Concetti chiave
• Biomagnifìcazione• Inquinamento atmosferico
• Inquinamento delle acque
• Inquinamento del suolo
• Indicatori chimico-fìsici e biologici dei fenomeni d’inquinamento
• Bioindicatori
4.1 Inquinamento e biomagnificazione
Nei settori della tutela, della pianificazione e della valorizzazione del territorio agroforestale e del paesaggio sono molteplici le problematiche ambientali emergenti e uno dei problemi più seri da monitorare e tenere sotto controllo è senz’altro l’inquinamento, cioè la contaminazione dell’aria, delle acque e del suolo con sostanze e materiali, capaci di compromettere la qualità della vita o di interferire con i naturali meccanismi di funzionamento degli ecosistemi.Ogni ambiente è suddiviso in quattro comparti: acqua, aria, suolo e sottosuolo, ognuno dei quali presenta peculiari caratteristiche quali/quantitative che sono identificate da precise grandezze e valutate da altrettanto precise unità di misura. Tale valutazione è effettuata dal punto di vista statico all’interno di un preciso intervallo con coordinate spazio-temporali definite, o dal punto di vista dinamico all’interno di un intervallo di valori noti nelle loro variazioni nel tempo e nello spazio. Quando tali valori subiscono variazioni notevoli, portando i propri indici ben oltre quelli noti e molto al di là di quelli accettabili, ci si trova di fronte a una evidente forma di alterazione e perciò di inquinamento (4.1 a pagina seguente).
In generale, riconosciamo tre tipi di inquinamento: dell’aria, delle acque e del suolo. I sistemi naturali - acqua, aria, suolo e sottosuolo - posseggono la capacità intrinseca di detossifìcare se stessi per effetto delle continue interazioni tra le componenti abiotiche (es. luce, temperatura, umidità, ecc.) e quelle biotiche (es. microrganismi, flora, fauna, ecc.) presenti al loro interno. Ad esempio il suolo attraverso vari fattori come percolazione, tessitura (azione combinata delle diverse granulometrie filtranti), attività metabolica dei microrganismi e di suzione/captazione delle radici delle piante, purifica l’acqua meteorica di deflusso subsuperfìciale, fino a renderla acqua di falda potabile.
L’uomo e la totalità delle attività umane, protratte nel tempo, hanno prodotto sostanze che per qualità e quantità non sono da considerarsi biocompatibili. Tali sostanze sono destinate a permanere a lungo nella loro forma originaria o, addirittura, in forme diverse e più complesse (biomagnificazione) muovendosi dal luogo di introduzione verso altri, anche molto lontani dal punto di vista spaziale.
La magnificazione biologica, o biomagnifìcazione, è un fenomeno di accumulo di sostanze nocive lungo una catena alimentare. Quanto più questa è lunga, tanto più è alta la concentrazione, al vertice della catena, di sostanze nocive.
In generale sono correlati alla biomagniflcazione molti metalli pesanti, i composti organo-alogenati e i radionuclidi, sostanze per lo più cancerogene, che permangono nelle acgue o nel terreno senza subire degradazione. Tali sostanze possono essere ingerite dai livelli più bassi della rete trofica, ad esempio da un insetto, dove permangono all’interno di tessuti e cellule; a sua volta guesto organismo sarà preda del livello superiore della catena alimentare, per esempio un pesce o un uccello, dove tali sostanze tossiche verranno ulteriormente a concentrarsi (4.2).
Il processo prosegue lungo tutta la rete fino ai grandi predatori, uomo compreso, dove le concentrazioni saranno tali da avere effetti anche letali a livello individuale. Un esempio classico è guello del metilmercurio, molto diffuso nel Mar Mediterraneo che deriva dalla sintesi del mercurio contenuto nei fiumi nei guali è riversato dagli scarichi industriali e dal metano dai giacimenti di gas naturale.
Questa sostanza è molto tossica e diviene potenzialmente pericoloso mangiare pesci di grossa taglia come tonni, pesci spada e sguali che occupano i livelli più alti della piramide alimentare (4.3).
Sempre per effetto della biomagniflcazione i pesticidi concentrati nei corpi dei falchi pellegrini e di altri rapaci, al vertice della piramide alimentare, portarono alla diminuzione drastica del loro numero poiché producevano uova con un guscio troppo sottile che si rompeva facilmente non permettendo di portare a termine la riproduzione. Per misurare se in una catena alimentare vi è o meno biomagniflcazione si usa l’indice TTC (Trophic Transfer Coefficient o coefficiente di trasferimento trofico) che è il rapporto tra la concentrazione della sostanza presente nella preda e la concentrazione della sostanza nel suo diretto predatore.
La correlazione di biomagniflcazione si manifesta guando il rapporto è maggiore di 1.
Inquinante |
Periodo di riferimento |
Limite (u g/m3) |
Tempo di mediazione dei dati |
Commenti |
BIOSSIDO DI ZOLFO
|
Anno civile |
350 (da non superare più di 24 volte per anno civile) |
Ora |
Valore limite D.M. 60/2.4.2002 |
Anno civile |
1 25 (da non superare pia di 3 volte per anno civile) |
Giorno |
Valore limite D.M. 60/2.4.2002 | |
Anno civile (1° ottobre-31 marzo) |
20 |
Anno e inverno |
Valore limite per la protezione degli ecosistemi D.M. 60/2.4.2002 | |
3 ore consecutive |
500 (allarme) |
Ora |
Soglia di allarme D.M. 60/2.4.2002 | |
PARTICOLATO PMIO (gravimetrico) | Anno civile |
50 (da non superare più di 7 volte per anno civile) |
Giorno |
Valore limite D.M. 60/2.4.2002 |
Anno civile |
20 |
Anno |
Valore limite D.M. 60/2.4.2002 | |
BIOSSIDO DI AZOTO |
Anno civile |
200 (da non superare più di 1 8 volte per anno civile) |
Ora |
Valore limite D.M. 60/2.4.2002 |
Anno civile |
40 |
Anno |
Valore limite D.M. 60/2.4.2002 | |
3 ore consecutive |
400 |
Ora |
Soglia di allarme D.M. 60/2.4.2002 | |
OSSIDI DI AZOTO |
Anno civile |
30 |
Anno |
Valore limite per la protezione della vegetazione D.M. 60/2.4.2002 |
OZONO |
Anno civile |
1 20 (da non superare per più di 25 giorni per anno civile come media su 3 anni) |
8 ore |
Valore bersaglio Direttiva 2002/3/Ce |
Anno |
18000 (AOT40) |
Ora |
Livelli di attenzione e di allarme D.M. 16.5.96 | |
IDROCARBURI NON METANICI |
3 ore |
200 (media aritm.) |
Ora |
Limite massimo di accettabilità D.P.C.M. 28.3.1983 |
MONOSSIDO DI CARBONIO |
8 ore |
10000 |
Ora |
Valore limte D.M. 60/2.4.2002 |
FLUORO |
Giorno |
20 |
Giorno |
Valore limite D.P.C.M. 28.3.1983 |
Mese |
1 0 (media aritm.) |
Giorno |
Valore limite D.P.C.M. 28.3.1983 | |
PIOMBO |
Anno civile |
0,5 |
Anno |
Valore limite D.M. 60/2.4.2002 |
BENZENE |
Anno civile |
0,5 |
Anno |
Valore limite D.M. 60/2.4.2002 |
IPA con riferimento al BENZO(A)PIRENE |
Anno |
0,0010 (media mobile) |
Giorno |
Obiettivo qualità D.M. 25.1 1.94 |
4.1 Quadro normativo nazionale relativo ai limiti delle concentrazioni di inquinanti dell'aria al I° gennaio 2010 (considerando anche il recepimento della direttiva ozono).

4.2 Esempio di biomagnificazione: le sostanze chimiche come il DDT tendono a concentrarsi man mano che si sale di livello nelle catene trofiche, dagli organismi più semplici fino ai predatori. Ad ogni livello trofico, infatti, i consumatori per costruire la propria biomassa devono ingerirne in grande quantità dal livello trofico inferiore e se questa contiene un inquinante di difficile metabolizzazione o rilascio, lo concen- trano in grandi quantità. Ad ogni passaggio trofico si ha perciò un’amplificazione della concentrazione del contaminante.

4.3 Ciclo biogeochimico del mercurio. Quando il mercurio entra nell'ambiente subisce una trasformazione operata da batteri riducenti, con formazione di metil-mercurio (CH3-Hg+) che si lega agli amminoacidi solforati e si accumula stabilmente nei tessuti ricchi di proteine, come i muscoli, cioè la parte edibile dei pesci, dando luogo a fenomeni di biomagniflcazione. La diffusione di mercurio negli ambienti acquatici è considerata uno dei problemi ambientali più seri a causa dell'accumulo, della persistenza e dell'ingresso nella catena alimentare dell’elemento.
4.2 Inquinamento dell’aria
L’inquinamento atmosferico è la modificazione della composizione dell’aria per immissione di sostanze gassose, liquide o solide.Queste sostanze non solo alterano l’equilibrio naturale degli ecosistemi provocando dei feed-back negativi ai danni della biosfera e della vita degli organismi, ma possono anche alterare il clima terrestre e corrodere materiali da costruzione e monumenti. Le attività dell’uomo determinano direttamente o indirettamente l’aumento di impurità nell’aria che va ad aggiungersi alle conseguenze causate da fenomeni naturali derivanti, ad esempio, da incendi, eruzioni vulcaniche e dalla decomposizione di composti organici. In questo caso, tuttavia, le modificazioni ambientali possono essere in una certa misura riequilibrate dalla capacità dell’ambiente di tamponare le variazioni.
Tra gli inquinanti atmosferici emessi da fonti naturali solo uno, il radon (4.5), è stato riconosciuto come altamente dannoso per l’uomo poiché è un gas radioattivo che deriva dal decadimento dell’uranio presente in certi tipi di roccia e che si infiltra nelle abitazioni passando attraverso le fondamenta degli edifìci.
L’inquinamento atmosferico può manifestarsi su scale spaziali e temporali molto diverse e, accanto a composti come i gas-serra le cui concentrazioni risultano permanentemente modificate per l’intera atmosfera, ve ne sono altri che tendono solitamente a manifestare alterazioni su scale spaziali e temporali molto più ridotte. Questo diverso comportamento è dovuto al fatto che alcuni inquinanti degradano nel giro di poche ore o di qualche giorno, mentre altri rimangono attivi anche per lunghi periodi di tempo e possono quindi diffondersi in aree molto più vaste.
