    - la legge quadro nazionale di riferimento è la n. 3267 del 1923 e regolamento di applicazione del 1926;
    - la pianificazione avviene a diversi livelli (regionale, sovracomunale, comunale e/o aziendale)(5.14).
    Le Linee guida di programmazione forestale, stabilite con decreto 16 giugno 2005 del Ministero dell’Ambiente, indicano che “[...] la pianificazione forestale ai vari livelli (regionale, eventualmente subregionale e soprattutto aziendale), è condivisa attraverso la sensibilizzazione e la compartecipazione di tutte le componenti sociali interessate al territorio stesso. Occorre guindi incentivare in vario modo le attività volte alla conoscenza e alla pianificazione del territorio forestale. [...] Le regioni possono prevedere piani forestali per ambiti territoriali specifici, al fine di rendere più agevole l'attuazione della politica forestale a livello locale. [...] Le regioni dovranno rendere consultabile sui rispettivi siti Internet un guadro, annualmente aggiornato grazie a specifici programmi di monitoraggio, della pianificazione forestale a livello regionale, sub-regionale ed aziendale (intercomunale, comunale e ove possibile privata), con evidenziati i comuni e le rispettive superfìci oggetto di pianificazione e il periodo di valenza del piano." La gestione multifunzionale delle foreste necessita della pianificazione, realizzata su più livelli di scala territoriale, quale strumento preferenziale di conoscenza e azione (5.15).
    Obiettivi generali della gestione forestale sono:
    a. mantenimento del ruolo della funzione produttiva dei boschi al fine di salvaguardare il più possibile il reddito dei proprietari, l’occupazione nel settore delle utilizzazioni forestali e il soddisfacimento dell’uso civico di legnatico;
    b. prosecuzione dell’azione di miglioramento dell’equilibrio ecologico dei boschi, quale maggiore indicatore della capacità di offrire con continuità temporale beni e servizi multipli, spostando l’attenzione dal risparmio di provvigione al miglioramento della diversità compositiva e strutturale dei popolamenti;
    c. valorizzazione economica delle funzioni sociali e ambientali del bosco, in particolare quelle più legate alle attività turistiche (ricreativa e paesaggistica) e quelle di diretto interesse per la popolazione che risiede l’intero anno sull’altopiano (protezione dalle calamità naturali) ;
    d. conservazione del paesaggio colturale in linea con le indicazioni degli strumenti urbanistici di ordine superiore (PTRC, piani di area);
    e. coordinamento degli obiettivi e delle finalità della pianificazione di ordine gerarchico inferiore (piani di riassetto, piani di riordino) nel quadro di una visione unitaria della gestione delle risorse del territorio.
    I diversi livelli della pianificazione regionale (5.16) sono così dettagliati.
    1. A livello regionale verranno emanate dall’amministrazione pubblica le Linee guida della politica ambientale e della filiera forestale, le strategie economico-fìnan-ziarie (PSR) e i modelli organizzativi deH’amministrazione forestale (Piano Forestale Regionale).
    2. A livello territoriale-comprensoriale la pianificazione sarà tesa a valorizzare la multifunzionalità delle risorse forestali, determinando le Linee guida di gestione e i parametri più importanti da osservare per garantire la sostenibilità della gestione forestale (processo MCPFE - Conferenze Ministeriali per la Protezione delle Foreste in Europa).
    3. A livello aziendale saranno considerate le informazioni relative alle dinamiche evolutive del soprassuolo e verranno impartite indicazioni specifiche per la programmazione pluriennale degli interventi selvicolturali e colturali, in base alle linee guida degli altri livelli di pianificazione.


    5.14 Individuazione dei diversi livelli operativi di scala territoriale (regionale o strettamente locale) e relativi piani operativi di riferimento.


    5.15 Schema delle relazioni e interconnessioni (esistenti e generate) tra i diversi livelli della pianificazione territoriale, sviluppata a carico dei territori boscati.




