APPENDICE

Politiche e normative, nazionali e comunitarie, di settore

L’Unione Europea e la politica ambientale 
L’Italia è membro fondatore dell’Unione Europea che, nata sulle rovine della seconda guerra mondiale, con l’obiettivo di promuovere innanzitutto la cooperazione economica tra i Paesi che la compongono (CEE), è diventata col tempo un’organizzazione attiva in tutti i settori, dagli aiuti allo sviluppo, alla politica ambientale. 
Le norme ambientali sviluppate dall’UE sono fra le più rigorose al mondo e vengono espresse attraverso trattati approvati liberamente e democraticamente da tutti i Paesi membri. Gli atti legislativi, alcuni dei quali vincolanti e altri no (molti si applicano in tutti i Paesi dell’UE, altri solo in alcuni di essi), vengono utilizzati per realizzare gli obiettivi stabiliti nei trattati. 
Quando negli anni Sessanta e Settanta nacquero le prime associazioni ambientaliste, come World Wildlife Found (1961), Friends of the Earth (1969) e Greenpeace (1971), anche nell’UE cominciò ad assumere particolare rilevanza la questione ambientale e furono adottate le prime importantissime misure normative di protezione ambientale. 
La logica che giustifica politiche ambientali gestite a livello comunitario, anziché autonomamente e separatamente dai singoli Stati membri, si fonda su ragioni di vario ordine, fra le quali quelle di ordine geografico e fisico sono di primaria importanza. L’Unione Europea, infatti, comprende diverse zone climatiche e varie regioni fisiche distinte, i cui confini naturali non corrispondono a quelli politici degli Stati con la conseguenza che la maggior parte dei problemi di degrado ambientale assume natura transnazionale e il danno ricade anche su Paesi diversi da quelli che lo originano. 
La Commissione europea determina le linee di politica ambientale per mezzo della propria struttura organizzativa, basata sulle Direzioni Generali, che hanno competenze settoriali, e sul Commissario responsabile per l’ambiente. Il Collegio dei commissari approva le proposte ambientali da inviare al Consiglio dei Ministri europei per l’ambiente. 
Le linee generali della politica comunitaria vengono delineate dalla Commissione nei Programmi di Azione per l’Ambiente (EAPs). 
Mentre la Commissione definisce le linee guida, ambientali comunitarie, è il Parlamento ad autorizzare, modificare o rifiutare il contenuto delle proposte legislative elaborate dalla Commissione europea e possiede una propria Commissione Ambiente, Salute e Sicurezza Alimentare (ENVI), che svolge la maggior parte del lavoro di scrutinio delle legislazioni ambientali. In realtà con la procedura di codecisione introdotta dal trattato di Maastricht nel 1992 e migliorata nei trattati successivi, il ruolo del Parlamento nella formazione delle politiche ambientali è aumentato notevolmente, anche se la decisione ultima sulle legislazioni spetta ai Ministri dell’ambiente dei singoli Paesi, riuniti nel Consiglio per l’Ambiente
Tra le istituzioni europee in campo ambientale va citata l’Agenzia per l’Ambiente (EEA), nata nel 1990, che svolge un’azione di supporto attraverso la raccolta sistematica e la diffusione di informazione. Infatti fornisce alle istituzioni europee e agli Stati membri dati e documentazioni in grado di assicurare la capacità di comprendere la portata dei problemi di degrado ambientale e di offrire il fondamento scientifico e l’aggiornamento dell’informazione su cui si basa l’aggiornamento delle legislazioni. 
Altre istituzioni che hanno risvolti attivi all’interno delle politiche economiche e sociali dell’Unione Europea sono il Comitato per gli Affari Economici e Sociali e il Comitato delle Regioni, che rappresenta gli interessi regionali, nonché la Corte di Giustizia che, pur non prendendo parte al processo legislativo, è fondamentale nella fase di applicazione delle legislazioni ambientali.

