8  Eredità multifattoriale

Mendel fu in grado di scoprire le leggi che portano il suo nome perché i caratteri da lui esaminati erano monofattoriali,
ossia dovuti all’azione di un solo gene. In realtà, nella maggior parte dei casi, i caratteri sono multifattoriali, ossia dipendono da più di un fattore genetico, spesso con l’aggiunta di fattori ambientali. Un carattere che dipende da due o più loci, con contributo variabile di fattori ambientali è detto carattere non mendeliano, o “multifattoriale”, e comprende tutte le possibilità di combinazione di fattori genetici e ambientali.

     Interazione fra alleli
Gli alleli che possono interagire fra loro sono alleli a dominanza incompleta e codominanti, alleli multipli e alleli letali.
Non sempre fra gli alleli esiste un rapporto di dominanza e recessività e si possono verificare casi di dominanza incompleta quando la prima generazione F1, eterozigote, ha fenotipo con caratteri intermedi tra quelli dei due genitori omozigoti. Come si è visto, un tipico esempio è il colore dei petali della bocca di leone (Anthirrinum majus) e della bella di notte (Mirabilis jalapa): da genitori omozigoti per il colore rosso e omozigoti per il colore bianco nascono eterozigoti di colore rosa [  39  ].
L’allele recessivo ha una sua influenza sul fenotipo, poiché la mancata produzione del pigmento dimezza la quantità del pigmento utile a dare il colore rosso. Nel caso in cui entrambi gli alleli si esprimano nel fenotipo e nessuno dei due domini sull’altro, si verifica la codominanza: i caratteri di entrambi i genitori si manifestano nella loro progenie F1.
Un esempio è rappresentato dagli individui che hanno gruppo sanguigno AB (fenotipo AB dovuto alla presenza contemporanea di due alleli codominanti IA/IB). Un altro esempio è rappresentato dal colore del mantello dei bovini Shorthorn: quando un toro rosso è incrociato con una vacca bianca, in F1 i discendenti sono roani, una combinazione di rosso e bianco. Se un toro roano è incrociato a una vacca roana, il vitello ha una probabilità su quattro di essere bianco, due probabilità su quattro di essere roano e una probabilità su quattro di essere rosso. Infatti un allele del gene codifica per un enzima che produce il colore rosso del pelo, mentre l’altro allele codifica per il colore bianco: entrambi si esprimono in una mucca pezzata rosso-bianca (Roan cow) [  40  ].
Quando per uno stesso gene esistono più di due alleli, si parla di alleli multipli.
Ciò vuol dire che in una popolazione possono esserci tre, quattro, cinque e più alleli diversi, ma ogni individuo può averne nel proprio genotipo al massimo due diversi.
Ad esempio la pelliccia del coniglio può presentarsi in quattro fenotipi diversi (marrone, cincillà, bianco con macchie nere, bianco) che sono ereditari perché derivano da quattro alleli diversi: C, cch, ch, c. Si ottiene il fenotipo marrone quando l’individuo ha almeno un allele C e ciò significa che cch, ch c sono recessivi rispetto a C. Il fenotipo cincillà si manifesta in assenza dell’allele C, ma a sua volta l’allele cch, che determina il fenotipo cincillà, è dominante rispetto a ch e c.
Quindi i genotipi possibili per questo fenotipo sono tre [  41  ]. Il fenotipo bianco con macchie nere può presentare a sua volta due genotipi possibili perché ch, recessivo rispetto a C e cch, è dominante rispetto a c. Infine c è recessivo a tutti gli altri alleli e avrà un solo possibile fenotipo: c-c. C’è quindi una scala di dominanza:

1. C > 2. Cch > 3. Ch > 4. C


Nelle piante gli alleli multipli più interessanti sono quelli che causano l’autoincompatibilità. In questo modo si impedisce al polline di impollinare gli ovuli della stessa pianta favorendo l’impollinazione fra piante diverse in modo da consentire il rimescolamento dei caratteri. In genere, un gene in un individuo diploide possiede solo due forme alleliche per cui, in caso di dominanza, si possono avere solo due tipi di fenotipi e in caso di dominanza incompleta tre tipi di fenotipi.
Nella codominanza si hanno quattro o più fenotipi diversi.
Gli alleli letali sono alleli che portano al decesso dell’organismo in una fase precoce dello sviluppo, spesso prima della nascita, e i geni che li contengono sono detti geni essenziali per la vita di un organismo [  42  ].
Per esempio, il gene che codifica per una importante tappa metabolica, come la glicolisi, deve essere sempre espresso e funzionale, altrimenti l’embrione non può svilupparsi in quanto incapace di operare una fondamentale reazione biochimica, necessaria alla vita cellulare. Se l’allele letale è dominante, i portatori muoiono prima di riprodursi. Se invece l’allele è recessivo, può essere letale allo stato omozigote, ma non a quello eterozigote. Gli alleli letali furono scoperti nei primi anni del Novecento dal biologo francese Lucien Cuénot studiando il pigmento del mantello dei topi.
Nella colorazione del mantello, infatti, sono coinvolti: l’allele Agouti (A) selvatico, al quale corrisponde un mantello grigio/nero, e l’allele AY (Y= Yellow, giallo) che causa la comparsa del mantello giallo. Questo allele è dominante sull’allele selvatico, ma in omozigosi AYAY non sopravvive.

     Interazione fra geni
Talvolta è l’azione combinata di due geni a dare luogo a un fenotipo diverso da quello prodotto da ciascun gene preso singolarmente e, perciò, 2 geni che controllano la stessa caratteristica danno 4 fenotipi differenti.
Questo incrocio si differenzia dall’incrocio fra diibridi mendeliani perché in F2 si presentano due nuovi tipi (colore marrone e giallo) partendo da ascendenti nessuno dei quali presentava questo carattere.

Un altro caso di interazione fra geni è rappresentato dal colore del peperone Capsiicum annuum: i geni interessati sono R (produce pigmento rosso), r (non sintetizza il pigmento), C (decompone la clorofilla), c (non decompone la clorofilla). In seconda generazione compaiono i fenotipi giallo e marrone poiché i quattro fenotipi RRCC, RrCC, RrCc, RRCc danno il colore rosso, Rrcc dà il colore verde, RRcc dà il colore marrone e rrCc dà il colore giallo.
Quando per una determinata manifestazione fenotipica occorre la presenza di due o più geni, questi vengono definiti geni complementari [  43  ]. In altri casi succede che un gene mascheri gli effetti di un altro e da due genitori omozigoti nascano individui con forme fenotipiche diverse.
Il fenomeno prende il nome di epistasia; un esempio è rappresentato dal colore del pelo dei cani Labrador che è determinato da due coppie di geni: uno codifica per il pigmento e possiede l’allele B (pelo nero) e l’allele b (pelo marrone), l’altro è epistatico, codifica per la deposizione del colore nel pelo e possiede l’allele E (che esprime il nero/marrone) e l’allele e che blocca l’espressione [  44  ].
In altri casi, invece, un gene può determinare, oltre a un carattere fenotipico principale, varie influenze secondarie e si parla quindi di pleiotropia. Ne sono esempi nel lupino il carattere fiore violetto, sempre legato al colore scuro dei semi, mentre il carattere alternativo fiore bianco è legato a semi bianchi.
Il gene che determina il colore del mantello dei gatti ha effetto anche su occhi e orecchie. Gatti con mantello bianco e occhi blu sono sordi; gatti bianchi con un occhio blu e uno giallo-arancio sono sordi dalla parte dell’occhio blu [  45  ]. A volte più geni localizzati su cromosomi diversi concorrono a determinare il carattere, come nell’uomo il colore della pelle, degli occhi, dei capelli, l’altezza, il peso, la pressione arteriosa, la longevità.
Questi caratteri, detti poligenici, manifestano una vasta gamma di possibilità fenotipiche non facilmente correlabili col relativo genotipo. L’eredità poligenica è un fenomeno per cui i caratteri ereditari individuali sono spesso soggetti al controllo combinato da parte di più geni.

