CONCETTI CHIAVE
■ Ambiente e attività umane■ Modelli di valutazione dei cambiamenti climatici
■ Impronta ecologica
■ Stato dell’ambiente
■ Sviluppo sostenibile
■ Imprenditori agricoli
■ Agricoltura sostenibile
l.l Aspetti introduttivi
Per millenni la visione antropocentrica tipica del mondo greco-romano, e avvalorata dal pensiero occidentale, ha indotto l’uomo a usare l’ambiente (1.1) per creare le condizioni della propria sopravvivenza e del proprio benessere, disboscando le foreste, spianando le alture, mettendo a coltura i terreni, regimentando le acgue,addomesticando e uccidendo animali vari per procurarsi il cibo.
In una tale visione, infatti, l’uomo non si presentava come parte integrante della biosfera, ma come una componente esterna capace di plasmare, gestire e piegare l’ambiente ai propri voleri e per far questo, il “progresso”, la scienza, la “tecnologia” hanno fornito strumenti sempre più potenti ed efficaci. Tuttavia ciò ha avuto un prezzo che si è fatto più alto man mano che tali strumenti sono divenuti più sofisticati.
Se fino agli anni Sessanta del ventesimo secolo sembrava che l’umanità avesse imboccato la via dello sviluppo continuo, a ritmi elevati, garantito da risorse energetiche apparentemente illimitate e da tecnologie sempre più duttili e più avanzate, già dopo pochi anni gran parte delle illusioni era scomparsa e ci si era resi conto che l’antropocentrismo era una visione sempre più pericolosa in una società in cui i bisogni connessi alla crescita demografica e l’utilizzo di tecnologie dal forte impatto potevano alterare profondamente l’ecosistema. Gli effetti provocati da una gestione inadeguata delle risorse naturali e dei territori e le stime relative ai profondi cambiamenti complessivi sostituirono l’antropocentrismo con una nuova visione, la coscienza ecologica che, rovesciando il rapporto, vedeva nell’uomo una minaccia ai delicati equilibri della natura.
Anche questa visione però fu presto superata poiché ci si rese conto che è impossibile parlare di “ambiente” senza considerare la presenza umana.
Da sempre infatti l’uomo e le sue attività hanno contribuito alle dinamiche del sistema Terra, che è formato da quattro sfere di cui tre (litosfera, idrosfera, atmosfera) sono abiotiche e costituiscono la pellicola protettiva per la sfera della vita, detta biosfera.
Le sfere sono collegate tra loro in modo tale che qualsiasi mutamento intervenuto in una parte produce effetti e ripercussioni sulle altre.
Ad esempio il taglio di una foresta che fornisce la materia prima all’industria del legno provoca effetti sulle altre sfere e sulla società umana:
a. sulla litosfera lasciando a nudo il terreno ed esponendolo a erosione meteorica;
b. sull’atmosfera riducendo i processi di evotraspirazione, diminuendo il ricambio di ossigeno e aumentando la C02;
c. sulla biosfera rischiando di portare all’estinzione molte specie biologiche;
d. sulla società umana creando nuova occupazione, aprendo nuovi mercati e attivando movimenti di lavoratori sul territorio (migrazioni e pendolarismo). La conseguenza di ciò è un contemporaneo aumento della produzione di rifiuti che devono essere smaltiti e dell’urbanizzazione che richiede gestione degli spazi e delle infrastrutture, ma anche nuovi incontri interculturali.
Tutti guesti fenomeni, che a prima vista possono sembrare limitati a guel territorio possono ripercuotersi a centinaia di migliaia di chilometri in un’altra parte del pianeta poiché non esistono confini fra le sfere dell’ecosistema e i vari elementi sono collegati tra loro da una stretta rete di relazioni all’interno delle guali l’uomo svolge un ruolo determinante, provocando una serie a catena di azioni-reazioni. Tornando all’esempio precedente, se in un’area del mondo viene distrutta una foresta, la guantità di anidride carbonica che le piante assorbono per la fotosintesi, diminuisce. La C02 nell’atmosfera impedisce alla Terra di reirradiare nello spazio l’energia che riceve dal Sole e si verifica un aumento dell’effetto serra, cioè un innalzamento della temperatura media dell’aria. L’aumento della temperatura innesca una serie di effetti a catena come lo scioglimento del ghiaccio delle calotte polari che, a sua volta, causa un innalzamento del livello dei mari che minaccia di sommergere le città costiere.
La coscienza di quanto detto ha fatto sì che il concetto di ambiente cambiasse nuovamente passando da indagine puramente biologica a insieme di fattori ambientalistici, politici, sociali e filosofici che implicano la salvaguardia ambientale mediante la riduzione dell’inquinamento, la promozione delle energie rinnovabili, lo sviluppo sostenibile ed ecocompatibile con la differenza ad esempio delle bioarchitetture, la salvaguardia delle risorse naturali e degli ecosistemi, la promozione di aree naturali protette dove possono essere meglio attuate tutte quelle strategie di protezione, salvaguardia e ripopolamento degli animali.
