5  Repertorio prodotti fitosanitari

Per effetto delle succitate direttive comunitarie è stata operata una profonda revisione e una radicale riduzione - e/o limitazione di impiego - delle sostanze attive autorizzate. Poiché tutt’ora vi sono preparati soggetti a valutazione, è preferibile trattare l’argomento per aspetti generali con qualche accenno storico. 
In questo paragrafo tratteremo in particolare gli anticrittogamici (fungicidi) e gli insetticidi, con un cenno ad acaricidi nematocidi molluschicidi, tralasciando altri PF non legati alla difesa in senso stretto delle piante (in particolare gli erbicidi, una categoria peraltro molto importante, ma che attiene alle coltivazioni e al relativo diserbo). 
Conviene preliminarmente prendere in considerazione alcuni aspetti relativi alle interrelazioni tra prodotto, pianta e organismo bersaglio. Storicamente si sono succedute tre categorie di antiparassitari: quelli inorganici (rame, zolfo, arsenico, mercurio), quelli di organici di sintesi di copertura (in particolare dal secondo dopoguerra), quelli di sintesi sistemici dalla metà degli anni ’60 del Novecento, che hanno permesso un diverso approccio alla difesa delle piante. La sistemia può essere totale e bidirezionale, cioè ascendente e discendente, seguendo il trasporto rispettivamente della linfa grezza o di quella elaborata, oppure - è il caso più frequente - solo essenzialmente ascendente. Vi sono sostanze che, pur non essendo propriamente o solo parzialmente sistemiche, sono tuttavia in grado di penetrare nei primi strati cellulari e vengono dette citotropiche, oppure di attraversare da una parte all’altra la lamina fogliare attraverso gli spazi intercellulari, e sono chiamate translaminari
Le principali vie di ingresso dei PF sistemici sono le foglie, le radici, i semi. La prima è prevalentemente di tipo cuticolare (gli stomi giocano un ruolo molto limitato), quella radicale avviene per diffusione negli spazi intercellulari o per osmosi con passaggio interno nelle cellule [ 35 ]). Nei semi (concia) il prodotto esercita un’attività antiparassitaria su eventuali propaguli infettivi presenti all’esterno e poi, se sistemico, con la germinazione del seme stesso la sostanza attiva migra verso i tessuti epigei conferendo ad essi protezione. 
La sostanza attiva, una volta a contatto con il bersaglio, può agire per vie o modi diversi. I fungicidi in realtà vengono sostanzialmente assorbiti o comunque agiscono sulla cellula fungina, demolendola o più spesso interferendo sul metabolismo fungino (inibendo la germinazione delle spore) e/o sullo sviluppo delle ife; fanno eccezione quelli che promuovono le difese della pianta. Gli insetticidi invece possono agire per contatto, ingestione e asfissia: molto spesso quelli attivi per contatto lo sono anche per ingestione.

