La produzione floristica italiana affonda le sue radici nel Rinascimento, epoca in cui venivano coltivate per le grandi ville specie da vaso fiorito come l’azalea e il pelargonio.
Come settore dell’agricoltura, quindi indirizzato a produzioni su scala commerciale, ha ricevuto un impulso economico con relativa messa a coltura di migliaia di ettari solo a partire dal Novecento.
Floricoltura e vivaismo [ 1 ] costituiscono un importante settore dell’attività agraria italiana rappresentando circa il 5% della produzione agricola totale; esso conta 14.000 aziende attive nella produzione di fiori e piante ornamentali in vaso e 7.500 nel comparto vivaistico, e si sviluppa su una superficie complessiva di quasi 29.000 ettari.
L’Italia è tra i principali Paesi produttori per estensione di superficie destinata a tale settore (nel comparto floristico è prima in Europa e al quinto posto al mondo dopo Cina, India, USA e Giappone) ed è un esportatore netto: il valore delle esportazioni è pari al 25% del prodotto e rappresenta il 2% del totale delle esportazioni dell’agroalimentare.
Il numero di specie trattate è oltre 2.000, appartenenti a più di 100 famiglie botaniche. Da un rapporto elaborato da ISMEA su dati ISTAT, il florovivaismo ornamentale italiano ha realizzato nel 2020 un saldo attivo export/import di 303 mln di euro, di cui 59 nel settore fiori e fronde recisi, e 274 in quello di alberi e arbusti (in negativo invece quello del materiale da riproduzione).
La produzione florovivaistica è variamente distribuita nelle diverse Regioni: ad esempio quelle vocate per i fiori recisi e fronde sono Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia; per le aromatiche e le piante fiorite da esterno primeggia la Liguria, mentre la produzione di acidofile si attua soprattutto in Piemonte e in Lombardia, che è attiva anche per latifoglie e conifere, così come la Toscana dove si può trovare inoltre una vasta gamma di arbusti, sempreverdi e alberi da frutta ornamentali. La produzione delle piante mediterranee avviene nel Lazio e poi in Sicilia, vocata anche per gli agrumi ornamentali, le piante grasse e le palme.
Le specie botaniche coltivate a scopo ornamentale sono migliaia e molte si possono ammirare visitando parchi e giardini [ 2 ]. Una trattazione manualistica delle problematiche fitosanitarie delle piante di interesse floristicoornamentale e delle erbe officinali esula tuttavia dai nostri scopi e ci pare dunque opportuno seguire un percorso diverso.
Di alcune piante ornamentali tra le più comuni e anche importanti dal punto di vista economico-produttivo, considereremo le più ricorrenti avversità, descrivendo quelle di maggior interesse in forma di scheda fitopatologica; analoga forma utilizzeremo per altre ornamentali laddove vi siano problemi emergenti.
La coltivazione delle piante di interesse officinale, pur essendo un settore relativamente di nicchia, ha avuto negli ultimi anni in Italia un notevole incremento grazie anche all’accresciuta, generale sensibilità del pubblico (consumatori) verso la natura e all’aumento dell’interesse verso queste piante per i più disparati impieghi. Un altro comparto di rilevante importanza per il settore ornamentale, e paesaggistico allo stesso tempo, è quello dei tappeti erbosi, la cui coltivazione e manutenzione comportano anche tutta una serie di problematiche di natura parassitaria che vanno gestite a dovere. Di questi aspetti tratteremo in fondo al capitolo.
Dal punto di vista espositivo, seguiremo sotto-traccia una sequenza per tipologie, di cui premettiamo una breve presentazione.
Rosa e roseti
La rosa è prodotta in pieno campo o in serra, in terra o fuori suolo per essere venduta come pianta ornamentale oppure è coltivata per commerciarne il fiore reciso. È considerata la regina dei giardini, dunque è largamente diffusa nel verde pubblico e privato [ 3 ]. Le problematiche fitosanitarie possono variare in rapporto alle situazioni descritte, in particolare se è coltivata in serra di ferro-vetro e se fuori suolo come accennato nell’Introduzione [ 4 ].