Approfondimento
Prevedere il clima del futuro
Il sistema climatico della Terra è molto complesso per cui non si possono condurre esperimenti diretti in laboratorio che siano in grado di far comprendere come la presenza umana e le emissioni di gas serra che si verificheranno nei prossimi cinquanta-cento anni potranno incidere sul clima. Per valutare come cambierà il clima nel futuro, vengono elaborati modelli che tengono in considerazione oltre alle variazioni climatiche naturali e alle complesse interazioni tra atmosfera, oceani, terra e biosfera, anche gli effetti dell’attività umana (1.6).Tali modelli riproducono al computer una versione del sistema Terra rappresentato nel miglior modo possibile dalle leggi fìsiche e dalle interazioni chimiche che, a loro volta, sono basate sui risultati sperimentali effettuati in laboratorio e su misure in campo.
1.6 Schema di un modello climatico che visualizza le interazioni delle diverse componenti
I modelli climatici sono detti AOGCM (Atmosphere-Ocean General Circulation Models) e prendono in considerazione la biosfera e il ciclo del carbonio, l’atmosfera e la sua chimica, l’idrosfera e soprattutto gli oceani utilizzando una serie di equazioni che traducono le tradizionali leggi della fìsica e della chimica come la legge di Newton: f = m * a; la legge dei gas PV = n * RT; la formula dell’accelerazione di Coriolis (che spiega l’effetto della rotazione della terra) a = - 2ω * v; la prima legge della termodinamica che esprime la conservazione dell’energia; le equazioni che traducono i cambiamenti di stato dell’acqua (solido, liquido, vapore) e quelle che esprimono la trasmissione del calore (conduzione, convezione, irraggiamento, ecc.). Tali leggi,tuttavia, pur spiegando ciò che accade in un punto della superfìcie o dell’atmosfera della Terra non sono in grado di far comprendere la situazione complessiva per la quale andrebbero applicate con continuità a tutta la superfìcie (oceani compresi) e a tutta l’atmosfera della Terra. Per questo motivo si ricorre ad una approssimazione, detta discretizzazione.
La Terra e la sua atmosfera vengono suddivise in celle, sia orizzontali che verticali, formando una griglia (o grigliato) nei cui vertici si effettuano i calcoli (1.7). Negli attuali modelli globali le celle orizzontali hanno una dimensione di 250 km mentre in verticale l’atmosfera si suddivide, ad esempio, in 20 strati (di altezza variabile) fino a un’altitudine di quasi 30 km e per gli oceani parte da 200-400 m di profondità per arrivare, con una decina di strati, anche fino a 5000 m o sul fondo.

1.7 Griglia dì calcolo di un modello climatico e processi rappresentati in ciascuna cella.
Successivamente il modello viene “calibrato” (o “tarato”) utilizzando i dati che sono stati raccolti, in modo da rappresentare al meglio le situazioni che si sono verificate nel passato e infine viene utilizzato per capire cosa succederà nel futuro al determinarsi di un particolare scenario.
Gli scenari sono una serie di ipotesi a cui sono associate le corrispondenti valutazioni di impatto ambientale e socio-economiche e non vanno confusi con una previsione. Spesso infatti gli scenari definiscono situazioni estreme, assolutamente improbabili, che però sono importanti per capire come si comporterebbe il sistema in tali evenienze (ad esempio, che cosa accadrebbe se la temperatura dellaTerra crescesse di 10 °C, se tutti si muovessero solo a piedi, se sparisse una certa popolazione animale, se venissero ridotte tutte le emissioni antropiche di gas serra, ecc.) (1.8).

1.8 Rappresentazione schematica delle cause dei cambiamenti climatici.
Per preparare gli scenari che sono stati analizzati nel IV rapporto dell'IPCC sono stati utilizzati dei super calcolatori velocissimi come il Fujitsu VPP 5000 della sede di Météo France a Toulouse che ha una velocità di 250 miliardi di operazioni al secondo e ha lavorato per ben 42.600 ore. La comunità scientifica internazionale, tuttavia, non è concorde nello stabilire se il riscaldamento sia provocato principalmente da emissioni di origine antropica, se continuerà o se sarà dannoso ed è divisa in due schiere contrapposte: da una parte coloro che vedono un pericolo serio e concreto a livello mondiale (Rapporto di Valutazione dell'/ntergovernmento/ Pone/ on Climate Change (IPCC) organismo delle Nazioni Unite); dall’altra chi sostiene che a causa della complessità del sistema climatico, le stime attuali sono provvisorie e soggette a possibili aggiustamenti (Nat/ono/ Academy of Sciences - NAS).
