Agrosistema maidicolo
Il mais è una pianta coltivata sin dal 3000 a.C. in America centrale. Oggi non esiste più il mais selvatico, la pianta spontanea più simile è il teosinte messicano da cui si presume abbia avuto origine la pianta coltivata [ 80 ]. Quando nel 1492 venne scoperta l’America il mais era già coltivato in tutto il continente dal Cile sino alle zone meridionali del Canada. Portato in Europa cominciò ad essere coltivato nella metà del 1500. In Italia si diffuse dapprima nei territori della Repubblica di Venezia con il nome di Grano Turco. Oggi, grazie alla ricerca genetica, alla sua buona adattabilità, e anche alla buona resistenza verso i parassiti [ 81 ], è diffusamente coltivato in tutti i continenti su una superficie complessiva stimata di 177 milioni di ettari. I più importanti paesi produttori sono USA, Cina, Brasile, Messico, Francia, Argentina, India, Italia; i maggiori esportatori sono USA, Cina, Argentina e Francia.
Il mais è una coltura dalle grandi potenzialità produttive grazie a:
• un metabolismo fotosintetico che consente un ottimale sfruttamento della radiazione solare anche in condizioni di alta temperatura ed elevata intensità luminosa;
• una intensa attività di miglioramento genetico che, sfruttando il fenomeno dell’eterosi, ha portato alla costituzione di cultivar ibride adatte ai diversi ambienti di coltivazione.
A partire dal 1990 in America, dagli USA all’Argentina, il mais è stato coltivato secondo il metodo della Conservation agricolture che si basa sull’applicazione di quattro principi:
1. avvicendamento colturale, mais [ 82 ], soia, frumento, erba medica, girasole, sorgo;
2. utilizzo di mais ibridi selezionati e geneticamente modificati (GM o OGM) portatori del gene Bt che conferisce resistenza agli insetti (Piralide, Diabrotica, insetti fitomizi che trasmettono virus) e del gene che conferisce resistenza al diserbante totale glifosato (mais Roundup free). Non si diserba mai alla semina o in pre-emergenza ma sempre quando le erbe infestanti sono già sviluppate;
3. minima lavorazione del suolo, utilizzando la semina diretta (zero-tillage), si entra nei campi per la semina, il diserbo, la raccolta possibilmente incrociando i percorsi delle macchine operatrici in modo da non compattare il suolo;
4. pacciamatura, mantenendo sul terreno i residui colturali trinciati e non interrati con l’aratura [ 83 ].
Queste tecniche preservano i microrganismi che vivono nella parte superficiale del suolo (es. lombrichi) e aiutano la pianta nell’assorbimento di acqua e sostanze nutritive del terreno. Lo zero-tillage e la pacciamatura con i residui colturali diminuiscono le perdite di umidità ottimizzando l’utilizzo di acqua, trattengono CO2 e ne migliorano l’assorbimento.
Nei territori americani, le aziende agricole dispongono di ampi spazi, ad esempio in Argentina le zone di coltivazione cerealicola sono suddivise in unità colturali quadrate (chiamate “quadra”) che hanno un lato di 1 chilometro cui corrisponde una superficie di 100 ettari. Su queste unità colturali si coltivano in rotazione mais, soia, frumento, girasole, seguite per 4 anni da erba medica o prato misto graminacee/leguminose, pascolati in modo regolamentato da vacche da latte a stabulazione libera, munte sul posto in stazioni di mungitura mobili oppure da bovini destinati alla produzione di carne [ 84 ]. La nutrizione è integrata con insilato di mais immagazzinato in silos plastici a tubo presso la stazione di mungitura.
La semina avviene senza aratura né operazioni di affinamento del suolo, con macchine per semina diretta dotate di un robusto disco che taglia i residui colturali e il suolo a una profondità di circa 15-20 cm [
85 ]. Le macchine seminatrici hanno una capacità da 10 file o più e sono trainate da trattori di media potenza, senza utilizzo della presa di forza, impiegando il moto delle ruote per i movimenti degli organi distributori del seme.