Le colture di cellule animali vengono utilizzate sia nell’ambito della biologia cellulare sia in biologia molecolare. Nel primo caso sono usate per studi di tipo funzionale, sulla regolazione delle proteine e dei geni, sui meccanismi di crescita (metabolismo e differenziamento cellulare, ecc.).
Nel secondo caso possono essere usate per l’estrazione di acidi nucleici (RNA e DNA), per la purificazione di proteine, per studi di espressione genica e analisi dell’effetto delle mutazioni geniche.
La loro creazione trova numerose applicazioni pratiche: in medicina per la produzione di cellule staminali e di tessuti in vitro (come il tessuto epidermico artificiale, il tessuto endoteliale che riveste internamente i vasi sanguigni [ 15 ]); in oncologia per caratterizzare dal punto di vista biochimico e molecolare diversi tipi di tumori; in genetica cellulare per le diagnosi prenatali; in farmacologia per test di tossicità di droghe o farmaci e sostanze inquinanti, e per la produzione di proteine ricombinanti e di anticorpi monolocali.
A differenza degli organismi unicellulari, le cellule degli organismi pluricellulari non riescono a condurre una vita autonoma e la loro sopravvivenza dipende dalla disponibilità di un numero elevato di sostanze (zuccheri, amminoacidi, lipidi, vitamine, ioni, ecc.) che le cellule non sono in grado di procurarsi da sole e che normalmente sono presenti in quantità ben controllate all’interno del tessuto in cui esse si trovano.
Le cellule animali sono anche molto sensibili ai parametri chimico-fisici dell’ambiente in cui si trovano, quali pH, osmolarità, concentrazione di anidride carbonica e ossigeno, temperatura e in molti casi la presenza di un substrato adeguato per il loro ancoraggio. Le tipiche condizioni di coltura sono ottenute mantenendo le cellule in contenitori opportunamente trattati (fiasche e piastre Petri [ 16 ]), immerse in appropriati mezzi o terreni di coltura solidi o liquidi, che contengono le quantità appropriate delle sostanze necessarie e poste in incubatori che sono in grado di mantenere controllata la temperatura, la pressione parziale dell’anidride carbonica e l’umidità.
L’allestimento delle colture prevede:
1. frammentazione del tessuto e dissociazione delle cellule mediante breve digestione con tripsina;
2. semina delle cellule in uno specifico terreno di coltura e loro crescita in condizioni fisiche controllate;
3. distacco delle cellule e allestimento di nuove colture (subcolture). Le cellule devono essere coltivate in condizioni assolutamente sterili.
Dato il numero di fattori richiesti per la loro sopravvivenza, le cellule derivate da animali sono molto delicate e difficili da mantenere in vita in ambiente artificiale e le loro colture si dividono in colture primarie e colture permanenti, costituite da cellule immortalizzate o trasformate.
Le cellule primarie sono quelle che derivano dal tessuto o dall’organo e di solito hanno un tempo di sopravvivenza in coltura piuttosto limitato. Dopo il primo passaggio nascono le linee cellulari, che se derivano da una singola cellula sono omogenee e vengono dette linee cellulari clonali. Le cellule con caratteristiche specifiche derivate da una coltura primaria o da una linea cellulare tramite selezione o clonazione vengono chiamate ceppo cellulare. Le subcolture sono linee che derivano da cellule primarie, non sono immortali e di solito dopo un certo numero di duplicazioni, variabile a seconda del tessuto e della specie oggetto di studio, cominciano a degenerare per poi morire.
Sia le colture di cellule immortali che quelle trasformate hanno invece una capacità moltiplicativa illimitata.
Le cellule immortalizzate e le linee cellulari continue o permanenti, caratterizzate dalla possibilità di una loro divisione illimitata, prendono origine da mutazioni in geni diversi di colture primarie e si possono ottenere dai tumori (cellule HeLa) o mediante infezione con virus, attraverso trasfezione con geni immortalizzati o proteine, nonché mediante la tecnica dell’ibridoma. In tal caso, cellule B produttrici di anticorpi vengono fuse con cellule di mieloma (cellule tumorali) al fine di produrre anticorpi monoclonali.
La prima volta che da una cellula umana si è riusciti a ottenere una linea cellulare immortalizzata fu negli anni Cinquanta, attraverso l’estrazione dal carcinoma della cervice uterina dell’americana Henrietta Lacks, della linea HeLa. Da allora, nei laboratori di tutto il mondo sono state coltivate più di 50 tonnellate di cellule HeLa.
Nel campo della ricerca alla linea cellulare HeLa si sono aggiunte più di 4.000 linee cellulari, umane e animali, tra cui le cellule Vero (linea cellulare African Green Monkey), le cellule HEK-293 (linea cellulare Human Embryonic idney) e le cellule K562 (la più antica linea cellulare della leucemia umana). In base alla loro forma, le cellule delle colture in vitro si distinguono in cellule fusiformi, come i fibroblasti, e cellule poligonali, di tipo epiteliale. I fibroblasti rappresentano le colture cellulari più usate poiché si adattano meglio alle condizioni di crescita in vitro; comunque sono assai diffuse anche le colture di cellule endoteliali, cellule nervose e cellule emopoietiche [ 17 ].
Una ulteriore classificazione delle cellule utilizzate in vitro suddivide le cellule in: aderenti (o cellule in monostrato) e non aderenti (cellule in sospensione). Le cellule aderenti si attaccano sul fondo di una fiasca o di una piastra di plastica e crescendo per mitosi formano monostrati cellulari che devono essere staccati.