Per l’iniezione vera e propria sono stati impiegati sia i metodi e le apparecchiature già in uso, sia altri appositamente studiati, come quello proposto dalla spagnola Fertinyect [ 48 ].
Il risanamento delle palme attaccate dal punteruolo rosso mediante endoterapia in Italia è stato oggetto di prove di semi-campo [ 49 ], e anche di campo, che purtroppo hanno fornito risultati poco incoraggianti rispetto a tutte le molecole testate.
Un metodo di risanamento di tipo meccanico tuttora praticato è la cosiddetta (impropriamente) dendrochirurgia. Si tratta di un intervento che trae spunto da una pratica un tempo in uso alle Canarie per estrarre il guaranà o miele delle palme: nel caso del punteruolo la potatura è radicale, con eliminazione di tutte le foglie, preservando l’apice vegetativo che sta al centro della corona, appena sotto i primi strati di tessuto (è necessaria dunque competenza in quanto il danneggiamento dell’unico polo di crescita della palma ne comprometterebbe la sopravvivenza); si procede quindi alla pulizia, rimozione e distruzione del rincoforo in tutti gli stadi ritrovati e solitamente si conclude con l’aspersione di insetticida e la copertura con mastice delle parti rimaste esposte. Tale intervento può risultare utile se l’infestazione non è avanzata, ma anche qualora si riuscisse a ripulire completamente la palma dal punteruolo e dunque a eliminare il rischio di una reinfestazione generata da individui rimasti al suo interno, resterebbe sempre il rischio di nuovi attacchi provenienti dall’esterno [ 50 ]. La ricerca di soluzioni per arginare l’avanzata del punteruolo rosso ha indotto privati e ricercatori a esplorare e provare davvero ogni possibile mezzo di difesa di tipo chimico, meccanico, fisico, biocida a base di sostanze di origine naturale, biologica e biotecnologica.
Dei mezzi chimici abbiamo già in parte parlato a proposito dell’endoterapia. L’impiego tradizionale degli insetticidi chimici è l’irrorazione e anche per le palme è possibile ricorrere a questa soluzione, però sostanzialmente solo a scopo preventivo in quanto l’insetticida - anche se sistemico - non è in grado, somministrato per via fogliare, di colpire le larve che si sviluppano all’interno dello stipite; alcune sostanze attive hanno la proprietà di essere assorbite dall’apparato radicale e quindi possono essere somministrare per irrigazione. Pertanto bisogna supporre, sempre che esse riescano a raggiungere in quantità sufficienti le larve, che possano esercitare anche una qualche azione curativa. I trattamenti tradizionali con insetticidi chimici a scopo preventivo si prestano a un impiego soprattutto in vivaio. Attualmente sono ammesse le seguenti sostanze attive: imidacloprid + ciflutrin, clorpirifos metile, clothianidin, abamectina, da somministrasi per aspersione alla chioma e/o per irrigazione al terreno e/o per endoterapia secondo l’etichetta del prodotto commerciale.
Tra i mezzi meccanici, oltre alla descritta dendrochirurgia, si è sperimentato l’impiego delle reti anti-insetto [ 51 ], metodo che tuttavia è stato praticamente abbandonato sia a causa della sua scarsa affidabilità sia per inconvenienti e danni rilevati circa il buono stato di conservazione della chioma.
Tra i mezzi fisici è apparso interessante un sistema di risanamento basato sull’irraggiamento di microonde. Una ditta privata ha realizzato una apparecchiatura chiamata Ecopalm, studiata appositamente per poter cingere la zona del capitello, dove generalmente si concentra la popolazione del rincoforo, e quindi emettere le microonde [ 52 ]. L’irraggiamento sviluppa calore che in pratica “cuoce” il rincoforo (ovviamente si impiegano dosaggi calibrati per non arrecare danno alla palma); il sistema si presta anche per la bonifica e lo smaltimento in sicurezza di palme infestate e abbattute (in questo caso le dosi di irraggiamento potranno essere molto alte per non lasciare scampo all’insetto). Questo metodo ha destato l’attenzione dei ricercatori che ne hanno testato l’efficacia in modo scientificamente controllato, con risultati preliminari apparsi incoraggianti per proseguire la sperimentazione, con la messa a punto di protocolli accurati per stabilire, per ogni tipologia di palma, tempi di esposizioni e potenza irradiata. Similmente a quanto detto per la dendrochirurgia, anche qualora con un trattamento si distruggessero tutti i rincofori presenti su una palma infestata (in effetti la mortalità che generalmente si ottiene con l’impiego delle microonde è vicina o uguale al 100%), questa resterebbe nel futuro sempre esposta al rischio di nuovi attacchi.