    Livello
    Valenza
    territoriale
    Competenze
    Strumenti
    Fonti informative
    Primo
    Nazionale
    Politica forestale
    Piano Forestale Nazionale
    Indirizi d’intervento Normative
    Inventario Forestale Nazionale (IFN)
    Secondo
    Regionale
    Politica forestale
    Regolamento forestale Piano Forestale Regionale
    (altri strumenti: PSR)
    IFN Regionale, Carta Forestale Regionale DB dei dati sintetici del livello precedente
    Terzo
    Provinciale
    Attuazione della politica forestale locale
    PMPF
    Regolamento
    provinciale
    DB dei dati sintetici del livello seguente
    Quarto
    Comprensoriale Territoriale (Comunità montana,Ambito territoriale)
    Indirizzi contestualizzati di attuazione della politica forestale
    Piano Forestale di Indirizzo Territoriale (PFIT)
    Cartografìe tematiche (uso suolo, tipologie forestali, linee di gestione, unità di gestione, ecc.)
    Quinto
    Aziendale
    Prescrizioni di attuazione tecnica della politica forestale locale
    Piano di Gestione Piano di Assestamento Piano Colturale
    Rilievi inventariali locali Cartografìe di dettaglio Compartimentazione colturale


    5.16 Schema dettagliato dei diversi livelli di pianificazione forestale e relative specifiche operative derivate.

    Piano Forestale Regionale (PFR)

    Il Piano Forestale Regionale (PFR) (5.17) è il documento programmatico pluriennale a livello regionale, redatto sulla base dei dati contenuti nel Sistema Informativo Forestale (in particolare l’inventario e le carte tematiche forestali) e degli altri strumenti di pianificazione esistenti:
    1. Carta Forestale Regionale;
    2. Inventario Forestale;
    3. Linee Guida Piano Forestale Regionale;
    4. Piano AIB - Antincendi boschivi.
    Sintesi dello stato della pianificazione forestale in Italia
    La legislazione regionale in materia è in genere molto articolata poiché essa è il risultato delle tradizioni forestali di ogni regione, della sensibilità dei vari Consigli regionali in materia forestale, del diverso grado di autonomia legislativa e di altri fattori socio-economici locali.


    5.17 (a) Struttura del PFR e (b) gerarchie, parallelismi e complementarietà tra i diversi strumenti di pianificazione a disposizione.

    Piani Forestali di Indirizzo Territoriali (PFIT)

    I PFIT interessano un comprensorio territoriale omogeneo per caratteristiche ecologiche e/o amministrative (es. comunità montane, parchi regionali, bacini idrografici), ambiti forestali omogenei, in cui si suddivide il territorio regionale. Gli obiettivi del PFIT sono:
    1. acguisire elementi conoscitivi delle componenti agro-silvo-pastorali della struttura della proprietà, della componente socioeconomica, dei vincoli e della presenza e distribuzione delle aree protette;
    2. determinare indirizzi a medio lungo termine per la valorizzazione degli obiettivi che interessano le componenti sociali del territorio.
    I PFIT sono nuovi strumenti di programmazione operativa con valenza gestionale sovraziendale, posti a un livello di pianificazione intermedio tra l’ambito regionale e guello locale dei piani aziendali, inoltre si presentano come piano di settore per il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP).
    Le indicazioni riportate nel PFIT rappresentano un adattamento all’insieme delle Prescrizioni di Massima e Polizia Forestale nei casi in cui vi sia carenza di pianificazione assestamentale (5.18).
    I contenuti essenziali dei PFIT sono i seguenti.
    1. Acguisizione della visione di insieme del territorio, inventari, indagini settoriali e zonizzazione per tipologie forestali (rilievo dell’uso del suolo; inventario forestale e risorse pastorali).
    2. Analisi multifunzionale delle coperture forestali (indagine patrimoniale; analisi dei vincoli; indagine sulla viabilità silvo-pastorale).
    3. Compartimentazione gestionale e Linee guida di gestione forestali (pianificazione polifunzionale degli ambienti forestali, destinazioni funzionali e compartimentazione gestionale dei complessi boscati.
    4. Predisposizione del piano degli interventi (definizione degli indirizzi di intervento; definizione degli indirizzi di intervento).
    Il livello aziendale si compone dei seguenti piani: il Piano di Gestione; il Piano Colturale; il Piano di Assestamento.




    Regione
    Legislazione
    vigente
    Definizione e tipi di strumenti a livello subregionale
    PFIT realizzati PFIT pilota
    Basilicata
    -
    -
    PFIT“CM Collina Materana” in corso di realizzazione
    Lombardia
    LR n. 27/04
    Piani di indirizzo forestale
    In fase di realizzazione numerosi PFIT
    Molise
    DGRn. 1220/04, DGR n. 57/05
    Piani di assestamento forestale
    2 PFIT:
    CM “Alto Molise” (2005) CM “Trigno e medio Biferno” (2006)
    Piemonte
    LR in corso di approvazione
    Piani Forestali Territoriali
    In tutto il territorio generale
    Sicilia
    LR n. 16/96 LR n. 14/06
    Piani di gestione forestale sostenibile (Piani di Assestamento Forestale)
    2 PFIT finanziati
    Trentino
    -
    -
    PFIT Altopiano di Piné
    Umbria
    LR n. 28/01
    Programmazione e pianificazione forestale a livello comprensoriale
    2 PFIT Comprensorio “Lago Trasimeno”
    Veneto
    DGT n. 2067/05
    Piani di riordino forestale
    -
    Sardegna
    -
    -
    Comune di Seneghe


