3   Il miglioramento genetico

Il miglioramento genetico è una componente insostituibile dell’agricoltura moderna, in quanto ha lo scopo di sviluppare nuove varietà in grado di far fronte a richieste e sfide che agricoltura, ambiente e società impongono. 
In particolare, mira a costituire varietà superiori dal punto di vista nutrizionale e della salubrità delle produzioni, con ricadute dirette sulla salute umana e sulla sostenibilità ambientale. Si tratta di un processo condizionato dall’uomo e attuato attraverso tecniche che tendono a creare razze e varietà in grado di rispondere alle esigenze della produzione sia come quantità sia come qualità. 
Il primo passo per ottenere il miglioramento genetico è la selezione che consiste in due tipi di attività complementari: permette la creazione di nuove cultivar (selezione miglioratrice), convalida la produzione continua di piante di qualità genetica certificata (selezione conservatrice). La selezione viene usata per ottenere nuove varietà ma non per produrre in esse nuove caratteristiche, poiché agisce solo nei limiti dei genotipi esistenti. 

     Selezione e incrocio
La selezione è la tecnica con cui allevatori e agricoltori producono nuove varietà vegetali o razze animali con caratteristiche migliori. Chi coltiva o alleva, ad esempio, tende costantemente ad avere piante e animali tutti uguali, uno dei principali obiettivi dell’agricoltura moderna è, infatti, la ricerca di uniformità genetica: le nuove varietà più produttive, derivando dall’utilizzazione dello stesso materiale genetico, risultano molto simili [ 17 ]. 
Promuovere l’uniformità ha eroso, però, la biodiversità delle specie coltivate ed è stata la causa, a giudizio di molti scienziati, dei più gravi disastri agronomici degli ultimi due secoli (la grande carestia del 1845, che portò alla morte 2 milioni di irlandesi, la distruzione del caffè nelle piantagioni di Ceylon, la perdita di più di metà del raccolto del mais in California nel 1970). 
Attraverso la tecnica della selezione si cerca di migliorare l’intensità di un carattere che interessa. Si scelgono tutti gli individui in cui il carattere è particolarmente spiccato, li si fa incrociare fra loro e fra i figli, si scelgono poi quelli con le caratteristiche richieste e così via per molte generazioni (incrocio interno o inincrocio). Alla fine si ottengono individui che per la maggior parte possiedono omozigosi per il carattere desiderato. 
La selezione è però un’arma a doppio taglio: da una parte si ottengono varietà standardizzate che presentano i caratteri desiderati, dall’altra si può arrivare a quella che viene definita depressione da inincrocio
Gli eucarioti, in quanto diploidi, possono essere portatori sani di molte malattie genetiche delle quali non manifestano alcun sintomo grazie all’eterozigosi. Quasi sempre infatti sono portate da geni recessivi il cui mal funzionamento è mascherato dal gene sano dominante. Nell’organismo con omozigosi è facile che in entrambi i loci genetici sia presente lo stesso allele difettoso che funziona meno bene o che non funziona affatto. Il rendimento fisiologico dell’omozigote in questo caso è inferiore. Per ovviare a questo inconveniente bisogna agire in maniera contraria a quella seguita dalla omozigosi e produrre degli ibridi mediante un incrocio esterno o esoincrocio.

     Ibridazione intraspecifica
Ripristinando l’eterozigosi con l’esoincrocio, si ottiene la sostituzione dei geni alterati con geni necessariamente diversi, così gli ibridi ottenuti avranno crescita, dimensioni, capacità riproduttiva diverse rispetto alle varietà da cui derivano. Questo fenomeno viene detto lussureggiamento degli ibridi o eterosi [ 18 ]. 
Il mais è la specie vegetale che ha tratto maggior vantaggio dalla realizzazione di varietà ibride con un vistoso aumento della produzione negli ultimi 50 anni. 
Anche negli animali la tecnica dell’ibridazione ha dato notevoli vantaggi e si sono originate nuove razze con le caratteristiche desiderate. 
Oltre a produrre il vigore degli ibridi, l’ibridazione ha un’importanza determinante nella ricombinazione dei geni e viene utilizzata anche per incrociare fra loro organismi appartenenti a specie o a generi differenti (ibridazione interspecifica).