I programmi di azione per l’ambiente 
Da quando l’impegno dell’UE è stato rivolto all’ambiente, sono stati emanati sei Programmi di Azione per l’Ambiente (EAPs). Si tratta di piani pluriennali che delineano gli obiettivi e le linee della politica comunitaria. 
Il primo (1973-77) prendeva in esame i danni ambientali causati dall’inquinamento industriale e dichiarava che il costo necessario a ripararli doveva essere attribuito ai responsabili (polluter pays principle). 
Il secondo programma (1977-82) spostava l’attenzione della legislazione comunitaria dal recupero di danni ambientali esistenti alla prevenzione di danni ulteriori. 
Il terzo (1982-87), e soprattutto il quarto programma (1987-92), delineavano più chiaramente il legame fra le politiche economiche e la protezione ambientale. Fu in questa fase che la Commissione iniziò a premere perché si intervenisse sui ritardi fra l’emanazione di legislazioni comunitarie e il momento dell’effettiva applicazione da parte dei Paesi membri. 
Il quinto programma (1992-2002) amplia ulteriormente la politica ambientale comunitaria attraverso un maggiore livello di cooperazione anche con Paesi non facenti parte dell’Unione; è in questo contesto che viene istituito uno specifico fondo per l’ambiente, l’European Union Financial Instrument for the Environment (LIFE). Il sesto programma, che va dal 2002-2012, è fortemente impegnato nell’applicazione del protocollo di Kyoto e si concentra su quattro settori d’intervento prioritari: 1) cambiamento climatico, 2) ambiente/salute, 3) biodiversità, 4) gestione delle risorse e dei rifiuti. 

Il cambiamento climatico 
L’Unione Europea è impegnata in questo campo da molti anni, sia sul piano interno che a livello internazionale, e ha fatto della lotta al cambiamento climatico una delle priorità del suo programma di interventi oramai proiettato al 2030 e oltre. Il controllo dei gas serra deve essere attuato in tutti i settori di azione. 

Ambiente e salute 
Il settore ambiente e salute si propone di garantire la qualità ambientale, in modo da non avere conseguenze negative sulla salute umana. Per raggiungere tale obiettivo è opportuno identificare i rischi ambientali per la salute umana e inserire le priorità di ambiente e salute nelle altre politiche e nelle norme sull’aria, sulle acque, sui rifiuti e sul suolo; vietare o limitare l’uso dei prodotti fitosanitari più pericolosi e garantire l’applicazione delle migliori pratiche di uso; adottare e applicare la direttiva sull’inquinamento acustico. 
Nel caso degli organismi geneticamente modificati (OGM), la normativa comunitaria è in vigore dai primi anni Novanta e nel tempo è stata sottoposta ad ampliamenti e miglioramenti che hanno dato vita da un lato a norme specifiche atte a tutelare la salute dei cittadini e l’ambiente, dall’altro a un mercato unificato per la biotecnologia. Una procedura di autorizzazione basata su una valutazione caso per caso dei rischi per la salute umana e per l’ambiente deve essere adottata prima che un OGM, o un prodotto contenente o costituito da OGM (ad esempio granturco, colza o microrganismi), possa essere introdotto nell’ambiente o immesso in commercio. 

Biodiversità 
L’Unione Europea è impegnata a proteggere e ripristinare la struttura e il funzionamento dei sistemi naturali e ad arrestare l’impoverimento della biodiversità anche su scala mondiale. Per raggiungere tale obiettivo si propone di applicare la legislazione ambientale, principalmente nei settori delle acque e dell’atmosfera, e coordinare gli interventi degli Stati membri in caso di incidenti e catastrofi naturali, tutelando, salvaguardando e ripristinando i paesaggi e proteggendo il patrimonio boschivo, il suolo, l’habitat marino e il litorale. Si occupa altresì di integrare la tutela della natura e della biodiversità nella politica commerciale e di cooperazione allo sviluppo e di migliorare i controlli, l’etichettatura e la tracciabilità degli OGM. 