    5.18 Sintesi dei quadri di riferimento legislativo di diverse regioni pilota nel settore della pianificazione forestale.

    APPROFONDIMENTO

    Fasi, progressione del lavoro e prodotti di un Piano Forestale di Indirizzo Territoriale (PFIT)
    A. acquisizione documentazione storica, bibliografica e cartografica;
    B. verifica condizioni per il processo partecipativo; in caso affermativo organizzazione ed esecuzione del processo (livello minimo);
    C. indagine patrimoniale (Carta delle proprietà in scala 1:10000);
    D. analisi dei vincoli (Carta dei vincoli e delle Aree Protette in scala 1: 10000);
    E. rilievo uso del suolo (Carta dell’uso del suolo in scala 1:10000);
    F. classificazione delle risorse forestali (Carta dei tipi forestali e delle aree colturalmente omogenee in scala 1:10000);
    G. analisi viabilità silvo-pastorale e delle infrastrutture antincendio (viali e fasce parafuoco, punti rifornimento idrico, torrette di avvistamento, ecc.) (Carta della viabilità e delle infrastrutture antincendio in scala 1: 10000);
    H. inventario forestale a scala locale;
    I. indagine sui pascoli e sui prati-pascoli;
    J. analisi delle destinazioni funzionali e realizzazione della compartimentazione gestionale dei complessi boscati (Carta delle destinazioni funzionali prevalenti e della compartimentazione gestionale in scala 1: 10000);
    K. definizione degli indirizzi selvicolturali (Carta degli indirizzi selvicolturali in scala 1:10.000);
    L. altre indagini (fauna e sistemi di terre).

    Piano di Gestione

    Costituisce lo strumento di politica aziendale. Determina e coordina le linee operative di gestione tecnica aziendale e di conduzione amministrativa.
    Completa il Piano di Assestamento, conservandone la struttura e i relativi allegati. Integra la visione tecnica del PdA (Piano di Assestamento) con una definizione organica degli obiettivi a lungo, medio e breve termine, a livello:
    - valori d’uso delle risorse forestali, paesaggistiche, economiche, sociali;
    - applicazione della selvicoltura sistemica;
    - individuazione dei costi e delle possibilità finanziarie della gestione.
    Il Piano di Gestione include:
    a. l’analisi dei caratteri delle stazioni e dei popolamenti forestali;
    b. l’individuazione degli obiettivi della gestione;
    c. l’individuazione delle tecniche colturali;
    d. lo studio dell’impatto del piano in termini paesaggistici;
    e. l’individuazione delle fonti di finanziamento;
    f. la razionalizzazione delle infrastrutture e delle risorse;
    g. tecniche (mezzi, strumenti, ecc.).

    Piano di Assestamento e Piano Colturale

    È lo strumento della gestione forestale, elaborato a livello di azienda forestale che stabilisce la distribuzione tecnico-applicativa spaziale e temporale dei concetti generali di gestione e dell’attività d’impresa nel medio periodo (da 10 a 20 anni). Comporta una divisione in termini funzionali della foresta che costituisce rimpianto su cui si basa l’esecuzione degli interventi. Si tratta di un documento di validità temporale definita (in genere un decennio), riferito a una sola proprietà (azienda silvopastorale: comune, privato, proprietà speciale, ecc.), redatto allo scopo di pianificare la gestione dei boschi e dei pascoli in maniera che possano fornire beni e servizi in modo constante, senza che ne sia alterata la loro funzionalità.
    Il Piano di Assestamento Forestale è un documento che raggruppa in sé valenze diverse nell’ambito di tre profili fondamentali:
    - legale: già dalla legge del 1877, poi dalla legge forestale fondamentale n. 3267 del 1923 e dalle leggi regionali, assume forza di PMPF (Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale);
    - progettuale: comporta una fase di studio, di analisi dettagliata che necessita competenze particolari e deve essere sostenuta da una conoscenza approfondita dell’oggetto di studio e delle problematiche relative alle trasformazioni causate da ciascuna azione proposta;
    - esecutiva:rappresenta non solo un insieme di norme, ma anche una guida operativa per le opere previste.
    Il Piano colturale definisce le operazioni colturali per la coltivazione, l’allevamento dei boschi giovani e per la rigualifìcazione dei complessi forestali degradati.

