CONCETTI CHIAVE
- Qualità dei prodotti agricoli
- Sicurezza alimentare
- Qualità totale di un alimento
- Rintracciabilità e tracciabilità degli alimenti
- Classi di prodotti e servizi del mercato globale
- Norme di produzione e commercializzazione dei prodotti agricoli
16.1 La qualità commerciale delle produzioni
Alla definizione della qualità di prodotto concorrono diverse componenti classificabili in due diverse tipologie: oggettive e soggettive.La componente oggettiva comprende tutti gli aspetti garantiti dall’autorità pubblica, quali i requisiti igienico-sanitari, le informazioni contenute in etichetta, le certificazioni di qualità riconosciute per legge, ecc.
Per quanto riguarda la componente soggettiva, legata all’evoluzione dei gusti e dei comportamenti del consumatore, sono ascrivibili ad essa tutti quegli aspetti quali moda, pubblicità, modelli di consumo, sensibilità personali.
È dalla valutazione ponderata delle due componenti, oggettiva e soggettiva, che il consumatore stabilisce qual è il prezzo che è disposto a pagare per un determinato prodotto. Per i prodotti agricoli, a comporre il concetto di qualità, oltre alla presenza di un marchio, concorrono altri caratteri quali la territorialità, la tipicità, ovvero tutti quegli elementi che permettono di identificare un prodotto con un determinato modello di sviluppo agricolo. La tipicità può essere una delle caratteristiche che definiscono la qualità di un prodotto, ma non può essere l’unica a determinarla.
Il 12/01/2000, la Commissione europea pubblicò il Libro bianco sulla sicurezza alimentare, testo fondamentale che sancisce un nuovo approccio alla sicurezza alimentare, in quanto prende in considerazione l’intera filiera agroalimentare dalla produzione alla tavola.
Conseguentemente è stata istituita l’Autorità europea, quale punto di riferimento scientifico in materia alimentare per l’intera Unione, ed emanato il Pacchetto Igiene, un insieme di norme che tutti gli operatori del settore alimentare sono tenuti a rispettare nello svolgimento della loro attività e che mirano a garantire un elevato livello di sicurezza degli alimenti.
Per la gestione della sicurezza dei prodotti alimentari sono previste:
1. l’adozione di manuali di corretta prassi operativa, che traducono in regole pratiche le norme di igiene e costituiscono uno strumento prezioso per le aziende agricole facilitando l’applicazione delle regole in materia di igiene;
2. l’applicazione del sistema di autocontrollo HACCP nella UE è obbligatorio per tutti gli operatori del settore alimentare, tranne per quelli che svolgono attività di produzione primaria.
Le industrie di trasformazione degli alimenti ben strutturate ed organizzate, oltre ai precedenti strumenti di gestione della sicurezza, possono avvalersi di altri sistemi o norme a carattere volontario, come le norme tecniche elaborate da enti specifici (UNI in Italia, EN in Europa, ISO a livello mondiale).
La sicurezza alimentare si basa sul concetto di salubrità, ovvero sul possesso dei requisiti igienico-sanitari. Tali requisiti possono essere compromessi da cause diverse quali la naturale deperibilità degli alimenti, le contaminazioni di natura fisico-chimica e biologica e le frodi alimentari.
La qualità totale di un alimento (16.2) è una caratteristica multifattoriale comprendente diverse componenti o aspetti qualitativi:
1. qualità igienico-sanitaria o salubrità, ovvero il prodotto non deve rappresentare un rischio per la salute;
2. qualità nutrizionale, si riferisce ai principi nutritivi e al valore energetico del prodotto;
3. qualità organolettica o sensoriale, insieme di caratteristiche che esprimono complessità, equilibrio e territorialità del prodotto;
4. qualità ambientale, riguarda i prodotti ottenuti con processi che riducono l’impatto ambientale;
5. qualità tecnologica e commerciale, concerne stabilità, calibratura, packaging e rapporto qualità/prezzo.
Col reg. n. 178/2002, nel rispetto delle esigenze di sicurezza alimentare, si introduce l’obbligo della rintracciabilità di filiera ovvero della possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento o di una sostanza destinata alla produzione di alimenti. Obiettivi di tale norma sono la rassicurazione del consumatore circa la provenienza e la salubrità dell’alimento e la creazione di uno strumento efficace per individuare le sorgenti di potenziali rischi per la sicurezza alimentare.
La tracciabilità è il processo che segue il prodotto lungo la filiera dalla produzione sino al consumo e prevede che vengano lasciate informazioni in ogni passaggio, producendo idonea documentazione, disponibile per le autorità di sorveglianza e di controllo.
Il percorso della rintracciabilità è inverso al precedente ed è possibile attuarlo percorrendo a ritroso la filiera, utilizzando le informazioni precedentemente rilevate. Ai fini della certificazione di rintracciabilità di filiera, rilasciata da un organismo indipendente di certificazione, è necessario che i componenti della filiera siano legati e coordinati dall’azienda richiedente la certificazione e che sia predisposto un disciplinare tecnico condiviso dai soggetti della filiera.

16.2 Diagramma a caduta relativo alla qualità totale della produzione alimentare.
Classificazione mercantile dei prodotti agricoli
Tutti i prodotti ed i servizi che possiamo trovare sul mercato globale sono categorizzati in classi sulla base di un accordo internazionale dal titolo alquanto complicato: Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi.In sostanza, se qualcosa esiste e può essere commercializzato, che sia un prodotto o un servizio, è compreso in una delle 45 classi della classificazione di Nizza che struttura i prodotti nelle classi da 1 a 34 (16.3) e i servizi nelle classi da 35 a 45.
I prodotti agricoli ed alimentari sono compresi dalla classe 29 alla classe 34 e precisamente:
Classe 29 |
Carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova, latte e prodotti derivati dal latte; oli e grassi commestibili. |
Classe 30 |
Caffè, tè, cacao e succedanei del caffè; riso; tapioca e sago; farine e preparati di cereali, pane, pasticceria e confetteria; gelati; zucchero, miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere lievitante; sale; senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio. |
Classe 31 |
Granaglie e prodotti agricoli, orticoli, forestali, non compresi in altre classi; animali vivi; frutta e ortaggi freschi; sementi, piante e fiori naturali; alimenti per gli animali; malto. |
Classe 32 |
Birre; acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; bevande a base di frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per preparare bevande. |
Classe 33 | Bevande alcoliche (escluse le birre). |
Classe 34 | Tabacco; articoli per fumatori; fiammiferi. |
16.3 Classi dei prodotti agrìcoli e alimentari.
Commercializzazione dei prodotti agricoli
Frutta e verduraI prodotti ortofrutticoli freschi sono soggetti a norme (norme di commercializzazione generale e norme di commercializzazione che riguardano specifici prodotti) e possono essere commercializzati soltanto se di gualità sana, leale e mercantile e se è indicato il paese di origine. Sono previste esenzioni e deroghe alle norme di commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli.
Non sono soggetti all’obbligo di conformità, i prodotti destinati alla trasformazione industriale, o destinati all’alimentazione animale o ad altri usi non alimentari a condizione che siano chiaramente contrassegnati con la dicitura "Destinati alla trasformazione" o "Destinati all’alimentazione animale" o ad ogni altra dicitura eguivalente; nonché i prodotti che il produttore cede, nella propria azienda, al consumatore per il suo fabbisogno personale.
Il decreto legislativo n. 306 del 2002 (entrato in vigore nel 2003), che ha recepito una direttiva europea in materia (Ce 2200/96), contiene norme che regolarizzano la vendita di frutta e verdura fresche imponendo anche un’etichettatura con determinate caratteristiche obbligatorie.
In base a guesta normativa i prodotti confezionati e quelli venduti sfusi devono presentare alcune indicazioni chiare e leggibili sulla natura del prodotto, sulla sua origine e sulle caratteristiche commerciali. Questa etichettatura non è obbligatoria solo per gli agricoltori che vendono i loro prodotti direttamente al consumatore.
Per quanto riguarda i prodotti venduti sfusi al dettaglio, sulla merce e obbligatoria la presenza di un cartello con le seguenti indicazioni:
1. varietà (ad esempio, "mele Granny Smith");
2. origine del prodotto (paese d’origine ed eventualmente zona di produzione);
3. categoria (I, II, Extra, in relazione alle caratteristiche specifiche del prodotto);
4. eventuali additivi aggiunti (per il trattamento di superfìcie della frutta) ;
5. eventuale calibro (facoltativo).
Nel caso in cui i prodotti siano venduti in imballaggi preconfezionati, queste indicazioni devono essere leggibili, indelebili e visibili all’esterno e devono essere collocate su uno stesso lato.
Inoltre devono essere presenti le indicazioni relative al peso netto; qualora i prodotti siano venduti abitualmente al pezzo, l’etichettatura deve indicare anche il numero di pezzi (se questo non è visibile chiaramente dall’esterno).