     Anticrittogamici
     FUNGICIDI TRADIZIONALI
Zolfo Storicamente è il primo prodotto usato in agricoltura per la difesa delle piante. Viene impiegato sia in soluzione acquosa (zolfo bagnabile), sia per trattamenti polverulenti (zolfo ventilato, sublimato). Agisce in fase di vapore, e quello grossolano sublima intorno ai 18-20°C fino a circa 40 °C, ma verso i 30 °C diventa fitotossico per la pianta. L’innovazione tecnologica ha però portato a produzione zolfi in grado di sublimare a temperature di 10- 12°C e con caratteristiche e perfomance migliori: quelli bagnabili formulati come WG (= microgranuli idrodispersibili) non danno luogo a polvere, schiuma e sono miscibili; quelli formulati come SC (= soluzione concentrata) sono stabili nel tempo, resistono al dilavamento e sublimano a temperature relativamente basse. Il suo meccanismo di azione è multiplo: si comporta come solvente della membrana dei patogeni, si sostituisce all’ossigeno come accettore di elettroni inibendo la respirazione cellulare, si trasforma in acido solfidrico con disidratazione e ulteriori danni strutturali alla cellula fungina. È in grado di svolgere una triplice azione: preventiva inibendo la germinazione delle spore; curativa sulle ife e sugli appressori dei patogeni; eradicante per disgregazione del micelio fungino. Lo zolfo è il rimedio classico contro i mal bianchi, ma risulta efficace - specialmente nelle formulazioni moderne - anche contro diversi altri patogeni (es. ticchiolatura del melo, black rot della vite, ecc.). 
Rame È stato introdotto verso la fine dell’Ottocento come cura per la peronospora della vite e da allora è stato formulato in diversi tipi di poltiglie, di cui la più nota è la poltiglia bordolese che un tempo si preparava in campo miscelando il solfato di rame con la calce spenta, mentre oggi è commercializzata in formulazioni già pronte all’uso. Nel 1912 fu introdotto un nuovo preparato, noto come Polvere Caffaro, a base di ossicloruro di rame, e in tempi più recenti l’idrossido di rame: in queste tre formulazioni è sempre il rame ad avere azione antifungina, ma tecnicamente hanno caratteristiche leggermente diversificate. La poltiglia bordolese (se alcalina) entra in soluzione lentamente, ma risulta molto persistente e piuttosto ben tollerata dalle piante; l’ossicloruro è un po’ più pronto rispetto alla poltiglia, ha buona resistenza al dilavamento e tollerabilità, e tra i composti del rame è quello più attivo contro le batteriosi; l’idrossido è quello che ha la migliore prontezza di azione unita a una distribuzione più uniforme, per contro è il meno tollerabile per le piante. Altre formulazioni rameiche sono il solfato tribasico, l’ossido di rame, il proteinato di rame. I preparati rameici sono anticrittogamici di copertura a largo spettro di azione e non hanno mai dato luogo a resistenza essendo fungicidi multisito; la cellula fungina lo assorbe come ione e lo concentra fino a dosi letali: si sostituisce infatti a cationi utili, inibisce enzimi [ 36 ], denatura proteine strutturali (fatto questo che nelle zoospore degli oomiceti, come le peronospore, comporta il loro rigonfiamento e scoppio). Il bioaccumulo di questo elemento nell’ambiente ha effetti negativi sulla microflora e fauna del suolo e sui pesci, per cui sono state emanate direttive per limitarne le quantità massime distribuibili per unità di superficie.

     ALTRI FUNGICIDI
Tra le alternative ai fungicidi di sintesi citiamo il bicarbonato di potassio che, innalzando il pH e di conseguenza la pressione osmotica sulla superficie fogliare, crea un ambiente sfavorevole alla germinazione delle spore fungine. Sono stati inoltre introdotti fungicidi di origine botanica come l’olio essenziale di arancio dolce che agisce disgregando la parete cellulare delle crittogame; altri estratti quali timolo, eugenolo, geraniolo che agiscono anch’essi fisicamente per disgregazione. 

