1  La pianta e gli organismi dannosi

     Struttura e habitat della pianta
Le piante coltivate a scopo alimentare e ornamentale, o comunque economico, appartengono, salvo qualche rara eccezione, alle Spermatofite, ossia piante che hanno la struttura del cormo, comprendente una parte ipogea, che consiste nell’apparato radicale, e una parte epigea che consiste in fusto, foglie e strutture riproduttive; quelle che hanno importanza agro-alimentare sono le Angiosperme, con fiori, frutti e semi. 
La pianta coltivata, pertanto, si sviluppa e condivide due ambienti fisici diversi: 
• il terreno, dove si estende l’apparato radicale; 
• l’atmosfera, dove si erge il fusto che porta rami, foglie, fiori e frutti. 
L’habitat della pianta coltivata, in conclusione, comprende uno strato di terreno (profondo in linea di massima non più di un metro e mezzo) che costituisce la zona della rizosfera (occupata dalle radici), e uno spazio aereo, detto fillosfera (comprendente foglie, fiori, frutti). Negli alberi la parte epigea comprende una zona intermedia legnosa, data dal tronco, detta anche sfera delle strutture legnose [ 1 ]. 

     LA FILLOSFERA
La sottile pellicola che si interfaccia tra la superficie di foglie, frutti e fiori e il mezzo atmosferico (detta appunto fillosfera) supporta intense attività fisiche e biologiche ed è sede di interscambi tra patogeno e pianta. Quest’ultima vi riversa essudati di varia natura, residui metabolici e sali minerali che vengono portati in soluzione sia dall’umidità dell’aria sia dall’emissione fisiologica di acqua in forma di vapore o liquida, per traspirazione e guttazione; nella fillosfera si trovano poi residui organici quali cellule tegumentali morte, resti delle parti dei fiori, materiali esogeni trasportati da vento e pioggia, oltre ai prodotti gassosi delle attività di fotosintesi (O2) e respirazione (CO2). Tale ambiente è in grado di sostenere una sorta di micro-ecosistema, con presenza di forme di vita specifiche come i batteri, che possono entrare nel gioco delle relazioni tra pianta e patogeni. Ad esempio si è osservato come la femmina della mosca delle olive si alimenta con la flora batterica vivente sulla fillosfera traendone maggiore fecondità; al contrario, il fungo che causa il brusone del riso viene ostacolato dalla presenza di colonie batteriche. 

     LA RIZOSFERA
Anche questo ambiente, sotterraneo, è sede di numerosi processi fisiologici da parte della pianta e quindi di emissioni radicali che diventano parte integrante del terreno come: la CO2 proveniente dalla respirazione; gli essudati liquidi e volatili prodotti dall’attività cellulare; i residui di materiali organici quali, ad esempio, le cellule morte. Questi materiali sono più abbondanti di quelli prodotti a livello della fillosfera in quanto i peli radicali vengono continuamente rinnovati; inoltre, con l’accrescimento radicale si formano scorie di varia natura (mucillagini, ecc.). 
Il tessuto corticale, essendo deputato all’assorbimento dell’acqua e dei nutrienti disciolti nel terreno, non presenta rivestimenti protettivi particolari: pertanto, entra facilmente in intimo contatto con gli organismi presenti nel terreno, che possono essere saprofiti e parassiti, ma anche in rapporti simbiotici con flora batterica e funghi (micorrize). 

     LA SFERA LEGNOSA
La corteccia degli alberi viene continuamente rinnovata con l’accrescimento secondario: pertanto la superficie esterna è formata sostanzialmente da tessuto morto, che costituisce un habitat adatto a un’ampia flora (soprattutto licheni, ma talvolta anche muschi e funghi, con la relativa microfauna).