In relazione alle scale spaziali e temporali, per capire a quale livello intervenire per fronteggiare il fenomeno deH’inquinamento, è essenziale definire le caratteristiche dei principali inquinanti atmosferici.
1. Scala globale: riguarda i composti che manifestano alterazioni permanenti per l’intera atmosfera. Per la riduzione di questi composti sono necessari accordi internazionali come quelli relativi ai gas-serra (Kyoto, 1997) o ai composti responsabili della riduzione dell’ozono in stratosfera (Montreal, 1989) o a inquinamento transnazionale come le piogge acide.
2. Scala regionale: riguarda i composti che manifestano alterazioni su ampie regioni geografiche come, per esempio, la Pianura Padana.
3. Scala locale: riguardai composti che manifestano alterazioni su scale spaziali ridotte come una città o zone più limitate di essa (inquinamento urbano, discariche abusive, ecc.).

4.5 Spostamento del radon all’interno delle abitazioni.
Alterazioni atmosferiche a scala globale
Effetto serraL’energia trasmessa dal Sole attraversa l’atmosfera, attiva i processi fotosintetici, e in parte viene riflessa dalla superficie terrestre verso lo spazio. I gas atmosferici, e in particolare l’anidride carbonica, intrappolano parte di que- ste onde, deviandole nuovamente verso la superficie. Tale fenomeno è conosciuto col nome di effetto serra, in quanto ricorda quello che succede in un ambiente chiuso da vetri quale appunto una serra (4.6). L’aumento lento, ma progressivo, della concentrazione di anidride carbonica è un fenomeno molto preoc- cupante: le concentrazioni di questo gas sono in costante aumento da circa 150 anni. A questo si aggiunge il progressivo disboscamento delle fore- ste, che vengono abbattute per ottenere legname e guadagnare spazi per l’agricoltura, alterando la capacità di assorbimento di anidride carbonica del pianeta. La concentrazione di anidride car- bonica, infatti, tocca valori massimi in inverno, quando cala l’attività fotosintetica delle piante, e diminuisce in primavera-estate quando le piante assorbono anidride carbonica per compiere la fo- tosintesi. In seguito all’aumentata combustione di petrolio e carbone e alla contemporanea di- struzione delle foreste, la concentrazione dei gas serra in atmosfera è aumentata (4.7) e, intrappo- lando il calore del Sole, ha causato un incremento della temperatura nella maggior parte della Terra a eccezione di quelle regioni in cui le nuvole di solfati atmosferici prodotti dalle emissioni industriali riflettono la luce solare verso lo spazio e raffreddano l’atmosfera. La conseguenza è che i ghiacciai artici, quelli alpini e quelli delle catene montuose delle medie latitudini, hanno subito una riduzione, i fenomeni meteorologici e gli eventi climatici estremi sono in numero crescente, le precipitazioni totali annue, nelle regioni delle medie ed alte latitudini dell’emisfero Nord sono aumentate, mentre nelle regioni subtropicali vi è una chiara tendenza all’aumento di fenomeni siccitosi.

4.6 Bilancio della radiazione luminosa che raggiunge la Terra dal Sole e relativo incremento dell’effetto serra.

4.7 (a) Aumento della temperatura: nel grafico la linea blu indica l'incremento della temperatura globale media dall'inizio della rivoluzione industriale fino al 2000. La linea in colore rosso indica la previsione dei valori massimi fino al 2100, la linea verde la previsione dei valori minimi; (b) incremento della concentrazione di C02 dall'inizio della rivoluzione industriale fino al 2000. L'emissione di gas serra ha due fonti: la natura e le attività umane. L’attuale concentrazione è di 380 ppm; (c) innalzamento del livello degli oceani.
Buco dell’ozono
L'ozono è un gas composto da tre atomi di ossigeno che si è formato in milioni di anni per effetto dell'attività dei vegetali e ha formato uno strato, detto ozonosfera, che ha consentito alla vita di lasciare le acque per conquistare le terre emerse senza subire le radiazioni ultraviolette solari. Le radiazioni ultraviolette UV sono una componente della radiazione solare e, a causa del loro alto contenuto energetico, provocano danni irreparabili alla vita vegetale sul pianeta, sono dannose alla salute umana perché provocano scottature, gravi problemi agli occhi e aumentano l’incidenza del cancro della pelle. Nel corso del tempo l’ozonosfera ha mutato continuamente spessore e forma per cause naturali. Negli ultimi decenni però la concentrazione di ozono nella stratosfera ha cominciato ad assottigliarsi progressivamente. Questo fenomeno, che si verifica soprattutto in primavera, interessa le latitudini fra il 30° e il 60° parallelo, dove dal 1957 a oggi si è verificata una diminuzione dell’ozonosfera variabile fra l’1,7 e il 3%, e soprattutto la zona in corrispondenza dell’Antartico la cui percentuale di ozonosfera è diminuita del 50%.
Per spiegare il decremento dell’ozono, soprattutto sull’Antartico, sono state formulate alcune ipotesi: secondo alcuni scienziati l’origine è del tutto naturale e dipende dall’attività solare che periodicamente fa aumentare alcuni composti chimici naturali in grado di distruggere l’ozono; secondo altri nella circolazione dei venti si verificherebbero cambiamenti tali da far giungere sull’Antartide aria povera di ozono, mentre secondo altri, la maggioranza, la causa è da ricercare nell’attività dell’uomo che ha immesso in atmosfera i clorofluorocarburi o CFC.
Questi sono gas utilizzati come propellenti nelle bombolette spray, come liguido refrigerante dei frigoriferi e per altri impieghi industriali e hanno la proprietà di distruggere la molecola di ozono; infatti si pensa che guesta loro attitudine sia potenziata in condizioni climatiche e geofìsiche simili a guelle che si hanno nella stratosfera dell’Antartide.
La distruzione dell’ozono da parte dei CFC è stata dimostrata in laboratorio, perciò, sono stati stipulati accordi fra le industrie chimiche dei paesi sviluppati allo scopo di ridurre prima ed eliminare poi guesti composti killer mettendo a punto nuovi prodotti alternativi e meno pericolosi.
Approfondimento
Gli impatti dei cambiamenti climatici
Secondo gli scenari climatici dell’IPCC (Intergovernemental Panel on Climate Change) nei prossimi anni si avranno gravi effetti sugli ecosistemi e la vita dell’uomo stesso (4.9).• La variazione della temperatura e delle precipitazioni avrà per conseguenza significative modificazioni nell’umidità del suolo, nello scorrimento superficiale dell’acqua, nella portata dei fiumi e dei laghi. I modelli indicano una tendenza all’aumento del rischio di alluvioni, di periodi di siccità e di sostanziali cambiamenti nella disponibilità e nella qualità di acqua in molti paesi tra i quali l’Australia, il Nordafrica, l’Africa meridionale, l’Europa meridionale, il Medio Oriente e l’America Latina.
• In seguito allo scioglimento dei ghiacci polari il livello dei mari si innalzerà e vaste zone costiere e interi arcipelaghi saranno parzialmente sommersi. In Italia ben 17 aree, fra cui Venezia, saranno inghiottite dal mare.
• Negli oceani la riduzione delle aree ghiacciate al Polo Nord provocherà la modificazione della salinità e delle correnti, con riduzione della pescosità.
• Nell’atmosfera, a causa del riscaldamento della superfìcie degli oceani, si registrerà un accumulo di energia termica che sposterà grandi masse d’aria calda e renderà più violenti i fenomeni estremi, come tifoni e uragani, mentre cresceranno in frequenza e intensità le precipitazioni alluvionali e le temperature estreme sia calde che fredde.
• In molti ecosistemi il cambiamento climatico per lunghi periodi di tempo, porterà ad una riduzione della biodiversità. Già oggi si sono osservati spostamenti di animali e piante in cerca di habitat più idonei, ma se questi diminuissero o si frammentassero o se le capacità migratorie fossero impossibili o troppo lente rispetto alle modifiche del clima,gli ecosistemi e alcune specie sarebbero minacciati o danneggiati in maniera irreversibile.
• Per quanto riguarda la salute umana, la modifica delle condizioni climatiche potrebbe comportare l’aumento dei decessi dovuti ad ondate di caldo e agli eventi climatici estremi e una maggiore diffusione di malattie infettive. Le previsioni dell’OMS per il 2050 sugli effetti di un incremento medio di due gradi di temperatura prospettano un aumento del 45% della diffusione della malaria soprattutto nelle zone temperate, e un incremento del 55% della febbre dengue, il cui vettore, Aedes albopictus o zanzara tigre, è stato di recente individuato anche in Italia. Il ciclo vitale di molti organismi e i processi coinvolti nella diffusione delle malattie infettive, sono, infatti, strettamente legati ai fattori climatici.
Le modifiche climatiche daranno origine a conseguenze particolarmente gravi per i paesi in via di sviluppo che rischiano di andare incontro a un aumento della frequenza e della durata delle carestie e a una riduzione della disponibilità di cibo in conseguenza della quale potrebbe crescere la migrazione di popolazioni alla ricerca di territori più idonei a condizioni normali di vita.
Per i paesi industrializzati, gli impatti più significativi comporteranno la riduzione della disponibilità di risorse idriche, l’aumento del rischio di alluvioni, il deterioramento della qualità dei suoli, l’aumento della frequenza degli incendi, la crescita dell’erosione e la perdita di zone umide nelle aree costiere.
Sulle future condizioni climatiche dell’Europa del Nord è stata formulata l’ipotesi che lo scioglimento dei ghiacci artici provocherà un potenziamento delle correnti oceaniche provenienti dall’Artico e devierà la Corrente del Golfo, che attualmente ha effetto riscaldante sulle coste occidentali, provocando paradossalmente un irrigidimento delle temperature, mentre nell’Europa meridionale, come nel resto del mondo, si verificherà un incremento delle temperature tutto l’anno e una riduzione delle precipitazioni. La previsione degli impatti risulta particolarmente critica per l’Italia, il cui territorio soffre di condizioni di dissesto idrogeologico. In particolare è possibile che aumentino la frequenza e la intensità di fenomeni estremi quali siccità, soprattutto nelle regioni meridionali, alluvioni e altri fenomeni meteorologici particolarmente violenti (come le trombe d’aria, le burrasche, ecc.) che interesseranno maggiormente l’Italia settentrionale.
