1  L’indagine in biologia cellulare

Per indagare nel mondo invisibile, lo strumento tipico del biologo è il microscopio grazie al quale non solo le immagini appaiono ingrandite, ma anche due punti che a occhio nudo potrebbero apparire come un solo punto appaiono separati.
Il microscopio è stato inventato nel XVII secolo dall’olandese Leeuwenhoek e da allora questo strumento è stato continuamente perfezionato e utilizzato per studiare strutture diverse fra loro. Quelli più usati in biologia, oggi, sono il microscopio ottico composto e il microscopio elettronico.
Il microscopio ottico composto permette di ottenere immagini comprese fra 200 e 1.000-1.500 ingrandimenti.
Il microscopio elettronico offre ingrandimenti delle immagini di 100.000 volte e tali immagini possono essere sottoposte a un ulteriore ingrandimento di 1.000.000 di volte con la fotografia. I preparati vengono attraversati da un fascio di elettroni e l’immagine è fissata su una lastra fotografica.
Mentre col microscopio ottico possiamo osservare le cellule, col microscopio elettronico giungiamo a scoprire le strutture che si trovano nelle cellule e anche a distinguere alcune grosse molecole. Per l’osservazione della superficie cellulare e di oggetti interi senza doverli tagliare è utilizzato il microscopio elettronico a scansione.
I preparati devono essere sottilissimi e perciò si usa uno strumento detto microtomo; in microscopia si usano le seguenti unità di misura:

• μm (micrometro) = 10−6 m;
• nm (nanometro) = 10−9 m;
• A° (angstrom) = 10−10 m.

     Indagine dei componenti molecolari
I cristalli delle grosse molecole che si trovano nelle strutture cellulari vengono esplorati attraverso il difrattometrostrumento a raggi X, e la tecnica usata prende il nome di difrattometria.
La natura dei vari componenti della cellula si analizza con la tecnica del frazionamento: le cellule vengono prima “rotte” con mezzi meccanici o chimici e poi poste in appositi strumenti chiamati centrifughe che, ruotando a fortissima velocità, separano le varie componenti in base alle loro dimensioni e forme e quando sono stratificati su una soluzione di saccarosio al 5-20%: a 800 g per 10 min sedimentano i nuclei; a 15.000 g per 10 min del sopranatante sedimentano mitocondri, lisosomi e perossisomi; a 100.000 g per 60 min del sopranatante sedimentano i frammenti di membrana e del reticolo endoplasmatico; la centrifugazione del sopranatante a 200.000 g per 3 ore fa sedimentare i ribosomi.
Il campione contenente componenti subcellulari, come lisosomi, perossisomi e frammenti di membrana, è posto in provette che sono inserite in un anello di fori cilindrici disposti su un rotore metallico che, muovendosi rapidamente, genera enormi forze centrifughe in grado di provocare la sedimentazione delle particelle.
Poiché il rotore è sotto vuoto, non si crea attrito e si impedisce il riscaldamento. Un sistema di refrigerazione mantiene il campione a 4 °C. Un’ulteriore purificazione dei vari componenti si ottiene mediante la centrifugazione in gradiente di densità in cui gli organuli vengono separati per sedimentazione attraverso un gradiente di una sostanza densa come il saccarosio.
Un altro metodo per separare le singole sostanze consiste nello sfruttare le loro diverse proprietà chimico-fisiche attraverso la cromatografia o l’elettroforesi [  2  ].
L’elettroforesi su gel consente di separare e analizzare molecole di DNA di dimensioni diverse. Molecole cariche, come acidi nucleici e proteine, possono essere separate mediante elettroforesi (migrazione in un campo elettrico).
Essendo cariche negativamente, le molecole di DNA migrano verso il polo positivo. In una matrice porosa la velocità di migrazione del DNA è inversamente proporzionale al LOG10 della sua lunghezza.
Al termine dell’elettroforesi, DNA di lunghezza diversa sono risolti in bande distinte. Attraverso questa stessa tecnica si determinano le dimensioni e la composizione in subunità di una proteina, mentre per identificare una particolare proteina in una miscela di proteine si ricorre all’utilizzo della corsa elettroforetica su gel di un anticorpo specifico primario e di uno secondario coniugato con un enzima che rivela un segnale colorimetrico. Questa tecnica si chiama western blotting o immunoblotting. Con tecniche simili si analizzano frammenti di DNA (Southern blotting) o di RNA (Northern blotting).
I marcatori usati comunemente comprendono fluoresceina o rodamina (per la microscopia a fluorescenza), l’enzima perossidasi di rafano (per la microscopia ottica convenzionale o per la microscopia elettronica) e l’enzima fosfatasi alcalina o perossidasi (per la rivelazione biochimica).
Un altro metodo indispensabile per marcare le molecole biologiche è l’uso di radioisotopi. In questi elementi, detti anche isotopi radioattivi, il nucleo è instabile e subisce degradazioni nel corso delle quali vengono emesse particelle subatomiche provviste di energia come gli elettroni (particelle β) o radiazioni come i raggi γ. Per sapere se una molecola è stata radio marcata si misura la sua attività specifica con lo scintillatore e si analizza la quantità di radioattività per unità di materiale, valutata in quantità di degradazioni per millimoli al minuto. Le molecole marcate con radioattivo possono essere evidenziate con l’autoradiografiatecnica che si usa anche per scoprire il movimento delle sostanze dentro la cellula. Le radiazioni emesse impressionano una lastra speciale formando aree più scure che indicano la localizzazione della sostanza. Lo studio delle interazioni cellulari e delle proprietà dei tessuti si evidenzia con le colture di cellule in vitro.
     La bioinformatica
Per analizzare i dati biologici che descrivono le sequenze di geni, la composizione e struttura delle proteine, i processi biochimici nelle cellule, nonché le interazioni di tutti i componenti all’interno di un organismo, si utilizzano gli strumenti informatici e la nuova scienza prende il nome di bioinformatica [  3  ]. Questa disciplina si occupa principalmente di:
• identificare tendenze e leggi numeriche fornendo modelli statistici con i quali interpretare i dati provenienti da esperimenti di biologia molecolare e biochimica;
• creare un corpus di conoscenze relative alla frequenza di sequenze di DNA, RNA e proteine attraverso modelli e strumenti matematici sempre più nuovi;
• rendere accessibili a tutti i dati acquisiti sul genoma a livello globale, organizzando le conoscenze e ottimizzando gli algoritmi di ricerca dei dati stessi per migliorarne l’accessibilità;
• simulare i processi biologici ottenendo grandi vantaggi in termini di riduzione di lavoro sperimentale in laboratorio non solo a livello di tempo, ma anche di costi: è possibile stimare la validità degli esperimenti e gli eventuali effetti positivi o negativi prima di portarlo a termine oppure valutare quale fra le opzioni di lavoro possibili è la migliore o la più efficace;
• permettere il confronto (microarray) di interi profili genici per indagini conoscitive e diagnostiche;
• costruire delle banche dati biologiche in modo tale da mettere a disposizione dei ricercatori collezioni di informazioni (sequenze nucleotidiche, proteine, geni, genomi, ecc.), organizzate per facilitare l’accesso casuale, la ricerca ed eventualmente l’utilizzo a fini statistici.