     I CONTATTI CON L’AMBIENTE ESTERNO
Il corpo della pianta presenta una superficie a contatto con l’esterno, da cui è separata per mezzo di rivestimenti di materiali tissutali che possono variare in rapporto alla tipologia della pianta coltivata o semplicemente al suo stadio di crescita (che può essere lo stadio erbaceo o quello legnoso). 
Le piante erbacee e le foglie di quelle arbustive e arboree posseggono una cuticola, spessa solitamente non più di 1 micrometro, ricoperta esternamente da uno strato ceroso, la pruina
La cuticola si àncora alla parete delle cellule dell’epidermide insinuandosi tra le pareti radiali con i cosiddetti chiodi; il materiale di cui è fatta è detto cutina ed è composto da grassi idrossilati e polimerizzati: è quindi una sostanza idrofoba, più o meno ispessita a seconda dell’habitat della specie botanica (spessa nelle xerofitiche degli ambienti secchi, sottile in quelle che vivono in ambienti ombrosi e umidi). La cutina è certamente resistente e costituisce la naturale barriera all’ingresso di organismi infettivi, ma può anche essere distrutta da enzimi prodotti dagli agenti patogeni. Inoltre, sulla superficie di rivestimento vi sono soluzioni di continuità naturali e indispensabili per regolare le attività fisiologiche essenziali alla pianta, rappresentate soprattutto dagli stomi, ma anche da idatodi e tricomi, potenziali vie di ingresso che sono in effetti sfruttate dai patogeni. 
Nelle piante arboree il tronco è rivestito dalla corteccia o periderma. Essa è formata nell’insieme da un tessuto del fusto, il fellogeno, il quale produce verso l’esterno il fellema, o sughero, e all’interno il felloderma. Il sughero è un tessuto tegumentale pluristratificato, le cui cellule sono impregnate di suberina, una sostanza impermeabile come la cutina. In quanto tessuto di rivestimento, il sughero non presenta spazi intercellulari, ovvero soluzioni di continuità verso l’ambiente esterno; tuttavia, come nell’epidermide, sono presenti aperture naturali che permettono gli scambi gassosi, chiamate lenticelle, che possono essere utilizzate dai parassiti. Dunque, la corteccia costituisce un involucro protettivo la cui integrità, al pari di quella della cutina, costituisce una barriera per i patogeni e una garanzia di salute per la pianta. 
Altre soluzioni di continuità naturali nella superficie di separazione tra ambiente esterno e corpo interno della pianta si trovano in particolare sugli organi fiorali: stigmi, nettarii, microferite fisiologiche da deiscenza delle antere. 
Salute e produttività delle piante dipendono, ovviamente, oltre che dall’integrità fisica e da un’idonea disponibilità di luce, acqua ed elementi nutritivi, anche dal regolare svolgersi dei processi fisiologici e dell’attività metabolica. La pianta è un organismo autotrofo, con crescita di tipo aperto, fisso al suolo: non può spostarsi alla ricerca di migliori condizioni o sottrarsi a interferenze di agenti abiotici e biotici, ma può solo adattarsi. Tramite le radici assorbe l’acqua e gli elementi minerali nutritivi che vi sono disciolti. L’acqua risale lungo il fusto, attraverso i vasi legnosi, raggiungendo l’apparato fotosintetico, costituito essenzialmente dalle foglie e dalle parti verdi dei germogli. Da qui la linfa elaborata si ridistribuisce ai vari distretti ridiscendendo fino alle radici attraverso i vasi cribrosi. Ai fini della sopravvivenza vegetativa della pianta, radici, fusto e foglie devono poter funzionare sempre e contemporaneamente, poiché una compromissione grave di uno solo di questi organi metterebbe a rischio la vita stessa della pianta. 
Molte piante di interesse agroalimentare vengono coltivate non per sfruttare la loro massa, ma per raccoglierne alcune parti, in particolare le fruttificazioni: in questo caso l’attività riproduttiva delle piante coltivate coincide, dal nostro punto di vista, con l’aspetto economico-produttivo. Di conseguenza molte avversità non si riferiscono solo a compromissioni della salute della pianta come organismo, ma riguardano anche le alterazioni e i danni a carico dei frutti, sia quando sono sulla pianta sia quando vengono successivamente immagazzinati come derrate alimentari
Nel settore floricolo e delle piante ornamentali in genere, sono oggetto di provvedimenti di lotta anche quelle alterazioni che pregiudicano l’aspetto estetico-ornamentale del fiore o della pianta e talvolta anche del frutto, anche quando non sono gravi per la pianta. In questo caso l’aspetto esteriore della pianta è in stretta correlazione con il valore commerciale del prodotto.