Un modello climatico deve considerare gli scambi dì calore tra oceano e atmosfera, la loro composizione e circolazione, la radiazione solare, la posizione dei continenti e dei ghiacci, il ciclo idrologico, l’uso del territorio e tutte le variazioni che possono intervenire, siano esse di origine naturale o an-tropogenìca.
1.2 L’impronta ecologica
Negli ultimi due secoli, grazie a un vertiginoso sviluppo economico-industriale, la popolazione mondiale ha ottenuto un enorme incremento, accompagnato da livelli di gualità della vita, almeno nei paesi sviluppati, che erano precedentemente impensabili e inaspettati.Purtroppo, ciò è avvenuto attraverso un uso massiccio e spesso sregolato delle risorse naturali trascurando o ignorando le conseguenze per il pianeta. Ne è derivata una forte incrinatura dei delicati eguilibri fra i sistemi naturali e una relativa compromissione delle risorse primarie.
Le foreste tropicali naturali vengono tagliate a un ritmo di 130.000 km2 all’anno per far posto a terreni agricoli il cui eccessivo sfruttamento ha portato a un processo di desertificazione che in molte aree del mondo è ormai irreversibile.
Le aree naturali rimaste completamente incontaminate si sono progressivamente ridotte in estensione e si trovano in una condizione di generale frammentazione che comporta una conseguente fragilità di guesti ecosistemi. Delle acgue dolci accessibili solo il 50% è utilizzato per le attività umane e, mentre in alcune parti del mondo le riserve idriche si stanno esaurendo, in altre risultano compromesse da uno smodato livello di inguinamento.
La crescente richiesta di energia ha fatto sì che i combustibili fossili (petrolio e carbone), che si erano formati in migliaia o milioni di anni, venissero consumati con un ritmo vertiginoso e che, in seguito alla loro combustione, si avesse immissione in atmosfera di una guantità di gas inguinanti (anidride carbonica e metano), in grado di alterare il clima del sistema Terra, riducendo fortemente la capacità di assorbire l’anidride carbonica e guindi di combattere l’effetto serra.
Si stima che l’80% della Terra abbia subito nel tempo l’influenza umana sia direttamente, sotto forma di trasformazioni in terreni agricoli, strade e vie di comunicazione, suolo edificato e agglomerati urbani, corsi d’acgua navigabili o incanalati, sia indirettamente come prosciugamento di falde, distribuzione di inguinanti, scioglimento dei ghiacciai, ecc. L’impatto esercitato dalle attività e dai consumi umani sull’ecosistema terrestre è detto impronta ecologica e fu proposto dallo scienziato canadese Mathis Wackernagel, direttore del Sustainability Program dell’Istituto Redefìning Progress di San Francisco. Esso rappresenta il segno lasciato dall’uomo a livello individuale, di famiglia, di città, di popolazione o di nazione sull’area occupata esclusivamente per il consumo annuale delle risorse e l’assimilazione dei rifiuti generati. L’impronta ecologica è perciò un indicatore ambientale capace di descrivere il carico delle attività umane sulle risorse in base all’area totale degli ecosistemi terrestri e acguatici. Essa si valuta con guesta formula:
imapatto = numero di individui x consumo procapite medio
Le categorie di consumo utilizzate sono gli alimenti (es. grano, riso, mais, cereali, carni, frutta, verdura, radici e tuberi, legumi, ecc.), le abitazioni, i trasporti, i beni di consumo, i servizi, mentre la componente fondamentale è la biocapacità, cioè la capacità di un territorio di produrre materiale biologico utile all’uomo e di assorbirne i rifiuti prodotti. Essa viene stimata attraverso la guantifìcazione delle superfìci di terreno che potenzialmente possono produrre beni e servizi come:
■ terreni coltivabili;
■ aree utilizzate per il pascolo;
■ area marina produttiva (viene considerata produttiva la porzione di mare compresa entro 300 km dalla costa, zona in cui avviene il 90% della pesca mondiale; l’area marina produttiva mondiale è pari circa all’8% della superfìcie mondiale di mari e oceani);
■ aree di foresta (gestite o vergini);
■ terreni edificati (ricoperti da edifìci, strade, infrastrutture);
■ uso di risorse non rinnovabili.
Per calcolare l’impronta relativa ai consumi si mette in relazione la guantità di ogni bene consumato con una costante di rendimento espressa in kg/ha (chilogrammi per ettaro), mentre per calcolare l’impatto dei consumi di energia si valutano le tonnellate eguivalenti di anidride carbonica emessa e si considerano le superfìci occupate da foreste necessarie per assorbirla. L’unità di misura dell’impronta ecologica, introdotta abbastanza di recente, è l’ettaro globale (.global hectar, gha) che corrisponde a un ettaro di spazio produttivo con produttività pari a guella media mondiale calcolata per le terre e le acgue biologicamente produttive. Esso rende confrontabili fra loro le impronte e si calcola moltiplicandole per un fattore di eguivalenza (1.12).