Col proposito di verificare l’efficacia di sostanze insetticide di origine naturale, i cosiddetti pesticidi ecosostenibili (in inglese green pesticides), cioè sostanze perfettamente adatte all’impiego in ambiente urbano, sono state effettuate prove preliminari di laboratorio con biocidi ecologici quali l’escina (ottenuta dall’ippocastano e appartenente al gruppo chimico delle saponine, sostanze che si ritiene vengano utilizzate dalle piante come difesa contro organismi patogeni) e un’altra saponina che si estrae dalla corteccia della Quillaja saponaria (albero sempreverde esotico, di origine sudamericana, conosciuto anche come “albero del sapone”). I risultati hanno mostrato che solo alcune delle larve trattate sono morte e, per di più, in tempi ritenuti eccessivamente lunghi, per cui l’applicazione pratica di tali sostanze di contro il punteruolo rosso è stata giudicata improponibile.
I mezzi biologici, intesi come agenti biocidi impiegabili per il controllo degli insetti dannosi, sono molteplici (virus, batteri, funghi e nematodi entomopatogeni) e nel caso del punteruolo rosso l’interesse si è concentrato in particolare su funghi (Beauveria bassiana e Metarhizium anisopliae) e nematodi (Steinernema sp. e Heterorhabditis sp.).
In quanto ai funghi entomopatogeni [ 53 ], sono stati individuati ceppi che in ambito sperimentale hanno prodotto valori di mortalità fino al 90-100%; tuttavia il loro limite tecnico è dato dalla sostanziale incapacità di penetrare all’interno delle palme, ossia di raggiungere le larve. Anche per ovviare a tale aspetto, si è pensato a una strategia di lotta microbiologica, attualmente in fase di studio, con trappole aperte contaminanti, cioè trappole attrattive provviste di grano e riso inoculati con isolati di ceppi fungini entomopatogeni, in modo che gli adulti del rincoforo, passando attraverso la trappola, ne escano infettati.
L’impiego dei nematodi entomopatogeni [ 54 ], fin dalle prime esperienze effettuate in laboratorio e nelle prove di semi-campo (in questo caso solitamente vengono associati a una soluzione contenente chitosano, sostanza di origine naturale che si ritiene incrementi l’efficacia del trattamento), è apparso molto promettente, in quanto questi organismi sono potenzialmente in grado di provocare una forte percentuale di mortalità nelle popolazioni del rincoforo; tuttavia nell’impiego in campo gli esiti sono stati alterni. Peraltro è stato appurato che i nematodi non sono in grado di riprodursi nel corpo delle larve e ciò significa che viene a mancare l’effetto sperato di propagazione spontanea dell’infezione entro le popolazioni del punteruolo rosso.
Infine per quel che concerne i mezzi biotecnici, si può citare l’uso di trappole per la cattura di massa (masstrapping). Le trappole vengono normalmente impiegate per monitorare presenza e voli del punteruolo sul territorio: l’innesco è costituito dal feromone di aggregazione (chiamato comunemente ferrugineolo) potenziato da ulteriori attrattivi olfattivo-alimentari (melassa, acetato di etile); anche il colore e la forma della trappola contribuiscono alla sua attrattività o efficacia [ 55 ].
Ai fini del mass trapping le trappole devono essere dispiegate in gran numero sull’area prescelta (indicativamente 1 trap/2.500 m2, 1/100-200 m su viali); in Italia sono stati avviati progetti di cattura di massa con l’idea di poterli in un prossimo futuro inserire, quando fossero disponibili sostanze repellenti per il punteruolo (sono in corso ricerche in questa direzione), in una strategia di push and pull, consistente nell’abbinare all’effetto attrattivo delle trappole l’azione repulsiva della sostanze repellenti da irrorare sulle palme. In Sicilia sono state effettuate prove di cattura di massa a Marsala e a Palermo [ 56 ], ma per il momento il mass trapping è da ritenersi, nei confronti di R. ferrugineus e nei nostri ambienti, solo di utilità accessoria.
Un aspetto centrale delle strategie di lotta è costituito dalla diagnosi precoce, sia per tentare un risanamento sia per eliminare il focolaio di infestazione con l’abbattimento della palma (misura di eradicazione prevista dal decreto di lotta obbligatoria). L’ispezione visiva delle foglie e del capitello è assai complicata e costosa, dovendosi generalmente impiegare appositi elevatori o far ricorso a specialisti del tree-climbing.