     FUNGICIDI DI SINTESI
Piuttosto che una elencazione dei fungicidi per famiglie chimiche, riteniamo preferibile una presentazione in funzione della modalità di azione della molecola attiva, classificazione particolarmente utile in relazione all’insorgenza di resistenza nei patogeni. Tra quelli a basso rischio di resistenza e non resistenza incrociata (ossia verso una diversa molecola, ma che agisce in modo analogo), ci sono i fungicidi realizzati a partire dagli anni ’50 del Novecento che sono multisito (agiscono su diversi punti del metabolismo fungino), i quali tuttavia sono stati ormai quasi completamente ritirati (es. ditiocarbammati) [  37  a pag. seguente]. Gli altri sono collocati in gruppi MoA (Mode of Action) dalla A alla G in base al meccanismo di azione sulla cellula fungina. 
Gruppo A Interferiscono nella biosintesi degli acidi nucleici. Sono a elevato o medio rischio di resistenza. Comprendono molecole sistemiche come il Metalaxil (un antiperonosporico), e citotropiche-translaminari come il Bupirimate (un antioidico). 
Gruppo B Sono inibitori della divisione cellulare. I primi fungicidi ad arrivare sul mercato negli anni ’60 del secolo scorso furono i benzimidazolici che segnarono una nuova prospettiva di difesa anticrittogamica avendo capacità preventiva, curativa ed eradicante a motivo della loro ottima sistemicità. Quasi tutte le molecole di tale famiglia sono state revocate, ma si può citare il tiabendazolo (usato in post-raccolta). A questo gruppo si sono aggiunte di recente nuove molecole di diversa famiglia chimica: zoxamide (impiegata contro le peronospore e particolarmente indicata su vite specie nelle fasi più critiche per l’infezione per la sua affinità con le cere); fluopicolide (dotata di interessanti caratteristiche tecniche e anch’essa utilizzata in viticoltura in particolare per la protezione del grappolo). 
Gruppo C Si tratta di molecole che agiscono in vari modi sulla catena respiratoria e, in genere, presentano un rischio di resistenza medio o alto, in particolare quelle monosito (cioè su uno specifico passaggio biochimico di una sequenza metabolica), come la famiglia delle strobilurine, dette anche QoI, cioè inibitori del sito enzimatico Qo (che si trova nei mitocondri, gli organelli cellulari deputati alla respirazione), e in natura si trovano in funghi come lo Strobilurus tenacellus [ 38 ]. Sono molecole ad ampio spettro di azione, ma si consiglia di utilizzarle in abbinamento o alternanza a fungicidi a diverso MoA. 
Gruppo D Comprende gli inibitori della sintesi degli amminoacidi e si tratta di molecole a rischio medio di resistenza. Una molecola rappresentativa è il Cyprodinil, specifico contro ticchiolatura del melo e moniliosi, combinato anche con Fludioxonil come antibotritico. 
Gruppo E Comprende molecole a basso-medio rischio di resistenza, come il succitato Fludioxonil, che inibisce i processi di trasporto nelle membrane provocando l’arresto della crescita della cellula fungina, o come il Quinoxyfen, un antioidico, il cui meccanismo di azione non è ancora ben conosciuto. 
Gruppo F In questo gruppo sono inseriti i fungicidi inibitori della sintesi dei lipidi e delle membrane cellulari. Sono a basso-medio rischio e comprendono molecole designate come CAA (cioè appartenenti alla famiglia chimica Carboxylid Acid Amide), alcune già da tempo in commercio, come il Dimetomorf o anche l’Iprovalicarb, ma anche di recenti come il Mandipropineb; essendo almeno parzialmente sistemiche, vengono solitamente abbinate a un fungicida di copertura specialmente in viticoltura. 
Gruppo G Sono compresi quei fungicidi che inibiscono la biosintesi degli ergosteroli della membrana cellulare e designati con l’acronimo IBE. Questo gruppo annovera parecchie molecole afferenti a diverse famiglie chimiche, come i triazoli (Difenoconazolo, Tebuconazolo, ecc.), tutti dotati di sistemia e a largo spettro fungicida, o molecole più recenti quali Spiroxamina e Fenexamide (antimuffa). 
Sito sconosciuto Di alcuni prodotti in commercio non è conosciuto il meccanismo di azione. Tra essi menzioniamo il Fosetyl-Al, che ha ottime proprietà sistemiche: è un promotore delle difese delle piante ed è ritenuto è in grado di svolgere un’azione fungicida. Il Metafrenone è una molecola di recente introduzione autorizzata per l’oidio della vite e sembra essere a basso rischio di resistenza incrociata. Di questo gruppo fa al momento ancora parte la Dodina, di cui curiosamente non è chiarito il meccanismo di azione (si pensa agisca sulla membrana cellulare con modalità multisito) pur essendo invece una vecchia molecola e ampiamente impiegata per la sua indubbia efficacia. 
Fungicidi microbiologici I preparati a base di microrganismi appartengono a funghi e batteri in grado di esercitare un’azione antagonista verso funghi patogeni, in modo diretto e/o per competizione, sottraendo spazio ed elementi nutritivi. Ampelomyces quisqualis ad esempio è un fungo che parassitizza le ife degli oidi; un’attività simile è anche quella di Coniothyrium minitans (valido contro diverse specie di Sclerotinie). Invece Trichoderma spp. svolge un’azione competitiva e trova impiego con modalità preventiva nei confronti di molte specie di funghi tellurici. Due sono i batteri utilizzati: Bacillus subtilis, che è un batterio ubiquitario ma di cui sono stati selezionati ceppi che agiscono contro patogeni fungini e batterici, in modo competitivo, ma anche diretto, mediante la secrezione di enzimi (si assume con una modalità di azione simile a quelle delle molecole di sintesi del Gruppo F); Streptomyces griseoviridis, impiegato contro patogeni del terreno in quanto è in grado di colonizzare rapidamente l’apparato radicale delle piante impedendo così l’attacco di microrganismi fungini.