In generale, il clima italiano sta diventando più caldo e più secco, soprattutto nel Sud, mentre, in tutta l’Italia settentrionale, l’intensità delle precipitazioni è andata crescendo negli ultimi 60-80 anni, con un aumento del rischio di alluvioni, in particolare nella stagione autunnale.

4.9 Effetti dei cambiamenti climatici: (a) percentuale del territorio italiano a rischio desertificazione
Piogge acide
Le piogge acide sono state definite una “peste invisibile” dell’era industriale e sono considerate uno tra i più gravi problemi ambientali di rilevanza sia scientifica che politica, poiché si possono formare a grandi distanze rispetto ai punti di emissione così che spesso il paese inguinato si trova molto lontano da guello inguinante. Con l’espressione piogge acide si intende generalmente il processo di ricaduta dall’atmosfera di particelle e gas come ossidi di zolfo (SOx) e di azoto (NOx). Tali gas sono presenti nell’atmosfera anche per cause naturali, guali eruzioni vulcaniche, temporali, processi di degradazione batterica delle sostanze organiche, respirazione di piante e animali, ed è per guesto motivo che l’acgua piovana in condizioni normali non è neutra (pH 7), ma risulta debolmente acida (pH 5,6). Tuttavia, a partire dalla rivoluzione industriale, le loro guantità sono molto aumentate come conseguenza del crescente consumo di combustibili fossili (4.10).
La ricaduta delle particelle può avvenire in due modi: ricaduta umida o ricaduta secca (deposizione al suolo). In guesto ultimo caso i gas, e soprattutto i particolati acidi che da loro si formano, pervengono direttamente al suolo guando non entrano in contatto con goccioline d’acgua.
La deposizione secca può avvenire secondo meccanismi differenti in base alle dimensioni delle particelle (per impatto e gravità), allo stato dell’aria a contatto con la superfìcie ricevente e alla struttura chimica e fìsica della superfìcie stessa.
Solo successivamente alla deposizione, i depositi secchi di SOx e di NOx danno origine ai relativi acidi al suolo.
Quando invece la ricaduta avviene sotto forma di precipitazioni (piogge, neve, nebbie, rugiade, ecc.), si parla di deposizione umida e si formano acidi prima ancora che l’acgua si depositi sul terreno. Gli ossidi di zolfo a contatto con l’acgua o con il radicale ossidrile OHˉ, infatti, si trasformano in acido solforico, mentre gli ossidi di azoto si trasformano in acido nitrico (4.11).
Mentre le sostanze a base di zolfo rilasciate nell’atmosfera tendono a ricadere al suolo mediante la pioggia, provocando concentrazioni nelle zone a maggiore precipitazione piovosa, e a depositarsi entro pochi giorni vicino ai luoghi di emissione mediante le deposizioni secche, le sostanze a base di azoto restano per molto tempo nell’atmosfera. La ricaduta al suolo guindi non coincide con il luogo di origine delle emissioni inguinanti, assumendo guindi una caratteristica transnazionale. Il ruolo dei venti diventa fondamentale per comprendere i flussi acidi dall’origine alla precipitazione.
Regioni come il Canada orientale, la Scandinavia, alcune zone dell’Europa orientale e centrale sono fortemente colpite dal fenomeno, sia per la presenza di fonti inguinanti locali, sia perché vi si concentrano i prodotti di zone industriali lontane, come nel caso del Canada inguinato dagli USA. In effetti da alcuni decenni in molte zone del pianeta, anche non industrializzate, si sono registrate precipitazioni piovose, nevose, nebbie e rugiade con valori di pH significativamente più bassi del normale (pH 5,5), cioè compresi tra 2 e 5.
L’azione degli acidi che si formano direttamente in sospensione oppure al suolo provoca l’acidificazione delle acgue di falda, di laghi e corsi d’acgua, e delle acgue marine lungo le coste, danneggiando la vegetazione (soprattutto ad alte guote) e molti suoli forestali, corrodendo edifìci e monumenti e mettendo a rischio la salute umana.
Effetti sulle acque superficiali. Le caratteristiche geologiche del suolo dei bacini imbriferi, nei guali si raccoglie la pioggia, possono esercitare un effetto tampone, se possiedono elevata alcalinità, e neutralizzare l’acidità, ma i bacini con fondali costituiti da rocce siliciche, guali graniti e gneiss, sono molto vulnerabili al processo di acidificazione in guanto rocce acide. L’acgua con un pH inferiore alla media provoca gravi danni agli ecosistemi idrici perché viene modificato l'habitat acguatico idoneo a diverse piante e specie animali. Viene prima di tutto inibito lo sviluppo degli embrioni di rana e delle uova di salamandra, poi scompaiono piccoli crostacei, molluschi e gli anfìbi stessi.
Al di sotto di un pH di 5,5-5 si ha la scomparsa dei salmonidi. Le precipitazioni acide innescano reazioni nel terreno che liberano metalli tossici come mercurio e alluminio in grado di provocare la scomparsa totale della fauna ittica. Nelle acgue acide si osserva inoltre la riduzione della microflora: le macrofìte (piante acguatiche più grandi) diminuiscono, cedendo il posto agli sfagni e alle alghe filamentose che formano talora coltri impenetrabili.
Effetti sulla vegetazione. Sulla vegetazione guesti inguinanti hanno un duplice effetto, perché danneggiano le strutture vegetali facendo ingiallire e disseccare germogli e foglie, e alterano i delicati meccanismi del suolo provocando una progressiva acidificazione che produce impoverimento della microflora e perdita 0 immobilizzazione di sostanze nutritive. Le foreste di aghifoglie, specie particolarmente sensibili e più di altre legate agli organismi del suolo, mostrano una degradazione evidente in molte zone, come nella Foresta Nera tedesca. In Italia piccoli fenomeni si sono notati negli ultimi anni a carico di alcune aree boschive dell’Appennino toscano.
Va però detto che a differenza dell’Europa centro-settentrionale, i cui terreni sono naturalmente neutri o addirittura acidi, nella maggioranza dei casi i suoli della nostra Penisola sono basici e calcarei, e l’acidità è neutralizzata dalla presenza di calcio.
Effetti sui monumenti. L’azione delle piogge acide è ben visibile anche su sculture e monumenti compromettendo così il patrimonio culturale di ogni nazione.
Il meccanismo con cui esse agiscono sui materiali esposti all’aperto è duplice:
1. attraverso un’azione chimica di corrosione;
2. attraverso un’azione meccanica di rimozione del materiale stesso, reso precedentemente friabile e solubile.
Gli agenti inquinanti solidi, liquidi e gassosi veicolati dall’acqua che condensa facilmente sulle superfìci fredde, come quelle di statue o palazzi disabitati, penetrano nelle porosità. I monumenti in pietra calcarea sono i più colpiti, perché l’acido solforico (H2SO4), contenuto nelle deposizioni acide, corrode il carbonato di calcio (CaCO3) di cui sono costituiti e lo trasforma in solfato di calcio (CaSO4) che viene facilmente dilavato dalle acque piovane. I principali danni cui vanno incontro i monumenti sono: esfo-liazione, alveolizzazione e disgregazione sabbiosa. Nell’esfoliazione lo strato superficiale (da 0,1 a qualche mm) si solleva e si stacca dagli strati sottostanti formando lamelle a placche. L’alveolizzazione si manifesta con il distacco del materiale in punti diversi in modo tale che sulla pietra appaiono degli “alveoli” allineati. Nella disgregazione sabbiosa, l’erosione avviene in modo uniforme su tutta la superfìcie. Anche i metalli vengono sensibilmente corrosi dall’acidità delle piogge e, in particolare, dall’acido solforico che sul rame e quindi anche sul bronzo (una lega di rame e stagno), origina una tipica patina verdastra, dovuta a sali di rame. Gli ioni nitrato N03ˉ non solo corrodono i metalli, ma penetrano anche nelle porosità dei mattoni e dei laterizi, determinandone lo sgretolamento progressivo.
Effetti sulla salute umana. L’inquinamento atmosferico può compromettere la salute umana direttamente e indirettamente. Gli effetti diretti sono quelli che comportano danni al corpo umano derivanti dall’esposizione alle sostanze inquinanti soprattutto se si tratta di deposizioni secche. I danni maggiori sono provocati dall’SO2 che causa un restringimento temporaneo dei bronchi con respirazione difficoltosa e irritazione agli occhi. Anche il biossido di azoto (N02) è molto nocivo, in quanto può compromettere seriamente la funzionalità polmonare. Le principali azioni indirette attraverso le quali le piogge acide possono compromettere la salute umana sono l’acqua potabile e i cibi. L’acqua potabile infatti può essere contaminata dai metalli pesanti quali rame, zinco, mercurio, cadmio, alluminio e manganese, che si liberano dalle rocce quando terreni e sedimenti diventano acidi. I metalli pesanti possono anche essere assorbiti dalle piante e, in una seconda fase, concentrarsi nei ruminanti che di tali piante si cibano e, infine, risalendo lungo la catena alimentare, arrivare all’uomo. L’organismo umano non è in grado di eliminare tali agenti tossici, che guindi vengono accumulati anche in alte concentrazioni, potenzialmente molto nocive. Va tenuto conto, inoltre, che l’assorbimento e la riflessione della luce dovuta alla presenza dei gas e delle particelle nell’aria contribuiscono a un notevole peggioramento della visibilità.

