2  Le difese della pianta

     Meccanismi di autodifesa
La pianta possiede un sistema biologico di vigilanza su quanto di estraneo venga in intimo contatto con lei, capace di raccogliere e coordinare una pluralità di messaggi distinguendo i patogeni dagli organismi simbionti.
Quando un organismo geneticamente incompatibile viene riconosciuto, l’attivazione dei meccanismi di difesa si svolge in modo coordinato nel tempo e nello spazio: vengono sollecitati numerosi geni deputati all’autodifesa, con relativa attivazione di enzimi già presenti e produzione di sostanze messaggere in grado di coordinare la sequenza di azioni di difesa.

     Resistenza
Nelle piante la capacità di impedire le infezioni può essere offerta da barriere istologiche o di tipo chimico: si tratta di difese precostituite, che rappresentano una prima linea di opposizione stabile e sempre in funzione senza consumo di energia; esse prendono il nome di difese passive o costitutive o pre-infezionali.
Le difese attive o inducibili o post-infezionali sono, invece, quelle che entrano in azione nel momento in cui la pianta riconosce il patogeno e si oppone a esso.
La capacità della pianta di opporsi alla malattia o all’agente di danno è detta resistenza, mentre la tolleranza è la capacità dell’ospite di sopportare lo sviluppo del patogeno senza subire danni apprezzabili.

     DIFESE PASSIVE
Le difese passive di natura istologica sono rappresentate dalle sostanze che rivestono le superfici della pianta, in particolare le cere epicuticolari e lo strato cuticolare, fortemente impregnato di cutina, che ispessisce e ricopre la parete tangenziale esterna delle cellule epidermiche [ 11 ] fungendo da schermo contro la penetrazione degli agenti infettivi. Contribuiscono alla difesa anche i peli, o tricomi, formazioni anatomiche morte e piene d’aria che solitamente si originano dalle cellule epidermiche, i quali, oltre ad assolvere funzioni fisiologiche, rendono disagevole ai patogeni colonizzare la superficie fogliare. 
Altre barriere strutturali possono essere date dalla conformazione degli stomi: in questo caso l’ostacolo è offerto dallo spessore delle rime delle cellule di guardia dello stoma, che fungono da sopraelevazione non sormontabile dal tubetto germinativo del patogeno. 
Le difese costitutive di natura chimica sono rappresentate da composti chimici a generica attività antimicrobica, presenti come tali nelle cellule della pianta o come precursori che, entrando in contatto con il patogeno, automaticamente si convertono in forma biologicamente attiva. Tra le sostanze precostituite meglio conosciute, utili nella difesa chimica passiva, menzioniamo le saponine, i polifenoli, i glucosilati. I precursori sono molecole di tipo proteico con diversificate modalità di azione (ad esempio, inibizione della crescita di funghi e/o batteri, lisi della parete batterica, digestione della parete fungina). 

     DIFESE ATTIVE
Se il patogeno riesce a superare le difese precostituite, entra a diretto contatto con l’ospite producendo uno stress, a fronte del quale la pianta reagisce attraverso una serie di eventi a cascata indirizzati contro il patogeno stesso. Si tratta di una difesa essenzialmente attiva e di tipo biochimico, ma non mancano esempi di reazioni di tipo istologico post-infezionali. 
Così, ad esempio, la formazione di ispessimenti della parete delle cellule dell’epidermide oppure di cordoni peridermici è un meccanismo di difesa istogena che si verifica durante la penetrazione da parte di ife miceliali nell’epidermide dell’ospite [ 12 ]. 
Nelle infezioni dei vasi legnosi è possibile osservare invece produzione di gomme e comparsa di tilli, appendici tondeggianti che tendono a occludere il lume dei vasi e che sono interpretate come una reazione della pianta finalizzata a ostacolare la diffusione intravasale (all’interno dei vasi della pianta) del patogeno. 
L’attacco dei patogeni attiva nelle cellule della pianta una serie di risposte suddividibili in: immediate; locali; sistemiche [ 13 ]. Viene inoltre prodotta una serie di sostanze messaggere atte a garantire il coordinamento nello spazio e nel tempo delle risposte difensive. 
Tra i meccanismi di risposte attive a livello locale meglio conosciuti e studiati, vi sono i fenomeni collegati alle specie reattive dell’ossigeno (ROS = Reacting Oxygen Species), alla biosintesi di sostanze di difesa, alla reazione di ipersensibilità. Contro gli insetti le piante adottano diverse strategie, spesso con produzione attiva di sostanze chimiche: ad esempio, la patata selvatica si difende dagli afidi sintetizzando una molecola simile a quella che gli stessi afidi liberano quando vengono a loro volta attaccati da predatori, per avvisare del pericolo il resto della colonia: in questo modo quelli presenti sulla patata, ingannati dal segnale, abbandonano subito l’ospite. 
Un particolare salice, Salix sitchensis, allorché è attaccato da certe larve defogliatrici, è in grado di modificare la qualità alimentare delle proprie foglie che diventano sgradite ai parassiti; addirittura questo fenomeno si trasmette agli alberi vicini della stessa specie, probabilmente tramite una sostanza messaggera volatile capace di diffondersi dall’albero assoggettato all’attacco iniziale [ 14 ].

