4   Lotta alle malattie fungine delle piante

     Patogeni monociclici e policiclici
Le malattie fungine presentano un profilo epidemiologico che può essere di tipo monociclico o policiclico: nel primo caso il patogeno, rispetto al ciclo colturale dell’ospite, è in grado di dar luogo a infezioni una sola volta all’anno, mentre nel secondo caso vi sono più cicli infettivi nel corso della stagione. Per fare riferimenti concreti a fitopatie molto conosciute, sono infezioni monocicliche quelle provocate dagli agenti della carie del grano o del carbone del mais, mentre le ruggini dei cereali o la peronospora della vite sono infezioni policicliche
Le malattie da patogeni monociclici presentano un’evoluzione temporale rappresentabile con una curva che mette in evidenza come, nel tempo, aumenti linearmente la proporzione della popolazione ammalata fino a un plateau per indisponibilità di nuovi ospiti sani. Questa curva è simile a quella che esprime la crescita per “interesse semplice”. Diversamente, le epidemie da patogeni policiclici presentano un andamento assimilabile alla crescita per “interesse composto”, ossia esponenziale e rappresentabile graficamente da una sigmoidale [ 31 ]. 
In effetti, nel primo tipo di epidemia l’infezione è dovuta all’inoculo del patogeno in forma di propaguli di resistenza (spore o anche micelio) presenti nel terreno, nel materiale di semina oppure sulla coltura stessa o sui residui della precedente. Dunque è rapportata alla carica iniziale di inoculo e non vi è diffusione dell’infezione da una pianta all’altra nel corso di uno stesso ciclo colturale, ma al massimo qualche incremento per germinazione di ulteriori quantità di propaguli ancora presenti. 
L’estensione dell’epidemia è quindi dovuta sostanzialmente all’accumulo di inoculo di anno in anno e per effetto diretto del rinnovo della stessa coltura sui medesimi appezzamenti. Ovviamente i fenomeni biologici sono più complessi e certi patogeni, considerati monociclici, in date condizioni ambientali possono provocare più di una infezione; inoltre agenti di malattia che hanno il loro habitat nel terreno e sono patogeni a livello della rizosfera (e che generalmente si comportano come monociclici), in realtà in certe condizioni possono trasmettersi in forma di micelio a causa del contatto tra radici ammalate e sane. Tuttavia, dall’analisi epidemiologica emerge che il tasso di malattia è sostanzialmente legato alla quantità di inoculo dunque le strategie di lotta saranno orientate a eliminare l’inoculo iniziale adottando, ad esempio, rotazioni per il tempo necessario affinché il patogeno scompaia o si riduca a livelli economicamente sopportabili, oppure intervenendo sul terreno con prodotti e tecniche adatte a devitalizzare il patogeno o conciando le sementi in caso di trasmissione per seme. 
Al contrario, nelle malattie a carattere policiclico, lo sviluppo della popolazione del patogeno è di tipo esponenziale, in quanto si tratta di funghi che si moltiplicano rapidamente più volte durante uno stesso ciclo colturale, anche se i propaguli infettivi hanno scarsa capacità di sopravvivenza fuori dall’ospite. Il numero dei cicli dipende da diversi fattori riferibili alle condizioni ambientali (in particolare a quelle climatiche), alla suscettibilità dell’ospite che può variare in funzione della sua fase di crescita e alla precocità del manifestarsi dei primi focolai. Il progresso dell’infezione è correlato alla quantità di nuovo materiale di inoculo che si forma nei cicli infettivi e naturalmente alla disponibilità di piante sane. Anche in questo caso si raggiungerà un livello di saturazione. Dopo un breve avvio in sordina, l’epidemia mostra in fase centrale un’espansione sempre più rapida fino a raggiungere un’acme, per poi affievolirsi. Si tratta dunque di modalità di malattia in cui giocano un ruolo fondamentale sia la quantità di inoculo iniziale, sia il tasso di riproduzione del patogeno, sia il tempo che questo ha per estendere l’infezione. 
Le linee di intervento mirano a controllare la quantità di inoculo primario e soprattutto ad abbattere il tasso di riproduzione e, dove possibile, a limitare il periodo di tempo durante il quale il patogeno può infettare l’ospite. La riduzione dei tassi di incremento del patogeno viene realizzata sostanzialmente in via preventiva proteggendo le piante sane con mezzi di lotta principalmente chimici e, sempre mediante trattamenti (ad esempio sulle piante da frutto nel periodo invernale), si cerca di ridurre l’inoculo svernante. Non è possibile intervenire sull’ultimo parametro (tempo) in quanto è strettamente legato al ciclo biologico naturale delle coltivazioni; tuttavia in certi casi è possibile sfasare le semine rispetto alla biologia del patogeno diminuendo così il tempo che esso presumibilmente avrà a disposizione per aggredire la coltivazione.