4.10 Rappresentazione schematica del fenomeno delle piogge acide.

4.11 Reazioni fra gas emessi in atmosfera e l’acqua o il radicale ossidrile.
Alterazioni atmosferiche su scala regionale e locale
Il problema dell’inquinamento atmosferico su scala regionale o locale si concentra soprattutto nelle aree metropolitane, dove il traffico, gli impianti industriali e il riscaldamento degli edifìci hanno effetti dannosi sulla qualità dell’aria, ma anche le zone agricole non sono esenti da tale inquinamento a causa del vasto uso di antiparassitari e fitofarmaci che comporta remissione di molti prodotti chimici tossici.Sono stati catalogati circa 3000 contaminanti dell’aria fra i quali i più diffusi sono il biossido di zolfo (SO2), gli ossidi di azoto (NOx), il monossido di carbonio (CO), l’ozono, il benzene, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), il piombo e le polveri (soprattutto il particolato di diametro inferiore a 10 milionesimi di metro, il PM10). Gli ossidi di piombo, uniti agli altri prodotti di scarico, a polveri e fuliggine, determinano il fenomeno dello smog. I contaminanti atmosferici sono classificati in primari, cioè liberati nell’ambiente come tali (come ad esempio il biossido di zolfo ed il monossido di azoto), e secondari (come l’ozono) che si formano successivamente in atmosfera per mezzo di reazioni chimico-fìsiche (smog e smog fotochimico). L’inquinamento causato da queste sostanze negli ambienti aperti viene definito esterno (o outdoor), mentre quello nei luoghi confinati, come gli edifìci, si chiama inquinamento interno o indoor. Le modalità di produzione e di liberazione dei vari inquinanti sono estremamente varie, così come moltissime sono le variabili che possono intervenire nella loro diffusione in atmosfera poiché l’inquinamento atmosferico è soggetto agli eventi meteorici che possono intrappolarlo in una valle oppure diffonderlo nel pianeta. Numerose sono le conseguenze per la salute, soprattutto quando si verifica un brusco innalzamento delle concentrazioni degli inquinanti (inquinamento acuto) (4.16).
In questi casi si ha riduzione della funzionalità polmonare e aumento delle malattie respiratorie con un forte incremento nel numero di decessi fra le persone più sensibili, come gli anziani o le persone affette da malattie respiratorie e cardiovascolari. Oltre ai contaminanti chimici, l’atmosfera può subire inquinamento causato da agenti fìsici come il rumore e le onde elettromagnetiche che danno origine a inquinamento acustico ed elettrosmog.

4.16 L’inquinamento atmosferico rappresenta un grave rischio per la salute umana soprattutto a carico dell'apparato respiratorio.
4.3 Inquinamento delle acque
L’acqua è sicuramente la sostanza più preziosa che esiste in natura, soprattutto quella dolce, sana, pulita e potabile. Per fortuna l’acqua potabile totale disponibile è molto abbondante, circa 9000 trilioni di litri, di cui solo un terzo circa viene utilizzato dall’umanità per le sue attività, agricoltura e industria comprese. Se la quantità totale di acqua potabile non è un problema, lo diviene però la sua distribuzione sul pianeta, poiché molta acqua si trova in zone poco abitate (Siberia e Amazzonia, per esempio), mentre in altre densamente abitate l’acqua scarseggia. Il problema della cattiva qualità dell’acqua e del suo diffìcile reperimento è molto grave nei paesi del Terzo Mondo, dove i tre quinti della popolazione vivono ogni giorno con solo 2 litri di acqua prò capite. In quest’acqua, che spesso si trova molto lontano dai centri abitati, crescono anche notevoli quantità di organismi patogeni che possono provocare numerose malattie e a volte vere epidemie.Nei paesi industrializzati, dove il consumo prò capite è molto più elevato e giunge fino a 600 litri al giorno, si verifica invece il problema dell’inquinamento. L’inquinamento idrico è il degrado della qualità dell’acqua come l’effetto dell’immissione nei corpi idrici di sostanze o di energie che ne alterano le caratteristiche fisico-chimiche e impediscono il suo normale utilizzo. Queste sostanze, sia solide che liquide o gassose, hanno effetti diversi in base alla loro quantità, alla pericolosità e alla fragilità degli ambienti in cui vengono rilasciate. L’inquinamento può derivare da cause naturali ma, soprattutto, dall’attività dell’uomo.
L’inquinamento naturale ha luogo quando l’acqua piovana viene a contatto con sostanze organiche, provocando il loro imputridimento, o quando l’acqua del mare invade le falde costiere oppure quando frane, terremoti, polveri eruttate da un vulcano ne provocano l’intorbidamento, mentre quello dovuto all’attività dell’uomo deriva dall'antropizzazione e dalla industrializzazione. In natura i sistemi idrici possiedono un potere autodepurante, che si manifesta nella capacità di decomporre biologicamente (biodegradare), grazie alla presenza di batteri e microrganismi decompositori (batteri aerobi), le sostanze organiche di provenienza animale e vegetale, e anche alcune sintetiche oltre ai sali inorganici del fosforo e dell'azoto e a vari composti inorganici.
Tale processo avviene in condizioni aerobiche e richiede la presenza di ossigeno, che i microrganismi trovano disciolto nelle acque. La richiesta di ossigeno è espressa da due parametri, detti domanda biochimica di ossigeno o BOD e domanda chimica di ossigeno o COD. Il BOD (da Biochemical Oxygen Demand) è la quantità di ossigeno (in mg/1) necessaria ai microrganismi per biodegradare le sostanze organiche presenti in uno scarico, il COD esprime la quantità di ossigeno necessaria per degradare sia le sostanze organiche ossidabili biologicamente sia quelle non biodegradabili, ma che possono essere ossidate solo chimicamente e in tempi molto più lunghi.
A mano a mano che procedono le reazioni biologiche, la quantità di ossigeno disponibile diminuisce e si rende necessaria una riossigenazione dell'acqua, attraverso la superfìcie, da parte dell'ossigeno contenuto nell’aria, favorita anche dalla turbolenza dei corsi d’acqua. Quando, però, la concentrazione di inquinanti diventa troppo elevata e impedisce gli scambi acqua-aria, la richiesta di ossigeno risulta eccessiva e la quantità di questo gas diminuisce fino a sparire. Si verifica una progressiva distruzione della fauna e della flora acquatica e l'autodepurazione non è più in grado di avvenire. I batteri aerobi sono sostituiti da batteri anaerobi, che non hanno bisogno di ossigeno, ma producono sostanze nocive come metano, ammoniaca e idrogeno solforato, che conferiscono all'acqua odori molto sgradevoli. L'inquinamento si può manifestare a livello delle acque superficiali (torrenti, fiumi, laghi, lagune, mare, ecc.) o delle acque sotterranee (falde acquifere superficiali e profonde).
Inquinamento delle acque superficiali
L’inquinamento delle acque superficiali può differire per aspetto o gravità a seconda che si tratti di acque di un fiume o di un lago e le conseguenze sono: depauperamento della fauna ittica, morte di batteri aerobi e piante acquatiche, sviluppo di odori mefìtici e di materie in putrefazione, diffusione di microrganismi patogeni (4.20).In seguito ai movimenti delle acque superficiali e profonde gli effetti dell'inquinamento si possono manifestare in luoghi lontani da quelli in cui è avvenuta l’immissione delle sostanze.
Esistono diversi tipi di inquinamento idrico.
1. Civile: deriva dagli scarichi delle città che veicolano materiali organici, detersivi, oh, grassi e particelle sospese riversandoli, spesso senza alcun trattamento di depurazione, nei fiumi o direttamente nel mare. Quando il 1° carico organico eccede la capacità di autodepurazione, si verificano carenze di ossigeno, con conseguente sviluppo di metano, ammoniaca e idrogeno. Quando a eccedere sono i sali minerali (in particolare quelli di azoto e fosforo provenienti da detersivi), si verifica la crescita incontrollata di alghe che provoca una brusca e improvvisa diminuzione della quantità di ossigeno presente nelle acque (anossia) con conseguente mortalità di tutte le specie che ne dipendono. Il fenomeno prende il nome di eutrofizzazione (4.21).
2. Industriale: è formato da sostanze diverse la cui composizione varia a seconda del tipo di processo produttivo. Alcune sostanze chimiche disciolte nell’acqua sono particolarmente tossiche per l’uomo e per numerose specie viventi (tra queste il rame, lo zinco, il piombo, il ferro, il manganese, il cromo, il mercurio, i solventi clorurati, gli oh minerali e gli idrocarburi). Esse vengono assorbite dalla flora e fauna ittiche, passano attraverso la catena alimentare e si accumulano causando patologie diverse. La presenza di oh e grassi impedisce all’ossigeno di venire a contatto con l’acqua, formando una barriera scarsamente permeabile anche alla luce solare, con riduzione della fotosintesi clorofilliana. Una particolare forma di inquinamento è rappresentata dalle maree nere dovute allo scarico, voluto o accidentale, di petrolio che giunge attraverso piccole perdite o alle acque di lavaggio delle stive delle petroliere, alle infiltrazioni in mare provenienti dalle raffinerie costiere, alle perdite di oh lubrificanti e di carburanti da parte delle imbarcazioni e, infine, agli incidenti cui vanno incontro le petroliere. Il petrolio forma sulla superfìcie del mare un velo oleoso, rallenta gli scambi gassosi con l’atmosfera e limita la penetrazione delle radiazioni solari. In pochi giorni il 25% circa del petrolio si volatilizza in atmosfera con l’azione delle onde e del vento, il 50% circa viene demolito dai batteri, mentre la parte residua forma grumi oleosi di grandi dimensioni che si depositano rapidamente sul fondale o vengono trascinati dalle correnti sui litorali, soffocando ogni forma di vita. Danni immediati si riscontrano nella fauna marina (pesci, uccelli, crostacei, ecc.), mentre nel lungo periodo si ripercuotono sull’intero ecosistema marino e costiero.
3. Agricolo: è legato all’uso eccessivo e scorretto di antiparassitari, diserbanti, insetticidi, concimi e fertilizzanti di sintesi e allo spandimento dei liquami prodotti dagli allevamenti (4.23). Tali inquinanti, essendo generalmente idrosolubili, penetrano nel terreno e contaminano le falde acquifere o vanno a riversarsi nei corpi idrici superficiali dove provocano fenomeni di eutrofizzazione (apporti di azoto e fosforo). Si evidenzia così la presenza di residui negli alimenti e nelle acque potabili provenienti da pozzi sotterranei (4.24).