     Insetticidi
I primi insetticidi usati in agricoltura erano a base di sostanze inorganiche, in pratica veleni veri e propri (es. arseniato di piombo); poi già nel corso della seconda guerra mondiale sono apparse le prime molecole di sintesi, la più famosa della quali è stata il DDT, che peraltro ha permesso di contrastare efficacemente la malaria eliminando in ampie aree mondiali le zanzare vettrici di tale malattia. Di insetticidi inorganici attualmente è sopravvissuto solo il polisolfuro di calcio. 
Tra quelli non di sintesi ci sono gli olii, che agiscono per asfissia: ricoprono con una pellicola impermeabile all’aria l’insetto occludendo i suoi stigmi respiratori; in repertorio sono rimasti quelli paraffinici più raffinati, detti olii bianchi: il valore di riferimento è dato dal residuo insulfonabile (U.R.) che indica la percentuale di idrocarburi saturi, e più esso è alto tanto maggiori sono l’efficacia insetticida e la tollerabilità per la pianta (i migliori hanno un U.R. intorno al 95-96%). 
Gli insetticidi di sintesi largamente impiegati nei primi decenni del dopoguerra appartenevano alle famiglie chimiche dei clororganici, come il DDT, dei carbammati e dei fosforganici (questi ultimi derivanti da studi effettuati tra le due guerre mondiali sui gas nervini per uso bellico, fortunatamente mai introdotti nel successivo conflitto): quasi tutte le molecole di queste famiglie sono state revocate o in via di revisione e ritiro. 
Per contro sono state introdotte molecole a miglior profilo eco-tossicologico e spesso più mirate nei confronti delle caratteristiche del bersaglio; inoltre si sta guardando con sempre maggior interesse ai preparati microbiologici e a quelli di derivazione botanica. Forniamo a seguire una breve rassegna della tipologia di molecole in repertorio: esse sono raggruppate con riferimento al target di azione, ossia all’organo o al processo fisiologico su cui agiscono; a ogni target corrispondono uno o più gruppi MoA, cioè insetticidi che agiscono sempre su quel bersaglio, ma con meccanismi di azione diversi, e a ogni gruppo afferiscono sottogruppi a loro volta comprendenti una o più famiglie chimiche con caratteristiche simili. La resistenza che si può stabilire in insetti/acari è riferibile in generale alla famiglia chimica, ma talvolta anche a famiglie dello stesso sottogruppo MoA. 