    Approfondimento

    Caratteristiche del Piano di Assestamento Forestale (PAF)

    • Obbligatorio per proprietà demaniali regionali e comunali.
    • Si occupa dei boschi, dei pascoli, delle infrastrutture silvopastorali, inclusi i vivai, dei manufatti a servizio della foresta.
    • Si fissano degli obiettivi e, mediante interventi pianificatori, si mettono a punto (si programmano) azioni idonee a conseguire gli obiettivi prefìssati.
    Operazioni preliminari alla redazione del PAF:
    • Sopralluogo e ricognizione generale della foresta.
    • Raccolta di visure e cartografìa catastale.
    • Raccolta di cartografìa IGMI 1:25.000 e 1:50.000.
    • Raccolta di cartografìa tecnica regionale 1:10.000 e 1:5.000.
    • Aerofotogrammi recenti relativi alla foresta.
    • Cartografìa tematica: PUC, SIC e ZPS, Autorità di bacino, ecc.
    • Storia del bosco: utilizzazioni pregresse (libro economico, registro dei tagli).
    • Usi civici.
    La struttura del PAF è costituita da:
    •    relazione tecnica;
    •    prospetto delle superfìci e compartimentazione;
    •    registro particellare o di tassazione;
    •    prospetto del piano dei tagli;
    •    piano dei miglioramenti infrastrutturali;
    •    elaborati cartografici (carta geologica, carta silografìca, eventuale carta della zonizzazione di aree protette e sovrapposizione con SIC e ZPS);
    •    libro economico o registro degli interventi;
    •    regolamenti usi civici.
    La relazione tecnica si compone di:
    a. parte generale, inquadra la situazione esistente con la descrizione dell’ambiente e del territorio e descrive il complesso assestamentale;
    b. parte speciale, riporta le modalità di compartimentazione della foresta; descrive i metodi di rilievo e riporta, in forma sinottica, i dati dendro-auxometrici dei soprassuoli; illustra i metodi di assestamento adottati per la determinazione della ripresa (per i cedui e per le fustaie).

    Piano antincendi boschivi

    La Direzione per la protezione della natura e del mare del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (DPNM/MATTM) è direttamente interessata al tema degli incendi boschivi in attuazione dell’art. 8 della legge 21 novembre 2000, n. 353 “Legge-guadro in materia di incendi boschivi”. Nel caso specifico se ne occupa il Settore incendi boschivi della Divisione V della suddetta Direzione. L’articolo 8 della 1. 353/2000 - di seguito riportato - esplicita gli obblighi di legge per il Ministero e gli Enti gestori delle aree protette.
    La DPNM/MATTM, iniziando dalle indicazioni generali contenute nelle Linee guida della Protezione Civile per la redazione dei Piani antincendi boschivi (o piani AIB) regionali, ha realizzato nel 2002 uno schema di Piano AIB per le aree naturali protette statali al guale gli Enti gestori si attengono nella redazione del proprio Piano.
    Per i Parchi nazionali, dal novembre 2009 è in vigore il nuovo schema di piano
    AIB (prima revisione del precedente del 2002). Per le Riserve Naturali Statali, dal giugno 2006 è stato predisposto uno specifico schema di piano AIB (revisionato nel 2010), semplificato e più adeguato alla realtà territoriale e gestionale di guest’ultima tipologia di aree protette.
    Sempre in attuazione della stessa norma, la DPNM/MATTM vigila e sostiene l’operato degli enti gestori nella redazione approvazione e attuazione dei piani AIB, attiva e coordina sistematicamente l’iter necessario a raggiungere l’intesa con le regioni interessate per l’inserimento dei piani AIB delle aree protette statali nei corrispondenti piani AIB regionali, previa richiesta ed ottenimento del parere favorevole del Corpo Forestale dello Stato, fino alla pubblicazione del Decreto di adozione dei piani AIB (5.20).
    La cartografia tematica AIB dei Parchi nazionali, disponibile presso il MATTM, rappresenta un sostanziale contributo alla migliore redazione e gestione dei piani antincendi boschivi, poiché queste informazioni cartografiche sono sovrapponibili sia fra loro, che con gli altri tematismi, la cartografia di base e le ortofoto di vari anni; la sovrapposizione è resa possibile sia tramite il GIS dell’Ente parco che online sul Portale Cartografico Nazionale del sito web del MATTM.