4. Radioattivo: è causato dalla presenza di isotopi o elementi chimici radioattivi con lunghissimi tempi di decadimento (centinaia o migliaia di anni); essi sono solo in parte di origine naturale, mentre la maggior parte del carico inguinale deriva dalle scorie radioattive delle centrali nucleari. Alcuni elementi, come il plutonio, hanno la tendenza a trasferirsi nelle ac-gue superficiali dove vengono rapidamente assorbiti dalle alghe e passano attraverso la catena alimentare allo zooplancton e agli altri organismi. Soprattutto negli anni passati era abitudine liberarsi di gueste scorie chiudendole in recipienti metallici molto spessi che venivano gettati nell’oceano aperto in corrispondenza delle più profonde depressioni del fondale. Si è appurato in seguito che molto prima che le sostanze radioattive possano disattivarsi naturalmente, i contenitori si corrodono, provocando conseguenze disastrose per gli ecosistemi marini.
5. Termico: è una forma di inquinamento industriale, che non riguarda il contenuto di sostanze inquinanti, ma la temperatura dell’acqua. Le industrie, infatti, riversano nel mare o nei fiumi l’acqua calda usata per le loro lavorazioni. Le acque di raffreddamento, prelevate da mari, laghi e fiumi a una certa temperatura, dopo l’utilizzo, sono restituite a una temperatura più elevata. L’aumento della temperatura causa l’alterazione degli ecosistemi acquatici e la variazione dei processi vitali. Può inoltre portare alla morte della flora batterica, utile nei processi di autodepurazione delle acque e, nei casi più gravi, a una moria di pesci.


4.20(a) Inquinamento dovuto a vari tipi di scarichi che sono riversati direttamente o indirettamente; (b) sostanze inquinanti derivate da usi domestici (c) sostanze inquinanti di origine industriale

4.21Fenomeno dell’eutrofizzazione.

4.23Rappresentazione schematica dell’inquinamento delle acque, e relativa contaminazione dell’acqua potabile, degli alimenti e della catena alimentare, dovuto a un uso sconsiderato di prodotti agricoli.
Inquinanti |
Effetti |
Concentrazioni massime ammissibili |
Patologie |
Nitrati |
Indesiderabile |
50 mg/L |
Metaemoglobinemia infantile |
Fenoli |
Indesiderabile |
0,5 pg/L |
Danni a rene e fegato |
Fluoro |
Indesiderabile |
1,5 mg/L |
Danni a denti e ossa |
Arsenico |
Tossico |
50 pg/L |
Danni a sangue, fegato e reni |
Piombo |
Tossico |
50 Mg/L |
Anemia, disturbi renali |
Idrocarburi policiclici aromatici |
Tossico |
0,2 Mg/L |
Cancerogenesi teratogenesi |
Coliformi |
Microbiologico |
vedi tabella di legge |
Disturbi gastrointestinali |
Streptococchi |
Microbiologico |
vedi tabella di legge |
Infezioni streptococciche |
Clostridi |
Microbiologico |
vedi tabella di legge |
Infezioni e intossicazioni |
4.24 Concentrazioni Massime Ammissibili (CMA) per alcuni parametri con l’indicazione delle possibili patologie indotte da una prolungata assunzione.
Inquinamento delle acque sotterranee
L’acqua che circola nel sottosuolo lo imbeve saturandone i vuoti e costituendo le falde acquifere (o falde idriche) (4.25).Queste si formano quando l’acqua fluviale o lacustre, e soprattutto quella proveniente dalle precipitazioni meteoriche, si infiltra molto lentamente attraverso gli strati permeabili del terreno (di solito sabbie o ghiaie) e dopo aver riempito i microscopici spazi presenti tra granulo e granulo delle rocce scorre in profondità fino a che non incontra uno strato impermeabile (solitamente argilloso) che ne ostacola l’ulteriore discesa.
Quando questi depositi di acqua vengono raggiunti da elementi estranei, e quindi viene alterata la loro composizione, si ha l’inquinamento delle falde acquifere.
La contaminazione avviene attraverso la percolazione delle acque piovane e di dilavamento attraverso suoli in cui vi è la presenza di inquinanti provenienti da aree rurali (pesticidi e/o prodotti fìtosanitari), discariche, siti industriali e così via. Quando le sostanze inquinanti vengono distribuite in un’area piuttosto ampia (es. rilasci nel terreno delle attività agricole, acque piovane di scorrimento in aree urbane o industriali, ecc.), il tipo di inquinamento, viene chiamato diffuso, mentre si parla di inquinamento puntuale quando deriva da fonti facilmente identificabili come condotte di scarico e discariche, allevamenti zootecnici, distributori di benzina, ecc.
L’inquinamento delle acque sotterranee è meno frequente, ma ancor più pericoloso di quello delle acque superficiali, perché una volta inquinate, le acque sotterranee hanno uno scarso potere depurativo e, muovendosi lentamente, mostrano tempi di recupero della qualità originaria molto tazione schematica lunghi anche dopo che la fonte inquinante è stata rimossa (4.26).

4.25 Rappresentazione di una falda acquifera.

4.26 Rappresentazione schematica dell’inquinamento delle acque sotterranee.
4.4 Inquinamento del suolo
Nelle regioni industrializzate i processi di degradazione del suolo sono causati dal fenomeno dell’inquinamento che altera tutti gli equilibri chimici, fìsici e biologici perché apporta sostanze estranee, dette xenobiotiche, che non sono riconosciute dai microrganismi del suolo o sostanze comuni biodegradabili, ma in quantità eccessiva.La pericolosità di tali sostanze dipende dal tempo di persistenza nell’ambiente dove possono determinare non solo l’accumulo di prodotti tossici per i vegetali e gli animali, ma anche effetti sulla fertilità ed attitudine del suolo ad ospitare le piante e gli altri organismi viventi. Il suolo può inoltre essere contaminato da isotopi radioattivi di origine naturale (radon)o a seguito di rilasci deliberati o accidentali di materiale radioattivo (radiazioni ionizzanti).
I rifiuti sono classificati in:
a. rifiuti solidi urbani: sono residui delle attività domestiche, rifiuti non ingombranti provenienti da insediamenti civili in genere;
b. rifiuti speciali: sono quelli derivanti dalle attività produttive (industriali, agricole, artigianali e commerciali) e comprendono i rifiuti ospedalieri, i fanghi di depurazione urbani e industriali, e le autovetture in demolizione;
c. rifiuti tossici e nocivi: sono tutti quelli che contengono le sostanze elencate in un apposito elenco, in quantità e/o concentrazioni tali da presentare un pericolo per la salute e per l’ambiente.
In base alle aree contaminate l’inquinamento del suolo può essere locale o diffuso.L’inquinamento locale o puntuale è dovuto in genere alla presenza di una sorgente (o fonte di inquinante) circoscritta:
1. discariche non realizzate con criteri di sicurezza.
2. siti che hanno ospitato insediamenti industriali particolarmente inquinanti e dai quali si sono verificati, per diverse cause, contaminazioni del terreno con sostanze pericolose;
3. siti in cui sono stati interrati illegalmente rifiuti pericolosi;
4. siti in cui si sono verificate fuoriuscite dovute alla rottura di serbatoi interrati o al rovesciamento di autocisterne contenenti carburanti o altri liquidi inquinanti. La contaminazione di questi siti, pur essendo circoscritta territorialmente, può essere causa di inquinamento in vaste aree circostanti in quanto dal sito inquinato si possono creare vie di migrazione degli agenti inquinanti in grado di diffondersi nell’ambiente attraverso la rete idrica superficiale e sotterranea, l’aria, la catena alimentare.
L’inquinamento diffuso di aree più grandi è dovuto a molteplici fonti di inquinamento presenti nel territorio, spesso non rilevabili singolarmente, imputabili per lo più a inadeguate tecniche di riciclo dei rifiuti e di trattamento delle acque o all’adozione di pratiche agricole intensive che non rispettano i tempi di assimilazione naturale delle sostanze immesse nei terreni.
La contaminazione diffusa dei suoli può essere, inoltre, dovuta alla ricaduta al suolo di inquinanti emessi dalle attività industriali o da gravi incidenti come successe nel 1976 all’ICMESA di Seveso ,
che provocò il rilascio in atmosfera di diossine con successiva loro deposizione nei suoli in una vasta area della Lombardia, e nel 1986 a Chernobyl dove lo scoppio della centrale nucleare determinò la ricaduta al suolo di isotopi radioattivi in molti stati europei con conseguente aumento del livello di radiazioni ionizzanti.
L’inquinamento del suolo, inoltre, può essere diretto o indiretto. L’inquinamento diretto può avvenire nelle zone urbane e industriali e nelle zone rurali. Nel primo caso si verifica in conseguenza dello smaltimento di reflui scarsamente depurati, o non depurati affatto, e del deposito di rifiuti solidi e materiali di scarto contenenti prodotti chimici; nel secondo caso l’inquinamento diretto è dato dall’impiego di prodotti chimici o "agrochemical" come i fertilizzanti inorganici e i fitofarmaci, dall’uso di reflui zootecnici, di fanghi di depurazione e di compost.
L’inquinamento indiretto è provocato dai contaminanti derivanti dagli apporti atmosferici e dalle acque di irrigazione. A volte le stesse sostanze sono riversate nei fiumi e giungono al terreno per infiltrazione. Le precipitazioni sui suoli agricoli portano, infatti, all’alterazione del pH e alla riduzione dell’attività microbica mente le acque irrigue inquinate determinano un abbassamento della produzione che si manifesta con una azione tossica diretta sulla pianta oppure con una tossicità mediata dal terreno. In questo caso le sostanze che non percolano negli strati profondi e non vengono fissate dai colloidi del suolo permangono nelle soluzioni circolanti svolgendo un’azione fìtotossica dovuta al loro assorbimento da parte delle piante.
L’inquinamento delle acque irrigue può essere principalmente riconducibile a:
1. sostanze organiche naturali (scarichi urbani, reflui zootecnici, industrie di trasformazione di materiali organici naturali);
2. sostanze organiche di sintesi (fitofarmaci, tensioattivi anionici);
3. sostanze minerali e inorganiche, materiali solidi in sospensione, metalli pesanti e sali disciolti (derivanti da fenomeni erosivi, scarichi industriali di vario tipo, reflui di insediamenti civili scarsamente depurati);
4. carico microbiologico (acque reflue di insediamenti urbani e zootecnici).