Formaggi e latticini
I formaggi si possono classificare:
1. in base al tipo di latte: vaccino, caprino, bufalino, ecc.;
2. "formaggi erborinati": che presentano formazione di muffe nella pasta, ottenute con raggiunta nel latte o nella cagliata di muffe selezionate;
3. "formaggi a pasta filata": prodotti da cagliata acidificata e demineralizzata e modellati in acgua bollente, come la mozzarella;
4. "formaggi fusi": ottenuti con l’ausilio di sali di fusione ed emulsionanti;
5. in base alla consistenza della pasta (% di acqua contenuta): a pasta molle (dal 45% al 60%), semidura (40%-45%), dura (< 40%);
6. in base alla temperatura di lavorazione della cagliata: "pasta cruda" (nessuna meno stagionati. cottura dopo il taglio), "semicotta" (cottura inferiore ai 48° C dopo il taglio) e "cotta" (cottura tra i 48° e 56° C);
7. per il tenore di grassi: magri (< 20%) leggeri (tra il 20% e il 35%); non è riportata nessuna indicazione per i formaggi generici che superino il 35% di grassi (la normativa prevede che un formaggio generico debba avere una percentuale di materia grassa superiore al 35%), eccezion fatta per i formaggi DOP e IGP;
8. in base al tempo di maturazione o stagionatura: freschissimi: 48-72 ore; freschi: 15 gg; semi-stagionati: da 40 gg a 6 mesi; stagionati: oltre i 6 mesi.
I formaggi freschi a pasta filata (es. mozzarella), se destinati al consumatore finale, secondo l’articolo 23 del d. legisl. del 109/1992, devono essere posti in vendita preconfezionati.
Sono gli unici formaggi venduti obbligatoriamente preconfezionati. Solo nel caso di vendita diretta nel caseifìcio di produzione è consentita la vendita di prodotto sfuso.
Per quanto riguarda gli ingredienti, se è presente solo latte, non è necessaria una indicazione analitica degli ingredienti.
Vendita diretta di prodotti di origine animale
La regolamentazione della vendita dei diversi prodotti alimentari di origine animale da parte dei produttori primari deve avvenire nel rispetto di normative sanitarie, comunitarie e nazionali, e di normative commerciali e di settore (agricoltura, pesca, caccia). I produttori, che intendono effettuare la vendita diretta, devono essere a conoscenza di tali norme per non intraprendere, anche involontariamente, attività illecite e per non incorrere in sanzioni. Le organizzazioni di settore, siano esse istituzionali o libere associazioni, garantiscono supporto e informazione agli operatori che intendono valorizzare i loro prodotti di origine animale.
Carni fresche (bovine, suine, ovine, caprine, equine)
La macellazione non è considerata parte della produzione primaria e può essere effettuata nell’azienda agricola solo se questa è dotata di un macello riconosciuto e quindi possiede il numero di riconoscimento Ce che viene rilasciato, previa verifica del rispetto dei requisiti (regolamenti (Ce) n. 852/2004 e 853/2004), con bollatura sanitaria delle carni dopo la visita veterinaria.
Inoltre, l’operatore del settore alimentare è obbligato a rispettare le procedure stabilite dal sistema HACCP, volte a garantire la sicurezza alimentare attraverso l’analisi dei pericoli e la gestione dei rischi connessi alle attività svolte.
L’azienda agricola che alleva animali può vendere i propri capi allo stabilimento di macellazione, che poi vende le carni attraverso i propri canali di distribuzione, ma può anche vendere l’animale vivo direttamente al consumatore finale o al dettagliante, purché sia in possesso della documentazione necessaria.
Il trasporto dell’animale a un macello riconosciuto spetta all’acquirente, che può servirsi di un’impresa di trasporto per conto terzi dotata di veicolo idoneo, conforme al regolamento (Ce) n. 1/2005 e nel rispetto della normativa sul benessere animale. Nel macello riconosciuto avviene la macellazione e l’eventuale sezionamento, con destinazione per l’autoconsumo, se il proprietario è un consumatore finale, o alla vendita o somministrazione, se il proprietario è un venditore al dettaglio o un ristoratore.
L’allevatore può anche commissionare direttamente la macellazione al macello riconosciuto e vendere poi le carni al consumatore, in questo caso deve dotarsi di un locale di vendita nella propria azienda zootecnica, in regola con i requisiti di cui al reg. 852/2004, e provvedere alla comunicazione dell’attività di vendita all’Azienda Sanitaria Locale competente per territorio e applicare le procedure previste dal sistema HACCP.
In ogni caso per il trasporto delle carni dal macello verso un operatore commerciale (dettagliante o ristoratore o lo stesso allevatore/rivenditore) deve essere impiegato un veicolo registrato ai sensi dell’art. 6 del reg. 852/2004, in possesso dei requisiti di cui all’allegato II, cap. IV, dello stesso regolamento e di un impianto che garantisca adeguate condizioni di temperatura, come previsto dall’allegato II, cap. IV, punto 7, del reg. 852/2004 e dall’allegato III, cap. VII, del reg. 853/2004.
È prevista la possibilità di macellazione tradizionale a domicilio di suini, ovini e caprini, nel rispetto di requisiti e norme regionali per l’effettuazione della visita sanitaria. Queste deroghe sono limitate all’autoconsumo familiare (in genere sono fìssati limiti quantitativi in funzione di tale destinazione) e per queste carni non è ammessa la commercializzazione.
Ai cittadini che possono acquistare l’animale e utilizzarne le carni pur non avendo disponibilità di stalle e terreni, la Regione Lombardia offre la possibilità di macellare, sezionare e trasformare in salumi direttamente in apposite strutture realizzate presso gli allevamenti.
Carni di pollame, lagomorfi e piccola selvaggina allevata
L’art. 1, comma 3, lettera d) del regolamento (Ce) n. 853/2004, e le Linee guida della conferenza Stato-Regioni del 17 dicembre 2009, stabiliscono che esistono solo due casi in cui le carni di pollame e lagomorfi (conigli) possono essere ottenute anche al di fuori dei macelli riconosciuti:
1. è consentita la macellazione fino a 500 capi/anno di pollame, lagomorfi e piccola selvaggina allevata senza strutture dedicate, solo in caso di cessione occasionale all’interno dell’azienda agricola stessa, su richiesta del consumatore finale o del dettagliante "a livello locale" (cioè nella provincia o nelle province confinanti) e in sua presenza e le relative modalità sono stabilite dalle singole Regioni;
2. la macellazione di quantitativi fino a 50 Unità Bovine Equivalenti complessive annue, corrispondenti a 10.000 polli e 6.250 conigli (1 UBE = 200 polli o 125 conigli), può avvenire in un macello annesso all’allevamento, quindi non riconosciuto (ma solo registrato), dopo la notifica di inizio attività, nel caso in cui la macellazione sia finalizzata alla cessione diretta delle carni al consumatore finale o a dettaglianti che operano a livello locale rifornendo direttamente il consumatore finale.
Le singole Regioni possono intervenire sui suddetti guantitativi in senso restrittivo o viceversa; ad esempio la Regione Lombardia, con il decreto Direzione Generale Sanità n. 5593 del 27/05/2010 ha fissato il numero in 10.000 polli e 7.500 conigli.
Devono comungue essere rispettati i reguisiti di cui al reg. 852/2004 e attuate le procedure del sistema HACCP.
Approfondimento
La Trichinellosi
E una malattia a carattere zoonosico, cioè una malattia che si trasmette dagli animali all’uomo, sostenuta da un parassita del genere Trichinella, che può infestare una grande varietà di animali selvatici e domestici, sia mammiferi che uccelli e rettili.All’uomo si trasmette per via alimentare tramite il consumo di carni infestate crude o poco cotte, soprattutto di suini ed equini e si manifesta in varie forme che vanno da diarrea, debolezza muscolare, febbre, edemi periorbitali, fino a complicazioni cardiovascolari (a volte letali), neurologiche, oculari, respiratorie e digestive. Si tratta di una malattia diffusa in tutto il mondo e che per l’importanza che ricopre per la salute pubblica e per l’economia (influenzando il commercio degli animali e dei loro prodotti), è inserita nella lista dell’O.I.E (Office International des Epizooties, Organizzazione mondiale della sanità animale) tra le malattie animali più importanti.
Ciclo vitale Il ciclo vitale del parassita avviene attraverso l’ingestione di carni infestate contenenti cisti. Le larve ingerite giunte nello stomaco si attivano dopo l’esposizione agli acidi gastrici, si sviluppano nell’intestino e diventano adulte.
Dopo l’accoppiamento i maschi muoiono. Le femmine, che sono ovovivipare (le cui uova cioè si schiudono aH’interno del corpo), originano centinaia di larve che entrano dapprima nel circolo ematico e linfatico e successivamente raggiungono il tessuto muscolare striato dove si accrescono di volume, si incistano e si dispongono in una caratteristica posizione a spirale.
