1  Genico, transgenico, biotecnologico

Gli sviluppi delle conoscenze sulle tecniche di biologia molecolare e del DNA ricombinante realizzati negli ultimi quaranta anni, hanno permesso di modificare gli organismi dando origine alle biotecnologie moderne. Lo scopo delle biotecnologie è quello di utilizzare le cellule in modo da far loro compiere il lavoro per cui sono state riprogrammate, e di sfruttarne alcune caratteriste peculiari. Dagli anni ’70 del secolo scorso, si è sviluppata ,infatti, una tecnologia in grado di far produrre da un organismo microscopico (riproducibile in gran quantità e a un costo relativamente limitato) una proteina di un altro organismo, impossibile da ottenere in altro modo o, comunque, ottenibile (per estrazione o per sintesi industriale) in quantità limitate o solo a costi molto elevati. Le cellule che vengono utilizzate come “ospiti” del DNA ricombinante devono essere: 1) in grado di ospitare il DNA ricombinante che va costruito utilizzando un vettore adeguato alla cellula in cui deve inserirsi; 2) facili da coltivare perché si devono riprodurre rapidamente; 3) innocue sia per il personale di laboratorio che le manipola sia per il destinatario della proteina prodotta. La prima molecola prodotta da un batterio ricombinante è stata l’insulina umana, un ormone carente nei diabetici. 
Dal 1977 le tecniche del DNA ricombinante sono state applicate anche ai geni dei mammiferi. 
Era il 1982 quando la rivista scientifica inglese “Nature” pubblicò in copertina la fotografia a colori del primo topo transgenico gigante [ 1 ]. 
Nel patrimonio genetico di quel topo era stato inserito l’ormone della crescita del ratto: una tappa fondamentale nella storia della biologia molecolare! 
Questo risultato costituisce una svolta nella storia del pianeta Terra e dell’uomo che la abita; esso ha sviluppi tali che deve prevedere uno statuto giuridico che tuteli i delicati equilibri che vengono toccati, scientifici ed eticomorali. 
L’organismo transgenico [ 2 ] viene coperto da brevetto, la compagnia biotecnologica che lo produce ne diventa la proprietaria: la Terra e i suoi abitanti rischiano di divenire una proprietà commerciale.

Gli organismi transgenici possono essere animali, piante e microrganismi.
Gli organismi transgenici sono ingegnerizzati per inserzione di un gene, delezione di un gene o sostituzione di un gene mentre qualunque gene estraneo o modificato che viene aggiunto si chiama transgene.
I geni così inseriti possono funzionare normalmente, in quanto i meccanismi che presiedono alla trascrizione in RNA e alla traduzione dell’RNA in proteine sono essenzialmente gli stessi in tutte le forme viventi.

Un modo per studiare la funzione di un gene è la variazione del dosaggio genico: infatti se vengono inserite nuove copie geniche si ha un aumento della quantità di proteina, se invece i geni sono sostituiti con copie non funzionali (gene knock-out) si ha diminuzione della quantità di proteina. Le tecniche utilizzate sono le seguenti: 
1. tecniche di ricombinazione del materiale genetico, che comportano la formazione di nuove combinazioni mediante l’utilizzo di un vettore di molecole di DNA, RNA o loro derivati, nonché il loro inserimento in un organismo ospite nel quale non compaiono per natura, ma possono replicarsi in maniera continua; 
2. tecniche che prevedono l’introduzione diretta, in un organismo, di materiale ereditabile preparato al suo esterno, tra cui la macroiniezione e il microincapsulamento; 
3. fusione cellulare (inclusa la fusione di protoplasti) o tecniche di ibridazione per la costruzione di cellule vive, che presentano nuove combinazioni di materiale genetico ereditabile, mediante la fusione di due o più cellule, utilizzando metodi non naturali. 
Sono esclusi dalla definizione gli organismi ottenuti per mutagenesi o fusione cellulare di cellule vegetali di organismi che possono scambiare materiale genetico anche con metodi di riproduzione tradizionali, a condizione che non comportino l’impiego di molecole di acido nucleico ricombinante (▶A10). 
Per identificare i vari campi di applicazione dell’ingegneria genetica si usa un codice di colori, ricondotti a tre diverse categorie. 

Biotecnologie rosse (red biotechnologies) Sono principalmente utilizzate per la salute umana e collegate alla medicina e alla farmaceutica. Grazie alle nuove tecnologie è possibile sia cercare di riparare o ricostruire parti di tessuti o organi danneggiati, e produrre farmaci, vaccini e antitumorali, sia realizzare sostanze per la fecondazione artificiale, determinando le diagnosi di patologie, sia creare terapie geniche. Per la progettazione di un farmaco si parte spesso dal “disegnare” la molecola stessa (design), in modo che abbia le caratteristiche chimico-fisiche necessarie allo scopo, cioè che sia capace di raggiungere il bersaglio corretto ed evitare di essere attaccato e degradato dal sistema immunitario, tenendo conto che un farmaco che si è dimostrato efficiente in provetta (in vitro) può non esserlo altrettanto in vivo. 