Gestione delle risorse naturali e dei rifiuti 
L’obiettivo della gestione delle risorse naturali e dei rifiuti è garantire che il consumo di risorse rinnovabili e non rinnovabili non superi la capacità di carico dell’ambiente e si ottiene migliorando l’efficienza delle risorse e diminuendo la produzione di rifiuti del 50% entro il 2050.
La Politica Agricola Comune Europea (PAC) 
La Politica Agricola Comune, detta anche PAC, costituisce una delle più importanti politiche dell’Unione Europea e si prefigge, ai sensi dell’articolo 33 del trattato che istituisce la Comunità Europea (ex articolo 39 del trattato di Roma, firmato nel 1957), di: a) incrementare la produttività dell’agricoltura, sviluppando il progresso tecnico; b) migliorare il reddito individuale di coloro che lavorano nell’agricoltura assicurando loro un equo tenore di vita; c) stabilizzare i mercati; d) garantire la sicurezza degli approvvigionamenti; e) assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori. 
Per raggiungere tali obiettivi l’art. 34 prevede la creazione di una Organizzazione comune dei mercati agricoli (OCM). 
La PAC tiene pienamente conto anche delle preoccupazioni di consumatori e contribuenti e contemporaneamente offre agli agricoltori dell’UE la libertà di adeguare la produzione alle esigenze del mercato richiedendo loro, in cambio, di attenersi a determinate norme fitosanitarie e rispettare quelle di tutela ambientale, sicurezza alimentare e benessere degli animali. 
Degni di particolare rilievo sono i progetti agroambientali che furono introdotti dalle riforme PAC fin dal 1992 e consolidati in un asse specifico della politica di sviluppo rurale per il periodo 2007-2013 per salvaguardare l’ambiente. Tali progetti sono stati talmente importanti che tutti gli Stati membri dell’UE hanno avuto l’obbligo di proporli ai loro agricoltori i quali, in caso di adesione volontaria per un periodo minimo di cinque anni, hanno assunto un ruolo determinante nel compiere un servizio ambientale che va oltre il rispetto delle buone pratiche agricole e delle norme giuridiche di base. 
Dal canto suo l’UE offre un’assistenza finanziaria agli agricoltori che accettano di adeguare le proprie pratiche agricole, in particolare riducendo il numero di fattori di produzione utilizzati o il numero di animali per ettaro di terra, rinunciando a coltivare le zone di confine dei campi, creando stagni, altri elementi paesaggistici o impianti di alberi e siepi; inoltre sostiene parte dei costi di tutela ambientale insistendo sul rispetto delle norme ambientali (nonché delle norme in materia di sicurezza alimentare, di quelle sanitarie e di quelle relative alla salute animale e vegetale) e sull’opportuna conservazione dei terreni. 
La nuova PAC 2021-2027 sarà incentrata su l’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli ed una nuova struttura di governance. Probabilmente entrerà in vigore nel 2023, dopo due anni di regime transitorio. Uno degli obiettivi sarà quello di vincolare gli agricoltori a pratiche più rispettose del clima e dell’ambiente in cambio di finanziamenti diretti. Almeno il 30% degli aiuti diretti sarà rivolto a regimi ecologici volontari, mentre il 35% dei finanziamenti sarà riservato a qualsiasi tipo di misura legata al clima o all’ambiente, inoltre il restante 30% sarà indirizzato agli agricoltori per la lotta al cambiamento climatico, la tutela della biodiversità e la gestione sostenibile delle risorse naturali. È prevista la riduzione dei pagamenti diretti annuali agli agricoltori al di sopra dei 60 mila euro, stabilendo il massimale a 100 mila euro. Almeno il 6% dei pagamenti diretti nazionali riguarderà il sostegno alle aziende agricole di piccole e medie dimensioni, inoltre ciascuno Stato avrà l’opportunità di riservare almeno il 2% delle dotazioni per i pagamenti diretti a sostegno dei giovani agricoltori.