Ciascuna cisti è costituita da un unico embrione e circondata da tessuto connettivale derivante principalmente dall’ospite. A questo stadio le larve sono infestanti, sono cioè in grado, se ingerite da un altro animale o dall’ uomo, di ripetere nuovamente il ciclo. Le larve incistate nei muscoli possono rimanere infestanti anche per diversi anni.
Il ciclo vitale della Trichinella può essere suddiviso in ciclo silvestre e ciclo domestico.
Nel ciclo silvestre sono coinvolti vari animali selvatici che si infestano cibandosi di animali o di carogne contenenti le larve incistate e permettono così il perpetuarsi del ciclo.
Nel ciclo domestico, che coinvolge anche l’uomo, sono invece interessati gli animali domestici allevati allo stato brado che si infestano alimentandosi di rifiuti o attraverso il contatto con carogne contenenti larve: solitamente dal ciclo silvestre avviene l’introduzione del parassita nel ciclo domestico quando esiste un contatto tra animali selvatici e domestici.
Carni di selvaggina
Ogni cacciatore può cedere direttamente al consumatore finale o al dettagliante locale che rifornisce i consumatori finali, un capo di selvaggina grossa o 100 capi di selvaggina piccola all’anno, intesi come capi interi o carni da essi derivate.
Il regolamento 853/2004 definisce inoltre: "selvaggina selvatica: ungulati e la-gomorfì selvatici, nonché altri mammiferi terrestri oggetto di attività venatorie ai fini del consumo umano considerati selvaggina selvatica ai sensi della legislazione vigente negli Stati Membri interessati, compresi i mammiferi che vivono in territori chiusi in condizioni simili a guelle della selvaggina allo stato libero; selvaggina di penna oggetto di attività venatoria ai fini del consumo umano".
Per "selvaggina selvatica piccola" si intende la selvaggina di penna e di lago-morfì che vivono in libertà, mentre la "selvaggina selvatica grossa" si riferisce ai mammiferi terrestri selvatici che vivono in libertà e non appartengono alla categoria della selvaggina selvatica piccola.
Le carni degli animali selvatici soggetti a Trichinellosi, come i suidi (cinghiali), vengono sottoposte agli specifici controlli sanitari. Ad esempio nella Regione Lombardia anche il dettagliante che acguista carni dal cacciatore è tenuto a dimostrare in gualsiasi momento l’esito delle analisi.
In generale, le Linee guida della conferenza Stato-Regioni del 17/12/2009 prevedono che il cacciatore debba comunicare in forma scritta la zona di provenienza degli animali cacciati al dettagliante, venditore o ristoratore che, in caso di controllo, dovrà esibire tale dichiarazione.
I programmi di abbattimento autorizzati e le battute di caccia organizzate sono regolamentati dal reg. n. 853/2010 che prevede il trasferimento delle carcasse in un centro di lavorazione della selvaggina, dove avviene la visita ispettiva veterinaria e l’eventuale bollatura sanitaria.
L’art. 21, lettera t), della legge n. 157/1992, di natura non sanitaria ma di protezione della fauna omeoterma stabilisce: "... è vietato a chiungue commerciare fauna selvatica morta non proveniente da allevamenti per sagre e manifestazioni a carattere gastronomico". La violazione è punibile penalmente o con una multa da parte degli organi di polizia addetti all’accertamento.
Uova
L’azienda agricola produttrice di uova può avere un proprio centro d’imballaggio, previa autorizzazione della Regione, e applicare la marchiatura prevista dai regolamenti (Ce) n. 1234/2007 e n. 589/2008 per la successiva commercializzazione, oppure conferire le uova non marchiate a un centro d’imballaggio o all’industria alimentare (esclusi i servizi di ristorazione per collettività) per la produzione di specifici prodotti.
È previsto l’esonero dagli obblighi stabiliti dalle norme di commercializzazione delle uova vendute direttamente dal produttore al consumatore finale nel luogo di produzione o nella zona di produzione, in un mercato pubblico locale (gualsiasi mercato di prodotti alimentari per la vendita al minuto) o nella vendita porta a porta (la vendita effettuata direttamente dal produttore presso il domicilio del consumatore finale).
Le uova vendute direttamente non sono classificate in base alla qualità e al peso e devono comunque essere marchiate con il codice del produttore, ai sensi dell’art. 4, comma 3 del regolamento (Ce) n. 1028/2006.
Tale codice consiste, come affermato dal decreto del Mi-paaf 11/12/2009, nel codice rilasciato dal servizio veterinario dell’ASL a seguito di domanda di registrazione, secondo l’art. 4, comma 1, del d. legisl. n. 267/2003.
Gli allevamenti più piccoli, fino a 50 galline ovaiole, usufruiscono di un’ulteriore deroga: il produttore può non marchiare le uova, ma deve comunque indicare il suo nome e indirizzo nel punto vendita con un cartello o rendere disponibili questi dati all’acquirente nella vendita porta a porta.
Latte crudo
Il reg. 853/2004 consente la vendita del latte crudo. Le Linee guida della conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome stabiliscono che il latte crudo può essere venduto attraverso macchine erogatrici (16.10) oppure direttamente nell’azienda di produzione al consumatore finale: si tratta guindi di una forma di cessione diretta di piccoli guantitativi di prodotto primario dal produttore al consumatore.
Il consumatore deve comungue essere informato dal produttore sulla necessità di consumare il prodotto previa bollitura in base all’o.m. 10/12/2008. Nel caso in cui siano le aziende ad effettuare la commercializzazione del latte crudo, secondo l’intesa Stato-Regioni esse devono predisporre un piano di autocontrollo con verifica analitica dei parametri previsti dalla normativa (carica batterica, cellule somatiche, ecc.), effettuando almeno due prelievi al mese e i controlli che eventualmente siano necessari; inoltre sono tenute a realizzare procedure di pulizia e sanifìcazione dei locali, delle attrezzature, dei contenitori, dei mezzi di trasporto e dell’erogatore, rispettando tempi e temperature di trasporto.
Il latte crudo non può essere somministrato nella ristorazione collettiva (case di cura, case di riposo, ospedali, ecc.) o nelle mense scolastiche (o.m. del 10/12/2008). Nessun divieto sussiste per la somministrazione nella ristorazione pubblica, compresa guella agrituristica, che deve offrire garanzie di sicurezza alimentare mediante procedure di autocontrollo (sistema HACCP).
Miele
In base alle Linee guida Stato-Regioni, per l’applicazione del reg. 852/2004, la produzione primaria comprende tutte le fasi di allevamento, raccolta, confezionamento e imballaggio in azienda del miele.
Anche in questo caso, la vendita occasionale di piccoli quantitativi al consumatore finale e in ambito locale è consentita senza attivare un laboratorio con i requisiti previsti, ma solo con la registrazione di produttore agricolo e predisponendo un sistema di autocontrollo limitato alla tenuta di registri relativi alle operazioni svolte. Tale condizione di vendita esclude il dettagliante, in quanto l’apicoltore che vende occasionalmente è considerato un produttore per autoconsumo che fornisce a terzi una piccola eccedenza di miele e pertanto non è in grado di assicurare determinate garanzie quali l’etichettatura, obbligatoria invece nella vendita al dettaglio.
Nel caso di vendita in un territorio più ampio, o comunque non più in maniera occasionale ma con maggiori quantitativi dei prodotti (venduti secondo le normali pratiche commerciali all’interno dei locali di vendita connessi all’azienda apistica, in mercati e fiere, oppure mediante la cessione sistematica ad imprese commerciali), decade l’esenzione dall’applicazione del reg. 852/2004; in quest’ultimo caso è necessario si applichino le norme comunitarie riguardanti non solo la produzione primaria (obbligo di registrazione, rispetto dei requisiti di cui all’allegato I), ma anche le fasi successive (requisiti di strutture, attrezzature, procedure per il trasporto e la vendita, ecc., di cui all’allegato II), con predisposizione ed applicazione delle procedure del sistema HACCP.
Prodotti della pesca
Secondo la normativa relativa ai prodotti della pesca, contenuta nel reg. 853/2004, "la produzione primaria comprende l'allevamento, la pesca e la raccolta di prodotti vivi della pesca in vista dell’immissione sul mercato, nonché le operazioni connesse svolte a bordo delle navi da pesca quali: macellazione, dissanguamento, decapitazione, evi-scerazione, taglio delle pinne, refrigerazione e confezionamento". Quindi il pescatore professionista e l’allevatore sono produttori primari.
Sono compresi nella produzione primaria anche:
1. il trasporto e il magazzinaggio di prodotti della pesca, la cui natura non sia stata sostanzialmente alterata, inclusi i prodotti vivi della pesca, nelle aziende acquicole di terra;
2. il trasporto dei prodotti della pesca, la cui natura non sia stata sostanzialmente alterata, inclusi i prodotti vivi della pesca, dal luogo di produzione al primo stabilimento di destinazione.