Si è provato a ovviare mediante microcamere wireless munite di un’asta telescopica e collegate a un computer portatile, ma le prove non sono risultate soddisfacenti, così come il tentativo di esplorare in qualche modo l’interno dello stipite mediante indagine endoscopica (tecnica tra l’altro invasiva in quanto richiede di aprire un foro per introdurre la fibra ottica). Inoltre sono state sperimentate tecniche diagnostiche termometriche, utilizzando cioè termocamere all’infrarosso in grado di rilevare le variazioni della temperatura interna della palma, nella supposizione che le piante attaccate mostrino parametri diversi da quelle sane a causa dei processi di fermentazione innescati dall’attività trofica delle larve, che portano a un aumento della temperatura; tuttavia, anche se tale tecnica è apparsa suscettibile di sviluppo, i risultati fin qui ottenuti sono stati giudicati solo parzialmente indicativi dell’effettiva presenza del rincoforo. Sempre nel campo della rilevazione termografica, sono state avviate ricerche per valutare la possibilità di una diagnosi remota mediante fotografia da terra e aerea, con camere all’infrarosso: si tratta di un metodo alquanto complesso, specialmente nell’analisi e nell’interpretazione dei dati rilevati, e attualmente gli esiti delle prove condotte sono da approfondire e verificare. Come considerazione generica si può dire che le palme fortemente infestate mostrano gradienti di temperatura più elevati nella parte centrale della chioma per effetto della forma modificata della chioma stessa, che tende a disporsi a ombrello, e in parte a causa delle fermentazioni alla base della corona causate dall’attività del rincoforo.
Un altro sistema di diagnosi precoce preso in considerazione parte dal presupposto che le piante colpite emettano sostanze volatili odorose identificative dello stato di attacco.
In effetti in altri Paesi, e anche da noi, si è provato a sfruttare i cani (nei cani dal fiuto molecolare il naso può contenere fino a 320 milioni di recettori olfattivi contro i 5-6 dell’uomo) con riscontri positivi che ne suggeriscono un possibile impiego, soprattutto in vivaio e in fase di ispezione su palme in movimentazione [ 57 ].
Sotto il profilo più specificatamente scientifico, si sta studiando la fattibilità di una diagnosi precoce basata sulle molecole volatili emesse dalla palma sotto attacco attraverso due sistemi di diagnosi. Il primo consiste nella discriminazione delle molecole volatili fogliari rilasciate dalla palma attaccata dal punteruolo mediante un naso elettronico portatile: in pratica si preleva aria nella zona delle foglie, quindi la si sottopone all’apparecchiatura per l’analisi; l’apparecchio [
58 ] è in grado di “fiutare”, identificare e memorizzare gli odori, e dunque in pratica riconoscere le emissioni di odori caratteristici. Il secondo sistema è basato sul rilevamento di particolari sostanze presenti nelle foglie di palma sana e su quelle di palma colpita dal punteruolo, attraverso estrazione rapida e
analisi cromatografica dei metaboliti fogliari, più precisamente fingerprint dei composti fenolici. Il termine fingerprint vuol dire “impronta digitale” e indica le tecniche analitiche idonee a raccogliere, sotto forma di spettro, la composizione di un dato materiale o di suoi particolari componenti al fine di definirlo e caratterizzarlo (è una tecnica impiegata ad esempio per determinare l’autenticità degli alimenti). L’obiettivo finale di tali studi è individuare una molecola marker, cioè inequivocabilmente caratterizzante, sintetizzata dalla pianta sotto attacco. A tutt’oggi per R. ferrugineus è ancora vuoto il capitolo relativo alla lotta biologica: come generalmente accade per gli insetti esotici importati da altri ambienti, il punteruolo rosso non ha trovato nei Paesi del Mediterraneo limitatori naturali e questo fatto ne ha favorito ovviamente l’espansione. La mortalità naturale e l’incidenza di fattori biotici di limitazione sono basse; in Italia sono stati osservati frequenti casi di presenza, quasi esclusivamente su adulti, di un acaro parassita, Centrouropoda almerodai, che però è in grado solo di ridurre la durata della vita del punteruolo rosso. Del resto anche i funghi entomopatogeni, pur essendo assai diffusi nei nostri ambienti, non appaiono in grado di contenere le popolazioni del rincoforo.