9  Editing genomico

L’editing genomico, ovvero “modifiche del genoma”, è un insieme di tecniche altamente innovative, che aprono nuove frontiere per il miglioramento genetico animale e vegetale oltre che per lo sviluppo di nuove terapie geniche [▶A9]. Esse offrono la possibilità di modificare o sostituire con grande precisione piccole parti della sequenza del DNA degli organismi viventi senza spostarle dalla loro posizione naturale nel genoma, basandosi su un principio simile a quello della mutagenesi, cioè producendo un taglio al DNA e introducendo mutazioni che derivano dai piccoli errori causati dai meccanismi cellulari che lo riparano. 
Il compito di danneggiare il DNA non è affidato ad agenti chimici o fisici, ma a specifiche proteine che “leggono” tutto il genoma e tagliano nel punto desiderato. Sono enzimi nucleasi appositamente sintetizzati in laboratorio e noti anche con il nome di “forbici molecolari”. 
Al momento sono disponibili quattro tipologie di gene editing basate su nucleasi: le ZFN (Zinc finger nucleases), le TALEN (Transcription Activator-Like Effector Nucleases), il CRISPR/CAS SYSTEM ispirato a un meccanismo batterico di difesa contro i virus e le MEGANUCLEASI. Queste ultime, scoperte verso la fine degli anni Ottanta, sono enzimi comunemente presenti nei batteri e capaci di riconoscere e tagliare sequenze molto ampie di DNA che, prima di essere usate, devono essere sottoposte a un lento e costoso processo di manipolazione in grado di adattarle al compito richiesto. 
Le ZINC FINGER, letteralmente “dita di zinco”, sono tecniche che si svilupparono a partire dal 1994. Si tratta di enzimi di restrizione artificiali creati fondendo un atomo di zinco con piccole strutture proteiche capaci di agganciarsi e tagliare il DNA. Con questa tecnica nel 2002 fu modificato il genoma di un organismo pluricellulare come il moscerino della frutta, cui seguirono modifiche genomiche del pesce, del ratto e del mais. Le TALEN sono enzimi di re- strizione artificiali con cui sono stati modificati in vitro anche il genoma del lievito e quello delle cellule umane. Sono più precise e affidabili delle dita di zinco, ma anch’esse non sono infallibili. Entrambe queste tecniche richiedono infatti l’ingegnerizzazione e la sintesi di proteine personalizzate per ogni sequenza target di DNA e possono fornire risultati di qualità variabile o incompleti. 
Il sistema CRIPSR/Cas9 fu reso noto nel maggio del 2012 con la pubblicazione dello studio di Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna, che segnò una svolta dell’ingegneria genetica perché sosteneva che qualunque tipo di cellula vegetale, animale, inclusa quella umana, può essere modificato geneticamente e corretto direttamente là dove si trova senza doverne fornire una copia sana dall’esterno. 
Le modifiche possono avvenire anche per un singolo e minimo errore, in ogni parte del genoma. Questo sistema è stato originariamente scoperto nei batteri, nei quali agisce come difesa contro i virus, e si basa sulla combinazione di due elementi: la proteina Cas9, che codifica enzimi capaci di tagliare il DNA, e un RNA che si appaia al DNA per indicare all’enzima Cas il punto preciso in cui tagliare. In pratica, Cas9 può essere diretta verso una qualunque sequenza del DNA purché essa contenga alcune basi che servono da ancoraggio all’enzima e definiscono una sequenza detta PAM (Protospacer Adjacent Motif). 
Poiché la Cas9 si associa a corte sequenze di RNA che sono capaci di appaiarsi con il DNA da tagliare, il processo non risulta casuale e a guidare l’enzima sulla sequenza bersaglio non è più una proteina, ma un filamento di RNA chiamato “guida” o sgRNA facile da sintetizzare e molto economico. 
La riparazione del taglio si affida a un sistema di riparazione del DNA chiamato “ricombinazione omologa”, (scambio di informazione genetica fra molecole omologhe di DNA.) che ogni cellula possiede.