Il campo di esclusione dall’applicazione del reg. 853/2004 per i prodotti della pesca e dell’acquacoltura è identificato, oltre che dal limite territoriale generale della provincia e province confinanti, anche da quello del ridotto quantitativo, pari a 1 quintale per sbarco giornaliero da un peschereccio o per cessione giornaliera da un allevamento di acquacoltura, come definito dalle Linee guida Stato-Regioni.
Nei limiti di cui si è appena detto, il pescatore o l’allevatore possono cedere direttamente i loro prodotti a consumatori finali o dettaglianti, senza doverli necessariamente trasferire ad un impianto collettivo per le aste, ad un mercato all’ingrosso o ad uno pesca: vongole veraci,stabilimento riconosciuto.
Ad ogni modo, il produttore primario, ai fini della rintracciabilità, è obbligato a produrre, nel momento della cessione a un dettagliante locale o ad un esercizio di somministrazione, un documento datato e firmato attestante l’origine e la tipologia del prodotto ceduto, in duplice copia di cui una va rilasciata all’acquirente ed una va tenuta dal cedente.
Inoltre, il regolamento (Ce) n. 104/2000, fìssa gli obblighi in materia di etichettatura: indicazione del nome della specie, della zona e del metodo di produzione, escludendo solo i piccoli quantitativi pari a un valore massimo di 20 euro per ciascuna vendita al consumatore (circolare del Mipaaf n. 21329 del 27 maggio 2002).
La vendita può avvenire direttamente sull’imbarcazione o su strutture a terra, rispettando le norme degli enti competenti (la Capitaneria di porto nelle zone di attracco e sbarco, il Comune nelle aree mercantili riservate ai pescatori).
Il pescatore deve inoltre rispettare l’obbligo di eviscerazione di determinate specie (Ordinanza del Ministero della Sanità del 12 maggio 1992) e controllare la presenza di eventuali parassiti; guesto controllo diventa un obbligo del dettagliante/acguirente gualora non sia stato effettuato in precedenza dal pescatore. Ma più di tutto deve essere garantita la sicurezza alimentare, attraverso l’adozione di idonee procedure igieniche dal momento della pesca a guello finale della vendita, con un’attenzione particolare rivolta alla conservazione: è necessario infatti predisporre celle frigorifere a bordo del peschereccio, utilizzare ghiaccio prodotto con acgua potabile o acgua di mare pulita, proteggere il prodotto dai raggi solari durante la vendita.
Fra le attività connesse alla pesca e all’acguacoltura c’è anche la trasformazione dei prodotti (decreto legislativo n. 4/2012). Inoltre sono vietati, sotto gualsiasi forma, la vendita e il commercio dei prodotti della pesca non professionale: ciò significa che il pescatore sportivo, a differenza del cacciatore, non può vendere il proprio pescato.
Prodotti trasformati
I prodotti trasformati di origine animale o vegetale, possono essere lavorati all’interno dell’azienda produttrice e poi venduti al consumatore finale o al dettagliante (reg. 852/2004 e reg. 853/2004).
Per tutte le attività di trasformazione è necessario:
a. attivare un laboratorio, che può essere anche multifunzionale; le singole normative regionali consentono l’utilizzo delle cucine della famiglia dell’agricoltore nelle aziende agricole e agrituristiche, stabilendo limiti e reguisiti minimi;
b. rispettare i requisiti generali e specifici previsti;
c. registrare il laboratorio, mediante notifica all’ASL competente per territorio;
d. applicare le procedure del sistema HACCP.
Alcune Regioni, attraverso una serie di atti normativi, hanno legiferato in materia di produzione locale, semplificando procedure e requisiti. Ad esempio la Regione Liguria (delibera della giunta regionale 856 del 15 luglio 2011 "Produzione marginale di prodotti lattiero-caseari e relativi requisiti igienico-strutturali") considera "azienda zootecnica marginale" l’azienda che alleva bovini e non può garantire un adeguato livello di reddito al titolare senza una integrazione delle fasi di trasformazione e commercializzazione del latte.
16.2 Caratteristiche e mercati dei prodotti agricoli
La legislazione europea sostiene la produzione e la commercializzazione dei prodotti agricoli valorizzando il carattere specifico di ciascun prodotto. Nel 2007/2008, gueste norme avevano carattere settoriale: ogni categoria di prodotti era disciplinata dalla propria Organizzazione Comune dei Mercati (OCM); attualmente si è affermato un nuovo approccio unificato (OCM Unica), che copre tutti i prodotti pur allineandosi con i principi adottati nell’ambito della Politica Agricola Comune (PAC).Di seguito sono esaminate le dinamiche strutturali dei maggiori settori produttivi agricoli (i dati riportati sono elaborati sulla base di guanto pubblicato da: www.ismea.it - www.ismeaservizi.it; in relazione ai Dati_Censimento Agricoltura 2010).
Settore orticolo
Offerta: in crescita la specializzazione produttiva; in aumento la dimensione media dell’azienda orticola; ampliamento della gamma ed in particolare, superiore offerta di prodotti ad elevato contenuto di servizio (IV gamma e surgelati).Domanda: in diminuzione, ma è bilanciata dall’incremento dei consumi di ortaggi surgelati e di IV gamma; si registra anche un processo di destagionalizzazione della domanda.
Mercato: ampliamento della varietà di prodotti disponibili; aumento dei costi di produzione, in particolare quelli dei fertilizzanti; aumento dei costi di trasporto.
Scambi con l’estero: crescita della competizione dei Paesi aderenti all’UE (Spagna) ed extra UE (Marocco, Egitto, Israele, Turchia).
Approfondimento
Riferimenti normativi
■ Regolamento (Ce) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sull’igiene dei prodotti alimentari (rettifica in GUUEI. 226 del 25/06/2004).■ Regolamento (Ce) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (rettifica in GUUE I. 226 del 25/06/2004).
■ Regolamento (Ce) n. 1/2005 del Consiglio del 22 dicembre 2004 sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate che modifica.
■ Direttive 64/432/Cee e 93/119/Ce e il regolamento (Ce) n. 1255/97 (GUUE I. 003 del 05/01/2005).
■ Decreto del Dirigente di Unità Organizzativa, Direzione Generale Sanità, 31 luglio 2002, n. 14572 (BUR Lombardia, Serie ordinaria n. 35 del 26/08/2002).
■ Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome relativo a "Linee guida applicative del regolamento n. 85312004/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti di origine animale", Rep. Atti 253/CSR del 17/12/2009 (GURIn. 14 del 19/01/2010).
■ Decreto Direzione Generale Sanità Regione Lombardia n. 5593 del 27/05/2010 - Definizione dell’ambito di applicazione dei regolamenti (Ce) n. 852/2004 e 853/2004.
■ Legge 11 febbraio 1992, n. 157- Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio (GURI n. 46 del 25/02/1992, SO n. 41) modificata dalla legge 4 giugno 2010, n. 96 (GURI n. 146 del 25/06/2010, SO n. 138).
■ Regolamento (Ce) n. 1234/2007 del Consiglio del 22 ottobre 2007 recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (Regolamento unico OCM; GUUE I. 299 del 16/11/2007).
■ Regolamento (Ce) n. 589/2008 della Commissione del 23 giugno 2008 recante Modalità di applicazione del Regolamento (Ce) n. 1234 /2007 del Consiglio per quanto riguarda le norme di commercializzazione applicabili alle uova (GUUE I. 163 del 24/06/2008).
■ Regolamento (Ce) n. 1028/2006 del Consiglio del 19 giugno 2006 recante norme di commercializzazione applicabili alle uova (GUUE I. 186 del 07/07/2006).
■ Decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 11 dicembre 2009 - Modalità per l’applicazione di disposizioni comunitarie in materia di commercializzazione delle uova, ai sensi dei regolamenti (Ce) n. 1234/2007 del Consiglio, n. 589/2008 della Commissione e del decreto legislativo 29 luglio 2003, n. 267 (GURI n. 111 del 14/05/2010).
■ Decreto legislativo 29 luglio 2003, n. 267 - Attuazione delle direttive 1999/74/Ce e 2002/4/Ce, per la protezione delle galline ovaiole e la registrazione dei relativi stabilimenti di allevamento (GURI n. 219 del 20/09/2003).
■ Legge 25 febbraio 2008, n. 34 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità europea (legge comunitaria 2007; GURI n. 56 del 6 marzo 2008, SO n. 54).
■ Ordinanza del Ministro della salute 10 dicembre 2008 - Misure urgenti in materia di produzione, commercializzazione e vendita diretta di latte crudo per l’alimentazione umana (GURI n. 10 del 14/01/2009).
■ Ordinanza del Ministro della salute 12 novembre 2011 - Proroga delle misure urgenti in materia di produzione, commercializzazione e vendita diretta di latte crudo per l’alimentazione umana (GURI n. 288 del 12/12/2011).
■ Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome relativo a "Linee guida applicative del regolamento n. 852/2004/ Ce del Parlamento europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti alimentari", Rep. Atti n. 59/CSR del 29 aprile 2010 (GURI n. 121 del 26/05/2010).
■ Legge 9 febbraio 1963, n. 59 - Norme per la vendita al pubblico in sede stabile dei prodotti agricoli da parte degli agricoltori produttori diretti (GURI n. 44 del 16/02/1963) e succ. modifiche.
■ Legge 14 giugno 1964, n. 477 - Modificazione della legge 9 febbraio 1963, n. 59, recante norme per la vendita al pubblico in sede stabile di prodotti agricoli da parte degli agricoltori produttori diretti (GURI n. 164 del 07/07/1964).
■ Provvedimento 16 novembre 2006 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano - Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le
Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, relativa alle Linee guida sui prodotti della pesca e la nuova regolamentazione comunitaria (Repertorio atti n. 2674).
■ Regolamento (Ce) n. 104/2000 del Consiglio del 17/12/1999 relativo all’organizzazione comune dei mercati del settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura (GUCE I. 17/22 del 21/01/2000).
■ Regolamento (Ce) n. 2065/2001 della Commissione del 22/10/2001, che stabilisce le modalità d’applicazione del regolamento (Ce) n. 104/2000 del Consiglio per quanto concerne l’informazione dei consumatori nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura (GUCE I. 278/6 del 23-10-2001).
■ Circolare del Ministero delle politiche agricole e forestali, Dipartimento delle politiche di mercato, Direzione generale per la pesca e l’acquacoltura, n. 21329 del 27 maggio 2002 - reg. n. 2065/2001 della Commissione del 22 ottobre 2001 recante modalità di applicazione del reg. Ce 104/2000, relativamente all’informazione ai consumatori nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, decreto ministeriale 27 marzo 2002.
■ Ordinanza del Ministero della sanità 12 maggio 1992 - Misure urgenti per la prevenzione delle parassitosi da Anisakis (GURI n. 121 del 25/05/1992).
■ Decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4 - Misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura, a norma dell’articolo 28 della legge 4 giugno 2010, n. 96 (GURI n. 26 del 01/02/2012).
■ Deliberazione della Giunta Regionale della Liguria n. 856 del 15 luglio 2011 - Produzione marginale di prodotti lattiero-caseari e relativi requisiti igienico-strutturali.

16.14 Ortaggi in "plein air" (n. aziende: 99.130 unità - superf. investita: 266.737 ha.
(a) Distribuzione territoriale delle aziende nelle regioni più rappresentative.
(b) Confronto (2000-2010) numero di aziende e superficie investita per classe di SAU.

16.15 Legumi secchi (n. aziende: 35.425 unità - superf. investita: 139.140 ha).
(a) Distribuzione territoriale su base regionale delle aziende nelle regioni più rappresentative.
(b) Numero di aziende e superficie investita per classe di SAU.
Settore frutticolo
I dati del censimento dell’agricoltura del 2010 indicano che: le aziende con specie frutticole, incluse quelle con frutta in guscio, sono 236.240; le aziende con uve da tavola sono 18.983; gli ettari di specie frutticole, esclusa la frutta in guscio e le uve da tavola sono 248.009; gli ettari investiti ad uve da tavola sono 37.305.Offerta: concentrazione della fase agricola attraverso il raggruppamento in OP dei produttori e dell’offerta; specializzazione produttiva, sia nell’ambito dell’azienda sia nei diversi areali geografici.
Domanda: tendenza delle aziende a proporre nuove varietà, con un packaging innovativo per rinnovare i prodotti giunti alla fine del proprio ciclo di vita.
Mercato: crescita del potere contrattuale della GDO; aumento dei costi di produzione, condizionamento e commercializzazione.
Scambi con l’estero: crescita della competizione dei paesi UE (Spagna, Grecia e Polonia) e ingresso di nuovi mercati (Russia, Nord Africa, Penisola arabica).

16.16 (a) Distribuzione territoriale delle aziende frutticole nelle regioni più rappresentative.
(b) Confronto (2000-2010) numero di aziende e superficie investita per classe SAU.
Frutta con guscio
I dati del Censimento dell’Agricoltura del 2010 indicano: oltre 176.000 ettari investiti a frutta in guscio; investimento aziendale medio variabile da 1,95 ettari ad azienda per le nocciole, a 0,67 ettari ad azienda per le noci.
a) Nocciolo (n. aziende: 32.995 unità - superfìcie investita: 64.218 ha)
Aziende e produzione sono localizzate in Lazio, Campania, Piemonte e Sicilia.
Nel 2010, la tipologia aziendale più rappresentativa a livello nazionale è quella con dimensione produttiva (SAU) fino a 3 ettari.
Queste aziende rappresentano il 62% del totale, ma coprono solo il 24% della superfìcie corilicola nazionale. Le aziende con SAU compresa tra 3 e 20 ettari rappresentano il 52% della superfìcie nazionale a nocciolo.

16.17 (a) Distribuzione territoriale delle aziende frutticole (noccioleti) nelle regioni più rappresentative.
(b) Numero di aziende e superficie investita per classe di SAU.
b) Noce (n. aziende: 14.302 unità - superfìcie investita: 9.524 ha)
Aziende e produzione sono localizzate in Campania, Abruzzo, Lazio, Marche e Calabria. Nel 2010, la tipologia aziendale più rappresentativa a livello nazionale è quella con dimensione produttiva (SAU) fino a 3 ettari. Queste aziende rappresentano il 60% del totale, ma coprono solo il 25% della superfìcie nazionale investita a noce. Le aziende con SAU compresa tra 3 e 20 ettari rappresentano il 49% della superfìcie nazionale a noce.

16.18 (a) Distribuzione territoriale delle aziende frutticole (noceti) nelle regioni più rappresentative.
(b) Numero di aziende e superficie investita per classe di SAU.
c) Castagno (n. aziende: 30.252 unità - superfìcie investita: 56.801 ha)
Aziende e produzione sono localizzate in Campania, Toscana, Calabria, Piemonte, Lazio ed Emilia-Romagna. Nel 2010, la tipologia aziendale più rappresentativa a livello nazionale è guella con dimensione produttiva (SAU) fino a 3 ettari. Queste aziende rappresentano il 53% del totale, ma coprono solo il 18% della superfìcie nazionale investita a castagno. Le aziende con SAU compresa tra 3 e 20 ettari sono il 41% del totale e rappresentano il 51% della superfìcie nazionale a castagno.

16.19 (a) Distribuzione territoriale delle aziende frutticole (castagneti) nelle regioni più rappresentative.
(b) Numero di aziende e superficie investita per classe di SAU.
d) Altra frutta in guscio (pistacchio, carrubo, ecc.) (n. aziende: 8.150 unità - superfìcie investita: 8.281 ha)
Aziende e produzione sono localizzate in Sicilia.
Nel 2010, la tipologia aziendale più rappresentativa a livello nazionale è guella con dimensione produttiva (SAU) fino a 3 ettari. Queste aziende rappresentano il 57% del totale, ma coprono solo il 21% della superfìcie nazionale investita ad altre specie di frutta in guscio.
Le aziende con SAU compresa tra 3 e 20 ettari rappresentano il 38% della superfìcie nazionale investita ad altre specie di frutta in guscio.
Offerta: concentrazione della fase agricola, specializzazione produttiva e aggregazione di produttori e offerta in OP.

16.20 (a) Distribuzione territoriale delle aziende frutticole (pistacchio, carrubo, ecc.) nelle regioni più rappresentative.
(b) Numero di aziende e superficie investita per classe di SAU.
Domanda/Mercato : il settore mostra ampi margini di sviluppo con un trend di crescita costante negli ultimi anni, risultante da una crescente integrazione verticale dell’industria dolciaria con guella di prima trasformazione (sgusciatura e produzione di semilavorati) e con le imprese agricole.
Scambi con l’estero: l’Italia è un importatore netto di frutta in guscio; per guanto riguarda le nocciole, l’offerta della Turchia influenza il mercato e i flussi di prodotto in entrata e in uscita dal nostro Paese; l’approvvigionamento di mandorle è garantito da Spagna e USA, guello di noci da Francia e USA e la fornitura di pistacchi da USA e Iran.
Settore agrumicolo
Tra il 2000 ed il 2010 si è verificato un processo di concentrazione delle strutture produttive: si è dimezzato il numero di aziende in produzione (-75mila unità), mentre la superfìcie investita si è ridotta del 3% (-3645 ettari). Nonostante ciò, nel 2010 il 35% delle aziende agrumicole aveva una SAU inferiore ad 1 ettaro ed il 69% presentava una SAU inferiore a 3 ettari. Queste aziende coprono circa un guarto della superfìcie italiana investita ad agrumi. Nel 2010, la tipologia aziendale con SAU compresa tra 3 e 20 ettari costituisce il 26% delle aziende agrumicole e il 44% della superfìcie italiana investita ad agrumi. Analogamente, le aziende con SAU superiore a 20 ettari rappresentano il 5% circa delle aziende agrumicole ed il 30% della superfìcie italiana investita ad agrumi.Distribuzione territoriale delle aziende agrumicole
I dati del censimento dell’agricoltura del 2010 indicano 79.590 aziende agrumicole; 128.920 ettari investiti a specie agrumicole; la dimensione media aziendale è pari a 1,62 ettari.