Il suolo è in grado di smorzare gli effetti negativi derivanti dafi’immissione di sostanze inquinanti grazie alla sua capacità di autodepurazione, al suo potere assorbente, alla capacità tampone, all’intensa attività biotica che in esso si svolge, sottraendo parzialmente alla soluzione circolante gli inquinanti mediante meccanismi meccanici e chimici di assorbimento e facendo loro diminuire la possibilità di lisciviazione ed evaporazione. Tuttavia la capacità autodepurativa del suolo ha un limite oltre il quale i danni diventano irreversibili e il pericolo maggiore di questo inquinamento è che a lungo andare il suolo perda la capacità di depurazione.
I rifiuti solidi e liquidi delle industrie e dei centri abitati vengono spesso accumulati in pozzi o fosse che non sono impermeabili (discariche abusive), e perciò detti perdenti, che lasciano percolare lentamente il loro carico inquinante con il conseguente pericolo di contaminazione delle acque profonde. A ciò vanno aggiunti i roghi di rifiuti che, oltre a contaminare il suolo, inquinano l’aria e le sorgenti provocando gravi danni alla salute dell’uomo con un forte incremento di malattie (leucemie e altre forme di tumore), avvelenando il bestiame e causando rischi aggiuntivi per i consumatori di carne e latte.
Approfondimento
Raccolta differenziata
Pile e batterie. Le pile contengono metalli, quali mercurio e cadmio, estremamente pericolosi; basti pensare che I g di mercurio, contenuto in 400 grammi di pile, è sufficiente a inquinare 200 q di ciboo 1000 m³ di acqua. Devono perciò essere raccolte separatamente e portate a impianti per il recupero dei metalli o distrutte in altri particolari impianti, evitando cosi di inquinare.Farmaci scaduti. L’enorme varietà di sostanze chimiche che compongono i prodotti farmaceutici può penetrare nel sottosuolo e inquinare le acque poiché ha caratteristiche spesso nocive per l’ambiente e la salute pubblica, ed è praticamente impossibile separarla dalla massa degli altri rifiuti, una volta miscelata con questi ultimi. I fermaci scaduti devono quindi essere gettati negli appositi contenitori.
Vetro. Il riciclaggio del vetro è molto facile in quanto può essere riutilizzato più volte senza che le sue proprietà vengano alterate. In altre parole, da un contenitore usato potrà nascere una nuova bottiglia, vaso o flacone, con le stesse caratteristiche qualitative del prodotto originario. La raccolta differenziata e il riciclaggio del vetro offrono alla collettività importanti vantaggi: risparmio delle materie prime necessarie per la produzione del vetro; riduzione dei consumi energetici (per produrre 1 kg di vetro riciclato occorre 1/3 dell’energia necessaria per produrre 1 kg di vetro da materie prime); riduzione della massa dei rifiuti solidi urbani.
Carta. In Italia, oggi, quasi 1/3 dei rifiuti solidi urbani (circa 26 milioni di tonnellate) è rappresentato da carta e cartone: ogni anno oltre 6 milioni di tonnellate di materiale cellulosico vengono gettati in discarica. Le cartiere che producono cartoncino e cartone da imballaggio sono costrette a importare dall’estero circa I milione di tonnellate l’anno di cellulosa, poiché la raccolta di materiali cellulosici, presso le famiglie, gli uffici e le sedi di attività commerciali, è fortemente insufficiente rispetto alla domanda industriale. Riutilizzare carta e cartoni è molto importante per:
- ridurre i consumi di cellulosa;
- ridurre il numero degli alberi abbattuti in pioppeti industriali e il taglio di boschi naturali;
- ottenere un risparmio energetico di circa 3600 kcal/kg;
- ottenere il risparmio di materie prime come il legno e l’acqua;
- ridurre le importazioni di macero straniero e i costi di smaltimento;
- ricavare vantaggio ambientale per il mancato trasferimento in discarica di materiale voluminoso.
Lattine. Abbandonate sul terreno, lattine e scatolette occupano uno spazio enorme rispetto al loro peso e non si degradano; bruciate, vengono ritrovate a valle negli inceneritori con produzione di rifiuti, anche tossico-nocivi. Le lattine sono di alluminio, un elemento molto abbondante in natura, ma che non si trova mai allo stato metallico. Il minerale da cui viene ricavato è la bauxite. Il processo di lavorazione per estrarre alluminio dalla bauxite è lungo, complesso e richiede l’impiego di molta energia. Oggi l’alluminio, specialmente nelle sue leghe, è il metallo più importante nella costruzione di aerei, parti di motori, carrozzerie di auto, in quanto la sua leggerezza garantisce chetali veicoli, a parità di velocità, consumino meno. E il materiale per eccellenza per gli imballaggi, per la conservazione di medicinali e alimenti delicati. Rifondere alluminio riciclato dalle lattine fa consumare solo il 5% dell’energia necessaria per ricavare alluminio dalla bauxite e da 1 kg di lattine di alluminio si ottengono 750 g di alluminio puro.
Plastica. Leggera, versatile e resistente, la plastica oggigiorno è enormemente diffusa ma, se dispersa nell’ambiente, produce gravi danni,aumentando il tasso di inquinamento. Grazie alle attuali tecnologie i contenitori in plastica per liquidi, se opportunamente separati dal resto dei rifiuti, possono essere riciclati in modo efficiente e in notevole quantità. Contenitori e bottiglie in plastica devono essere portati, adeguatamente schiacciati, negli appositi contenitori. Considerando che per la fabbricazione di 1 kg di plastica è necessario più di 1 kg di petrolio vergine, riciclare la plastica significa risparmiare materia prima ed energia.
Oli usati. L’olio, se raccolto e trattato in modo adatto, rappresenta una importante risorsa e favorisce il risparmio . (viene usato infatti per la produzione di basi lubrificanti o come olio combustibile).Al contrario, a contatto con il terreno, avvelena la flora e la fauna locale; versato in acqua, provoca gravi danni; bruciato non correttamente, emette piombo nell’aria, provocando intossicazioni e malattie.
Residui umidi e materiale organico. I rifiuti umidi consistono nei rifiuti di origine organica prodotti da famiglie, ristoranti, mense e mercati. Essi sono spesso responsabili di problemi igienici, dovuti alla diffusione di microrganismi patogeni per l’uomo e di microinquinanti, che possono essere risolti attraverso il compostaggio.il procedimento consiste in un processo biologico attuato da microrganismi che, nutrendosi della sostanza organica, ne causano la decomposizione producendo una sostanza simile all’fiumus. Il processo è spontaneo in natura e noto fin dai tempi più antichi,quando veniva fetto maturare il letame in concimaia per la produzione di sostanze fertilizzanti nei lunghi tempi richiesti da ogni processo biologico. Il prodotto, detto composto, può essere utilizzato per sostituire i normali concimi chimici in quanto è ricco di minerali e sostanza organica. Oggi gli interventi tecnologici hanno accorciato i tempi e allargato la gamma di provenienza dei rifiuti e, mentre in natura il processo necessita, per il suo completamento, di 8-12 mesi, se avviene per via artificiale sono sufficienti 15-45 giorni: alla fine da 1 kg di rifiuti si ottengono 300 g di compost.
Pertanto il riciclaggio di rifiuti umidi:
- contribuisce a risolvere il problema dei rifiuti poiché, trattando i residui organici, si evita di riempire inutilmente le discariche e si diminuiscono i costi di trasporto dei rifiuti;
- garantisce la fertilità del suolo e delle piante in vaso (con concime naturale è compatibile con l’ambiente al 100%);
- permette un risparmio economico.
4.5 Gli indicatori ecologici
In genere, in un ecosistema equilibrato si ha la presenza di moltissime specie, anche se rappresentate da pochi individui. Al contrario, in un ecosistema perturbato si assiste alla riduzione o alla scomparsa delle specie sensibili, mentre si ha la proliferazione di quelle più resistenti agli inquinanti. Può essere diffìcile valutare la consistenza dei fenomeni d'inquinamento e pertanto non è semplice individuare gli interventi più efficaci per la bonifica delle aree contaminate e il ripristino della qualità ambientale.Gli inquinamenti provengono da attività industriali, agricole, urbane e raggiungono i comparti ambientali, con diversi gradi di tossicità e sinergismo. Per valutare il livello di degrado ambientale si ricorre a indicatori ambientali, cioè a caratteristiche empiricamente osservabili o calcolabili che descrivono un fenomeno e il grado di vulnerabilità prevedibile dell'ambiente. Anche se l’alterazione dei parametri fisico-chimici dell’ambiente può essere causata da eventi naturali eccezionali, come i fenomeni vulcanici secondari, il rischio ambientale deve essere considerato principalmente un rischio di natura antropica.
Gli indicatori possono essere di tipo chimico-fìsico o biologico, oltre che economico e sociale.
Gli indicatori chimici sono diversi a seconda che si tratti di ambiente aereo (anidride solforosa, ossidi di azoto, CO2) o acquatico e terrestre (BOD, carbonio, fosforo, solidi, metalli). L'analisi chimica permette di conoscere quali sostanze causano l'inquinamento e la loro concentrazione, ma presenta anche alcuni limiti. Infatti essa fornisce solo un dato istantaneo e non continuo nel tempo, non mette in evidenza alcuni inquinamenti (DDT), non dà una valutazione complessiva sull'azione sinergica degli inquinamenti. Da ciò nasce la necessità di integrare l'analisi chimica con l'uso di indicatori biologici, cioè di organismi viventi che nel loro insieme costituiscono i migliori indicatori a tempo pieno dell'ambiente in cui vivono.
Gli indicatori biologici sono quegli organismi, vegetali o animali, o funghi oppure una intera comunità, particolarmente sensibili ai cambiamenti apportati all'ecosistema da fattori inquinanti e perciò in grado di fornire informazioni sulla qualità dell’ambiente.
In relazione alla presenza, assenza, distribuzione, rarefazione e condizione biologica (stress ambientale) dell’indicatore, si ottiene una serie d’informazioni sulle alterazioni ecosistemiche di una specifica area. In genere, si individua un organismo caratteristico del biotopo oggetto di studio che risulti opportunamente sensibile al fattore di disturbo ambientale del guale si vuole conoscere la pericolosità, cioè che reagisca in maniera osservabile (visuale o strumentale) agli stress presenti nel sistema. Il bioindicatore deve possedere alcune caratteristiche, come sensibilità riconosciuta alle sostanze inguinanti, ciclo vitale lungo, distribuzione su tutto il territorio considerato, presenza prolungata nel tempo, mobilità scarsa e omogeneità genetica. Parametri essenziali da considerare sono ovviamente reperibilità e mobilità dell'indicatore, ma non bisogna trascurare gli aspetti legati al ruolo ecologico, alla fisiologia e al ciclo di vita della specie.