    5.20 Carta della pericolosità(incidenza) degli incendi boschivi per la Regione Friuli Venezia Giulia

    Approfondimento

    Art. 8. (Aree naturali protette)

    1. Il piano regionale di cui al comma 1 dell’articolo 3 prevede per le aree naturali protette regionali, ferme restando le disposizioni della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, un’apposita sezione, definita di intesa con gli enti gestori, su proposta degli stessi, sentito il Corpo forestale dello Stato.
    2. Per i parchi naturali e le riserve naturali dello Stato è predisposto un apposito piano dal Ministro dell’ambiente di intesa con le regioni interessate, su proposta degli enti gestori, sentito il Corpo Forestale dello Stato.
    Detto piano costituisce un’apposita sezione del Piano regionale di cui al comma 1 dell’articolo 3.
    3. Le attività di previsione e prevenzione sono attuate dagli enti gestori delle aree naturali protette di cui ai commi 1 e 2 o, in assenza di questi, dalle Province, dalle Comunità montane e dai Comuni, secondo le attribuzioni stabilite dalle Regioni.
    4. Le attività di lotta attiva per le aree naturali protette sono organizzate e svolte secondo le modalità previste dall’articolo 7.

    RIASSUMENDO

    • Gli strumenti operativi per diffendere il territorio e tutelare il paesaggio sono costituiti da una serie di normative nazionali, regionali, provinciali e aziendali che hanno funzioni e obiettivi diversi.
    • La pianificazione territoriale è proposta a livello regionale attraverso verso il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC) e a livello provinciale attraverso il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP).
    • La valorizzazione e riqualificazione del paesaggio sono indicate dal Piano Paesaggistico Regionale.
    • I riferimenti normativi per ciò che riguarda le acque sono con templati nel Piano di Bacino Distrettuale per la loro corretta utilizzazione, nel Piano di Tutela delle Acque (PTA) per il loro approvvigionamento sostenibile nel lungo periodo e nel Piano per l’Assetto Idrogeologico (PAI) per la riduzione del rischio idrogeologico.
    • Le linee di pianificazione e programmazione per una corretta tutela della fauna selvatica sono definite dal Piano Faunistico Venatorio. La Pianificazione Forestale, di competenza regionale, segue le Linee guida del Ministero dell’ambiente che ha fatto proprio il concetto di Gestione Forestale Sostenibile. Essa si realizza attraverso il Piano Forestale Regionale (PFR) e nei Piani Forestali di Indirizzo Territoriali (PFIT) che riguardano un comprensorio territoriale omogeneo per caratteristiche ecologiche e/o amministrative.
    • La Pianificazione Forestale è articolata in tre livelli: Regionale, Territoriale/Comprensoriale, Aziendale. Questo ultimo, a sua volta, si compone del Piano di Gestione, del Piano di Assestamento e del Piano Colturale. La Direzione per la protezione della natura e del mare del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha fornito le Linee guida per i Piani Antincendi Boschivi (o piani AIB) regionali.

    SUMMING UP

    Operational Instruments which preserve the territory and protect the landscape are composed of some domestic, regional, provincial and business rules with different functions and purposes.
    Territorial planning is suggested on a regional scale through the Regional Territorial Plan of Coordination and on a provincial scale through the Provincial Territorial Plan of Coordination.
    The landscape valuation and requalification are shown in the Regional Landscape Plan.
    Rules and laws about water are shown in the District Basin Pian for their correct use, in Water Protection Pian for their sustainable supply over time and in Hydrogeological Order Pian to reduce hydrogeological risks.
    Planning and programming courses for a correct protection of wild fauna are defined by the Hunting Faunistic Plan.
    The Forestal Planning, with a regional competence, follows the Environment Ministry guidelines with the concept of sustainable forestal management.This is carried out through the Regional Forestal Plan and with Territorial Forestal Plans, which are about a territory consistent with ecological and/or administrative characteristics.
    The Regional Forestal Planning is structured on three levels: Regional,Territorial and Business ones.The last one, in turn, is composed of the Management Plan, of the Settlement Plan and Cultivation Plan.The Management Team for environment and sea protection by the Environment and territory preservation Ministry has supplied the guidelines for Regional fire prevention plans for woods (or AIB plans).

    GESTIONE E VALORIZZAZIONE AGROTERRITORIALE
    GESTIONE E VALORIZZAZIONE AGROTERRITORIALE