16.21 (a) Distribuzione territoriale delle aziende frutticole (del settore agrumicolo) nelle regioni più rappresentative.
(b) Numero di aziende e superficie investita per classe di SAU.
Offerta: contrazione della superfìcie coltivata, crescita della specializzazione produttiva delle aziende agricole e diminuzione del numero di OP specializzate nella produzione di agrumi destinati alla trasformazione industriale.
Domanda: presenta indici di stabilità (grazie all’aumento dei piccoli agrumi che compensa le lievi flessioni di arance e limoni); risultano più ampi i calendari di disponibilità e di consumo.
Mercato: arricchimento della gamma di prodotti offerti dalle OP agrumicole, in aumento i costi di produzione e quelli di trasporto.
Scambi con l’estero: in aumento la concorrenza dei prezzi dei Paesi interni all’UE (Spagna) e aumento delle importazioni da Argentina e Sudafrica; ingresso di nuovi mercati da Federazione Russa, Europa dell’Est, Giappone e USA.
Olio di oliva
Offerta: riduzione della disponibilità interna a causa di un aumento di quella internazionale (Spagna); contrazione delle produzioni interne provocata da una crescita produttiva dei Paesi del Mediterraneo e di aree con condizioni pedoclimatiche favorevoli (Sud America, Australia, ecc.).
Domanda: lieve flessione della domanda interna per un aumento, seppur a ritmo contenuto, della domanda internazionale, grazie alla maggiore diffusione del prodotto in aree non tradizionalmente consumatrici.
Mercato: prezzi in flessione dalla seconda metà della campagna 2010/2011; lieve crescita dei costi di produzione e a rischio l’attività di molti olivicoltori, soprattutto marginali; forte competizione della Spagna e tendenza al livellamento verso il basso dei prezzi. Crescita degli scambi con l’estero, soprattutto nella sezione attiva, determinata dall’aumento del consumo mondiale.
Regione |
Produz. media |
Regione |
Produz. media |
Calabria |
184 |
Sardegna |
8 |
Puglia |
174 |
Basilicata |
6 |
Sicilia |
48 |
Molise |
6 |
Campania |
39 |
Marche |
4 |
Lazio |
29 |
Liguria |
3 |
Abruzzo |
19 |
Veneto |
1 |
Toscana |
17 |
Altre |
2 |
Umbria |
11 |
|
|
16.22 Produzione italiana media di olio di oliva per regione 2007-2010 (migliaia di tonnellate).
Settore lattiero caseario
Distribuzione territoriale delle aziende e della produzione di latteSi contano 36.909 allevamenti in produzione e circa 11,2 milioni di tonnellate di produzione commercializzata di latte.
Offerta: crescita moderata dei conferimenti ai caseifìci e aumento della produzione di formaggi grana, riduzione della produzione di latte alimentare e burro, concentrazione della produzione nel Nord del Paese, incremento delle dimensioni aziendali e aumento della produzione di formaggi.
Domanda: andamento positivo dei consumi domestici di latte UHT, yogurt tradizionale e formaggi; calo di quello del latte fresco; il trend riflette abitudini alimentari orientate verso prodotti salutistici, con grande attenzione alla freschezza; crescita dell’interesse per i prezzi e contro gli sprechi, a causa delle difficoltà economiche delle famiglie.
Mercato: forte contrazione delle quotazioni all’origine, dopo gli straordinari risultati del 2011; incremento del costo dei mezzi di produzione (soprattutto alimentazione e prodotti energetici) e delle materie prime (mangimi, energia); crescita dei costi di applicazione delle norme a tutela dell’ambiente e del benessere animale.
Scambi con l’estero: miglioramento del deficit in valore della bilancia commerciale del settore, andamento positivo delle esportazioni di formaggi e latticini in tutti i principali mercati, forte diminuzione delle importazioni di latte sfuso e formaggi, aumento della domanda internazionale di prodotti lattiero-caseari e conseguente volatilità del mercato mondiale, dipendenza dall’estero per il rifornimento di materia prima e progressivo ricorso all’export per formaggi e latticini.
Regioni/aree |
% sulla produz. nazionale |
% sul n.di imprese nazionali |
Lombardia |
41 |
7 |
Emilia-Romagna |
16 |
10 |
Veneto |
10 |
11 |
Piemonte |
8 |
7 |
Nord |
83 |
66 |
Centro-Sud |
17 |
34 |
16.23 Aziende e produzione del settore lattiero-caseario (rapporti %).
Settore ovicaprino
L’offerta nazionale di produzioni ovicaprine si caratterizza per una forte concentrazione territoriale nel Centro-Sud del Paese, dove sono presenti anche il maggior numero di aziende di grandi dimensioni con 51.032 allevamenti ovini e 22.541 allevamenti caprini (2010).
16.24 Distribuzione territoriale degli allevamenti e dei capi ovicaprini nelle regioni più rappresentative. (a) Ovini. (b) Caprini.
Settore bovino da carne
Dei 5,7 milioni di capi, circa il 40% alimenta la filiera da carne. L’allevamento pur concentrato nella Pianura Padana, è importante anche nell’economia di altre regioni, dove il peso del patrimonio dei bovini da carne sul totale allevato è molto elevato: Lombardia (55%),Veneto (39%), Piemonte (32%), Emilia-Romagna (17%).Offerta: riduzione del numero di capi allevati e delle macellazioni, in aumento solo guelle di capi a minore valore unitario, concentrazione della produzione nelle regioni del Nord e progressiva diffusione aziendale su tutto il territorio.
Domanda: riduzione degli acguisti di carne naturale e aumento di quelli di carne elaborata, soprattutto a causa del minore potere d’acquisto; quasi totale ricorso all’estero per l’approvvigionamento di capi da ingrasso.
Mercato: aumento dei prezzi anche grazie al contenimento produttivo, forte incremento del costo dei mangimi e dei prodotti energetici, calo dell 'import di carne e bovini vivi per la scarsa disponibilità a prezzi idonei, spostamento della domanda verso i tagli a minore valore unitario e verso i prodotti a facile preparazione (bresaola, hamburger), riduzione degli acquisti domestici.
Scambi con l’estero: miglioramento del saldo negativo della bilancia commerciale, aumento dell’export europeo, anche italiano, di carne e bovini vivi verso i Paesi terzi, più competitivi a livello di prezzi, in calo quello verso l’Eurozona a causa della stagnazione del mercato comunitario, crescita dei costi di gestione delle norme di tutela ambientale e benessere animale.
Settore suinicolo e salumi
Il 2011 si caratterizza per una forte crescita del fatturato dei prodotti a denominazione di origine D.O., sia sul mercato interno (+6%) - in cui si sfiorano i 2 miliardi di euro - sia per le esportazioni (+10,7%) - pari a 445 milioni di euro.Sia nel mercato nazionale che nelle esportazioni si registrano forti tassi di crescita per tutte le principali produzioni, ad eccezione, e limitatamente alle vendite nazionali, del prosciutto San Daniele e dello speck dell’Alto Adige.
Offerta: contrazione del patrimonio suino, delle macellazioni e della produzione del circuito tutelato; concentrazione produttiva nelle regioni del Nord; lieve aumento dell’offerta dei capi grassi; mancata valorizzazione del fresco ottenuto dai capi destinati al circuito delle D.O.
Domanda: riduzione degli acguisti domestici di carne fresca elaborata e, in misura lieve, di carne fresca naturale; aumento dei consumi di salumi, unbranded (carni fresche confezionate a uso di supermercati) e a D.O. spostamento della domanda verso prodotti elaborati; riduzione degli acguisti domestici di carni fresche.
Mercato: aumento dei costi produzione (mangimi, energia); crescita dei prezzi all’origine; stabile il fatturato dell’industria dei salumi, in crescita guello delle produzioni a D.O.; elevati costi di gestione delle norme di tutela ambientale (direttiva nitrati) e sul benessere animale; elevato costo delle materie prime (mangimi, energia).
Scambi con l’estero: in peggioramento il deficit di bilancio, condizionato dall’incremento delle importazioni; migliora l’attivo di bilancio di preparazioni e salumi, trascinato dalla maggiore capacità di penetrare sia i mercati UE, sia quelli extra UE; forte concorrenza dei produttori UE sul mercato dei salumi/insaccati; struttura export oriented delle produzioni di prosciutti e insaccati; dipendenza dall’importazione di carni e di semilavorati (tasso di auto-approvvigionamento al 70% circa).

