Biotecnologie e nuove frontiere Microrganismi e biodegradazione I microrganismi, presenti ovunque, hanno acquisito grazie all evoluzione la capacità di degradare sostanze organiche, dalle più semplici alle più complesse come legno, cellulosa, terpeni, steroidi. Questo processo, detto di mineralizzazione, è assolutamente necessario per mantenere la vita sulla Terra, ma avviene molto lentamente. Oggi l enorme sviluppo delle attività industriali e agricole ha riversato in tempi brevi nell aria, nel suolo e nell acqua ingenti quantità di sostanze estranee (xenobiotiche), la cui pericolosità dipende dal tempo di persistenza nell ambiente. Al contrario, le sostanze che si modificano, degradate dai microrganismi, sono dette biodegradabili. Sono i batteri del suolo (Alcaligenes, Nocardia, Flavobacterium, Pseudomonas) che, possedendo l informazione genetica per la produzione di enzimi specifici (preexisting enzymes), trasformano le sostanze dette biodegradabili: composti organici naturali o di sintesi, purché la loro struttura chimica sia simile a quella delle sostanze naturali. Per ovviare a questo limite e cercare di allargare il numero delle sostanze biodegradabili, in modo da risolvere il problema degli inquinanti xenobiotici, si seguono alcune strade: migliorare la naturale capacità dei microrganismi per indurli a mineralizzare in tempi più brevi; selezionare ceppi capaci di metabolizzare sostanze di sintesi non biodegradabili. produrre e immettere sul mercato sostanze e materiali facilmente biodegradabili. Plasmidi DNA batterico a b 26 (a) Visualizzazione della cellula batterica col posizionamento di DNA e filamenti plasmidici. (b) Pseudomonas putida al microscopio elettronico. Il plasmide di questo batterio (detto plasmide TOL pWW0) è portatore dell informazione genetica che conferisce la capacità disgregare e mineralizzare i contaminanti aromatici toluene, m- e p-xilene. 0110.Parte1_Cap_04.indd 135 135 Capitolo 4 Il fatto che alcuni microrganismi vivano in habitat difficili e inospitali resistendo a metalli pesanti, radiazioni ultraviolette e a substrati insoliti è dovuto alla presenza nelle cellule batteriche dei plasmidi catabolici [ 26 ]. PLASMIDI CATABOLICI I primi plasmidi capaci di degradare canfora, alcani, silicati e naftalina furono isolati in laboratorio nel 1970 nell Università dell Illinois da Gunsalus e da allora numerose sono state le ricerche sui batteri, soprattutto su Pseudomonas, versatili dal punto di vista nutrizionale e diffusissimi in natura. Come sappiamo, i plasmidi hanno la capacità di essere trasmessi e veicolati da un ceppo batterico a un altro con estrema facilità; perciò, una volta individuati i plasmidi catabolici e i relativi enzimi, si cerca di costruire ceppi microbici con capacità degradative anche sugli inquinanti. Le tecniche sono quelle dell ingegneria genetica applicata in vivo e in vitro. Tecnica in vivo In fermentatore, sono coltivate colture miste di Pseudomonas con plasmidi catabolici e ceppi di microrganismi provenienti da discariche e contenenti sostanze di sintesi e sostanze xenobiotiche. Per vie naturali, grazie al fatto che i plasmidi si trasmettono da una cellula all altra, vengono acquisite nuove capacità metaboliche. Alla fine saranno selezionati i ceppi che per coniugazione avranno acquisito i plasmidi catabolici per le nuove sostanze. Tecnica in vitro A mezzo di appositi vettori vengono trasferiti da un batterio all altro i geni catabolici o i frammenti di DNA che codificano per una nuova via enzimatica. In pratica si vanno a introdurre nell ecosistema nuovi organismi ingegnerizzati, indicati con le sigle GMO (Genetically Modified Organisms) o GEM (Genetically Engineered Microorganism). La cosa solleva molte preoccupazioni e per questo motivo sono previste norme legislative molto severe. Non potendo prevedere l evoluzione futura di questi nuovi esseri, si cerca di inattivarli, una volta che abbiano esaurito il loro compito, inserendo nel loro genoma un gene killer che li porta all autodistruzione. Altri batteri sono utilizzati nel processo di produzione della plastica. La plastica è un materiale versatile che dagli anni 50 del secolo scorso ha letteralmente invaso la vita di tutti i giorni. Mille pregi, ma anche mille difetti: il primo è quello di essere smaltita con difficoltà. Chimicamente la plastica è una macromolecola ottenuta per polimerizzazione di molecole più semplici, ma non è una novità del mondo moderno: i batteri producono plastica da milioni di anni. Il loro prodotto (poliidrossibutirrato PHB, un poliestere come tante fibre sintetiche dei nostri indumenti) è utilizzato dai batteri come materiale di riserva. Qualche piccola differenza nella struttura di questi polimeri rispetto a quelli sintetici li rende biodegradabili, ovvero demolibili rapidamente dai microrganismi decompositori dell ambiente. 02/03/21 16:53