Nella pianura padano-veneta, dove i pioppi ibridi possono trovare condizioni di crescita ottimali è, in genere, possibile ottenere con la pioppicoltura una redditività in linea, se non più alta, con quella media per gli investimenti in piantagioni forestali a livello europeo. L’arboricoltura da legno è un settore analogo per obiettivi agli altri comparti dell’agricoltura, e si differenza dalla selvicoltura vera e propria [ 1 ] in quanto si occupa di essenze arboree al fine di produrre tipi di legno nella massima quantità e qualità possibile; si tratta dunque di piantagioni temporanee e gestite in forma intensiva. Ne esiste anche una definizione legislativa (D.Lgs. n. 227/2001): “Per arboricoltura da legno si intende la coltivazione di alberi, in terreni non boscati, finalizzata esclusivamente alla produzione di legno e biomassa. La coltivazione è reversibile al termine del ciclo colturale”.
Sono molte le essenze arboree idonee per la produzione legnosa. Per le conifere (Larix, Pinus, Picea, Abies, Pseudotsuga) in passato l’interesse si indirizzò verso il pino strobo e la douglasia (Pseudotsuga menziesii), ma attualmente sono poco impiegate nell’arboricoltura da legno. Tra le latifoglie spicca il pioppo [ 2 ], che in Italia è l’unica pianta da legno coltivata in forma avanzata (si stima siano oltre 46.000 gli ettari a pioppo); altre decidue adatte sono la paulownia, il noce comune e quello nero, il ciliegio selvatico, il frassino e la farnia [ 3a ].
Inizialmente in Italia la pioppicoltura fu sviluppata negli anni ’30 del Novecento per la produzione di legno da pasta e all’epoca occupava 10.000 ettari, ma negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale registrò una rapida crescita che portò alla fine degli anni ’50 del secolo scorso alla decuplicazione della superficie coltivata, contestualmente crebbe l’esigenza di legname da pioppo per imballaggi ortofrutticoli.
Nel periodo tra gli anni 1970 e 2000, la pioppicoltura andò incontro a un progressivo declino, tuttavia negli ultimi anni i numeri sono tornati a crescere, in particolare grazie alla ripresa del prezzo dei pioppi in piedi (il valore di una singola pianta è passato da € 40-45 nel 2016 a € 85-90 nel 2020). Attualmente la pioppicoltura italiana rappresenta in effetti la principale fonte di approvvigionamento di legno per le industrie di trasformazione e, pur occupando solo poco più dell’1% della superficie forestale, dalla coltivazione del pioppo si ricava circa la metà del legname da sfogliatura (compensati, imballaggi) [ 3 ].