     Strategie anti-resistenza ai fungicidi
I fungicidi costituiscono un mezzo di lotta importante nel controllo delle malattie delle colture; tuttavia, la loro efficacia può essere compromessa dalla comparsa di resistenza esercitata nei loro confronti da parte dei patogeni. Tale resistenza si determina quando una data sostanza, più precisamente un determinato principio attivo, seleziona ceppi del patogeno bersaglio che risultino insensibili alla sua azione al punto che l’efficacia del fungicida in campo diminuisce fino a diventare praticamente nulla. In realtà la comparsa di ceppi resistenti non pregiudica necessariamente l’azione del fungicida, se gli stessi dimostrano attitudini scarsamente virulente o si rivelano dotati di minor fitness rispetto al ceppo originario: quindi la perdita di efficacia della sostanza attiva va giudicata in condizioni di usuale impiego, con riferimento alla sua capacità di controllare l’infezione in campo entro soglie di danno economicamente accettabili. 
La comparsa di resistenza è relativamente frequente nei cosiddetti fungicidi monosito e anche oligosito, cioè che agiscono su uno o pochi siti del metabolismo fungino e hanno in generale caratteristiche tecniche moderne (sistemia, azione curativa), mentre è molto bassa o praticamente assente in quelli multisito (es. i rameici). 
Per minimizzare il rischio della comparsa della resistenza, esistono diverse strategie che possiamo così riassumere: 
• scelta dei prodotti più appropriati da applicare al momento giusto e alla dose corretta; 
• impiego in miscela di fungicidi scelti tra quelli adatti al patogeno bersaglio, ma con meccanismi di azione diversi (generalmente si associa un prodotto ad azione monosito con un altro ad azione multisito); 
• limitazione di impiego a 1-3 volte all’anno di fungicidi uni- o oligosito; 
• impiego a rotazione nel corso della stagione di più di una sostanza attiva, ciascuna dotata di meccanismi di azione diversi [ 32 ]. 
Il problema della resistenza è attentamente monitorato ormai da parecchi anni da una Commissione, denominata FRAC (Fungicide Resistance Action Committee), che opera attraverso gruppi di lavoro FRAG (Fungicide Resistance Action Group), collegati con le industrie produttrici di prodotti fitosanitari, elaborando documenti tecnici e giudizi di rischio. È noto, ad esempio, che certe famiglie chimiche di anticrittogamici sono più soggette di altre a causare problemi di resistenza; infatti quando viene introdotta una nuova sostanza attiva, appartenente a uno di tali gruppi, esiste il rischio che vada incontro alla stessa sorte poiché accade spesso che patogeni che hanno sviluppato resistenza nei confronti del meccanismo di azione di una tipologia di molecole, si dimostrino resistenti anche alla nuova sostanza della stessa famiglia (fenomeno detto resistenza incrociata). Tuttavia, la resistenza incrociata può non comparire o essere solo parziale e, per contro, può verificarsi anche tra gruppi chimici apparentemente non correlati. 
Il fenomeno della resistenza dipende dalla capacità mutagena del genoma dei patogeni e questa loro attitudine può essere valutata in laboratorio attraverso saggi di esposizione alle molecole fungicide; inoltre, attraverso test di ricombinazione genetica, è possibile capire se siano probabilmente implicate mutazioni di un singolo gene o di più geni. Infine, incrociando tutti i dati conosciuti si determina una valutazione finale del rischio di resistenza [ 33 ].