     Ibridazione interspecifica
Nelle piante, la maggior parte delle tecniche di miglioramento genetico ha oggi come finalità l’aumento del raccolto e la resistenza alle malattie. Spesso la resistenza è un carattere che può trovarsi in una specie selvatica affine a quella domesticata: si fanno incroci ripetuti fra le due piante affinché la specie coltivata mantenga i caratteri desiderati e acquisisca anche i geni della resistenza. Una pianta nuova, costruita dall’uomo, è l’ibrido fra il frumento e la segale chiamato triticale, utilizzato in zone collinari-montane per le sue qualità di produzione e resistenza. 
Molti ibridi che vengono costruiti dall’incrocio fra specie o generi diversi sono sterili cioè non sono in grado di produrre polline o semi funzionanti. Ciò è spesso dovuto al numero differente di cromosomi nelle specie dei due genitori. 
La stessa cosa avviene nel mondo animale. Gli ibridi interspecifici più conosciuti sono il mulo e il bardotto [ 19 ]: il primo deriva dall’incrocio fra una cavalla e un asino, il secondo dall’incrocio di un’asina e un cavallo. Il mulo e il bardotto hanno la mole di un cavallo e la resistenza dell’asino. Poiché cavallo e asino appartengono a due specie affini, gli ibridi sono sterili.

     Mutagenesi
Nel corso delle generazioni, nelle piante come negli animali, possono comparire nuovi caratteri derivati da mutazioni (modificazioni del materiale genetico). 
Gli allevatori e i coltivatori, attraverso la selezione, possono sfruttarli o eliminarli. Fra i cani, ad esempio, la razza boxer per lungo tempo era apprezzata per l’uniformità del colore del mantello, ma quando gli allevatori si sono accorti che il manto fulvo a stelle bianche, dovuto a mutazione, era molto apprezzato, hanno incrociato animali che la presentavano e ne hanno indotto la diffusione [ 20a ]. 
Anche i coltivatori hanno sfruttato moltissime mutazioni. Un tempo si sfruttavano solo le mutazioni spontanee oggi, soprattutto nel mondo vegetale, esse vengono indotte con l’uso di mutageni come radiazioni o sostanze chimiche. Generalmente è impossibile prevedere quale effetto procurano queste sostanze e quali mutazioni si verifichino dopo il trattamento: molte mutazioni saranno indifferenti, molte sfavorevoli, solo alcune porteranno nuovi caratteri interessanti. Saranno queste ultime a essere selezionate, propagate e a far parte del patrimonio genetico dei discendenti. Ad esempio dall’impiego di raggi gamma fu ottenuta una varietà di frumento denominata Creso che nel giro di dieci anni si diffuse in tutta la Penisola italiana, soppiantando le varietà esistenti.
Nelle piante è molto importante ottenere individui poliploidi contenenti cioè un numero di cromosomi multiplo di “n” (triploide = 3n, tetraploide = 4n, ecc.) che hanno dimensioni maggiori. La poliploidia può essere indotta artificialmente impedendo la formazione del fuso mitotico e quindi la separazione dei cromosomi. La sostanza più usata per indurla è la colchicina che blocca la mitosi di qualsiasi tessuto.

     Tempi di sperimentazione
La tecnica del miglioramento genetico è piuttosto lunga e laboriosa e necessita di diversi passaggi per creare una nuova varietà con particolari qualità [ 21 ]. 
Dalla legge di segregazione di Mendel, sappiamo che per far emergere fenotipicamente un carattere puro (tutte le coppie alleliche di ciascun gene uguali), occorrono centinaia di migliaia di incroci ed è ciò che da sempre agricoltori e allevatori fanno per selezionare le caratteristiche ricercate. 
Il miglioramento genetico ha inizio con la scelta del carattere di interesse, basata sia sull’osservazione delle piante in campo, allo scopo di evidenziare gli aspetti morfologici legati alla caratteristica, sia sull’analisi dei prodotti, volta a verificare la presenza di composti di interesse. 
Dopo aver identificato la varietà che porta il gene (o i geni), la pianta deve essere testata e poi incrociata con le cultivar di interesse commerciale. Si seleziona progressivamente la prole in modo tale che possa possedere sia le caratteristiche desiderate sia gli standard richiesti dal mercato, affinandone le qualità generazione dopo generazione. Una volta ottenute le nuove cultivar, è necessario eseguire il test in campo per valutarne le caratteristiche in condizioni reali e solo dopo questa fase è possibile immettere in commercio la nuova cultivar [ 22 ]. 
Questo modo di procedere richiede tempi lunghissimi e non sempre porta a risultati soddisfacenti perché è un metodo probabilistico e non si sa mai quale gene possa essere trasmesso insieme a quello di interesse.

Agricoltura sostenibile, biologica e difesa delle colture
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