Bioindicatori per la qualità dell’aria
La gualità dell’aria può essere valutata attraverso alcuni organismi ritenuti sensibili a sostanze volatili inguinanti; essi forniscono informazioni sull’inquinamento atmosferico da polveri sottili, biossido di zolfo, monossido di azoto, pollini aereodispersi e ozono. I bioindicatori usati per stimare la qualità dell’aria sono fra i vegetali i licheni e alcune piante e fra gli animali le api. Le modificazioni fisiologiche e morfologiche subite da questi organismi sono proporzionali alla concentrazione delle sostanze tossiche percepite.I licheni risultano particolarmente sensibili all’inquinamento atmosferico e sono i primi a scomparire nel momento in cui aumentano le sostanze tossiche e inquinanti. Pur necessitando di luce e umidità per il loro sviluppo, i licheni hanno un enorme areale di diffusione. Sono vegetali derivati da simbiosi mutualistica fra un fungo appartenente in prevalenza agli Ascomiceti e un’alga appartenente alle alghe verdi o azzurre. Il fungo svolge il ruolo di protezione, sostegno della struttura e assorbimento dal substrato degli gli elementi minerali, mentre l’alga esplica la fotosintesi producendo gli zuccheri e tutte le biomolecole, quali DNA e RNA, necessarie alla vita dell’organismo simbiotico.
I licheni epifìtici che si sviluppano sulla corteccia degli alberi, sono costituiti da un tallo sprovvisto di strutture di protezione verso l’ambiente circostante, cosicché tutto ciò che è presente nell’aria viene assorbito e accumulato dal lichene che non possiede nessun meccanismo di disintossicazione dalle sostanze accumulate. Date queste caratteristiche, i licheni sono comunemente impiegati non solo come bioindicatori, ma anche come bioaccumulatori per il monitoraggio ambientale. Mediante questi organismi si valuta l’Indice di Purezza Atmosferica (IAP). Sui tronchi delle piante si pongono dei reticoli di rilevamento di dimensioni fìsse (10 x 15 cm) e si valuta la somma delle frequenze delle specie licheniche. Si utilizzano prevalentemente le querce nelle zone rurali e collinari, mentre nelle zone urbane o periurbane si usano i tigli. Nelle stazioni di rilevamento si scelgono gli alberi con maggiore copertura lichenica, scartando quelli posti in zone scarsamente illuminate o con inquinamento concentrato (presso strade ad alto traffico o presso incroci).
Data l’economicità del metodo è possibile effettuare un numero elevato di rilevamenti per la realizzazione di mappe tematiche di inquinamento atmosferico.
Le piante. Alcune piante superiori vengono impiegate come indicatori o accumulatori biologici di specifici inguinanti. Per accertare l’inguinamento da ozono troposferico è ormai consolidato l’uso della cultivar americana di Nicotiana tabacum L. Bel-W3
Questa cultivar ha elevata sensibilità nei confronti dell’ozono tanto che, già a basse concentrazioni dell’inquinante, si osservano modificazioni macroscopiche a livello fogliare.
Per valutare l’eventuale inquinamento da ossidi di azoto vengono invece utilizzate come bioindicatori le piante di pino (Pinus sylvestris). La presenza di ammoniaca atmosferica (NH3) induce variazioni metaboliche nelle piante di Pelargonium zonale e Zea mays che ne vengono a contatto. L’erba medica (Medicago sativa) è sensibile all’S02 con manifestazione di lesioni bianche sulle foglie.
Alcune piante, come il Taraxacum officinale, il Lolium multiflorum e il Trifolium pratense, hanno la capacità di assorbire dall’atmosfera le sostanze inquinanti accumulandole nei loro tessuti senza manifestare danni apparenti.
Le api. Sono i principali organismi animali impiegati come bioindicatori per la misura degli impatti ambientali causati da antiparassitari in campagna o piombo in città. Le api sono insetti pronubi e svolgono la fondamentale azione di impollinazione delle piante.
Frequentano attivamente il territorio di circa 7 km2 intorno all’arnia dove eseguono autentici prelievi: acqua dai fossi, nettare e polline dai fiori, melata dalle piante infestate dagli afidi, propoli dalle gemme di essenze arboree e anche inquinanti sospesi in aria che aderiscono ai folti peli di cui è rivestito il loro corpo.
Un alveare di media forza che produce 10 kg di miele, dovrà raccogliere 40 kg di nettare, 40 kg di polline e almeno 10 litri di acqua derivanti da 1 a 4 milioni di voli di bottinamento. Il vantaggio che deriva dall’uso delle api, per la valutazione dei livelli di inquinamento ambientale, è dato dalle loro caratteristiche peculiari come la facilità di allevamento, l’elevata sensibilità alla presenza di sostanze tossiche, l’alta mobilità e l’ampio raggio di volo (che permette di controllare grandi zone). La risposta alla presenza di inquinanti si manifesta con tassi più o meno marcati di mortalità, dovuta a tossicità delle sostanze inquinanti (DL50); inoltre, oltre alla mortalità, si valutano anche la produzione qualitativa e quantitativa del miele e la presenza di sostanze estranee all’interno delle arnie (pesticidi, sostanze radioattive).
Attraverso le api è anche possibile determinare, mediante analisi di laboratorio, la natura degli inquinanti e i periodi e le zone a rischio di inquinamento.
La stazione di monitoraggio è costituita da due alveari con gabbia di raccolta delle api morte; il controllo avviene settimanalmente considerando la soglia critica intorno alle 350 api morte; i corpi degli insetti e i prodotti dell’alveare vengono analizzati per determinare le sostanze inquinanti presenti.
Bioindicatori per la qualità dell’acqua
Nelle acque superficiali, quali torrenti, fiumi o laghi, esistono diversi metodi di ricerca che utilizzano bioindicatori che vanno da alcuni microrganismi, come i Ciliati, fino a certi vertebrati “spia” quali la Trota iridea.I più ricercati fra i biondicatori per la qualità delle acque sono i macroinvertebrati come varie specie di insetti, crostacei, nematodi e platelminti, comunemente presenti nei corsi d’acqua e particolarmente sensibili alla presenza di inquinanti. Sono organismi invertebrati, appunto, la cui taglia è uguale o superiore al millimetro, per cui sono visibili a occhio nudo, vivono per lo più sul fondo e si sono adattati a vivere nei vari habitat lungo tutto il corso d’acqua. Sono macroinvertebrati bentonici, vivono su substrati e sono poco mobili, perciò non possono sottrarsi alle sostanze inquinanti che, a causa dello scorrere dell’acqua, non verrebbero rilevate con le analisi chimiche e invece possono uccidere le specie più sensibili. Se l’ecosistema è equilibrato, in esso sono presenti numerose specie e un numero di individui, per ogni specie, non particolarmente elevato poiché può fornire materiale per soddisfare le esigenze nutritive di organismi anche molto diversi. Se le condizioni del corso d’acqua non sono buone, invece, anche la presenza di un numero elevato di individui di poche specie è sintomo di degrado ambientale poiché sono sopravvissuti solo gli organismi più resistenti agli inquinanti.
L’immissione di sostanze inquinanti in un corso d’acqua, infatti, altera quasi sempre le condizioni chimico-fìsiche (es. temperatura, quantità di ossigeno, torbidità dell’acqua, ecc.); ogni specie presente ha bisogno di determinate condizioni per sopravvivere, quindi, se queste vengono alterate, le specie più intolleranti si allontanano o muoiono, mentre quelle che riescono a resistere a una moderata quantità di inquinante (come la maggior parte dei Coleotteri e delle loro larve) crescono notevolmente di numero a causa della diminuzione dei predatori e dell’aumentata disponibilità di cibo. In un ambiente degradato ci saranno quindi poche specie e molti esemplari per specie.
Gli indicatori più precisi sono quelli che rispondono a una specifica causa come l'Hydropsychidae (4.35), larva di tricottero (larva dei fiumi), che in assenza di metalli pesanti mostra una pigmentazione normale; in presenza di metalli pesanti le tra-cheobranchie e le papille anali si anneriscono con conseguenti deficit respiratori.
Dal tipo di popolazione, perciò, si può capire se un ambiente è più o meno degradato: l’assenza di specie “nobili”, cioè che tollerano solo ambienti puliti e non alterati, o l’esclusiva presenza di specie “banali” sono sicuri indici di inquinamento.
La quantificazione dell’inquinamento si basa sul calcolo dell’indice IBE (Extended Biotic Index - Indice Biotico Esteso) (4.36) che fornisce indicazioni sulle modificazioni nella componente della comunità di macroinvertebrati indotte da presunti inquinanti ed è inserito nella legislazione italiana.
Concettualmente il calcolo dell’indice parte dal confronto tra la composizione attesa e la composizione della comunità realmente presente nel corso d’acqua in esame. Questo metodo permette di suddividere i corsi d’acqua in cinque classi di qualità, in funzione del tipo e del numero di taxa rinvenuti. Le cinque classi di qualità vengono usate per una rappresentazione grafica di mappe di qualità idrologica. Nell’acqua salata (mari e oceani) gli organismi più utilizzati per indagare gli effetti di composti chimici rilasciati sono organismi bentonici, come micro e macro invertebrati (protozoi, rotiferi, tardigradi, insetti, crostacei, molluschi, oligocheti, celenterati e poriferi) legati quindi al sedimento che, essendo scarsamente mobili, segnalano assieme agli organismi filtratori, come cozze e ostriche, l’inquinamento della zona in cui vi-anche utilizzati alcuni organismi plenctonici, come il crostaceo Artemia salina è uno dei più studiati tra gli invertebrati marini nei saggi di tossicologia per fecondità, le caratteristiche di organismo filtratore, il corto ciclo di vita e la di essere esaminato in condizioni di laboratorio.