16.25 (a) Ripartizione percentuale, per regione, del patrimonio suino, (b) Ripartizione per area del patrimonio suino, (c) Peso % (min e ai consumo).
Settore avicolo e uova
Il sistema della produzione avicola italiana è organizzato per specie (pollo, tacchino, faraona, ecc.) e per categoria produttiva.Allevamenti di galline da riproduzione: svezzamento, crescita e riproduzione di polli per produrre uova destinate agli incubatoi.
Incubatoi: impiego delle uova destinate alla riproduzione, operazione di schiusa delle uova, consegna dei pulcini agli allevamenti di galline da riproduzione o da uova, polli da carne.
Allevamenti di galline da uova: svezzamento, crescita e allevamento di galline per produrre uova destinate al consumo umano.
Allevamenti di polli da carne: svezzamento e ingrasso dei pulcini per ottenere animali pronti per il consumo, le cui dimensioni variano in funzione dei tempi di allevamento.
Offerta: forte aumento della produzione di carni avicole (soprattutto di pollo) e flessione di quella di uova, forte concentrazione delle aziende dal punto di vista delle dimensioni e della diffusione territoriale.
Domanda: aumento soprattutto del consumo di pollo, calo di quello del tacchino e incremento del consumo di carne etichettata ed elaborata.
Mercato: forte aumento dei prezzi all’origine a seguito della crescente richiesta di carni più economiche; significativo incremento dei costi di produzione a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime (cerealicole e della soia), progressiva ripresa delle quotazioni dopo l’emergenza aviaria.
Scambi con l’estero: notevole aumento delle importazioni di carni (soprattutto di pollo), forte crescita delle importazioni di uova per impiego industriale, riduzione delle importazioni di animali e carni a favore delle parti pregiate.

16.26 Distribuzione territoriale degli allevamenti avicoli: 24 mila aziende censite nel 2010, oltre 115 milioni di capi in allevamento.
Settore cerealicolo
Il valore totale dei prezzi della produzione cerealicola ammonta a 3.061 milioni di euro, pari al 14% delle coltivazioni agricole; le produzioni più significative sono frumento tenero e duro, mais e orzo che rappresentano il 76% del valore complessivo dei cereali.Il fatturato dell’industria molitoria è di 3619 milioni di euro, il fatturato dell’industria pastaria è di 4605 milioni di euro, quello dell’industria mangimistica è di 7740 milioni di euro.
Le problematicità manifestate dal settore cerealicolo sono: variabilità del prezzo e della qualità della granella, anche nell’arco dello stesso anno, diffusione di colture a bassa intensità di capitali (più redditizie), problemi di ordine sanitario (soprattutto per il mais), delocalizzazione della produzione di pasta di semola di frumento duro.
Malgrado questa problematicità, il settore presenta anche interessanti incentivazioni al suo sviluppo quali: intensificazione del ricorso ai contratti di filiera, attivazione di strutture per lo stoccaggio differenziato per classi omogenee di qualità, sostegno agli investimenti strutturali (risorse PSR), creazione della Rete Qualità Cereali per il monitoraggio qualitativo della granella, progressiva diffusione dei prodotti trasformati nazionali sui mercati esteri.
Settore vitivinicolo
Negli ultimi venti anni è stata registrata una progressiva riduzione del patrimonio viticolo italiano che ha toccato la soglia dei 650 mila ettari. A causare la riduzione di superfìcie degli ultimi due anni sono state le estirpazioni con premio, disciplinate dalla nuova OCM. Secondo i dati dell’inventario viticolo nazionale nel 2009/2010 si contavano:272 mila ettari di vitigni destinati alla produzione di vini DOP, 193 per IGP e 186 per vini comuni. Il patrimonio varietale è molto ricco e diversificato a livello regionale. I dati dell’ultimo inventario contano circa 240 varietà che coprono l’85% della superfìcie totale. Le varietà che superano i 20 mila ettari sono 6, mentre sono 16 quelle che superano i 10 mila; esse nel complesso coprono il 55% dell’intero patrimonio.
La regione più vitata d’Italia è la Sicilia, con 113 mila ettari, seguita da Puglia e Veneto, con 87 mila e 75 mila ettari rispettivamente. L’Italia vanta una media di 20 milioni di ettolitri negli ultimi 5 anni e guida la classifica in volume dei principali paesi fornitori, mentre è seconda (dietro alla Francia) in termini di incassi. La Spagna, con 16,9 milioni di ettolitri, consolida la sua posizione soprattutto grazie ai vini sfusi che superano il 50% del totale esportato. Tra i Paesi "emergenti", è l’Australia ad esportare di più con una media di 7,5 milioni di ettolitri, seguita da Cile con 6,3 milioni di ettolitri, e Stati Uniti con 4,2 milioni.
Per guanto riguarda le esportazioni, nel 2011 il risultato migliore è stato guello della Spagna (+25% su base annua), seguito da guello dell’Italia (+9%) e della Francia (+5%). Il vino francese ha realizzato un ottimo incremento anche in termini economici ottenendo un +13% nel 2010, mentre guello italiano si è fermato a un +12%, aumento più che proporzionale rispetto ai volumi, mentre negli ultimi anni è diminuito il gap relativo agli introiti tra Francia e Italia.

16.27 Andamento della riduzione (migliaia di ha) del patrimonio vitato italiano (1999-2011).
Settore floricolo
Offerta: gli effetti congiunturali evidenziano un forte aumento delle scorte di piante, alberi e arbusti, una maggiore offerta di prodotto proveniente dall’estero e un aumento dei costi. Strutturalmente si denota una maggiore ampiezza di gamma e qualità e un rischio di cessazione di attività di aziende che non sviluppano servizi aggiuntivi.Domanda: diminuzione dei consumi, crescita strutturale (a eccezione degli ultimi tre anni) e progressivo aumento dei costi di produzione.
Mercato: stabile, con sporadico recupero dei prezzi franco azienda; prezzi bloccati per manutenzione o creazione di impianti di verde pubblico a causa del fenomeno del "subappalto", aumento dei costi della logistica determinati dal consumo diversificato e frammentato.
Scambi con l’estero: in diminuzione l’export, lieve aumento dell’import, crescita della concorrenza dei paesi dell’Est, prezzi esteri più competitivi, aumento degli scambi (import/export), affermazione del made in Italy in un ambito di lenta crescita dei consumi mondiali e aumento della concorrenza.
Settore prodotti tipici
Offerta: le dinamiche congiunturali denotano una quota di produttori sostanzialmente stabile, con un aumento dei trasformatori, una stabilità degli allevamenti produttivi, un aumento delle superfìci per le produzioni vegetali e una stabilità della produzione certificata. Strutturalmente si denota una crescita di produttori e trasformatori, del numero diallevamenti e superfìci dedicate, della produzione certificata, della concentrazione dell’offerta sulle produzioni significative.
Domanda: le dinamiche congiunturali denotano un lieve aumento dei consumi domestici. Strutturalmente si denotano aumento dei consumi domestici, aumento dei consumi di formaggi DOP-IGP maggiore di quello dei salumi DOP-IGP.
Mercato: le dinamiche congiunturali denotano crescita dei prezzi all’origine maggiore di quella dei prezzi al consumo. Strutturalmente si denota crescita dei prezzi all’origine maggiore di quella dei prezzi al consumo.
Scambi con l’estero: le dinamiche congiunturali denotano export in crescita. Strutturalmente si denotano crescita dell’export e concentrazione dell’interesse dei Paesi esteri nei confronti di poche produzioni importanti.
Problematicità: competizione nei mercati esteri (agro pirateria); competizione nel mercato nazionale da prodotti "simili" con prezzo più basso; calo dei consumi a causa della crisi economica; emergenze alimentari (impatto e probabilità medio-bassa).
Opportunità: domanda crescente nei paesi emergenti, progressiva attenzione della domanda rivolta a prodotti che hanno una spiccata connotazione (territorio, funzione d’uso, ecc.) e forte specificità, aumento del numero dei canali di distribuzione alternativi (es. vendita diretta o mercatini) e diffusione di una più consapevole "cultura" enogastronomica legata ai prodotti di qualità.

16.28 (a) Fiori e piante (peso % sul totale: numero di aziende ed ettari).
(b) Vivaismo (peso % sul totale numero di aziende ed ettari).

16.29 (a) Incidenza percentuale in quantità e valore di DOP e IGP sui principali settori.
(b) DOP e IGP per nazione.
(c, d) Riconoscimenti DOP e IGP per nazione nei principali settori. Dati aggiornati a fine 2012.
