Nell’insieme tali tecnologie costituiscono l’ingegneria genetica, un processo di modificazione del DNA che si svolge con una sequenza di più momenti [ 35 ]:
1. Identificare il gene: esso produce una determinata proteina, tale operazione è forse la parte più complessa del processo ed è resa possibile dall’intervento di un enzima, la trascrittasi inversa, che, a partire dall’mRNA corrispondente al gene desiderato, consente di costruire una molecola di DNA duplex o cDNA sulla quale sarà facile lavorare [ 36 ].
2. Isolare il gene: l’isolamento avviene grazie a particolari “forbici” molecolari dette enzimi di restrizione (endonuocleasi) presenti normalmente nei batteri che li utilizzano per tagliare il DNA dei batteriofagi e “restringere” così la loro aggressività. Gli enzimi di restrizione sono stati scoperti negli anni ’60 del secolo scorso. Essi sono in grado di riconoscere specifiche sequenze di 4-6 basi azotate leggendole in entrambi i sensi senza cambiare il significato (sono cioè dei palindromi) e sono in grado di tagliarle e di frammentare il DNA in modo determinato. Le estremità tagliate vengono di nuovo saldate assieme per mezzo di altri enzimi colla chiamati ligasi [ 37 ].
3. Trasferire il gene: il trasferimento di frammenti di DNA estraneo nelle cellule batteriche avviene per mezzo di un vettore, un’altra struttura di DNA in grado di penetrare nel batterio. I vettori più frequentemente utilizzati sono plasmidi, batteriofagi (virus capaci di penetrare all’interno dei batteri) e virus (per le cellule animali). I plasmidi sono strutture genetiche tipiche dei batteri e sono costituiti da segmenti di DNA chiusi ad anello capaci di duplicarsi autonomamente e migrare da un batterio a un altro. Il tratto di cromosoma batterico che va a formare i plasmidi è caratterizzato dall’avere alle estremità sequenze simmetriche di nucleotidi che si riconoscono e si attraggono formando un anello che si apre per azione degli enzimi di restrizione. Di solito fra i geni che compongono i plasmidi ci sono anche quelli della resistenza agli antibiotici, che permetteranno di capire se è avvenuta la penetrazione nel batterio.
4. Produrre i batteri ricombinanti: quando il vettore viene mescolato con i batteri o con le cellule vi penetra e ne diventa parte integrante. I nuovi batteri, che contengono DNA di diversa origine cDNA (DNA duplex) [ 38 ] vengono chiamati batteri o cellule ricombinanti.
La presenza nel plasmide di un gene di resistenza all’antibiotico consentirà di selezionare poi i batteri trasformati (ricombinanti) da quelli non trasformati.
5. Produrre la proteina: la proteina così ottenuta (quella codificata dal gene inserito nel plasmide) in grande quantità sarà purificata e analizzata per determinare l’eventuale presenza di contaminanti.
Le nuove cellule possiedono enormi potenzialità di lavoro altamente specializzato per le nostre necessità ad esempio con questa tecnica si sono prodotti alcuni ormoni fra i quali il primo fu l’insulina, per la cura del diabete.