Specie |
Qualità dell’acqua |
Plecotteri (insetti e loro larve)
|
Acque pulite e ben ossigenate |
Efemerotteri e tricotteri (insetti e loro larve) |
Acque moderatamente pulite |
Coleotteri (insetti e loro larve) |
Acque moderatamente inquinate |
Gammarus (crostaceo) e Asellus (mollusco) (se le precedenti risultano assenti) |
Acque inquinate |
Oligocheti (vermi) e chironomidi (larve di insetti) (se le precedenti risultano assenti) |
Acque fortemente inquinate |
4.35 Specie bioindicatrici della qualità dell’acqua.
Classi di qualità |
Valori di IBE |
Giudizio di qualità |
Colore della classe di qualità |
Classe 1 |
10-11-12... |
Ambiente non inquinato o comunque non alterato in modo sensibile |
Azzurro |
Classe II |
8-9 |
Ambiente con moderati sintomi di inquinamento o alterazione |
Verde |
Classe III |
6-7 |
Ambiente molto inquinato o comunque alterato |
Giallo |
Classe IV |
4-5 |
Ambiente molto inquinato o comunque molto alterato |
Arancione |
ClasseV |
0-1-2-3 |
Ambiente fortemente inquinato e alterato |
Rosso |
4.36 Quantificazione dell’inquinamento ambientale tramite indice IBE
Biondicatori per la qualità del suolo
Il suolo è uno degli habitat a più alta biodiversità a causa della complessità della sua natura fisico-chimica.Il numero di specie di un suolo dipende da molti fattori tra i quali l’aerazione, la temperatura, l’umidità, la disponibilità di nutrienti minerali e di substrati organici. La biodiversità del suolo è un indicatore della sua qualità e della stabilità degli ecosistemi che esso supporta. I bioindicatori si riferiscono a organismi sensibili a possibili stress, capaci di dare informazioni complementari a quelle delle analisi chimico-fìsiche. Gli organismi comunemente utilizzati come bioindicatori per valutare gli orizzonti più profondi del suolo appartengono a un’ampia gamma di forme viventi: microrganismi (batteri, funghi e alghe), microinvertebrati e macroinvertebrati (nematodi, acari, collemboli, diplopodi, enchitreidi, isopodi, lumbricidi, termiti, coleotteri, ditteri, formiche e molluschi), mentre i funghi, i muschi e le piante sono ottimi bioindicatori dell’orizzonte più superficiale.
Per definire l’impatto di fattori ecologici e antropici sul suolo, vengono usati dei parametri microbici tenendo conto che, mentre per il corretto funzionamento di un ecosistema in equilibrio è necessario un numero minimo di specie, per il mantenimento dei processi stabili in un ecosistema in continuo mutamento ne è invece richiesto un maggior numero. Valutare la qualità del suolo attraverso bioindicatori significa quindi valutare gli organismi che nella loro quantità (biomassa) e varietà (biodiversità) garantiscono il funzionamento dell’ecosistema. La biomassa microbica è il più importante e sensibile bioindicatore della qualità del suolo e fanno parte di essa batteri, attinomiceti, funghi e microalghe. Gli organismi più abbondanti sono i batteri: un grammo di suolo ne può contenere sino a gualche miliardo, soprattutto specie gram-positive, appartenenti ai generi Clostridium, Bacillus, Pseudomonas, e tra gli attinomiceti Corynebacterìum e Micrococcus.
I nematodi sono organismi lunghi pochi millimetri che vivono nel suolo nutrendosi, in genere, delle radici delle piante. Per guesto motivo possono risultare particolarmente dannosi per l’agricoltura e il loro controllo è effettuato tramite l’utilizzo di pesticidi. Nonostante la loro criticità in agricoltura, si rivelano particolarmente utili nella bioindicazione del suolo: infatti consentono di rilevare precocemente cambiamenti nella degradazione della sostanza organica e nella funzionalità del suolo. Essi vengono impiegati per il calcolo del Maturity Index che viene utilizzato per valutare l’inquinamento globale di un suolo.
Gli artropodi presenti nel suolo sono utilizzati per la valutazione dello stato dei suoli agricoli. Sono stati messi a punto diversi indici di qualità del suolo: fra questi il QBS-ar (indice di qualità biologica del suolo basato sui microartropodi) riveste un ruolo particolarmente importante basandosi sull’analisi delle comunità di microartropodi. Questi piccolissimi organismi sono dotati di una grande varietà di adattamento legato alla vita nell’ambiente suolo, come la miniaturizzazione, l’allungamento e l’appiattimento del corpo, l’accorciamento delle appendici sensoriali e locomotorie, la presenza di organi sensoriali per recepire il grado di umidità, che li rendono molto sensibili alle alterazioni. La presenza/assenza di organismi più adatti viene utilizzata come indicatore del livello di disturbo del suolo tramite una scala di riferimento a punteggi, chiamata EMI (Indici EcoMorfologici), che variano (da 1 a 20) a seconda che la forma in esame sia poco o molto adattata al suolo.
Questa scala non fa riferimento alla tassonomia, ma al grado di adattamento al suolo degli organismi. La somma dei valori di EMI del campione consente di stabilire l’indice di qualità di quel suolo, che può variare da un minimo di 30 (per suoli molto sofferenti) a un massimo di 250 per aree boschive con suoli che presentano alto valore di biodiversità. La qualità del suolo superficiale è valutata soprattutto attraverso organismi vegetali e animali. Fra le piante che manifestano sintomi facilmente identificabili e valutabili si fa uso di alcune cultivar di gladiolo per valutare il livello dei fluoruri, mentre fra gli animali si utilizza il Porceìlio scaber per stimare concentrazioni di piombo e cadmio.
I muschi appaiono bioindicatori molto affidabili perché sono distribuiti in una gran parte del globo che va dalle aree comprese tra i deserti e i ghiacciai e vivono in ambienti a elevata contaminazione. Mancando di un vero apparato radicale, assorbono i nutrienti direttamente dall’atmosfera e trattengono metalli pesanti e radioele-menti derivanti da precipitazioni e deposizioni secche.
I funghi sono in grado di concentrare nel proprio organismo sostanze quali metalli pesanti (mercurio, piombo, argento) e isotopi radioattivi. La presenza di almeno alcune di queste sostanze è chiaramente legata alla crescita in ambienti contaminati e può essere utilizzata per la valutazione dell’entità e della qualità di inquinamento presente in un determinato ambiente. Alcuni funghi, come Mega-collybia platyphylla, presente sui resti legnosi, Clitocybe phaeophthalma e specie appartenenti a diverse famiglie (Phallaceae Corda, Lycoperdaceae Corda, Clathraceae) sono indicatori di notevoli quantità di sostanze azotate nella lettiera derivate da processi di degrado boschivo.
Un modo per rispettare l’ambiente, restituirgli risorse, limitare remissione di sostanze nocive riducendo i problemi legati allo smaltimento e allo sfruttamento di nuove risorse naturali è la raccolta differenziata. Si tratta di raggruppare i rifiuti in base alla tipologia dei materiali da cui sono formati (carta, plastica, vetro, alluminio, metalli ferrosi, pile e batterie, oli consumati e materiale organico compresa la frazione umida) e di destinarli a nuove utilizzazioni attraverso processi di recupero, trasformazione e riciclaggio.
RIASSUMENDO
• L’inquinamento è la contaminazione dell’aria, delle acque e del suolo con sostanze materiali ed energetiche, capaci di compromettere la qualità della vita o di interferire con il buon funzionamento degli ecosistemi.• Nonostante i sistemi naturali possiedano una naturale capacità di detossificazione, a lungo andare l’accumulo di contaminanti lungo le catene alimentari può dar luogo a biomagnificazione, con gravi danni per la salute dei viventi.
• L’inquinamento atmosferico è la modificazione della composizione dell’aria per immissione di sostanze gassose, liquide o solide, si può manifestare su scala globale e su scala regionale o locale. Il primo origina l’effetto serra, il buco dell’ozono e le piogge acide; il secondo, quello su scala regionale o locale origina smog, elettrosmog e inquinamento acustico.
• L’inquinamento delle acque è il degrado della qualità dell’acqua a causa dell’immissione di sostanze o di energie che ne alterano le caratteristiche fisico-chimiche e riguarda sia le acque superficiali (inquinamento civile, industriale, agricolo e termico) che quelle sotterranee e in questo caso può essere diffuso o locale (puntuale).
• L’inquinamento del suolo può essere locale o diffuso, è distinto in diretto o indiretto ed è il degrado dovuto alla presenza di sostanze xenobiotiche o alla quantità eccessiva di sostanze biodegradabili.
• Per valutare la consistenza dei fenomeni d’inquinamento esistono degli indicatori sia chimico-fisici sia biologici. Questi ultimi sono organismi viventi la cui presenza (o assenza) indica lo stato di salute dell’ambiente. In particolare, i bioindicatori usati per stimare la qualità dell’aria sono i licheni, alcune piante, e le api; quelli per la qualità delle acque superficiali sono i macroinvertebrati fra i quali l’Arthemia salina è un bioindicatore delle acque marine. I bioindicatori della qualità del suolo sono numerosissimi: fra gli animali i più significativi sono i microartropodi, fra i vegetali i muschi e alcuni funghi.
SUMMING UP
• Pollution is contamination of air, water and soil with material and energy substances, able to damage our standard of living or tamper with ecosystems.• Despite the detoxification natural ability mode by natural systems, the accumulation of contamined Chemicals in the food chains can cause biomagnification with serious damages for human beings.
• Air pollution is the change occurred in thè air composition because of gaseous, liquid or solid substances and can a rise on a global, regional or local scale. The first one causes the greenhouse effect, the hozone hole and acid rain, the others provoke smog, electro-smog and noise pollution.
• Water pollution is the degeneration of water quality because of substances or energy which change its physical-chemical characteristics and affects either surface water (civil, industrial, rural and thermal pollution) and ground water (in this case it can be widespread or local).
• Soil pollution can be local or widespread, direct or indirect and is the disrepair caused by xenobiotic substances or an oberabundance of biodegradable substances.
• Markers (either chemical-physical and biological) exist to assess the amount of pollution phenomena. Biological markers are living organisms whose presence (or absence) show the environment conditions. In particular, lichens, some plants and Alps are thè biomarkers used to evaluate air quality, while macroinvertebrates are markers for surface water and Arthemia salina is for sea water. Biomarkers for soil quality are several: microarthropodes are among the most significant animals and moss and some mushrooms are among the plants.