L’agricoltura biologica 
L’agricoltura biologica è un metodo di produzione che si prefigge di integrare i prodotti biologici nel concetto di “alimenti naturali privi di residui chimici” e di affrontare i problemi che sorgono dal riorientamento dell’attività agricola nel contesto più generale della conservazione ambientale. 
L’agricoltura biologica conserva la struttura e la fertilità del suolo, promuove un livello elevato di benessere degli animali e garantisce la produzione di derrate alimentari mediante l’utilizzo esclusivo di risorse ottenute all’interno dell’azienda agricola, riducendo al massimo gli “input”, come pesticidi di sintesi, erbicidi, fertilizzanti chimici, promotori della crescita quali antibiotici od organismi geneticamente modificati. 
Le tecniche utilizzate dagli agricoltori, inoltre, contribuiscono a sostenere gli ecosistemi e a contenere l’inquinamento consentendo, ad esempio, per la fertilizzazione e la difesa delle piante, l’impiego esclusivo di concimi e di prodotti fitosanitari di origine animale, vegetale e minerale, mentre il controllo delle infestanti viene effettuato attraverso le lavorazioni del terreno e l’applicazione di adeguate rotazioni colturali. 
L’agricoltura biologica, inoltre, ha altre apprezzabili caratteristiche: 
• è sostenitrice della diversità biologica, soprattutto dell’impiego di varietà adatte ad un determinato ambiente e resistenti per loro natura ai parassiti e alle malattie; 
• garantisce la conservazione di un patrimonio genetico importante, offrendo contemporaneamente al consumatore prodotti alimentari variati e caratteristici; 
• favorisce soprattutto i sistemi di pollicoltura e allevamento di particolare interesse ambientale e paesaggistico; 
• assicura da un lato, l’offerta di prodotti agricoli sani e privi di residui di origine chimica e, dall’altro, elimina i rischi di contaminazione e inquinamento dell’ambiente naturale, sia a livello di terreno sia di falde freatiche. 

Principi e obiettivi dell’agricoltura biologica 
L’agricoltura biologica parte da un metodo di valutazione unitario e un’azienda così condotta risulta un’unità in cui, per motivi ecologici ed etici, si rinuncia a una specializzazione estrema e a uno sfruttamento intensivo troppo spinto. 
Secondo l’IFOAM (International Federation of Organic Agriculture Movements) i principi e gli obiettivi dell’agricoltura biologica sono: 
• produrre alimenti di elevato valore nutritivo in quantità sufficiente; 
• lavorare con metodi secondo natura piuttosto che tentare di soggiogare la natura; 
mantenere e incrementare una durevole fertilità del suolo
• innescare cicli biologici in un sistema di agricoltura che coinvolga microrganismi, flora e fauna del suolo, piante e animali; 
• utilizzare il più possibile risorse rinnovabili in sistemi agricoli organizzati localmente; 
• lavorare il più possibile con sistemi agricoli chiusi per quanto riguarda sostanza organica ed elementi nutritivi; 
• garantire agli animali allevati adeguate condizioni di vita
• evitare tutte le forme di inquinamento derivanti dalle tecniche agricole; 
• mantenere la diversità genetica del sistema agricolo e dei suoi dintorni, inclusi piante e habitat selvatici; 
• assicurare ai produttori condizioni di vita soddisfacenti, adeguata retribuzione e sano ambiente di lavoro; 
• valutare l’impatto sociale ed ecologico del sistema agricolo. 