Avvenuto il taglio e la riparazione, la mutazione si fissa stabilmente nel genoma. 
A seconda degli obiettivi e della strategia adottata, è possibile ottenere la correzione di piccole mutazioni o l’introduzione di varianti geniche o la sostituzione di una precisa sequenza con una sequenza differente . 
Questa nuova metodologia è riconosciuta come un vero e proprio passo avanti nel campo dell’agricoltura, della zootecnia e della medicina. 
In campo agronomico questo metodo potrà rivelarsi utile per lo sviluppo di piante più resistenti alle malattie o alla siccità e ai cambiamenti climatici, per il miglioramento del sapore e della conservabilità, per l’aumento del contenuto di sostanze utili nella dieta, per il potenziamento delle capacità fotosintetiche e l’incremento delle rese. 
In campo zootecnico potrà essere sfruttato per la selezione di nuove razze, la resistenza ad alcune malattie e il miglioramento di caratteristiche specifiche. 
In campo medico l’editing potrà essere utilizzato per correggere i difetti che sono all’origine di alcune malattie dell’uomo, da quelle genetiche (fibrosi cistica, morbo di Huntington, Distrofia Muscolare di Duchenne, Talassemia, X fragile), a quelle neurologiche (Alzheimer e Parkinson) e infettive (HIV). Diversi laboratori al mondo hanno cominciato ad utilizzare tali tecnologie ritenendole la terapia genica del futuro perché permettono di individuare, inserire, sostituire o rimuovere da un determinato genoma geni difettosi. 
Come nel caso della terapia genica, anche la strategia di editing basata su CRISPR può essere somministrata “in vivo” o “ex vivo”. 
Per questa scoperta la biochimica statunitense Jennifer Doudna, e la microbiologa francese Emmanuelle Charpentier, sono state insignite del Premio Nobel per la Chimica 2020. Fra le motivazioni dell’Accademia di Stoccolma si riconosce che le due scienziate “hanno scoperto uno degli strumenti più efficaci della tecnologia genetica: le forbici genetiche CRISPR/Cas9. Utilizzandole, i ricercatori possono cambiare il DNA di animali, piante e microrganismi con estrema precisione. Questa tecnologia ha avuto un impatto rivoluzionario sulle scienze della vita, sta contribuendo alla scoperta di nuove terapie contro il cancro e può realizzare il sogno di curare le malattie ereditarie”.

FOCUS

LA FIGURA PROFESSIONALE DEL BIOTECNOLOGO

Il biotecnologo è uno scienziato che applica la tecnologia ai sistemi e ai processi biologici, con l’obiettivo di realizzare prodotti utili per la vita umana. 

Gran parte del suo lavoro si svolge in laboratorio dove effettua analisi chimiche, biologiche e biochimiche su molecole, cellule, tessuti e organismi, per comprendere la struttura dei sistemi biologici e capire come sfruttarli al fine di sviluppare nuove tecnologie, per studiare il comportamento di enzimi e batteri, sviluppare nuovi vaccini, modificare il DNA degli organismi viventi. 

Poiché le biotecnologie hanno natura interdisciplinare (biologia, chimica, fisica, ingegneria, informatica), il biotecnologo può trovare impiego in vari ambiti: medico-farmaceutico, agricolo, alimentare, industriale, dalla ricerca pura (finalizzata al progresso delle conoscenze) a quella applicata (orientata alla produzione biotecnologica di proteine di interesse alimentare, farmacologico e terapeutico). 

Il biotecnologo che opera nel settore sanitario effettua analisi cliniche di laboratorio (analisi microbiologiche, biochimiche e genetiche, controlli tossicologici, ecc.) oppure si occupa della messa a punto e sperimentazione di nuovi farmaci, antibiotici, sieri e vaccini per la diagnosi, terapia e prevenzione delle malattie. 

Il biotecnologo che esercita la professione nel settore agro ambientale studia e modifica la struttura genetica delle specie animali e vegetali per incrementare la produzione agricola e sviluppare nuove sostanze, come prodotti fitosanitari e bioinsetticidi rispettosi dell’ambiente oppure per creare organismi geneticamente modificati (OGM) più resistenti agli agenti patogeni. 

Il biotecnologo del settore alimentare si occupa del controllo qualità in industrie e imprese alimentari: verifica la composizione chimica e le caratteristiche nutrizionali delle materie prime e dei prodotti finali, controlla l’eventuale presenza di allergeni, sostanze chimiche e additivi nocivi con l’obiettivo di migliorare i metodi di produzione e conservazione del cibo attraverso lo sviluppo di enzimi e conservanti da utilizzare nel processo produttivo di cibi e bevande e ridurre i rischi per la salute umana. 

Il biotecnologo che esercita nel settore industriale si interessa di biotecnologie applicate ai processi industriali quali: accelerare le reazioni chimiche necessarie per produrre determinate sostanze o per degradare sostanze inquinanti (grazie ad enzimi e microrganismi), ma anche di realizzare nuovi prodotti e processi più ecosostenibili. 

I laureati in biotecnologie trovano occupazione anche nell’industria biochimica ed energetica: sviluppano tecnologie a basso impatto ambientale e ad alto rendimento per la produzione di energia da fonti rinnovabili, utilizzano piante e materie prime vegetali per produrre biocombustibili (biofuel) e altri prodotti biologici e biodegradabili.

NUOVE Biotecnologie Agrarie e Biologia Applicata
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