Tipologie di area |
gha/ha |
Terreni coltivati primari |
2,21 |
Terreni coltivati marginali |
1,79 |
Foreste |
1,34 |
Pascoli permanenti |
0,49 |
Area marina o lacustre produttiva |
0,36 |
Terreno edificato |
2,21 |
1.12 Fattori di equivalenza (riferiti all’anno 2003): il bisogno espresso da I ettaro globale può essere fisicamente soddisfatto da 1/2,21 = 0,45 ettari (reali) di terreno coltivato oppure da 1/0,49 = 2,04 ettari (reali) di pascolo.
Infatti, poiché nei vari luoghi della Terra le tipologie di terreno sono differenti, anche la loro produttività risulta differente cosicché un ettaro globale di terreno coltivato occupa una superfìcie fìsica minore di guella occupata da un ettaro globale di pascolo la cui produttività biologica è minore.
La produttività è la guantità di biomassa prodotta in un dato intervallo di tempo in una data area di terra o ricoperta d’acgua (mare o acgue interne), detta area biologicamente produttiva, nella guale avviene una significativa attività fotosintetica e guindi un accumulo di sostanza organica utile per la popolazione umana. Per ogni tipologia di superfìcie può essere calcolata la biocapacità moltiplicando la superfìcie (in ettari) per un fattore di produzione e per un fattore di eguivalenza (1.13). Il primo permette, per ogni tipologia esaminata, di rapportare la produzione locale a guella media mondiale e dipende non solo dalle condizioni naturali, ma anche dalle tecniche di produzione e gestione dell’agricoltura, dell’allevamento, della pesca e delle foreste; il secondo consente di convertire l’area di una specifica tipologia in ettari globali in modo tale che biocapacità e impronta ecologica possano essere messe a confronto:
■ se impronta ecologica > biocapacità, stiamo consumando più risorse di guelle disponibili;
■ se impronta ecologica s biocapacità, viviamo in modo sostenibile.
Paesi |
Terreni coltivati primari |
Foreste |
Pascoli permanenti |
Area marina |
Mondiale |
1,0 |
1,0 |
1,0 |
1,0 |
Algeria |
0,6 |
0,0 |
0,7 |
0,8 |
Guatemala |
1,0 |
1,4 |
2,9 |
0,2 |
Ungheria |
U |
2,9 |
1,9 |
U |
Giappone |
1,5 |
1,6 |
202 |
1,4 |
Nuova Zelanda |
2,2 |
2,5 |
2,5 |
0,2 |
1.13 Fattori di produzione di alcuni paesi per alcune tipologie di area.
Secondo i calcoli più recenti l’impronta ecologica dell’umanità è di 2,2 ettari globali prò capite, ma i consumi dei paesi industrializzati sono superiori a quelli dei paesi in via di sviluppo e se tutti gli esseri umani avessero un’impronta ecologica pari a quella degli abitanti dei paesi “sviluppati” non basterebbe l’attuale pianeta per sostenerla. L’Italia ha un’impronta ecologica su scala nazionale (ma vengono fatti calcoli anche su scala regionale e locale) di 4,2 ettari per cittadino e occupa il 29° posto nella classifica mondiale (1.14), pur essendo in coda rispetto al resto dei paesi europei. Poiché il rapporto fra il numero della popolazione e la superfìcie di territorio disponibile è di 1,3 ettari a persona, si ha un deficit ecologico di -2,9 ettari per persona.
Confronto |
Impronta ecologica (ettari globali prò capite) |
Biocapacità (ettari globali prò capite) |
Mondiale |
2,2 |
1,8 |
Italiana |
4,2 |
1 |
1.14 Confronto tra impronta ecologica e biocapacità mondiali e italiane.
Ciò comporta che per soddisfare i nostri livelli di consumo e produzione di scarti sarebbero necessarie superfìci di dimensioni almeno tre volte quelle dell’Italia (1.15). Anche per il nostro Paese è necessario avviarsi rapidamente verso uno sviluppo sostenibile integrando le politiche economiche con quelle ambientali per ridurre il nostro peso sull’ambiente e sulle risorse del pianeta (1.16), così da limitare la nostra impronta ecologica.
Paesi |
Impronta |
Disponibilità |
Deficit |
Stati Uniti |
10,3 |
6,7 |
-3,6 |
Australia |
9,4 |
12,9 |
+3,5 |
Cina |
1,4 |
0,6 |
-0,8 |
India |
1,0 |
0,5 |
-0,5 |
1.15 Se ogni persona del mondo avesse un’impronta pari a quella dei paesi più sviluppati sarebbe necessaria una superfìcie complessiva pari ad altri due pianeti come la Terra.

1.16 La mappa mostra i paesi con un’impronta ecologica minore rispetto alla propria biocapacità (ecological reserve, in verde) e i paesi con un'impronta ecologica maggiore rispetto alla propria biocapacità (ecological deficit, in rosso).