     INSETTICIDI CON AZIONE SUL SISTEMA NERVOSO O MUSCOLARE
La maggior parte degli insetticidi agisce sul sistema nervoso. Un importante gruppo è quello dei piretroidi (es. Deltametrina), molecole di sintesi ispirate a quella naturale del piretro: essi agiscono per contatto e secondariamente per ingestione, interferendo sulla propagazione dell’impulso nervoso (ritardo della chiusura del canale del sodio) e causando ipereccitazione, paralisi e morte; i piretroidi sono insetticidi generalisti ad ampio spettro. 
Una attività sempre sull’impulso, con azione sugli inibitori del canale del sodio voltaggio-dipendenti della membrana del neurone, è esercitata anche dalla famiglia chimica dei semicarbazoni (es. Metaflumizone, indicato per dorifora e diverse larve di nottue: provoca una paralisi rilassata che impedisce all’insetto di nutrirsi). Un importante gruppo, molto conosciuto e largamente impiegato anche per l’ottima sistemia dei suoi rappresentanti, ma attualmente con diverse molecole soggette a revoche e limitazioni, è quello dei neo-nicotinoidi: mimano l’azione dell’acetilcolina e si sostituiscono ad essa legandosi in modo irreversibile su recettori nervosi, chiamati appunto nicotinici, causando una ipereccitazione mortale. Alcune molecole invece esaltano l’azione dell’acetilcolina, come le spinosine, derivate da una molecola presente in natura su batteri (Saccharopolyspora spinosa); grazie alla loro derivazione naturale sono consentite in agricoltura biologica [ 39 ]. Un altro gruppo che interferisce sempre sulla trasmissione nervosa, ma agendo sui canali del cloro e determinando uno sbilanciamento ionico con paralisi e inibizione dei muscoli, è dato dalle avermectine come l’abamectina, sistemica e autorizzata per trattamenti endoterapici, che è derivata da un battere del suolo [ 40 ], e dalle milbemectine (entrambe impiegate anche come acaricidi). 
Un gruppo di recente introduzione, di cui non è ben chiarito il meccanismo di azione sul sistema nervoso, ha come effetto quello di impedire la nutrizione di afidi e aleurodi (es. Pymetrozine, Flonicamid). Una nuova molecola che agisce in modo innovativo è il Chlorantraniliprole (Rynaxypyr); il sito di azione è costituito da particolari recettori muscolari (recettori della ryanodina che regolano il rilascio del calcio): l’effetto consiste nell’arresto immediato dell’attività motoria dell’insetto, e l’atassia che ne consegue gli impedisce di nutrirsi, provocando la morte nel giro di 24-72 ore (trova impego contro nottue e altre larve di lepidotteri, dorifora, afidi). 

     INSETTICIDI INTERFERENTI SU SVILUPPO E CRESCITA
Sono insetticidi caratterizzati da una attività di tipo biologico, per cui sono detti biotecnologici. Lo sviluppo e la crescita degli insetti sono regolati da molecole endogene, gli ormoni giovanili o juvenoidi (neotenina, ecdisone: il primo inibisce la metamorfosi, il secondo induce le mute), e tali insetticidi ne imitano o inibiscono la azione. I primi furono scoperti nel 1964 osservando una mancata muta della cimice Pyrrhocoris apterus [ 41 ] allevata in laboratorio; si scoprì che essa era dovuta a una sostanza presente su una carta assorbente ricavata da legno di Abies balsamica su cui stavano gli insetti: si riuscì a risalire alla molecola e ci si accorse che era simile agli ormoni giovanili degli insetti. Appartengono a due categorie: IGR (Insecticides Growth Regulation, ossia regolatori della crescita degli insetti), i quali interferiscono in modo letale sullo sviluppo degli insetti, e MAC (Moulting Accelerating Compounds, ossia composti acceleratoti della muta), i quali invece provocano mute artificiali che portano alla morte le forme giovanili. 

     BIOINSETTICIDI MICROBICI
Questa categoria, denominata Bca (cioè agenti di biocontrollo), comprende preparati a basi di virus, batteri, funghi e nematodi. I virus sono altamente infettivi e specifici agendo su date specie di insetti (es. il Granulovirus per le larve della carpocapsa delle mele, o quello della Poliedrosi nucleare sulle larve della nottua gialla del pomodoro). I batteri impiegati come insetticidi sono subspecie e ceppi del Bacillus thuringiensis; essi producono dei cristalli proteici che, ingeriti dalle larve, svolgono un’azione insetticida disgregando il loro apparato intestinale; agiscono esclusivamente per ingestione, sono efficaci in particolare su giovani larve di lepidotteri, risultano molto selettivi e con caratteristiche eco-tossicologiche assai buone. I funghi entomoparassiti (EPF) sono ceppi selezionati di: Beauveria bassiana, che perfora attivamente la cuticola di insetti e acari provocando la loro morte per disidratazione e contemporanea immissione di enzimi idrolitici; Metarhizium anisopliae, le cui ife invadono l’emolinfa dell’organismo aggredito; Lecanicillium muscarium, attivo in particolare su emitteri omotteri. I nematodi entomoparassiti (EPN) appartengono ai generi Steinernema e Heterorhabditis; essi cercano attivamente il bersaglio e penetrano al loro interno, dove rilasciano batteri contenuti nel loro intestino: tali batteri a loro volta secernono enzimi che demoliscono i tessuti della preda in sostanze utili per il nutrimento dei nematodi stessi. 

