Ibridazione
Ripristinando con l’esoincrocio l’eterozigosi, si ottiene la sostituzione dei geni alterati con geni necessariamente diversi e così gli ibridi ottenuti avranno crescita, dimensioni, capacità riproduttiva diverse rispetto alle varietà da cui derivano.
Questo fenomeno viene detto lussureggiamento degli ibridi o eterosi [ 8a ]. L’eterosi, osservata fin dal 1776 da Koelreuter, fu compresa solo agli inizi del Novecento in seguito alla scoperta delle leggi di Mendel.
Immaginiamo che un individuo presenti un genotipo AAbbCCddee e un altro aaBBccDDEE: l’ibrido che si ottiene è AaBbCcDdEe. L’eterosi è forse la più grande applicazione della genetica in agricoltura. Il mais è la specie vegetale che ha tratto maggior vantaggio dalla realizzazione di varietà ibride con un vistoso aumento della produzione negli ultimi 50 anni. Gli ibridi vengono distinti in ibridi a due vie e ibridi a quattro vie [ 8b, c ].
Gli ibridi a due vie si ottengono incrociando tra loro due linee pure: il prodotto ottenuto è molto produttivo e, pur trattandosi di soggetti eterozigoti, è altamente omogeneo (ibridi F1, prima legge di Mendel).
Il limite all’utilizzo è l’elevato costo del seme, che viene seminato perciò solo nelle zone più adatte e a coltura intensiva.
Gli ibridi a quattro vie derivano dall’incrocio tra due ibridi F1: le piante sono meno omogenee e meno produttive, ma costano meno e sono perciò più indicate per essere utilizzate in zone meno vocate alla coltura. Il seme ottenuto non è una linea pura e gli agricoltori devono acquistare, ogni anno, nuovo seme dalle ditte sementiere.
Esistono anche ibridi a tre vie, risultato dell’unione di un ibrido F1 con una linea pura: le caratteristiche sono intermedie rispetto ai precedenti.
In campo zootecnico l’incrocio tra animali non parenti dà origine spesso a un aumento del vigore e dello sviluppo dei discendenti. Il vigore ibrido appare come espressione di caratteri superiore rispetto a quelli posseduti dai ceppi di entrambi i genitori e si manifesta con crescita più rapida, taglia maggiore, migliore produttività, vitalità superiore e in altri modi ancora.
Oltre al vigore degli ibridi riscontrato nelle specie rispetto ai genitori e alle specie non ibride, l’ibridazione ha un’importanza determinante nella ricombinazione dei geni e viene utilizzata anche per incrociare fra loro organismi appartenenti a specie o a generi differenti (ibridazione interspecifica).
IBRIDAZIONE INTERSPECIFICA
La maggior parte delle tecniche di miglioramento genetico ha oggi come finalità l’aumento del raccolto e la resistenza alle malattie. Spesso la resistenza è un carattere che può trovarsi nella specie selvatica affine a quella domesticata: si fanno, quindi, incroci fra le due piante per indurre il carattere di resistenza nella specie coltivata. Sono necessari incroci ripetuti affinché la specie coltivata mantenga i caratteri desiderati e acquisisca anche i geni della resistenza.
Quando una grave malattia, l’Hemiltosporium, colpì il mais distruggendo più della metà dei raccolti, si riuscì ad arginare gli effetti catastrofici a livello mondiale perché furono reperiti germoplasmi resistenti alla malattia presenti in ecotipi dei Paesi del Terzo Mondo.
Fra gli animali, gli ibridi interspecifici più conosciuti sono il mulo che deriva dall’incrocio fra una cavalla e un asino e il bardotto prodotto dall’incrocio fra un’asina e un cavallo.
Tali ibridi hanno la mole del cavallo e la resistenza dell’asino.
Poiché cavallo e asino appartengono a due specie diverse, mulo e bardotto [ 9 ] sono sterili, come molte piante che vengono artificialmente costruite dall’incrocio fra specie o generi diversi e non sono in grado di produrre polline o semi funzionanti.
Ciò è spesso dovuto
al numero differente di cromosomi nelle specie dei due genitori.Gli ibridi delle nuove generazioni hanno serie spaiate di cromosomi, che durante la meiosi non possono dare origine a cromosomi omologhi. In natura si è constatato che, fra le piante, alcuni ibridi sono riusciti a perpetuarsi aggirando l’ostacolo o mediante apomissia o attraverso la poliploidia, dando origine a un organismo fertile.
Il frumento ne costituisce un esempio ripetutosi nei millenni. Le specie attualmente coltivate sono due: grano duro, Triticum durum, con 28 cromosomi e T. aestivum con 42, ma alla loro origine hanno partecipato tre specie selvatiche diploidi con numero cromosomico 2n = 14 (n = 7). Il grano tenero risulta da una moltiplicazione per 6 del numero cromosomico di base ed è perciò un esaploide, il duro da una moltiplicazione per 4 del numero cromosomico 7 ed è perciò tetraploide. Sembra dimostrato che il T. monococcum si sia ibridato con Aegilops speltoides, specie affine al frumento, dando origine ai tetraploidi; questi ultimi avrebbero subìto, poi, una ulteriore ibridazione con Aegilops squarrosa, permettendo la creazione di frumenti esaploidi. Tali ibridi sono naturali, ma se ne conoscono anche di artificiali, realizzati dall’uomo. Una pianta nuova, costruita dall’uomo, è l’ibrido intergenerico fra il frumento e la segale chiamato triticale [ 10 ], utilizzato in zone collinari-montane per le sue qualità di produzione e resistenza.