Approfondimento
Calcolo della impronta ecologicaCiascuno di noi, col suo stile di vita, esercita sul pianeta una pressione che può essere valutata in modo efficace e concreto con il calcolo della nostra impronta ecologica (cioè di quanta superfìcie in termini di terra e acqua necessitiamo) con la tecnologia disponibile, per produrre le risorse che consumiamo e per assorbire i rifiuti prodotti. Per imparare a gestire le risorse ecologiche, ciascuno può valutare la propria impronta ecologica utilizzando la tabella riportata, stilata da GLT Impronta della rete Lilliput (www.reteilliput.it).
I consumi sono raggruppati in categorie (alimenti, trasporti e abitazioni, beni di consumo e servizi) per cui è facile valutare quale sia la richiesta di terreno necessaria per procurare, mantenere e mettere a disposizione il bene analizzato: il terreno necessario per produrre l’energia (area di foresta necessaria per assorbire l’anidride carbonica prodotta dall’utilizzo di combustibili fossili o spazio utilizzato per costruire l’invaso di una centrale elettrica); il terreno coltivato necessario per assicurare gli alimenti; i terreni a pascolo per fornire i prodotti animali; il terreno forestale per ottenere legname e carta; la superfìcie marina necessaria per procurare pesci e frutti di mare; il territorio necessario per ospitare infrastrutture edilizie.
Il calcolo dell’impronta si effettua nel seguente modo:
1. Inserire nella colonna “consumo mensile” i dati relativi al consumo di un mese utilizzando l’unità di misura indicata.
2. Moltiplicare i valori della quantità di ogni bene consumato del foglio di calcolo con una costante di rendimento espressa in kg/ha (i coefficienti indicati, derivano da studi condotti dagli autori dell’impronta ecologica, basandosi su dati statistici italiani). Il risultato è una superfìcie.
3. Sommare l’impronta ecologica delle voci di ogni categoria e scrivere i totali in corrispondenza delle celle indicate con A, B e C.
4. Sommare i valori di A, B e C e scrivere il risultato nella rispettiva casella.
5. Dividere questo valore per 10.000 per ottenere l’impronta ecologica stimata in ettari ed esprimere il risultato con una sola cifra decimale.
Alimenti |
Unità di misura e consumo mensile |
Fc = fattore di conversione |
Impronta ecologica m2 |
Pasta, riso, cereali |
kg / mese 0,0 |
150 |
0 |
Pane e prodotti di panetteria |
kg / mese 0,0 |
150 |
0 |
Vegetali, patate, frutta (di stagione e di produzione locale) |
kg / mese 0,0 |
51 |
0 |
Vegetali, patate, frutta (fuori stagione o di importazione) |
kg / mese 0,0 |
300 |
0 |
Legumi |
kg / mese 0,0 |
250 |
0 |
Latte, yogurt |
kg / mese 0,0 |
93 |
0 |
Burro, formaggi |
kg / mese 0,0 |
851 |
0 |
Carne (manzo) |
kg / mese 0,0 |
2200 |
0 |
Carnejpollame, tacchino, ecc.) |
kg / mese 0,0 |
363 |
0 |
Carne (maiale) |
kg / mese 0,0 |
729 |
0 |
Pesce |
kg / mese 0,0 |
1200 |
0 |
Acqua minerale |
kg / mese 0,0 |
35 |
0 |
TOTALE ALIMENTI A | 0 |
Abitazione |
Unità di misura e consumo mensile |
Fc = fattore di conversione |
Impronta ecologica m2 |
Elettricità |
kwh/mese 0,0 |
26 |
0 |
Gas |
metri cubi / mese 0,0 |
58 |
0 |
Riscaldamento (liquido) | metri cubi / mese 0,0 | 78 | 0 |
TOTALE ABITAZIONE B | 0 |
Trasporti |
Unità di misura e consumo mensile |
Fc = fattore di conversione |
Impronta ecologica m2 |
Automobile (da soli) |
kg / mese 0,0 |
6,4 |
0 |
Automobile (in due) |
kg / mese 0,0 |
3,2 |
0 |
Automobile (in tre) |
kg / mese 0,0 |
2,1 |
0 |
Automobile (in quattro o più) |
kg / mese 0,0 |
1,4 |
0 |
Motocicletta/motorino |
kg / mese 0,0 |
4,7 |
0 |
Ferrovia, tram, metro, autobus |
kg / mese 0,0 |
0,6 |
0 |
Bicicletta, piedi |
kg / mese 0,0 |
0,1 |
0 |
Traghetto |
kg / mese 0,0 |
1 1,7 |
0 |
Aereo |
kg / mese 0,0 |
19,3 |
0 |
TOTALE TRASPORTI C |
0 |
Rifiuti |
Unità di misura e consumo mensile |
Fc = fattore di conversione |
Impronta ecologica m2 |
Totale rifiuti domestici |
per persona 0,0 |
4000,0 |
0 |
Raccolta differenziata carta |
per persona 0,0 |
-900,0 |
0 |
Raccolta differenziata plastica |
per persona 0,0 |
-900,0 |
0 |
Raccolta differenziata vetro |
per persona 0,0 |
-600,0 |
0 |
Raccolta differenziata alluminio |
per persona 0,0 |
-600,0 |
0 |
Raccolta differenziata umido |
per persona 0,0 |
-800,0 |
0 |
TOTALE RIFIUTI D | 0 |