     La cellula
L’enunciato della teoria cellulare, formulata nel 1839 dai due scienziati tedeschi Matthias Jacob Schleiden, botanico, e Theodor Schwann, zoologo, è in sintesi: “La cellula è l’unità funzionale di tutti gli organismi viventi. Tutti gli esseri viventi sono fatti di cellule e da prodotti dell’attività di queste”.
L’uso del nome “cellula” però è molto più antico della teoria cellulare: fu infatti proposto per la prima volta da Robert Hooke, nel 1665, per denominare la struttura a minuscole celle vuote (in latino cellulae) che era possibile vedere osservando al microscopio una sottile fettina di sughero.
Nacque così la scienza della microscopia che confermò, attraverso moltissime osservazioni di innumerevoli preparati, che la cellula è l’unità fondamentale della materia vivente.
Il frazionamento della materia vivente in tante piccole unità permette, a parità di volume, di aumentare notevolmente la superficie di scambio con l’ambiente esterno.
Pertanto, per conoscere gli esseri viventi occorre studiare la cellula, che è la più piccola forma di vita che mantiene esattamente tutte le caratteristiche negli esseri viventi, così come per conoscere la materia non si può fare a meno di studiare l’atomo. Con l’uso di microscopi sempre più perfezionati, e in particolare del microscopio elettronico, ben presto apparve chiaro che le cellule, pur essendo analoghe sotto molti punti di vista generali, si differenziano per una caratteristica sostanziale: l’assenza, o la presenza, di un nucleo (karion) distinto e riconoscibile. Vengono perciò chiamate cellule procariote quelle fornite di membrana e citoplasma, ma sprovviste di nucleo, mentre solo le cellule eucariote presentano tutte e tre le parti fondamentali. Gli organismi unicellulari costituiti da cellule procariote vengono detti Procarioti (ne sono un tipico esempio i batteri) mentre gli organismi uni- o pluricellulari, vegetali o animali, con le cellule eucariote, vengono detti Eucarioti [  4  ].
Le tre parti fondamentali che costituiscono la cellula eucariote (membrana, citoplasma e nucleo) hanno le seguenti caratteristiche:
• la membrana è un involucro fluido, in cui la cellula stessa è contenuta, che la separa dalle altre cellule o dall’ambiente circostante, regolando anche l’ingresso e l’uscita di materiali;
• il citoplasma è una sostanza gelatinosa, ricca di acqua, sali minerali e sostanze organiche, nella quale si compie gran parte delle funzioni cellulari. Queste funzioni, nelle cellule meglio organizzate ed evolute, sono affidate a organuli;
• il nucleo è la struttura, più o meno sferica, racchiusa da un involucro poroso detto membrana nucleare. All’interno del nucleo si trovano il DNA, nel quale sono immagazzinate tutte le informazioni necessarie per la regolazione delle attività cellulari e per la determinazione delle caratteristiche di ogni singola cellula, e le proteine, solitamente presenti in coppie, in un numero variabile e caratteristico di ciascuna specie.

NUOVE Biotecnologie Agrarie e Biologia Applicata
NUOVE Biotecnologie Agrarie e Biologia Applicata