     Rapporti con gli organismi dannosi
La pianta è sottoposta a incessanti attacchi da parte di organismi parassiti ostili e a questi si oppone sviluppando diversificate strategie di difesa. 
In natura, pianta e patogeni convivono: la coevoluzione tra ospite e parassita ha portato a un equilibrio tale per cui la pianta raramente muore e l’incidenza delle malattie è bassa. In agricoltura, invece, la coltivazione forzata, intensiva o estensiva di poche specie, se non di particolari varietà, ha rotto ogni equilibrio naturale. 
Gli organismi nocivi alle piante vengono usualmente suddivisi in agenti di malattia e agenti di danno.

     GLI AGENTI DI MALATTIA
Questi parassiti causano nell’ospite una situazione di continuata irritazione, deviazioni o sconvolgimenti della normale funzionalità, insomma uno stato di sofferenza che noi chiamiamo malattia. La disciplina che si occupa delle malattie delle piante (includendo nel termine di “malattia” anche le alterazioni dovute ad agenti non infettivi, ossia a cause fisiologiche e nutrizionali, o a fattori ambientali ostili, o a effetti della tossicità di sostanze chimiche) è la Patologia vegetale e a essa facciamo essenzialmente riferimento nell’introdurre i concetti generali sulle malattie delle piante. 
Le malattie delle piante causate da agenti biotici oggetto di studio in ambito fitopatologico sono: 
• malattie da virus e viroidi (virosi); 
• malattie da fitoplasmi (fitoplasmosi); 
• malattie da batteri (batteriosi); 
• malattie fungine (micopatie); 
• malattie da fanerogame parassite
La maggior parte dei patogeni colpisce una singola parte o specifici organi della pianta provocando sintomi caratteristici cosicché, come avremo occasione di esaminare in seguito, nella pratica diagnostica (in particolare quella in lingua inglese) è piuttosto usuale abbinare il nome dell’organo attaccato al tipo di alterazione provocata [  2   3   4   5   6   7   8  ]. A causa di una malattia fungina, Taphrina pruni, i frutti del susino subiscono una caratteristica deformazione e sono chiamati “bozzacchioni”. Questo termine è in uso da moltissimo tempo e deriva dal vocabolo “bozzacchio”, col significato di una bozza di opera non riuscita; si trova anche nella Divina Commedia di Dante (Ben fiorisce ne li uomini il volere; / ma la pioggia continüa converte / in bozzacchioni le sosine vere) per indicare appunto una susina vuota e guasta. 
Le maculature fogliari (leaf spots) sono un sintomo molto comune, anche su piante spontanee (in  9  su Cornus sanguinea), e che rimanda solitamente a un agente fungino. 
A volte l’aspetto delle macchie può essere sufficiente o almeno utile a indirizzare l’ipotesi diagnostica, ma per una corretta identificazione del patogeno è necessario almeno un esame microscopico dei propaguli (in questo caso conidi di Septoria cornicola) che in date condizioni si formano sulla superficie delle lesioni, esame accompagnato eventualmente da un isolamento su terreno di coltura.

     GLI AGENTI DI DANNO
Con l’espressione “agenti di danno” si comprendono in realtà tutti quei fattori che possono provocare un danno alle coltivazioni, sia di natura biologica che abiotici (ad es. fattori meteorici come la grandine). Gli agenti di danno biotici sono rappresentati innanzitutto da insetti, poi da acari e nematodi, e in misura molto minore da altri gruppi di animali [ 10 ]. 
Lo studio degli insetti dannosi all’agricoltura è compito dell’Entomologia agraria o applicata, quello degli altri animali più propriamente dell’Acarologia, Nematologia e Zoologia agraria.

NUOVE Biotecnologie Agrarie e Biologia Applicata
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