     Lotta a malattia fungina: la bolla del pesco
Le malattie fungine occupano una gran parte dei manuali di patologia vegetale, essendo quelle più importanti per frequenza, danni economici e conseguente necessità di interventi fitosanitari. Una tra le più conosciute, ricorrenti e di facile diagnosi in campo è certamente la bolla del pesco
L’agente di malattia si chiama Taphrina deformans, un ascomicete. Sverna prevalentemente in forma di ascospore o di conidi germinati dalle ascospore riparate nelle screpolature della corteccia, ma è possibile che sopravviva anche come micelio su rami e dentro le gemme. Si tratta di un fungo che entra in attività a temperature ancora fresche (10-11 °C e anche meno) e naturalmente in presenza di umidità/bagnatura, perciò l’infezione si realizza nelle primissime fasi della ripresa vegetativa. 
Il micelio che si origina della germinazione delle spore penetra attivamente nelle giovanissime foglioline e cresce negli spazi intercellulari dei tessuti fogliari prendendo contatto parassitario con le cellule adiacenti. Dopo circa tre settimane dall’infezione il fungo evade, formando come una muffetta sulle parti colpite, che al microscopio appaiono come aschi liberi contenenti le ascospore. Nel corso della stagione possono eventualmente verificarsi ulteriori attacchi, ma quello più importante è il primo, anche perché con l’ispessimento della cuticola le foglie sono molto meno aggredibili. Con l’arrivo dell’estate e l’aumento della temperatura, il fungo passa a una vita saprofitaria e oltre i 28°C perde la capacità patogenetica. 
La malattia è di tipo auxonico, cioè interferisce sullo sviluppo della pianta o dei suoi organi: in questo caso si manifesta soprattutto sulle foglie in forma di bollosità e contorcimenti, ma anche fiori e frutti possono essere attaccati [ 34 ]. Il risultato finale è la necrosi e la perdita molto prematura delle foglie; la pianta cerca di recuperare ricacciando, ma ovviamente rimane indebolita e se gli attacchi sono ricorrenti può alla fine non sopravvivere. 
Il controllo della bolla viene impostato tramite due trattamenti di base, effettuati alle fasi fenologiche di: 80% cadutafoglie e rigonfiamento gemme/bottoni rosa (quest’ultimo è considerato il più efficace). Il primo è detto estintivo in quanto è diretto a devitalizzare quanto più possibile gli elementi fungini che rappresentano l’inoculo per la stagione successiva; il secondo invece è a carattere preventivo, ed è inteso a colpire le spore germinanti e, quindi, a impedire l’infezione. 
Per questi due trattamenti sono impiegabili anticrittogamici a base di rame, ditiocarbammati, triazoli; nel caso di andamento climatico favorevole alla malattia, è possibile intervenire una terza volta nella fase di sfioritura/ scamiciatura, meglio se con un prodotto sistemico; non si devono usare rameici in vegetazione poiché generalmente fitotossici sulle cultivar di pesco.

APPROFONDIMENTO 26

Fungicide Resistance Action Committee

La resistenza ai fungicidi si verifica quando viene esercitata una pressione selettiva sulla popolazione fungina: essa è in funzione delle caratteristiche sia del fungicida sia del patogeno. 

I fungicidi che agiscono su un solo sito biochimico/metabolico dell’organismo bersaglio sono tipicamente a maggior rischio di resistenza, mentre i funghi che hanno una regolare riproduzione sessuale, che determina una maggior variabilità nella popolazione, selezionano più facilmente ceppi resistenti. Inoltre, i patogeni che si moltiplicano attraverso più stadi sporigeni, ossia quelli che hanno in campo più cicli infettivi, sono anch’essi più avvantaggiati nel selezionare linee resistenti in ragione dell’elevato numero di spore prodotte nel corso della stagione. La gestione della pressione selettiva è dunque essenziale per ridurre il rischio di resistenza. A tale scopo è stato costituito un apposito gruppo di lavoro internazionale, il Fungicide Resistance Action Committee (FRAC), che provvede a indicare le linee guida e le raccomandazioni per la gestione del rischio di resistenza. La Commissione stabilisce un codice alfa-numerico che serve a distinguere i fungicidi in base alla loro modalità di azione, con indicazione del rischio. I funghi che diventano resistenti a uno specifico fungicida possono essere resistenti ad alcuni o molti altri che abbiano lo stesso codice (resistenza incrociata).

NUOVE Biotecnologie Agrarie e Biologia Applicata
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