Biotecnologie bianche (white biotechnologies) Sono conosciute anche come biotecnologie industriali. Esse utilizzano mezzi biologici per la produzione di un prodotto commerciale o di consumo di massa. Le applicazioni sono molteplici: produzione di biocarburanti (bioetanolo, biodiesel), di vitamine e di enzimi, utilizzati in settori come la cosmesi, il tessile e l’alimentare; esse si basano principalmente sul fatto che le cellule e gli enzimi necessitano di condizioni operative (pH, temperatura, solventi, ecc.) contenute, con un risparmio in termini di denaro, tempo e infrastrutture, riducendo anche gli scarti inquinanti e l’uso di acqua. Fra le biotecnologie bianche il settore trainante è la produzione di enzimi, utilizzati largamente in tutte le biotecnologie per la loro adattabilità. 

Biotecnologie verdi (green biotechnologies) Questa categoria comprende tutte le applicazioni collegate sia all’ambiente, come biorisanamento e geomicrobiologia, rimozione di inquinanti, trattamento delle acque reflue (bioremediation) sia all’agricoltura, come la sintesi di biofertilizzanti e biopesticidi in grado limitare l’impatto sull’ambiente senza ridurre la propria efficacia. L’applicazione di biotecnologie sulle coltivazioni ha lo scopo di renderle in grado di crescere in determinate condizioni ambientali o nutrizionali e produrre soluzioni agricole con un impatto ambientale minore rispetto alle tecnologie agricole tradizionali, giungendo a un miglioramento delle caratteristiche richieste dal mercato (aspetto più appetibile, tempi di conservazione più lunghi, maggiore produttività e resistenza ai parassiti). Inoltre, è possibile favorire l’ibridazione di piante dalle particolari caratteristiche che in natura non 
potrebbero compiere quest’azione, o la cui ibridazione non sarebbe controllata.

APPROFONDIMENTO 10

Principi di equivalenza sostanziale e di precauzione 

Il principio di equivalenza sostanziale e il principio di precauzione sono principi importanti del diritto internazionale, applicati anche alla valutazione ambientale e alla sicurezza alimentare degli organismi geneticamente modificati. 

Il concetto di equivalenza sostanziale (ES) fu enunciato nel 1991 dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e rielaborato nel 1996 congiuntamente dalla FAO (Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura) e dall’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), che assieme all’Unione Europea si sono accordate sull’adozione del principio della “sostanziale equivalenza”, considerandolo come l’approccio più pratico per la valutazione della sicurezza degli alimenti e degli ingredienti alimentari OGM. 

L’equivalenza sostanziale viene stabilita quando “le caratteristiche analizzate per l’organismo geneticamente modificato, o per lo specifico alimento da esso derivato, sono equivalenti alle stesse caratteristiche dell’organismo di paragone” [ 3 ]. 

L’alimento viene valutato così come è consumato e non solo in relazione al suo processo di produzione perché le sue proprietà e la sicurezza complessiva devono essere stabilite allo stesso modo degli alimenti prodotti usando i metodi convenzionali. La legislazione dell’Unione Europea richiede che i prodotti OGM siano sottoposti a una rigorosa valutazione che comprende una lista dettagliata di parametri e caratteristiche da tenere in considerazione, tra cui la caratterizzazione molecolare della modificazione genetica, la definizione agronomica e le valutazioni nutrizionali e tossicologiche. Se la sicurezza del nuovo prodotto è paragonabile (sostanzialmente equivalente) alla sua controparte convenzionale, allora il livello di “rischio” è equiparabile a quello degli altri alimenti. Se, invece, il prodotto OGM presenta nuove peculiarità o caratteristiche che lo rendono non più sostanzialmente equivalente (come un livello più alto di una vitamina), allora viene richiesta un’ulteriore valutazione che si concentra sugli effetti che la nuova caratteristica introdotta potrebbe avere sulla sicurezza del nuovo alimento. 

Il principio di precauzione, o principio precauzionale, si basa sull’intuitivo concetto che “prevenire è meglio che curare” e che la “prudenza non è mai troppa”. Esso ha lo scopo di garantire un alto livello di protezione dell’ambiente e della salute umana, animale o vegetale, anche quando i dati scientifici non consentano una valutazione completa del rischio. 

Per questo motivo il principio di precauzione si applica non tanto a pericoli già identificati, ma a pericoli potenziali, di cui non si ha ancora conoscenza certa. Esso fu adottato per la prima volta dalla Conferenza di Rio de Janeiro sull’Ambiente (1992) e poi accettato dall’Unione Europea nell’articolo 191 del trattato sul suo funzionamento. 

È stato inoltre riconosciuto da varie convenzioni internazionali e figura in special modo nell’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie (SPS) concluso nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Infatti il ricorso al “principio” consente di ritirare dal mercato e di impedire la distribuzione dei prodotti che possano essere pericolosi e di fermare per prudenza qualsiasi attività che possa far male alla salute o all’ambiente, anche se non ci sono prove scientifiche dei suoi effetti negativi. Negli ultimi anni il principio è stato invocato per far fronte ai presunti rischi per l’ambiente e la salute umana che deriverebbero dalla coltivazione, produzione e commercializzazione in ambito agroalimentare di animali, piante e sementi transgeniche, ottenute cioè con tecniche di DNA ricombinante.

NUOVE Biotecnologie Agrarie e Biologia Applicata
NUOVE Biotecnologie Agrarie e Biologia Applicata