     Interazione geni-ambiente
Quando la manifestazione del carattere dipende non solo dal genotipo, ma anche dall’ambiente, il fenotipo è influenzato sia dai genotipi multipli che dai fattori ambientali.
Durante la formazione e lo sviluppo di un organismo, la disponibilità e la qualità del cibo, la presenza di sostanze dannose, la temperatura o altri fattori ambientali interferiscono con l’attività di formazione dei vari caratteri.
Un esempio è rappresentato dalle lepri artiche: il colore del pelo, pur determinato dai geni, dipende anche dalla temperatura dell’ambiente: è bianco in inverno e marrone in estate. Nel coniglio Himalayan la temperatura inferiore a 20 gradi produce pelliccia scura in corrispondenza delle estremità corporee [  46  ].
Anche la lunghezza delle ali della drosofila è influenzata, anche se in maniera diversa nel maschio e nella femmina, dalla temperatura ambientale durante lo sviluppo [  47  ].

     Mappaggio genico: linkage e marcatori
La fortuna, o l’abilità scientifica, di Mendel nel formulare questa legge deriva dall’aver incontrato caratteri determinati da geni che si trovavano su cromosomi differenti, così che essi segregavano indipendentemente. Durante la meiosi infatti, sono i cromosomi interi a segregare, e se i geni sono portati su uno stesso cromosoma segregano assieme.
L’associazione di geni sullo stesso cromosoma si chiama linkage. In ogni organismo il numero dei linkage corrisponde al numero dei cromosomi dei gameti; tuttavia esistono vari gradi di associazione, poiché durante la meiosi si verifica fra i cromosomi omologhi uno scambio di geni detto crossing-over [  48  ].
Le frequenze di crossing over danno una misura del grado di associazione e della distanza tra i loci. Più sono distanti, maggiore è la probabilità di ricombinazione mentre è molto raro un crossing over che porti alla separazione di due geni vicini.
In base all’associazione (quindi al linkage) dei geni è possibile costruire le mappe genetiche o mappe di concatenazione 49 che localizzano geni conosciuti sui cromosomi utilizzando specifici marcatori (A4).
Esistono tre tipi di marcatori:
• i marcatori morfologici o fenotipici: si basano sulle caratteristiche visibili (ad esempio in Drosophila il colore degli occhi, del corpo, ecc.) e poiché si tratta di geni, cioè parti di DNA codificante, la loro posizione nel cromosoma si ricava attraverso incroci programmati sperimentali;
• i marcatori biochimici: sono geni che codificano per prodotti biochimici, visibili solo mediante specifiche analisi, come la ricerca dei gruppi sanguigni o di una determinata proteina nel plasma o nel latte, o degli isoenzimi (forme alternative di uno stesso enzima, che svolgono la stessa funzione in un dato organismo anche se possono differenziarsi per uno o più amminoacidi);
• i marcatori molecolari: non sono geni, cioè non codificano per proteine, ma sono semplicemente tratti di DNA che vengono ereditati secondo le modalità mendeliane. Si trovano sparsi in tutto il genoma e sono caratterizzati da notevole polimorfismo, cioè esistono non solo in due alleli, ma in moltissime varianti alleliche. Oggi i marcatori a DNA, cioè microsatelliti, RFLP, VNTR e SNP sono i più usati, per l’analisi di linkage perché hanno permesso di definire il numero e la morfologia dei cromosomi, cioè il cariotipo o mappa cromosomica di molte specie di organismi.