Agricoltura biologica e PAC 
I progressi e i cambiamenti registrati negli anni Novanta dalla Politica agricola comune (PAC) e, più in generale, la consapevolezza raggiunta a livello politico delle implicazioni ambientali delle attività agricole contribuirono a creare un contesto favorevole al riconoscimento e allo sviluppo dell’agricoltura biologica. Il 24 giugno del 1991 fu approvato dal Consiglio della CEE il Regolamento n. 2092, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 22/07/91, “relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e dell’indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari”. Esso sostiene che l’agricoltura biologica deve: 
1. essere applicata su ogni appezzamento per un periodo “di conversione” di almeno due anni; 
2. mantenere o incrementare la fertilità e l’attività biologica del suolo
3. prevedere una difesa dai parassiti, dalle malattie e dalle piante infestanti basata sulla scelta di varietà adeguate e di tecniche appropriate
Questo Regolamento, in seguito ai profondi mutamenti del quadro normativo comunitario relativo alle produzioni agroalimentari ottenute con metodo biologico, è stato ormai abrogato dal 1° gennaio 2009 e sostituito dal Reg. CE 834/07. 
La riforma più radicale e globale della Politica agraria comune è rappresentata da Agenda 2000 che contempla tutti gli ambiti di competenza della PAC (economico, ambientale e rurale) fornendo una solida base per il futuro sviluppo dell’agricoltura nell’Unione, un’agricoltura comunitaria multifunzionale, sostenibile e concorrenziale. 
I Regolamenti comunitari di importanza per l’agricoltura biologica sono qui di seguito richiamati. 
1) Regolamento 2092/91 detta le norme fondamentali sul metodo di produzione biologico, esclusi il settore zootecnico, demandato ad altro regolamento, e altri settori come la vinificazione e la produzione dell’olio di oliva. Definisce anche le regole per l’etichettatura e il controllo dei prodotti ottenuti con metodo biologico e per l’importazione degli stessi da Paesi terzi. 
2) Reg. 2078/92 riguarda i metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze dell’ambiente e con la cura dello spazio naturale: è il più specifico per l’agricoltura biologica e integra il Reg. 2092/91, sempre per lo stesso comparto, stabilendo le modalità per usufruire di contributi. 
3) Reg. 1804/99, approvato dal Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea, completa il Regolamento 2092/91 sull’agricoltura biologica, per le produzioni animali. Tale regolamento fu pubblicato il 24/8/99 sulla “Gazzetta Ufficiale” della Comunità Europea e applicato il 24/8/2000, ad eccezione del divieto dell’uso di OGM e loro derivati nell’alimentazione degli animali che furono obbligatori da subito. 
4) Reg. 1760/2000 per il comparto zootecnico, previsto dal Parlamento e dal Consiglio europeo, che abroga la normativa 820/97, riscrive le norme sull’etichettatura delle carni bovine al fine di evitare le continue oscillazioni del mercato; la stabilità di questo comparto si può ottenere solamente grazie alla trasparenza di produzione e di commercializzazione, garantendo al consumatore la tracciabilità completa dell’alimento. Il sistema d’identificazione e di registrazione dei bovini si basa sull’adozione di marchi auricolari; deve essere ancora costituita una banca dati in grado di rilasciare un passaporto entro 14 giorni dalla nascita, da consegnarsi, al termine della vita dell’animale, all’autorità competente o al responsabile del mattatoio. Il controllo può essere fatto per un singolo animale o considerando un gruppo di più animali. 
5) Reg. 2328/91, modificato dal Reg. 3669/93, permette agli operatori nel campo dell’agricoltura biologica di ottenere aiuti finanziari ed è accessibile a tutte le aziende agrarie per il miglioramento delle strutture. Sono previsti anche interventi specifici per aziende in zone svantaggiate e per l’istituzione di associazioni agricole, in particolare nei sistemi agricoli alternativi. 
6) Reg. CE 834/07, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, che abroga il Regolamento (CEE) n. 2092/91 ed entra in vigore il 27 luglio 2007. Consolidato con Reg. CE 967/08 al 03/10/08, è applicato a decorrere dal 1° gennaio 2009. I Ministri dell’agricoltura dell’Unione Europea hanno raggiunto un accordo politico su un nuovo regolamento relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, che semplifica la materia sia per gli agricoltori sia per i consumatori. L’uso del marchio biologico UE è reso obbligatorio, ma può essere accompagnato da marchi nazionali o privati. Un’apposita indicazione informerà i consumatori del luogo di provenienza dei prodotti. Potranno avvalersi del marchio biologico solo i prodotti alimentari che contengono almeno il 95% di ingredienti biologici, ma i prodotti non bio potranno indicare, nella composizione, gli eventuali ingredienti biologici. Resta vietato l’uso di organismi geneticamente modificati ed ora verrà indicato espressamente che la presenza accidentale di OGM in misura non superiore allo 0,9% vale anche per i prodotti bio. 
7) Reg. CE 889/08, varato il 5 settembre 2008, recante modalità di applicazione del Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, per quanto riguarda la produzione biologica, l’etichettatura e i controlli, consolidato con Reg. CE 1254/09, Reg. CE 710/09 e Reg. CE 271/10 al 01/07/10. 
8) Reg. (UE) 848/18 del 30 maggio 2018, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CE) n. 834/07. L’applicazione dei Regolamenti varati a livello comunitario è rimandata alla legislazione dei singoli Paesi e, per quanto concerne l’Italia, sono le Regioni a stabilirne le modalità. Le normative europee, nazionali e regionali, devono essere applicate e rispettate nelle aziende biologiche o nelle aziende che si convertono a questo sistema di produzione. Ogni azienda biologica è soggetta a controlli che vengono effettuati da specifici organismi a capo dei quali vi è l’Associazione italiana agricoltura biologica (Aiab). Essa fornisce informazioni sulle tecniche di bioagricoltura e di zootecnia, sugli agriturismi e sui corsi per le certificazioni, non solo svolgendo il ruolo di fulcro centrale, ma occupandosi anche di assistenza tecnica e ricerca nel campo biologico.

