In particolare, mira a costituire varietà superiori dal punto di vista nutrizionale e della salubrità delle produzioni, con ricadute dirette sulla salute umana e sulla sostenibilità ambientale. Si tratta di un processo condizionato dall’uomo e attuato attraverso tecniche che tendono a creare razze e varietà in grado di rispondere alle esigenze della produzione sia come quantità sia come qualità.
Il primo passo per ottenere il miglioramento genetico è la selezione che consiste in due tipi di attività complementari: permette la creazione di nuove cultivar (selezione miglioratrice), convalida la produzione continua di piante di qualità genetica certificata (selezione conservatrice). La selezione viene usata per ottenere nuove varietà ma non per produrre in esse nuove caratteristiche, poiché agisce solo nei limiti dei genotipi esistenti.
Selezione e incrocio
La selezione è la tecnica con cui allevatori e agricoltori producono nuove varietà vegetali o razze animali con caratteristiche migliori. Chi coltiva o alleva, ad esempio, tende costantemente ad avere piante e animali tutti uguali, uno dei principali obiettivi dell’agricoltura moderna è, infatti, la ricerca di uniformità genetica: le nuove varietà più produttive, derivando dall’utilizzazione dello stesso materiale genetico, risultano molto simili [ 17 ].
Promuovere l’uniformità ha eroso, però, la biodiversità delle specie coltivate ed è stata la causa, a giudizio di molti scienziati, dei più gravi disastri agronomici degli ultimi due secoli (la grande carestia del 1845, che portò alla morte 2 milioni di irlandesi, la distruzione del caffè nelle piantagioni di Ceylon, la perdita di più di metà del raccolto del mais in California nel 1970).
Attraverso la tecnica della selezione si cerca di migliorare l’intensità di un carattere che interessa. Si scelgono tutti gli individui in cui il carattere è particolarmente spiccato, li si fa incrociare fra loro e fra i figli, si scelgono poi quelli con le caratteristiche richieste e così via per molte generazioni (incrocio interno o inincrocio). Alla fine si ottengono individui che per la maggior parte possiedono omozigosi per il carattere desiderato.
La selezione è però un’arma a doppio taglio: da una parte si ottengono varietà standardizzate che presentano i caratteri desiderati, dall’altra si può arrivare a quella che viene definita depressione da inincrocio.
Gli eucarioti, in quanto diploidi, possono essere portatori sani di molte malattie genetiche delle quali non manifestano alcun sintomo grazie all’eterozigosi. Quasi sempre infatti sono portate da geni recessivi il cui mal funzionamento è mascherato dal gene sano dominante. Nell’organismo con omozigosi è facile che in entrambi i loci genetici sia presente lo stesso allele difettoso che funziona meno bene o che non funziona affatto. Il rendimento fisiologico dell’omozigote in questo caso è inferiore. Per ovviare a questo inconveniente bisogna agire in maniera contraria a quella seguita dalla omozigosi e produrre degli ibridi mediante un incrocio esterno o esoincrocio.