     BIOINSETTICIDI DI ORIGINE BOTANICA
I capostipiti di questa categoria sono: le piretrine naturali, ricavate per macinazione dei capolini di alcune specie appartenenti al genere Chrisanthemum; l’azadiractina estratta dai semi dell’albero di Neem, la cui modalità di azione è simile a quella dei regolatori di crescita, ma esercita anche un’attività repellente e anti-feeding (anti-alimentare) e inoltre possiede discrete capacità sistemiche ascendenti (via radicale) e translaminari. Anche a causa della riduzione degli insetticidi di sintesi, negli ultimi anni è cresciuto l’interesse verso prodotti di origine vegetale e in particolare per gli olii essenziali (EO). Tra questi in repertorio è entrato quello di arancio, efficace su insetti a esoscheletro molle (agisce solo per contatto); il potere insetticida è dato da sostanze della famiglia chimica dei terpeni, le quali sono volatili, per cui il prodotto è poco persistente ma per converso ha il vantaggio di avere un brevissimo intervallo di sicurezza tra trattamento e raccolta.

     Altri prodotti fitosanitari
     ACARICIDI
Vi sono insetticidi che esplicano anche una specifica azione acaricida, come abamectina, spirodiclofen (inibisce la sintesi dei lipidi), Beauveria bassiana. Altri invece sono più specifici e possono agire prevalentemente verso determinati stadi di sviluppo degli acari (uova, neanidi), come Etoxazole (un chitino-inibitore), particolarmente efficace contro le forme giovanili. Le molecole attualmente in repertorio appartengono ai regolatori di crescita: inibiscono infatti la formazione dei tessuti dell’esoscheletro (Clofentezine) o esercitano collateralmente una azione sterilizzante sulle femmine (Exytiazox). Un altro gruppo di acaricidi interferisce con l’attività energetica dei mitocondri: es. Pyridaben che agisce per contatto solo sulle forme mobili, Fenazaquin con azione larvo-adulticida e in parte ovicida, Tebufenpyrab che agisce su forme mobili prevalentemente per ingestione ed è citotropico-translaminare. 

     NEMATOCIDI
A questa categoria appartengono prodotti geodisinfestanti, come il Metam-sodium, che una volta incorporato nel terreno, agisce come fumigante devitalizzando organismi animali e vegetali (insetti, acari, funghi patogeni, malerbe), o come l’Oxamyl (interferisce sull’impulso nervoso), che è un nematocida e anche insetticida essendo assorbito dalle radici e traslocato nella porzione epigea della pianta. Ad attività nematocida è il fungo entoparogeno Paecilomyces lilacinus, che esercita una azione parassitaria nei confronti dei nematodi; è inoltre un bioinsetticida a base di estratti di aglio (l’allicina contiene polisolfuri i quali, una volta a contatto col target, interagiscono con gli enzimi antiossidanti del metabolismo dei nematodi, enzimi essenziali per le loro funzioni vitali). 

     LIMACIDI
Contro limacce e chiocciole sono in commercio PF a base di metaldeide in forma di esca (provoca aumento della secrezione e disidratamento del mollusco); esiste anche un nematode entomopatogeno che si chiama Phasmarhabditis hermaphrodita e che funziona con le stesse modalità degli EPN esaminati sopra.

NUOVE Biotecnologie Agrarie e Biologia Applicata
NUOVE Biotecnologie Agrarie e Biologia Applicata