Impronta ecologica: A + B + C + D (metri quadrati) =0
1.3 Lo stato dell’ambiente
L’intervento umano sulla natura ha determinato una crisi ecologica tale da poter mettere in dubbio, sul lungo periodo, la sopravvivenza dell’umanità stessa. Se si proseguirà sulla strada tracciata finora è verosimile che il pianeta che si presenterà alle generazioni future sarà privo di molte di quelle risorse di cui si è beneficiato e delle stesse opportunità di sviluppo di cui si è goduto finora. Tutti i maggiori centri di analisi e di ricerca sullo stato dell’ambiente e sulle cause che determinano il suo degrado dimostrano sempre più come siano state la situazione economica, quella produttiva e sociale a produrre modelli di sviluppo che sono ormai palesemente entrati in rotta di collisione con i sistemi naturali. Senza questi ultimi, tuttavia, le varie specie, fra le quali anche quella umana, non potrebbero sopravvivere. Ad esempio, la presenza dell’ozonosfera impedisce che i raggi ultravioletti emessi dal Sole causino dei danni alle persone, agli animali e alle piante e l’indebolimento dello strato di ozono (buco) dovuto alle emissioni di inquinanti specifici crea molte preoccupazioni (1.17).
1.17 (a) Situazione della stratosfera al Polo Nord a marzo 2011 dove è evidente una anomala situazione dello strato di ozono. (b) L’ozono si misura come contenuto in una colonna di atmosfera sopra a un punto della Terra e l’unità di misura è la Dobson Units (DU). (c) A partire dagli anni ’80 del secolo scorso, si è osservato un marcato calo dell’ozono colonnare in primavera/estate sul continente antartico.
Il suolo, l’aria e l’acqua vengono continuamente rigenerati e purificati entro gli ecosistemi che offrono così le condizioni da cui dipende resistenza della vita sulla Terra. Questa capacità dell’ambiente deve essere conservata quanto più possibile al fine di garantire il diritto delle generazioni future di provvedere alla propria esistenza su questo pianeta.
La protezione dell’ambiente è un diritto sancito nei testi costituzionali di vari paesi che pongono l’ambiente e la sua tutela tra i valori fondamentali dell’ordinamento statale.
La Costituzione italiana riconosce il diritto all’ambiente salubre, in quanto parte integrante del più ampio diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione (“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” ).
1.4 Lo sviluppo sostenibile
Il problema di reperire le risorse necessarie al soddisfacimento dei bisogni primari, per una popolazione mondiale in accrescimento costante fu affrontato nel corso degli anni Ottanta a partire dal rapporto UNEP del 1987 sul futuro del pianeta, alla Conferenza di Rio del 1992 e nell’Agenda XXI. Fu infatti istituita una commissione, composta da ministri, scienziati, diplomatici e legislatori, che dopo un lungo lavoro fatto di consultazioni e udienze in tutti i continenti stilò un dettagliato rapporto in cui si presentavano due possibili scenari. In uno, l’umanità, dopo avere sfruttato indiscriminatamente le risorse e il patrimonio ambientale del pianeta, avrebbe dovuto affrontare una catastrofica crisi ambientale. Nell’altro scenario, invece, ci si proponeva di gestire le risorse in modo più razionale e meno forsennato, per ridurre il divario tra i paesi industrializzati e quelli più poveri. Questo scenario, più roseo, mise in evidenza la necessità di un’integrazione delle politiche economiche di sviluppo con le considerazioni sul loro impatto ambientale, comportando una riforma radicale e globale dei processi decisionali. Le Nazioni Unite definiscono lo sviluppo sostenibile come un progresso economico e sociale che comporti il miglioramento della qualità della vita delle persone e quindi risponda “ alle necessità delle attuali generazioni senza danneggiare le risorse della terra, in modo tale da consentire alle generazioni future di soddisfare le proprie esigenze" (1.18).
1.18 Rappresentazione schematica delle possibili realizzazioni dello sviluppo sostenibile.
Il concetto di sviluppo sostenibile sottolinea anche l’equità dello sviluppo poiché lo strumento fondamentale per garantire alle generazioni di oggi e a quelle di domani la soddisfazione delle proprie necessità è il superamento della disparità tra paesi ricchi e paesi poveri.