     Riconoscimento del patogeno
Vi sono particolari strutture o molecole dei patogeni, dette elicitori, che vengono riconosciute dai recettori della pianta: il riconoscimento si concretizza in forma di segnali biochimici che inducono la trascrizione dei geni di difesa. L’elicitore può avere caratteristiche di aspecificità e allora si avrà una resistenza non ospite-specifica, che è la forma di resistenza più diffusa; se invece il riconoscimento è specifico, ossia la pianta (a livello di cultivar) riconosce quello specifico patogeno (a livello di varietà o ceppo), si ha una resistenza ospite-specifica
Un’interpretazione del riconoscimento del patogeno è offerta dalla teoria di H.H. Flor, cosiddetta del “gene per un gene” (gene-for-gene relationship), sviluppata già a partire dagli anni ’40 del Novecento e tuttora sostanzialmente valida: essa spiega il fenomeno della resistenza attribuendo alla pianta ospite un gene dominante di resistenza e al patogeno un complementare gene dominante di avirulenza; diversamente, se non sono presenti questi geni, si instaura un rapporto di compatibilità con sviluppo della malattia [ 15 ].

     Resistenza indotta
La pianta può sviluppare nei confronti di un patogeno, con il quale sia entrata precedentemente in contatto, una forma di resistenza detta resistenza indotta o acquisita, che si può manifestare in più forme, fra le quali è particolarmente importante la resistenza sistemica acquisita (SAR = Systemic Acquired Resistance). 
La SAR è inducibile da un vasto novero di patogeni appartenenti a funghi, batteri, virus e simili, e si manifesta quando è trascorso un certo periodo di tempo, solitamente dell’ordine di giorni, dal contatto infettivo. 
È inoltre assolutamente necessario l’acido salicilico (SA), che stimola l’invio di un segnale molecolare in grado di indurre la sintesi di proteine di difesa PR e di inibire l’azione di enzimi che degradano il perossido di ossigeno (una specie ROS che interviene nei processi di difesa) [ 16 ]. 
La SAR può essere provocata anche artificialmente tramite composti che simulano gli elicitori naturali (ad esempio il benzotiodiazolo, un derivato del quale, l’acibenzolar- S-metile, è disponibile come prodotto fitosanitario).

FOCUS

IL SILENZIAMENTO GENETICO 

Ricordiamo un fenomeno di ampio interesse biologico, il silenziamento genetico: è collegabile anche alla resistenza, in particolare nelle infezioni da elementi di natura virale. Le cellule degli eucarioti non contengono abitualmente RNA a doppio filamento e l’introduzione di questo tipo di RNA attiva un meccanismo di distribuzione del RNA citoplasmatico. Nella patogenesi da virus, tali particelle (a genoma composto da RNA a doppio e singolo filamento) nella fase di replicazione vengono trascritte come RNA a doppio filamento e dunque sono riconosciute con innesco del silenziamento che le distrugge, o meglio le distruggerebbe in quanto, a loro volta, i virus tendono a sviluppare strategie di elusione (proteine anti-silenziamento).

NUOVE Biotecnologie Agrarie e Biologia Applicata
NUOVE Biotecnologie Agrarie e Biologia Applicata