     Caratteri qualitativi e quantitativi
I caratteri ereditari presenti in una popolazione sono le caratteristiche fenotipiche che vengono trasmesse in toto o in parte dai genitori ai figli e vengono distinti in qualitativi e quantitativi. I primi sono anche detti caratteri discontinui perché possono apparire o non apparire, presentano cioè una variabilità discontinua.
Sono difficilmente misurabili e si trasmettono secondo le leggi di Mendel in quanto dipendono dall’azione e dall’interazione di uno, due o comunque pochissimi geni. Ne sono un esempio i gruppi sanguigni nell’uomo, il colore dei petali di alcuni fiori, la forma dei semi di pisello e della cariosside del mais, il colore del pelo del gatto, la presenza/assenza di corna nei bovini, ecc. Tali caratteri, che sono anche chiamati mendeleiani, si presentano in un numero ridotto di fenotipi, ciascuno dei quali dipende strettamente dal genotipo che li determina. Non hanno grande rilevanza economica e si differenziano dalla maggior parte dei caratteri che, invece, possono essere misurati e analizzati mediante parametri numerici e sono, perciò, quantitativi come ad esempio la statura, il peso, il colore della pelle nell’uomo o i numerosi caratteri su cui l’uomo agisce per ottenere maggiore produttività da piante coltivate e animali domestici, come dimensioni e qualità organolettiche di verdura, semi, frutti o carne, latte, uova.
I caratteri quantitativi sono anche detti continui perché mostrano un arco continuo di manifestazioni tra espressioni estreme (minimo e massimo) presentando una variabilità continua. Si tratta di caratteri poligenici, cioè trasmessi da più geni presenti su più coppie di cromosomi omologhi, che non seguono le regole della trasmissione mendeliana, ma vengono studiati con metodi statistici. Ogni carattere, infatti, è determinato dall’azione congiunta di un numero più o meno grande di geni, ciascuno dei quali non ne definisce la presenza o l’assenza (come nel caso dei caratteri mendeleiani) ma contribuisce alla sua intensità, fornendo una piccola quantità del carattere in oggetto. Il fenotipo che si sviluppa è il risultato della somma di tutti questi piccoli effetti. Ciò è detto effetto additivo o cumulativo cioè ogni gene influisce in piccola parte sul carattere, ne consegue che i fenotipi controllati da geni con effetto additivo hanno grande variabilità perché ciò che viene cambiato non è la quantità ma solo l’intensità del carattere. Se il numero di geni a effetto additivo è elevato, la distribuzione fenotipica tende a diventare continua e la rappresentazione grafica dei dati è la curva di Gauss o Gaussiana detta anche (per la sua forma) curva a campana [  50  ].
Si tratta di una curva che ha un massimo attorno alla media dei valori misurati e può essere più o meno stretta a seconda della dispersione dei valori attorno alla media.
La dispersione si misura con la deviazione standard.
Per esempio se considerassimo la statura degli italiani maschi analizzando un campione di 1.000 individui e rappresentassimo su un grafico le misure effettuate, otterremmo una curva a campana centrata attorno a una media di 175 cm, con una deviazione standard di circa 20 cm, cioè il 95% dei soggetti analizzati avrebbe un’altezza compresa fra 155 cm e 195 cm [  51  ].
Questo andamento è possibile a condizione che tutti gli individui abbiano goduto, durante lo sviluppo, delle stesse condizioni di vita come ad esempio una alimentazione equilibrata, tuttavia un individuo che, pur avendo un genotipo che gli consentirebbe di raggiungere un’altezza superiore alla media, ma che non si sia alimentato adeguatamente non sarà in grado di ragguagliare tali valori e resterà più basso [  52  ].
Da ciò si deduce che nella manifestazione dei caratteri quantitativi l’ambiente in cui l’individuo si sviluppa gioca un ruolo molto importante e, anzi, più forte è l’effetto dell’ambiente, maggiore è il numero dei fenotipi che si possono sviluppare.
Il fenotipo dei caratteri quantitativi è perciò condizionato da due fattori non sempre facilmente distinguibili fra loro: dal genotipo in quanto dipende dall’azione e dall’interazione di numerosi geni; dall’influenza dell’ambiente che introduce, nell’ambito di ciascun genotipo, nuove variazioni.

NUOVE Biotecnologie Agrarie e Biologia Applicata
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