Settore del biologico
Offerta: le dinamiche congiunturali attestano un aumento di operatori e superfìci vocate al biologico con conseguente crescita del numero di capi zootecnici bio. Le dinamiche strutturali mostrano uno sviluppo altalenante delle superfìci e degli operatori, ancora troppo dipendente dai contributi comunitari; si rileva anche una concentrazione delle superfìci in poche regioni, soprattutto del Sud, e una crescita degli operatori nelle fasi finali della filiera, cioè guelle meno legate ai contributi.Domanda: le dinamiche congiunturali denotano una crescita dei consumi domestici di prodotti confezionati, un aumento della domanda in tutte le aree geografiche e di guasi tutti i comparti, nonché un andamento delle vendite più agevole sul mercato interno rispetto a guello estero. A livello strutturale si rilevano: una crescita dei consumi domestici, un migliore andamento dei consumi rispetto ai prodotti agroalimentari nel complesso e alle produzioni a D.O. (prodotti agroalimentari e vini di gualità DOP e IGP) e una concentrazione dei consumi nel Nord del Paese.
Mercato: le dinamiche congiunturali denotano una dinamica dei prezzi bio all’origine più inflattiva rispetto al convenzionale, aumento del differenziale di prezzo e un andamento dei prezzi al consumo simile a guello all’origine, ma di entità più contenuta.
Strutturalmente si denotano una sostanziale stabilità o un non eccessivo aumento dei prezzi al consumo ed elasticità della domanda al prezzo.
Scambi con l’estero: il settore dei prodotti biologici è in continua espansione, soprattutto per una progressiva attenzione da parte del consumatore in merito alla sicurezza alimentare. Si tratta di un comparto caratterizzato da notevole vivacità oltre che da una valida propensione all’export grazie al processo di integrazione fra agricoltura biologica e industria di trasformazione.
Settore pesca e acquacoltura
Offerta: nel 2010 la produzione ittica italiana ha subito una perdita superiore al 2% in volume e al 6% in valore. Questa contrazione produttiva dipende dalle minori catture della flotta italiana attiva nel Mediterraneo (-4,7%, con una diminuzione del 6,4% dei giorni totali di pesca rispetto al 2009), cui si contrappone la stabilità dei volumi complessivi provenienti dall’acguacoltura (è tornata a crescere la produzione dei molluschi ma è diminuita guella dei pesci).Domanda: secondo la rilevazione Istat, la spesa annua prò capite per l’acguisto di prodotti ittici è cresciuta del 3,6% nel 2010 rispetto al 2009. Il consumo prò capite è rimasto invariato (circa 21 kg). L’analisi dell’andamento dei consumi domestici ha rilevato tuttavia una riduzione in volume degli acguisti di prodotti ittici da parte delle famiglie (l’indice Ismea ha segnato un -2,4% rispetto al 2009), che ha penalizzato soprattutto la categoria del fresco (-5,7%, rispetto al +1,3% dei trasformati). L’indice Ismea ha registrato per i prodotti ittici un incremento dei prezzi del 2%, evidenziando una crescita del 4,4% per i prodotti freschi e una leggera flessione per quelli trasformati (-0,7%).
Scambi con l’estero: i dati Istat relativi al 2010 rilevano un sensibile peggioramento del deficit (+11,8%) per la bilancia commerciale ittica, strutturalmente deficitaria. L’aumento del disavanzo è stato causato dal forte incremento del flusso monetario in uscita (+10,7%), solo in minima parte compensato dalla contemporanea crescita del valore delle esportazioni (+3,8%). È più contenuta la crescita dei volumi importati (+2,3%), mentre l’export ha registrato appena lo 0,4%.
Tra i principali prodotti freschi importati, sono aumentate orate, spigole, calamari e calamaretti, seppie e seppiole, mentre hanno segnato un forte calo i mitili, il primo prodotto dell’import fresco nazionale.
Tra i prodotti trasformati, sono cresciute le esportazioni di calamari e calamaretti congelati, mentre sono diminuite le richieste nazionali di preparazioni e conserve di tonno, loins di tonno e polpi congelati. La Spagna resta il principale partner dell’Italia a livello commerciale; l’im-port e l’export nazionali in volume sono ulteriormente cresciuti nel corso del 2010.
Mercato: la maggior parte delle specie più importanti del pescato nazionale ha evidenziato nel 2010 una tendenza alla crescita dei prezzi medi alla produzione, risentendo anche dell’andamento negativo delle quantità sbarcate, a eccezione dei calamari e delle alici che, nonostante la crescita dei volumi alle aste, hanno registrato un rincaro del 4,4% e del 2,7%, mentre sono in calo le pannocchie, anche a causa dell’incremento delle quantità disponibili.
Per quanto riguarda i prodotti dell’acquacoltura, l’analisi annuale mette in luce un significativo aumento dei prezzi delle trote (+8,6% per quelle fresche e +5,2% per le salmonate), nonostante il calo della domanda domestica. Lo stesso risultato si rileva per le orate, con aumenti di prezzo compresi fra 3,5% (300-400 grammi) e 6,9% (400-600 grammi). Per quanto riguarda le spigole, si rilevano rincari per le taglie superiori a 400 grammi, mentre il prezzo medio alla produzione del prodotto da porzione risulta stabile. Anche nel caso dei mitili si confermano i prezzi dell’anno precedente.
Struttura |
Unità di misura |
2012 |
Produttori esclusivi |
(n°) |
40.146 |
- Bovini |
(capi) |
203.823 |
- Suini |
(capi) |
42.872 |
- Ovini |
(capi) |
707.623 |
- Caprini |
(capi) |
79.683 |
- Avicoli |
(capi) |
2.824.978 |
- Avicoli |
(capi) |
9.663 |
Superfìci |
(ha) |
1.167.362 |
Dimensione media aziendale |
(ha per azienda) |
26,6 |
Trasformatori esclusivi |
(n°) |
5.597 |
Offerta | ||
Stima valore del mercato111 |
(milioni di euro) |
3.100 |
Scambi con l’estero | ||
Importatori |
(n°) |
297 |
Import da Paesi terzi |
(tonnellate) |
51.666 |
Domanda | ||
Spesa annua prò capite |
(euro) |
25 |
16.30 Quadro riassuntivo del settore del biologico.
Voci |
2000 |
2010 |
Peso % 2000 2010 |
Var.% 2010/09 2010/00 |
t.v.m.a. 2001/10 | ||
Produzione |
667 |
464 |
100 |
100 |
-2,3 |
| -30,5 |
-3,4 |
Pesca marittima |
409 |
232 |
61 |
50 |
-4,5 |
-43,4 |
-5,1 |
Acquacoltura |
258 |
232 |
39 |
50 |
0,0 |
-9,9 |
-1,2 |
Import |
724 |
939 |
100 |
100 |
2,3 |
29,8 |
2,4 |
Prodotti ittici freschi |
146 |
199 |
20 |
21 |
2,0 |
36,7 |
3,2 |
Prodotti ittici trasformati |
578 |
740 |
80 |
79 |
2,4 |
28,1 |
2,2 |
Export |
136 |
135 |
100 |
100 |
0,4 |
-0,4 |
0,2 |
Prodotti ittici freschi |
70 |
71 |
52 |
53 |
6,5 |
1,2 |
0,1 |
Prodotti ittici trasformati |
65 |
64 |
48 |
47 |
-5,6 |
-2,0 |
0,4 |
Saldo |
-588 |
-804 |
|
|
2,6 |
36,7 |
2,8 |
Saldo normalizzato (%) |
-68,4 |
-74,9 |
|
|
|
|
|
16.31 Produzione e scambi nazionali di pesci, molluschi e crostacei (000 t) (Fonte; elaborazione Ismea).
RIASSUMENDO
• La qualità commerciale delle produzioni è condizionata da diversi fattori sia oggettivi, regolati da norme, che soggettivi, dipendenti dal gusto personale dei consumatori.• I molteplici aspetti qualitativi di un alimento comprendono quello igienico-sanitario, nutrizionale, sensoriale, ambientale, tecnologico e commerciale.
• La rintracciabilità di filiera garantisce il consumatore sulla provenienza e la salubrità dell’alimento, rappresentando uno strumento efficace di individuazione dei potenziali rischi per la sicurezza alimentare.
• Nel mercato globale tutti i prodotti sono classificati in categorie commerciali, quelli agricoli ed alimentari sono compresi dalla classe 29 alla classe 34.
• La commercializzazione dei prodotti agricoli ed alimentari deve avvenire nel rispetto di norme generali e specifiche.
• Nel quadro della PAC, la legislazione europea sostiene la produzione e la commercializzazione dei prodotti agricoli con approccio unificato (OCM Unica) che comprende tutti i prodotti.
SUMMING UP
• Commercial quality productions is affected by different factors, either objective (set by rules and laws) and subjective (according to consumers' personal toste).• The different quality aspects include hygienical, nutritional, sensory, environmental, technological and commercial elements.
• The production chain traceability guarantees food origin and healthiness for the consumer. It is an efficient instrument to identify potential risks about food safety.
• All products are classified into commercial categories in the global market and farming and food products are included from class 29 to 34.
• Farming and food products trade has to be carried out in compliance with generai laws and zoning ordinances.
• In the PAC area, the European legislation supports farming products manufacturing and trade with a common approach (OCM), which includes all products.