Aggiornamento normativo sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari 
Con il Decreto Legislativo 14 agosto 2012, n. 150, pubblicato sulla G.U. 202 del 30 agosto 2012 ed entrato in vigore il 14/09/2012, l’Italia ha recepito la Direttiva europea 128/2009 sugli usi sostenibili dei prodotti fitosanitari. Tale Direttiva ha lo scopo di assicurare che gli Stati membri UE mettano in pratica tutte le misure (formazione, controlli, regolamentazioni) della politica stabilita dai Regolamenti che costituiscono il “Pacchetto Pesticidi”. Essi sono il Regolamento 1107/2009 sull’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e il Regolamento 1185/2009 relativo alle statistiche sui pesticidi. Il piano di azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, redatto entro il 26 novembre 2012, definisce misure, tempi e modalità per la riduzione dei rischi e degli impatti sulla salute umana, sull’ambiente e sulla biodiversità dovuti all’utilizzo dei prodotti fitosanitari. Molti dei principi, come i controlli delle attrezzature, il divieto ai trattamenti aerei, con possibilità di deroga, la protezione delle acque, il registro dei trattamenti, sono recepiti da tempo dalle normative italiane, ma in questa Direttiva sono presenti anche novità fondamentali che riguardano l’obbligo della difesa integrata e la commercializzazione e l’uso dei prodotti fitosanitari, con necessità di autorizzazioni, formazione e sanzioni per chi non rispetta le norme. Queste novità, con l’eccezione della obbligatorietà della difesa integrata, sono entrate in vigore il 26 novembre 2015 quando fu realizzato completamente il sistema della formazione, strutturato a partire dal novembre 2013. 
1. Fin dal 1° gennaio 2014 è stata resa obbligatoria la difesa integrata per tutte le aziende agricole. 
2. Fin dal novembre 2015 tutte le attrezzature per la distribuzione dei prodotti fitosanitari devono essere controllate. 
3. L’uso dei prodotti fitosanitari in aree specifiche è stato ridotto, previa valutazione del rischio per la salute dei residenti e dell’ambiente. 
4. Il patentino è necessario non solo per l’acquisto, ma anche per l’utilizzo e il post-utilizzo dei prodotti fitosanitari. L’autorizzazione è concessa solo agli utilizzatori professionali mentre a utilizzatori non professionali è vietata la vendita di prodotti non destinati a loro. 
5. Ogni punto vendita, per poter commercializzare i prodotti fitosanitari, si deve dotare di un tecnico munito di certificato di abilitazione e in possesso di adeguata preparazione sulle tecniche di difesa integrata, in grado di fornire agli acquirenti tutte le consulenze necessarie per l’utilizzo (e soprattutto per il post-utilizzo) di tali prodotti. 
6. Acquisto, utilizzo, vendita o detenzione di prodotti fitosanitari o coadiuvanti senza certificato di abilitazione saranno puniti con sanzioni da 5.000 a 20.000 euro e da 1.000 a 10.000 euro per mancato accertamento dell’idoneità. Tali sanzioni sono state previste già dal novembre 2016 per distributori e consulenti. 
7. Alcuni adempimenti che riguardano agricoltori e contoterzisti, come la tenuta del registro trattamenti e l’irrorazione aerea, prevedono un regime sanzionatorio fin dal settembre 2012 mentre il mancato rispetto di misure a tutela dell’ambiente acquatico, delle fonti di approvvigionamento di acqua potabile e delle aree specifiche è sanzionato già a decorrere dal 1° gennaio 2014.