Il concetto di sviluppo sostenibile gravita, dunque, intorno a due concetti chiave: quello di equità intra-generazionale, consistente nella necessità di soddisfare le esigenze del mondo povero, migliorandone le condizioni, e guello di equità intergenerazionale, che richiede di limitare lo sfruttamento dell’ambiente, oggi, per evitare di danneggiare le generazioni di domani. Questo concetto è strettamente collegato al concetto di sviluppo umano. Infatti, uno sviluppo centrato sull’essere umano considerando l’ampliamento delle opportunità che i cittadini hanno a loro disposizione in termini di crescita personale, di formazione, di assistenza sanitaria, di reddito e di occupazione, non può prescindere da azioni volte a garantire la vivibilità della Terra per le generazioni presenti e future. Condizioni necessarie per il successo del progetto sono la collaborazione creativa dell’economia e della scienza, nonché la motivazione delle singole economie domestiche private. In Italia il concetto di sviluppo sostenibile è stato definito dal d. legisl. del 3 aprile 2006, n. 152, modificato dal d. legisl. del 16 gennaio 2008, n. 4, nell’art. 3-quater (“Principio dello sviluppo sostenibile”).
Approfondimento
Agricoltura sostenibileL’agricoltura produce attraverso l'ambiente con il quale interagisce, anche modificandolo, buona parte degli alimenti che vengono consumati e svolge un ruolo di primo piano per le nuove priorità ambientali: dal contenimento dei consumi, allo sviluppo di nuove fonti energetiche e all’utilizzo dei propri scarti per la creazione di energia nuova; dal miglioramento dell’efficienza dell’irrigazione alle norme per l’impiego di reflui zootecnici e fitofarmaci; dal preservare e incrementare la biodiversità alla lotta all’effetto serra, con lo sviluppo delle foreste e l’abbattimento delle emissioni di origine zootecnica.
Per risolvere queste problematiche negli ultimi anni sono state proposte pratiche agricole ecocompatibili, come l’agricoltura sostenibile che è un modello di produzione economicamente vantaggioso per gli agricoltori, rispettoso dell’ambiente e della biodiversità, in grado di favorire la naturale capacità di assorbimento dei rifiuti che la Terra possiede e socialmente giusto. In quest’ul-tima ottica si può definire l’agricoltura sostenibile come la capacità della produzione agroalimentare mondiale di far fronte alla domanda, non solo nei paesi industrializzati, ma anche in quelli in via di sviluppo, migliorando la qualità dell’ambiente, la vita degli agricoltori e dei consumatori, privilegiando i processi di produzione naturali, evitando il ricorso a pratiche dannose per il suolo e utilizzando fonti energetiche rinnovabili (1.19).

1.19 Rappresentazione schematica relativa alle pratiche necessarie per la realizzazione dell'agricoltura sostenibile.
La American Society of Agronomy definisce agricoltura sostenibile quando sono rispettate le seguenti condizioni:
- soddisfa il bisogno primario del cibo;
- favorisce la convenienza economica delle operazioni legate alla produzione agricola;
- sostiene la qualità dell’ambiente e delle risorse naturali da cui dipende l’intero comparto dell’agricoltura;
- migliora la qualità di vita degli agricoltori e dell’intera società;
- fa uso sapiente delle risorse a disposizione, integrando laddove possibile i cicli biologici naturali.
In Italia i modelli di agricoltura sostenibile più diffusi sono l’agricoltura biologica e integrata e l’agricoltura biodinamica. In tutta Europa si sta diffondendo la permacultura e sono molte le accademie nate per applicare e svilupparne i principi; tra esse, la più importante si trova in Inghilterra e conta oltre 900 membri.
L’agricoltura biologica produce frutta e verdura che si diversificano da quelle convenzionali in quanto prodotte, raccolte e lavorate, seguendo le tecniche dell’agricoltura biologica che si serve di risorse rinnovabili, non utilizza antiparassitari, erbicidi o concimi chimici e, per migliorare e mantenere la fertilità del suolo, ricicla i rifiuti vegetali e animali. L’intero ciclo di produzione e trasformazione dal campo fino alla tavola è regolamentato da specifiche norme, controllato e certificato da organismi appositamente autorizzati. Il prodotto biologico deve avere una specifica etichetta che riporta indicazioni particolari.
L’agricoltura integrata è un metodo di produzione che prevede l’adozione di tecniche compatibili con la conservazione dell’ambiente e la sicurezza alimentare attraverso un uso limitato di prodotti chimici di sintesi come insetticidi, antiparassitari, diserbanti e concimi in modo coerente con le direttive nazionali ed europee sull’utilizzo razionale dei fitofarmaci. Per salvaguardare le risorse naturali grande attenzione è rivolta al risparmio dell’acqua e al riciclo dei rifiuti, mentre per ottimizzare il compromesso fra esigenze ambientali e sanitarie e quelle economiche si fa ricorso a tutti i metodi colturali, biologici, biotecnoloci e chimici utilizzati in modo coordinato e razionale, scegliendo quelli che, a parità di condizioni, sono di minore impatto. Il prodotto da agricoltura integrata è valorizzato da un logo certificato.
