Agroecosistema
Alla base dell’ecosistema vi sono gli organismi capaci di sintetizzare sostanza organica, gli autotrofi, rappresentati dai vegetali verdi provvisti di clorofilla e dai batteri chemiosintetici. Questi consentono lo sviluppo degli organismi eterotrofi, che si nutrono prelevando sostanza direttamente dalle piante, gli erbivori, oppure, i carnivori che predano nell’ambiente con diversi livelli di operatività (predatori primari, secondari).
L’ecosistema presenta una circolarità trofica, il cui motore è l’energia radiante del sole, con organismi produttori, consumatori e altri che degradano e facilitano la mineralizzazione e la restituzione all’ambiente degli elementi di parti eliminate e dei residui degli stessi organismi quando muoiono. L’agricoltura comporta una profonda alterazione degli equilibri naturali; tuttavia, si determina una nuova struttura, denominata agroecosistema, caratterizzata dallo sviluppo preferenziale di determinate specie vegetali e finalizzata alla produzione economica [ 48 ].
Nel biotopo dell’agroecosistema il suolo è il terreno agrario e questo differisce sensibilmente da quello naturale a causa delle lavorazioni, delle sistemazioni idrauliche, degli apporti di concimi, della presenza e degli eventuali accumuli di altri prodotti impiegati (diserbanti, antiparassitari).
Nel terreno naturale si distinguono quattro orizzonti, a partire dalla superficie fino ai livelli inferiori:
• eluviale, così chiamato perché su di esso agisce l’azione dilavante dell’acqua;
• illuviale, strato in cui si raccolgono i materiali trascinati dall’acqua di percolamento, si estendono le radici e si decide la fertilità del terreno stesso;
• pedogenetico, che è la parte su cui hanno agito quei fattori che hanno trasformato la roccia madre;
• strato inerte, ossia la roccia madre nativa.
L’attività antropica, finalizzata alle produzioni agricole, trasforma totalmente questa struttura, al punto che il terreno agrario ha un profilo caratterizzato da due soli strati:
• strato attivo, superficiale e sottoposto alle lavorazioni e alle attività colturali, assimilabile ai primi due di quello naturale;
• strato inerte, assimilabile agli altri due di quello naturale e dove possono giungere le radici più profonde.
Parallelamente la biocenosi dell’ambiente agrario è estremamente semplificata rispetto a un ecosistema naturale: essa è tendenzialmente costituita da una sola specie, quella coltivata (generalmente una varietà fortemente modificata rispetto alla specie naturale di origine), che si vorrebbe esclusiva e senza antagonisti o interferenze grazie all’applicazione di corrette pratiche colturali e fitoiatriche. Per i tratti descritti, l’agroecosistema è paragonato a un ecosistema molto immaturo, caratterizzato da scarsissima biodiversità e da un bilancio energetico virtualmente di segno positivo, situazione che favorisce l’ingresso di nuove specie e la successione ecologica.
Si tratta di un sistema sostanzialmente artificiale, di per se stesso instabile, che non evolve semplicemente perché gli interventi umani lo impediscono e dove sussiste il rischio che qualche organismo nocivo riesca a superare le barriere artificiali (rappresentate da trattamenti con prodotti fitosanitari o altri mezzi di lotta non naturali) e, in mancanza di antagonisti, danneggi gravemente la coltura.
Il funzionamento degli agroecosistemi nelle sue linee fondamentali è però analogo a quello dei sistemi naturali. La fonte energetica è il sole: le colture catturano e trasformano l’energia luminosa in sostanza organica che costituisce nell’insieme la biomassa. Ma a differenza di ciò che avviene in natura, solo una minima parte di tale sostanza organica, costituita in pratica dai residui della coltivazione, viene restituita all’ambiente tramite i processi di mineralizzazione microbica, in quanto la biomassa degli agrosistemi (l’energia di segno positivo immagazzinata) si identifica in definitiva con il raccolto che viene prelevato e allontanato (con necessità inoltre di reintegri di elementi nutritivi minerali). L’ambiente agrario dunque è, e rimarrà, per ragioni economiche, un sistema non naturale: tuttavia la lotta biologica si inserisce in quella filosofia di produzione integrata, tesa sia a rompere il circolo vizioso (per cui “organismi dannosi = prodotti fitosanitari = ulteriore squilibrio = nuove specie dannose o acquisita virulenza di specie poco dannose = nuovi prodotti fitosanitari”), sia a contemperare gli aspetti produttivi con un’azione equilibrante, allo scopo di favorire la stabilizzazione di una biocenosi in grado di contenere le popolazioni degli organismi nocivi e limitare gli interventi dall’esterno [ 49 ].