Il registro dei trattamenti 
Il registro dei trattamenti fitosanitari conosciuto anche come “quaderno di campagna, è un registro obbligatorio per tutte le aziende agricole che utilizzano i PF per la difesa delle colture. Il quaderno di campagna è stato istituito con il DPR 290 del 23 aprile del 2001, in seguito il Decreto legislativo 150 del 14 agosto 2012 ha stabilito che tutti i prodotti fitosanitari ammessi e impiegati in campo devono essere trascritti sul registro dei trattamenti. Secondo quanto previsto dall’art.16 del D.Lgs 150/2012, nel registro dei trattamenti fitosanitari bisogna riportare: 
• l’anagrafica dell’azienda; 
• la denominazione della coltura trattata e la sua estensione espressa in ettari: 
• la data del trattamento; 
• il prodotto fitosanitario utilizzato, specificando se di tipo tossico, molto tossico, nocivo, irritante o non classificato; 
• le sue quantità espresse come da unità di misura in etichetta (Kg, L-litri, ecc.); 
• le avversità che hanno reso necessario il trattamento. 
I trattamenti devono essere annotati entro il periodo della raccolta o, al più tardi, entro 30 giorni dalla loro effettuazione. Il registro deve essere conservato almeno per 3 anni successivi a quello a cui si riferiscono gli interventi, insieme alle fatture d’acquisto dei prodotti e alla copia dei moduli di acquisto con relativa classificazione di pericolo. In aggiunta al registro dei trattamenti, gli aderenti al Piano di Sviluppo Rurale (PSR) e le aziende che ricadono in zone vulnerabili da nitrati sono tenuti anche alla compilazione dei seguenti registri: 
• Registro di magazzino e registro delle concimazioni per chi aderisce alla misura 214 (ambito agroambientale); 
• Registro delle concimazioni per chi aderisce alla misura 211 (indennità compensativa).

Le fasi evolutive della difesa in sintesi
• Anni 1950-60
- Affermazione spontanea e incontrollata dei mezzi di lotta sintetici
- Primi interrogativi sugli effetti secondari negativi.
• Anni 1970-90
- Inzio del percorso verso la razionalizzazione.
- Italia apripista: dalla lotta guidata alla produzione integrata.
• Da anni 1990
Entrata in campo della CE e inizio costruzione di un nuovo quadro normativo finalizzato a regolare il sistema della difesa in senso fortemente cautelativo per l’uomo, la biodiversità e l’ambiente.


I provvedimenti italiani collegati al riordinamento normativo europeo della difesa fitosanitaria
• DL 152/2006: norme in materia ambientale (tutela acque dall’inquinamento)
• DM 27417 del 12/12/2011: protezione acque dall’inquinamento (fasce tampone)
• DL 124 del 22 giugno 2012: attuazione della Direttiva 127/2009 (macchine)
• DL 150 del 14 agosto 2012: attuazione della Direttiva 128/2009 (uso sostenibile dei prodotti fitosanitari)
• Decreto 22 gennaio 2014: Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari
• Decreto 22 gennaio 2018: misure e requisiti dei prodotti fitosanitari per uso non professionale


• Minimo comune denominatore dei tre modelli di difesa:
- applicazione dei principi generali di difesa integrata (Allegato III della Direttiva 128/2009)
- rispetto della normativa italiana relativa all’uso dei mezzi tecnici di lotta

• Alcune specificità sul diverso modo di interpretare e applicare i principi della difesa integrata

La recente e attuale virtuosa evoluzione della difesa fitosanitaria
• Recentemente si è andati verso una progressiva razionalizzazione del sistema di gestione degli interventi (nei modi e nei tempi) e verso modelli regolati anche dalla considerazione del rapporto costi/benefici

Questa modalità operativa ha favorito
La riduzione degli effetti secondari indesiderati dovuti ai mezzi di lotta, quali:
• tossicità per la salute degli operatori e degli astanti;
• residui sulle derrate di origine vegetale;
• dannosità per le specie non nocive;
• inquinamento ambientale.

Le criticità dell’attuale fase evolutiva della difesa
• Progressiva riduzione della disponibilità di prodotti fitosanitari a seguito del nuovo, stringente quadro normativo (soprattutto in Europa):
- eliminazione e limitazione per motivi tossicologici ed ecotossicologici;
- ridotto «turn over» a causa degli ingenti investimenti richiesti.
• Limitazioni volontarie dei residui dei prodotti fitosanitari in modo avulso dai parametri tossicologici legali (strategie commerciali nella vendita di prodotti ortofrutticoli)
• Crescente sviluppo di resistenze degli organismi nocivi alle sostanze attive moderne
• Difficoltà in diversi settori nella auspicata valorizzazione dei mezzi di lotta naturali
• Comparsa di nuovi organismi nocivi, spesso di difficile controllo

NUOVE Biotecnologie Agrarie e Biologia Applicata
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