L’agricoltura biodinamica è un metodo di produzione basato sugli insegnamenti di Rudolf Steiner, il fondatore della antroposofìa che formulò i principi di una nuova agricoltura capace di mantenere la fertilità della terra, di rendere sane le piante in modo che possano resistere alle malattie e ai parassiti e di produrre alimenti di alta qualità. Si fonda su una concezione “distica”, in cui tutto è connesso e tutti gli elementi devono essere in equilibrio. L’azienda agricola è considerata un organismo in relazione con l’ambiente circostante, con l’intero pianeta, con il cosmo e le costellazioni.
Non vengono utilizzati organismi geneticamente modificati né fitofarmaci chimici di sintesi, ma all’occorrenza, si somministrano in dosi omeopatiche dei preparati naturali ottenuti da processi fermentativi, decotti e minerali. Il terreno viene lavorato sempre tenendo conto delle fasi lunari e del sole, secondo metodi tradizionali che hanno l’obiettivo di rigenerare e rivitalizzare il suolo.
La permacultura (dall’inglese permanent agriculture) è un modello di agricoltura sostenibile, costituito da un insieme di pratiche agronomiche atte a progettare ambienti umani simili agli ecosistemi naturali. Sviluppata in Australia nel 1978 dal naturalista Bill Mollison e dall’agronomo David Holmgren, questa disciplina si basa sulla convinzione che applicando in maniera etica e responsabile i metodi ecologici nei sistemi produttivi agricoli in cui si attua la coltivazione consociata di alberi perenni, arbusti, erbacee, si possa ricreare quell’equilibrio perfetto tra uomo e natura, indispensabile alla vita stessa. La progettazione, le pratiche agricole, la gestione dell’ambiente, l’economia e le dinamiche sociali devono puntare a ottenere il massimo benefìcio, utilizzando al minimo lo spazio e l’energia in un sistema produttivo in grado di durare nel tempo, con un impatto ambientale quasi vicino allo zero. L’obiettivo fondamentale della permacultura, infatti, è la gestione etica della Terra, nonché la conciliazione fra l’ambiente naturale e quello antropizzato.
RIASSUMENDO
• Il concetto di ambiente ha subito nel tempo varie interpretazioni; oggi si ritiene che non si possa parlare di ambiente senza considerare la presenza umana, l’uomo e le sue attività, infatti, hanno contribuito alle dinamiche del sistema Terra, le cui sfere (atmosfera, idrosfera, litosfera e biosfera) sono collegate tra loro in modo che qualsiasi mutamento di una sua parte produca effetti e ripercussioni sulle altre.• E' possibile prevedere i cambiamenti climaticifuturi attraverso modelli che analizzano sia i fenomeni naturali che le attività umane.
• Ogni azione esercitata dall'uomo sull'ambiente lascia un impronta ecologica che descrive il carico delle sue attività sulle risorse, in base all’area totale degli ecosistemi terrestri e acquatici. Essa si valuta con la formula: impatto = numero di individui * consumo pro capite medio.
• L'impronta ecologica dell'umanità è di 2,2 ettari globali pro capite, ma i consumi dei paesi industrializzati sono superiori a quelli dei paesi in via di sviluppo. L’Italia ha un’impronta ecologica su scala nazionale di 4,2 ettari per cittadino.
• Lo stato attuale dell'ambiente indica che l'intervento umano sulla natura sta determinando una crisi ecologica che pregiudica il diritto all’esistenza delle generazioni future.
• Un criterio per provvedere alle necessità delle attuali generazioni senza danneggiare le risorse della Terra, in modo da consentire alle generazioni future di soddisfare le proprie esigenze, è lo sviluppo sostenibile che può garantire anche una maggiore equità fra paesi ricchi e paesi poveri. Un ruolo di primo piano è svolto dall’agricoltura sostenibile.
SUMMING UP
• The concept of environment has been explained in several ways over time and today it is closely linked to human activities. As a matter of fact, these activities have affected thè planet dynamics. Its spheres (atmosphere, hydrosphere, lithosphere and biosphere) are interconnected so that any changes cause effects and consequences on thè others.• It is possible to predict future climate changes through models which analyse naturai phenomena and human activities.
• All human actions on thè environment cause a carbon footprint which describes their activity load on resourses, according to thè total area of terrestrial and water ecosystems. This load is calculated by using the formula: impact = number of people * average consumption per capita.
• The human kind carbon footprint amounts to 2.2 overall hectares per capita, but consumptions in developed countries are superior to thè ones of developing countries. Italy has a nationwide footprint of 4.4 hectares for each Citizen.
• The current environmental situation shows that human activities are causing an ecologie crisis which endangers future generations.